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Autore: _KyRa_    16/09/2013    13 recensioni
[ Sequel di Coming Home ]
“Beh, io te l'ho sempre detto.” ribatté lui, per suo sollievo. “Sono i tuoi genitori. È normale per loro guardare oltre.” Parlava con calma ed Ingie non capiva se si trattasse di freddezza, serietà o quiete. “Anche io l'ho fatto, d'altronde.”
Abbassò lo sguardo, non più in grado di reggere il suo, e sorseggiò un po' d'acqua, percependola gelida lungo la sua gola. Una parte di lei avrebbe voluto gettare a terra quel bicchiere, fare di corsa il giro del tavolo e ricordarsi com'era fare l'amore con lui; l'altra, quella più razionale, sapeva che qualcosa stava per cambiare e che ciò avrebbe portato ad una decisione sofferta, che avrebbe fatto male ad entrambi.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Turning points'
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Ten
Sinners





Un mal di testa lacerante le impedì per un momento di aprire gli occhi. Era sommersa dalle coperte e non aveva il coraggio di togliersele di dosso. Sentiva ogni singolo muscolo cento volte più pesante. Inoltre enormi sensi di colpa e vergogna l'avevano travolta non appena sveglia.

Per quanto poco chiaro, ricordava tutto della sera precedente e la cosa che ancora non le aveva permesso di riprendere un contatto con la realtà risiedeva nel nome Bill. Aveva cercato con tutte le proprie forze di trovare una spiegazione al comportamento del vocalist, si era chiesta addirittura se la sbronza le avesse permesso di ricordare in modo giusto. L'accaduto l'aveva scossa e di certo non se ne sentiva indifferente. Bill l'aveva aiutata contro ogni buon proposito; non l'aveva semplicemente aiutata, si era preso cura di lei. Che le volesse veramente ancora bene? Che volesse finalmente recuperare una sottospecie di rapporto dapprima andato in frantumi? Voleva vedere chiaro in quella situazione e quella volta non avrebbe desistito. Doveva capire.

Con un sospiro, si levò le coperte di dosso ma non appena si sedette sul materasso, un capogiro le ricordò di ciò che aveva combinato quella notte. Non aveva rimosso nemmeno le parole di Bill e pensandoci si sentì più male. Voleva che nessuno la guardasse come un'alcolizzata. Quello per lei era semplicemente un periodo di debolezza, difficile, in cui la sua forza di volontà veniva meno. Se ne vergognava.

Non era un'alcolizzata.

Si alzò dal letto, non senza qualche sbandamento, e finalmente raggiunse il bagno dove si diede una sciacquata al viso e si lavò i denti. Di lì ad una mezzora doveva essere allo studio per l'allenamento. Roy se la sarebbe presa a morte se l'avesse trovata ancora in quelle condizioni ma ciò era inevitabile. Non si sentiva bene, era ancora frastornata dalla serata, la testa le doleva e la nausea non cessava di tormentarla. Si chiese solo come avrebbe fatto a mantenersi in piedi.

Decise che, per cominciare, una bella colazione le avrebbe dato per lo meno una spinta.

Vestita e pronta, abbandonò la camera vuota, senza nemmeno degnarsi di rifare il letto, e si incamminò verso l'ascensore dove, con sua sorpresa, un Gustav colpito probabilmente dal suo aspetto la scrutò sospettoso.

Buongiorno.” mormorò lei per educazione più che per chiaro volere.

Tutto rimbombava nella sua testa ed anche il semplice parlare risultava una follia, al momento.

Ciao.” rispose lui, aggrottando la fronte. “Hai un aspetto terribile.” commentò successivamente mentre le ante dell'ascensore si chiudevano davanti a loro.

Anche tu non sei male.” cercò di sdrammatizzare la mora. “Ho semplicemente passato la notte in bianco.”

E ti hanno anche pestato nel frattempo?” Aveva recepito la nota sarcastica nel suo tono di voce, cosa che la portò a scoccargli un'occhiata assassina, prima che l'ascensore giungesse a destinazione. “Ti siedi con noi?” le domandò poi, dimenticando – o facendo finta di farlo – la conversazione precedente.

Non credo sia una buona idea.” borbottò lei.

C'è solo Georg. Siediti con noi, Tom e Bill penseranno non sapevi dovessero arrivare.” Ingie non riuscì a ribattere, la spossatezza non glielo consentiva, così seguì il batterista fino al tavolo dove il rosso era intento a spalmare marmellata su una fetta biscottata. “Giorno, Hobbit.” lo salutò Gustav, sedendoglisi di fronte.

Ingie prese posto accanto a lui.

Giorno.” rispose il bassista ancora assonnato.

Perché voi vi alzate così presto?” domandò a quel punto Ingie.

Perché dobbiamo ripartire.” rispose Georg.

Ingie sollevò immediatamente lo sguardo deluso su di lui.

Scherzi?” esclamò sorpresa.

Purtroppo no. Sai che veniamo solo per i serali.”

Ingie si prese qualche attimo, in cui anche lei spalmò della marmellata su una fetta biscottata.

Mi manca stare con voi.” ammise poi, mogia.

Anche a noi.” ribatté Gustav e sembrava sincero. “Forse, una volta concluso il programma, avrai tempo per venire a trovarci in Germania per semplice piacere.”

O anche voi lo avrete per venire a New York.” precisò subito lei con tono bacchettone.

Gustav sorrise.

Dubito, dato che saremo occupati con la realizzazione del nuovo album.”

Un brivido le percorse la schiena.

State per realizzare il nuovo album?” sorrise anche lei.

Gustav si limitò ad annuire, visibilmente soddisfatto.

Ascoltare le loro canzoni poteva essere un modo per stare loro più vicino, anche se non concretamente e la cosa poteva avere anche una lettura negativa. Stare loro più vicina col pensiero significava anche pensare a Tom e soffrire per lui. Il modo in cui sfiorava la chitarra l'aveva sempre commossa, le aveva sempre creato un nodo allo stomaco, ricordandole tutti i momenti che avevano trascorso insieme, quanto adorasse quelle mani e quanto sensibile fosse il suo animo attraverso una semplice melodia.

Improvvisamente, percepì i muscoli irrigidirsi violentemente non appena Tom e Bill comparvero in lontananza.

Stai calma, respira, si ripeteva nella testa con poco successo. Cercò di adottare l'atteggiamento più disinvolto di cui disponeva, finché non giunsero al tavolo.

Buongiorno.” salutò Bill, colpito di vederla sedere lì.

Non aveva ancora guardato Tom e non ne aveva nemmeno l'intenzione. L'immagine delle sue mani sul corpo di Keri non abbandonava la sua mente.

Il vocalist le si sedette di fronte mentre Tom prese posto a capotavola, fra Georg e Gustav. Aveva fatto di proposito il giro del tavolo per non finire accanto a lei, lo aveva notato. Ingie si toccò insicura i capelli poi continuò la sua colazione, sentendo gli occhi dei gemelli puntati addosso.

State ripartendo?” domandò improvvisamente Tom, facendole tirare un sospiro di sollievo.

Sì. Non piangere, so che sentirai la mia mancanza.” lo stuzzicò Georg, posandogli una mano sul braccio.

Sì, soprattutto la notte, Hobbit.” stette al gioco il chitarrista. “Se sai cosa intendo.” gli strizzò l'occhio e tutti scoppiarono a ridere, eccetto Ingie.

Non perché quel loro tipico scambio di battute non la facesse sorridere, al contrario. Non sapeva come il ragazzo avrebbe letto un gesto simile da parte sua, per quanto insignificante in altre circostanze.

Beh, ci tocca andare.” annunciò improvvisamente Gustav.

Ingie si schiarì la voce e si alzò immediatamente dalla sedia.

Allora io vi saluto.” disse velocemente.

Non voleva sedere al tavolo da sola con i gemelli, sarebbe stato a dir poco imbarazzante.

Scoccò baci sulla guancia ad entrambi e li abbracciò lievemente. Era sempre un dispiacere salutarli; ultimamente si vedevano così poco. Era abituata ad averli sempre intorno allo studio.

Si dileguò il prima possibile.





***





Non dirlo a Tom.

Bill era per natura un ragazzo che manteneva le promesse senza particolare difficoltà ma si era reso conto che quella volta aveva accettato un'impresa decisamente ardua. Tenere all'oscuro suo fratello da ciò che era accaduto la notte prima con Ingie non era per nulla semplice. Non era abituato a mentirgli o a nascondergli le cose. Non era nella loro abitudine; eppure Ingie lo aveva implorato con gli occhi colmi di lacrime. Probabilmente si vergognava, non voleva che il chitarrista si accorgesse anche di quel suo lato debole, nonostante Bill sapesse molto bene quanto Tom ne fosse già al corrente.

Una cosa l'aveva sorpreso però: la quantità infinita d'amore che ancora aveva letto nei suoi occhi stanchi e addolorati. Ingie era ancora innamorata di suo fratello, lo sapeva, esattamente come Tom era ancora innamorato di lei. Ora quale poteva essere la cosa giusta da fare? Far tornare suo fratello sui suoi passi per l'ennesima volta, rischiando quindi un'altra delusione o privarli entrambi del loro più grande amore?

Forse l'unica cosa che poteva fare era lasciare che il destino facesse il suo corso.





***





Doveva parlargli. Pensiero fisso dall'esatto istante in cui si era alzata dal letto. Non poteva continuare a convivere con quell'interrogativo. Doveva trovare Bill.

Aveva atteso di poterlo avvicinare senza la presenza del chitarrista e non l'aveva perso d'occhio un solo momento quel pomeriggio, dopo le prove. L'aveva visto uscire in giardino, probabilmente per fumare una sigaretta – vizio che mai aveva perso, nonostante tutti continuassero a metterlo in guardia sulla sua preziosa voce. Quando uscì dall'hotel, lo trovò – come previsto – seduto sul dondolo e la sigaretta in bocca.

Quando sollevò lo sguardo su di lei, fu sorpreso della sua presenza.

Ciao.” si fece coraggio lei.

Ciao.” rispose lui senza il minimo cambiamento di espressione.

Incerta, si avvicinò di qualche passo, fino a che poté guardarlo attentamente negli occhi.

Non sapeva da dove cominciare e continuava a torturarsi le mani e le labbra. L'aveva raggiunto decisa a parlare ma ora che l'aveva davanti aveva perso tutto il coraggio che aveva racimolato.

Si schiarì la voce.

Volevo parlare... Riguardo ieri sera.” mormorò, scrutandolo curiosa di una sua qualsiasi reazione. Bill, dal suo canto, non si era scomposto. Aveva continuato ad osservarla, in attesa. “Prima di tutto volevo ringraziarti. Se non fosse stato per te, sarei finita sotto un camion.” Bill non rispose. “Però mi chiedo... Perché tutto questo riguardo?”

Dovevo lasciarti investire?” ribatté in tutta tranquillità il vocalist.

Non mi riferisco a quello.” precisò lei. “Mi riferisco al dopo.”

Bill distolse lo sguardo e rifletté qualche attimo prima di rispondere.

Te l'ho già spiegato ieri sera. Tutti meritano un aiuto.”

Sì ma io ho fatto del male a tuo fratello. Tu mi odi.”

Il cantante fece una smorfia.

Andiamo, Ingie, io non ti odio.” borbottò con un sospiro, continuando a non guardarla. “Sono furioso con te, sono deluso, non riuscirei a perdonarti. Ma non ti odio.” Ingie aggrottò la fronte. “Non sei una persona cattiva. E sei giovane ed insicura.” Si prese una pausa. “Nonostante i tuoi errori non siano da giustificare, forse bisognava aspettarseli. Hai ventun anni.”

La mora si sentì appena punta nell'orgoglio.

A ventun anni si è in grado di ragionare.” protestò senza inalberarsi.

Certo ma si è anche più inclini alle stronzate.” Buttò un po' di cenere a terra e tornò a guardarla. “Cosa vorresti che ti dicessi, Ingie?”

Non era certa nemmeno lei di cosa desiderasse sentirsi dire. Probabilmente pretendeva l'impossibile. In un mondo parallelo e perfetto, Bill l'avrebbe perdonata, stretta a sé e cercato di convincere suo fratello a fare lo stesso. Ma quella era la realtà e doveva accettarla per come si presentava.

Decise che non doveva demordere.

Quello che mi hai dato non è stato un semplice aiuto, Bill. Un aiuto sarebbe stato togliermi dalla strada e lasciarmi lì. Tu mi hai riportato in camera, mi hai tolto il trucco dal viso. Questa è premura, non semplice aiuto.”

Il vocalist distolse nuovamente lo sguardo.

Vedila come vuoi.” tagliò corto.

La vedo come è.” ribatté la ragazza.

A quel punto, Bill si sollevò dal dondolo – la sigaretta gettata a terra – e le si mise davanti con un sospiro.

Vuoi cercare di farmi ammettere che provo ancora affetto per te?” Fu quasi un sussurro che la fece fremere per un attimo. “D'accordo. Hai fatto innamorare mio fratello, sei stata una mia cara amica, hai vissuto con noi per tanto tempo. Credo sia normale non volerti vedere morta da qualche parte. Ma ricordati che Tom è la persona più importante della mia vita e tu l'hai ferito. Non posso passare sopra a questo.”

Ingie sentiva le lacrime minacciare di tradirla ma fu abbastanza forte da trattenerle. Annuì appena, remissiva. Non sapeva cosa dire; d'altronde nulla avrebbe potuto mettere a posto le cose nonostante i suoi numerosi tentativi.

Hai ragione.” sussurrò con voce tremante. “Beh, volevo solo ringraziarti come si deve.” Gli diede le spalle, intenzionata a rientrare in hotel ma prima di farlo si voltò ancora un istante verso di lui. “Solo una cosa ancora.” Il fiato le mancò. “Nonostante tutto ciò che è successo, io ti voglio davvero bene, Bill. Sei uno dei più cari amici che io abbia mai avuto.” Ingoiò il magone che le si era formato in gola. “E non è vero che sono cambiata. Sono la stessa Ingie che avete conosciuto a Berlino.”

Detto questo, non ebbe più il coraggio di sostenere il suo sguardo.





***





Il giorno del serale era finalmente giunto. Ingie aveva provato impazienza ma la verità era che voleva solamente che il programma terminasse una volta per tutte poiché più il tempo scorreva, più si sentiva a disagio e desiderava tornare a casa sua, a New York.

Luke le aveva augurato buona fortuna come sempre e si era scusato per il fatto che non potesse essere nuovamente lì con lei, a darle sostegno. Ingie, nel rendersi conto di non sentire tale mancanza, si dispiacque. Ultimamente i suoi sentimenti per il biondo si congelavano sempre di più. Forse perché l'amore per Tom stava tornando inesorabilmente a galla, più forte che mai. Eppure non riusciva a smettere di volere bene al suo fidanzato poiché tante, troppe volte le era stato vicino, anche quando non se lo meritava.

Ferma lì!”

Ingie inchiodò sui propri piedi. Camminava tranquilla lungo il corridoio dell'hotel, quando una voce alle spalle l'aveva spaventata. Quando si voltò, Ty la stava raggiungendo.

Ty, Dio mio, vuoi farmi morire?” obiettò, portandosi una mano al petto.

Ho bisogno del tuo aiuto.” le comunicò, afferrandola per il braccio e trascinandola poi con sé.

Hey!” esclamò lei, cercando di fermarlo. “Almeno degnati di spiegarmi, prima!”

D'accordo.” sospirò il ragazzo, parandosi davanti a lei. “Sono nella merda.”

Ingie inarcò un sopracciglio.

Potresti essere un tantino più specifico?” chiese con sarcasmo.

Sta arrivando Jane e la mia dannatissima sfiga vuole che sia anche il suo compleanno.”

E qual è il problema?”

Il problema è che le è venuto in mente di dirmelo solamente dopo aver attraversato l'intero Atlantico, ergo, o mi muovo a trovare un fottutissimo regalo di compleanno entro quarantacinque minuti o posso per sempre dire addio alle mie palle.”

Okay, hai reso l'idea.”





***





Le carezzava distrattamente il fianco nudo, mentre il suo sguardo era fisso nel vuoto. Keri dormiva accanto a lui, benché fosse pomeriggio. La stanza era perfettamente illuminata ed in disordine. I vestiti erano interamente sparsi sul pavimento, uno sopra l'altro, ed un silenzio tombale – se non il semplice respiro della bionda – gli pervadeva le orecchie.

Avevano intrapreso una relazione decisamente strana. Per molti aspetti avrebbe creduto fosse uguale a quella con Ingie, i primi tempi, quando entrambi credevano si trattasse solo di sesso. Ma con Keri era diverso. Con Keri stava proseguendo una frequentazione che – teoricamente – avrebbe dovuto farli diventare qualcosa di più di semplice amanti. Ma se con Ingie aveva da sempre provato bellissime emozioni, con Keri non sentiva nulla. Era di piacevole compagnia, era simpatica e dolce, ma non era Ingie.

Con un sospiro frustrato, allontanò la mano dal suo corpo caldo e si alzò dal letto, intenzionato a fumare una sigaretta sul terrazzino. Aprì la portafinestra e si strinse nelle spalle, infreddolito. Era pur sempre la Germania. Sedutosi sulla sedia in vimini, si accese la sigaretta.

Ultimamente la sua testa non lo aiutava psicologicamente. La mora occupava gran parte dei suoi pensieri, anche in presenza di Keri e ciò non andava bene o per lo meno non gli sembrava corretto nei suoi confronti.

Alle volte aveva persino pensato di tentare un nuovo approccio con Ingie ma poi si era detto che non poteva funzionare. Non provava fiducia in lei e non l'avrebbe mai più provata. Era una ragazza instabile, una ragazza che poteva mettere in difficoltà anche uno psicologo. Non potevano tornare insieme; e poi c'era Luke.

Strinse i pugni a quel pensiero.

Lui era stato la causa di tutto quanto. Se non si fosse ripresentato quella sera, forse nella sua camera, dormiente, vi sarebbe stata Ingie, non Keri. Certo, probabilmente non avrebbe mai saputo la verità ma per lo meno non avrebbe sofferto. A volte era meglio vivere nell'ignoranza per salvaguardare i propri sentimenti.

Così ora provava un'ira nei confronti della mora inestinguibile. Avrebbe voluto vederla soffrire, provare il suo stesso dolore. Sì, l'avrebbe realmente voluto, perché l'amava ancora e non era giusto.

Improvvisamente, scrutando il vialetto d'entrata dell'hotel, scorse proprio Ingie – in compagnia di Ty – che usciva dal cancello. Entrambi si dirigevano verso i negozi vicini. La osservò ancora qualche istante, sentendo il cuore accelerare il battito, fino a che il richiamo di Keri da dentro la stanza non lo fece tornare alla realtà.





***





Hai già qualche idea per il regalo?” domandò Ingie una volta che furono entrati nell'enorme centro commerciale.

D'accordo, avevo intenzione di non dirlo a nessuno ma direi che non ho scelta.” borbottò il moro per poi guardarla attentamente negli occhi. “Ho intenzione di chiederle di sposarmi.”

Ingie sgranò gli occhi e si sentì mancare il fiato per un momento dalla sorpresa. Sapeva che il rapporto fra Ty e Jane era burrascoso. In tanti anni avevano passato più tempo a litigare che andare d'accordo. Ora Ingie aveva paura che la scelta di Ty fosse affrettata e volesse fungere un po' da pezza alla loro storia.

Ty, sei sicuro? Voglio dire...” provò senza apparire brusca.

So cosa stai pensando ma la risposta è no. Io la amo, Ingie.” ribatté lui più che convinto.

La mora, a quel punto, non poté fare a meno di sorridere.

Beh, credo ne rimarrà piacevolmente colpita.” ritrattò. “Allora, a questo punto, dovremmo andare al reparto gioielli.”

Ci fu un istante di silenzio in cui entrambi camminavano pensierosi fianco a fianco, fino a che Ty non le pose la fatidica domanda che aveva cercato da subito di schivare.

E tu e Luke quando vi sposate?”

Gliel'aveva chiesto con il sorriso in faccia, quasi volesse essere una sorta di positiva provocazione. Ingie dal canto suo si era sentita messa in gabbia e non era sicura di voler toccare quel tasto.

È complicato.” tagliò corto, guardandosi in giro.

Cos'è complicato?” ribatté lui. “È complicato perché non lo ami.” Ingie si bloccò all'istante, voltandosi basita verso di lui. “Andiamo, Ingie, si vede lontano un miglio.” sorrise appena il ragazzo.

Si vedeva così tanto?

Non capisco di che parli.” divagò riprendendo a camminare.

Certo, non capisci di che parlo.” la beffeggiò ma riprese anche lui a guardarsi attorno ed il discorso parve concludersi una volta per tutte.

Era stufa di tutte quelle insinuazioni che la gente faceva su di lei. Desiderava che per una sola volta la sua storia con Luke non fosse oggetto di discussione o pettegolezzi.





***





Era stata particolarmente dura stargli dietro. Una volta acquistato un bellissimo e raffinato anello di Swarovski, un gioiello per cui l'intera popolazione femminile avrebbe perso la testa, erano corsi di nuovo in hotel. Ty era terrorizzato dall'idea che Jane potesse essere già arrivata e che scoprisse cosa avesse appena fatto.

Una volta giunti nell'androne, Ingie poté udire una chiara imprecazione da parte di Ty e quando scrutò davanti a sé la figura elegante sostare accanto ad una valigia capì anche il perché. Jane attendeva probabilmente l'arrivo del ballerino e pareva lievemente spazientita. Si voltò nella loro direzione e l'espressione che il suo viso assunse non fu di buon auspicio. Fece slittare le pupille da Ty ad Ingie con sospetto e la mora pregò perché non fraintendesse.

Amore.” sorrise lui, andandole in contro.

Jane tirò un sorriso e si lasciò abbracciare e baciare.

Ciao, Jane.” la salutò educatamente Ingie.

Ciao, Ingie.” ricambiò la ragazza senza abbandonare quell'espressione sospettosa che cominciava a farla sentire a disagio.

Beh, io vado in camera ora.” decise di congedarsi appena in tempo.

Impiegò pochissimi istanti a raggiungere l'ascensore. Non voleva essere squadrata da quello sguardo un secondo di più.

Finalmente giunse al suo piano – era pronta ad infilarsi in doccia – quando una porta si aprì.

Trattenne il fiato non appena vide Keri uscire dalla stanza di Tom ed il ragazzo fermo sulla porta, a torso nudo, a sorriderle prima di schioccarle un bacio sulle labbra.

Le girò la testa e dovette poggiare una mano al muro per non cadere a terra. Cercando di fare finta di nulla, estrasse la tessera dalla borsa per aprire la porta della sua camera.

Hey, Ingie!” sentì Keri improvvisamente. Ingie chiuse gli occhi maledicendo tutte le forze negative che le si opponevano instancabilmente. Si voltò nuovamente verso di loro con un sorriso di circostanza sul viso. Nemmeno per un secondo si degnò di scrutare il chitarrista; le sue pupille non abbandonavano la figura di Keri. “Da dove arrivi?” le domandò particolarmente pimpante, senza staccare la mano dal fianco di Tom.

Sono stata al centro commerciale con Ty, gli serviva un regalo per Jane.” rispose la mora mantenendo una certa calma. “Sono di sotto, se la vuoi salutare.”

Oh, certo.” sorrise la bionda per poi voltarsi verso Tom. “A dopo.” gli disse prima di schioccargli un altro bacio sulle labbra.

Non appena si dileguò, il silenzio troneggiò in corridoio. Per la prima volta Ingie scrutò il ragazzo e rabbrividì non appena lo vide ricambiare quello sguardo con una certa intensità. Senza proferire parola, si affrettò a chiudersi in stanza dove, una volta sola, scoppiò a piangere.





***





Mancava decisamente troppo poco all'inizio del serale per fumare una sigaretta ma la tentazione ancora una volta le era stata superiore.

Inspirò la prima boccata di fumo per poi stringersi nelle spalle, piuttosto infreddolita. Sostare sulla terrazza, di sera con un semplice vestitino quasi inguinale non si era rivelata la migliore delle idee ma aveva un disperato bisogno di nicotina, soprattutto dopo quello che aveva visto quel pomeriggio.

Quando si voltò verso l'enorme camerino – che poteva perfettamente vedere tramite la grande vetrata della portafinestra – vide i suoi colleghi, compresi Tom e Bill, in preda alle preparazioni. Jane affiancava Ty, decisa a fargli compagnia almeno prima di andare in scena. Il ballerino non le aveva ancora fatto alcuna proposta di matrimonio e non le aveva ancora mostrato il gioiello. Ty voleva farlo alla fine del programma, una volta soli in hotel. Inutile dire quanto la ragazza fosse delusa per non aver apparentemente ricevuto alcun regalo di compleanno.

Spostò lo sguardo su Adam, come sempre addosso ai gemelli con fare voluttuoso, poi su Page, felice di lasciarsi truccare, poi su Milo che pareva alquanto malinconico. Di tanto in tanto lanciava occhiate a Tom e Keri, poi tornava a fare finta di nulla, seduto sul divanetto perché già pronto per l'esibizione.

Ingie si chiese per un momento quale sorta di mondo parallelo fosse mai quello. Pareva una realtà ovattata della quale non aveva chiesto di far parte. Una parte di lei la osservava dall'esterno, forse desiderando intimamente di sognare ogni sua sofferenza.

Si voltò di nuovo verso la ringhiera della terrazza, contro la quale si appoggiò con i gomiti. Espirò altro fumo.

Solo una cosa esisteva nella sua vita che la rendeva ancora felice: il ballo. Fortunatamente avrebbe sempre potuto contarvi.

Posso parlarti un momento?”

Era sobbalzata a quella domanda poiché non aveva nemmeno sentito la porta aprirsi. Scoprì che quella voce apparteneva a Jane.

Sì.” rispose lei sorpresa e curiosa di sentire cosa avesse da dirle.

Non è un bel periodo per me e Ty.” fu la premessa e Ingie corrugò la fronte confusa.

Sì, ehm, mi ha accennato qualcosa ma...”

Pertanto ti pregherei di non infierire ulteriormente.”

Ingie sgranò gli occhi basita.

Come, scusa?” domandò quasi scioccata da tale richiesta.

Vedo che siete particolarmente in confidenza e la cosa non mi entusiasma, se devo essere del tutto sincera.”

Jane, ti posso assicurare che siamo buoni amici e colleghi prima di tutto.”

Essere colleghi implica anche andare in giro insieme?”

Dovevo comprare delle cose e mi ha semplicemente accompagnato, come qualsiasi mio amico avrebbe fatto. Non c'è malizia in quello che facciamo.”

Me lo auguro. Ma vorrei comunque tenessi le giuste distanze.”

Detto questo, le diede le spalle e rientrò in camerino dove Ty la attendeva sorridente, ignaro della conversazione appena tenuta.

Ingie era senza parole. Aveva sempre saputo che Jane fosse una persona alquanto difficile – stando ai racconti di Ty – ma sperimentarlo sulla propria pelle fu molto più pesante.

Che diavolo si era messa in testa?

Milo apparve improvvisamente davanti a lei.

Hai appena avuto un incontro con Psyco.” constatò con sarcasmo.

Non me la ricordavo così pazza.” commentò lei con una smorfia.

Si chiedeva se Ty fosse convinto di sposarla. Sarebbe stato un problema per l'intera popolazione femminile che lo circondava.

Che ti ha detto?” le domandò il ragazzo, curioso.

Di stare alla larga dal suo uomo.” tagliò corto lei per poi spegnere la sigaretta. “Come avessi il tempo materiale di perdere la testa di nuovo per un'altra persona.” borbottò poi, scettica. “Mi faccio i cazzi miei e riesco sempre a finire in qualche guaio. Qualcuno mi deve spiegare questa cosa.”





***





Fremeva dalla voglia di parlargli. Non sapeva esattamente quale motivo lo spingesse a tradire la promessa fatta ad Ingie ma più osservava suo fratello, al suo fianco, scrutare la ballerina al posto del cantante in gara ogni qual volta vi fosse l'occasione – sguardo peraltro ricambiato – la sua coscienza e forse un po' di egoismo cominciavano a spingerlo in quella direzione. Come poteva nascondere qualcosa a Tom? Era impensabile, non l'aveva mai fatto in tutta la sua vita e fino a qualche giorno prima non ne avrebbe mai avuto nemmeno l'intenzione. Ora però sentiva che era necessario tirare fuori la verità, mettere al corrente il chitarrista di ciò che affliggeva Ingie, esattamente come lui. Forse gli avrebbe fatto male, forse avrebbe perso il controllo, si sarebbe trovato nuovamente in difficoltà, ma doveva farlo per il suo bene e per la sua coscienza.





***





Si sentiva stravolto. Appena toccato letto in albergo, aveva chiuso gli occhi – ancora vestito – e si era abbandonato al silenzio che aleggiava nella sua camera. Keri era andata immediatamente a dormire nella sua stanza, troppo stanca per stare con lui. Tom, dal suo canto, non ne era dispiaciuto. Aveva bisogno di stare da solo. La sua mente era per la prima volta in tanto tempo vuota. I brutti pensieri lo avevano abbandonato e solamente il sonno si era impossessato dei suoi sensi, talmente tanto che per poco si dimenticò di dove si trovava. Avrebbe desiderato vivere in quelle condizioni per tutta la vita, se l'avesse aiutato a stare meglio e riacquistare un po' di serenità che aveva perduto in quei mesi.

Improvvisamente però sentì bussare alla porta. Sospirò nervosamente.

Immaginava fosse Keri; probabilmente aveva cambiato idea sul corso della serata ed aveva preferito dormire con lui.

Si alzò stancamente dal letto e si trascinò verso la porta che venne aperta con stizza. Con sua sorpresa, il viso di Bill sostituiva quello di Keri.

Hey.” mormorò il moro con gli occhi semichiusi dalla stanchezza. “Che c'è?” domandò, poggiando una tempia allo stipite della porta.

Mi fai entrare? Ti devo parlare.” gli chiese il gemello con sguardo fin troppo serio che per un momento lo preoccupò. Senza rispondere, si fece da parte e lo lasciò entrare. Una volta soli, tornò a letto dove si sedette con le gambe incrociate, pronto a sentire cosa Bill avesse da dirgli. Il vocalist, nel frattempo, gli si era seduto di fronte. “C'è una cosa che non ti ho detto in questi giorni.” iniziò il biondo. “Riguarda Ingie.”

Ah, no.” esclamò immediatamente il chitarrista cominciando a scuotere la testa. “Non pensare di poter parlare di lei proprio stasera. Non sono decisamente in vena.”

Invece voglio che mi ascolti, è importante.” lo pregò di nuovo. I suoi occhi furono talmente eloquenti che non poté fare altro che tacere. “Ingie ti ama ancora.”

Tom prese a ridacchiare nervosamente.

Andiamo, Bill, non cominciare.” lo mise in guardia.

So che è una follia che io sia qui a dirti queste cose, visto quello che ti ha fatto, ma non posso fare finta di nulla. Non ci riesco.” gesticolò. “Io ti vedo star male per lei, ti vedo amarla ancora. A questo punto mi chiedo cosa sia più importante.”

Io ho finito di farmi prendere in giro da lei.”

Tom, era ubriaca fradicia l'altra sera. Per poco non finiva sotto un camion.” Tom sentì un brivido lungo la schiena. “Sta perdendo la testa e questo perché con Luke non va. Non ha mai smesso di pensare a te e lo sappiamo bene entrambi. L'ho vista sbattuta, deperita, depressa. Non è l'Ingie che abbiamo conosciuto tempo fa. Questa si attacca alla bottiglia alla minima difficoltà, è apatica, fredda. Mi fa paura.”

La rabbia che Tom percepì nelle vene non era quantificabile. Qualcosa nella sua testa stava accadendo ma l'ira, il mancato autocontrollo non lo rendevano lucido da comprendere. Il cervello si era scollegato ed un nuovo istinto che non gli apparteneva l'aveva invaso.

Perché? Perché riusciva anche ora a divenire vittima al suo posto? Perché riusciva sempre a capovolgere i ruoli, rendendolo colpevole di un suo male, quando l'unica vittima reale era lui? Perché far credere al mondo intero che quella che soffriva era lei? Che quella illusa, tradita e usata era lei?

Aveva stretto i pugni talmente tanto da lasciarsi i segni delle unghie sui palmi delle mani.

Aveva raggiunto il limite.

Si alzò di scatto dal letto – facendo così sobbalzare un Bill spaventato – ed uscì furibondo dalla stanza.





***





Aveva appena finito di fare una doccia rigenerante ed aveva solamente voglia di gettarsi sotto le coperte. La spossatezza si era impossessata di lei senza preavviso ed aveva qualche ora di sonno da recuperare. Si avvolse l'asciugamano attorno al corpo e si diresse verso il letto ma non fece in tempo a sedervisi che violenti colpi alla sua porta la fecero trasalire. Con occhi sgranati attese qualche attimo insicura, prima di dirigersi alla porta ed aprirla con cautela.

Il mondo le crollò addosso.

Tom la spinse dentro la stanza e richiuse la porta alle sue spalle con un tonfo sordo. Ingie era terrorizzata; era terrorizzata perché il chitarrista era furioso. Era terrorizzata perché si trovava nella sua stanza. Era terrorizzata perché Luke non c'era.

Il cuore batteva all'impazzata e le gambe le tremavano. Si sentiva nuda sotto il suo sguardo.

Tom le si avvicinava sempre di più e lei, ad ogni suo passo, arretrava lentamente. Strinse le palpebre quando si sentì sbattere con foga al muro e portò le mani davanti al proprio viso in un riflesso condizionato che Tom afferrò per riportarle contro la fredda parete.

Così vicino, il suo respiro veloce le sfiorava il viso, i suoi occhi la attraversavano da parte a parte, sembravano scavarle nell'anima.

Che cosa vuoi ottenere?” sibilò senza staccarle gli occhi di dosso. Ingie non capiva ed il suo cuore non l'aiutava. Le mani di Tom continuavano a tenerla ferma, stringendola fino a farle male. La stava toccando di nuovo, dopo quella che le era parsa un'eternità. Di nuovo quel calore, di nuovo quella forza che se una volta le dava sicurezza ora la spaventava. “Cosa vuoi ottenere, stronza?!” alzò la voce contro di lei, portandola a sgranare gli occhi quando batté violentemente un pugno contro il muro a qualche centimetro dal suo viso. Continuava a non capire cosa stesse accadendo. “Mi hai rovinato la vita e continui a rovinarmela.” sorrise amaramente con il fiato corto ed il respiro sempre più veloce. Non l'aveva mai visto così fuori di sé, nemmeno quando aveva scoperto di Luke. “Io ti odio.” soffiò. “Io ti odio, Cristo!” urlò di nuovo, sbattendo un altro pugno al muro.

Credette di svenire quando sentì il chitarrista afferrarla per il collo. In un automatismo, portò le sue mani a stringergli i polsi ma non oppose resistenza, non fece nulla per toglierselo di dosso. Quasi lo tenne stretto a sé.

Sorrise amaramente.

Vuoi uccidermi?” ridacchiò appena senza il minimo divertimento. “Fallo. Magari me lo merito.”

Si spaventò quando sentì la stretta farsi più forte. Cominciava a faticare nel riprendere aria. La testa le girava così decise di chiudere gli occhi. Forse era meglio così.

Il momento in cui smise di respirare arrivò: Tom si era impossessato inaspettatamente delle sue labbra.

Aveva sgranato nuovamente gli occhi – le mani ancora strette ai polsi del chitarrista – ed il cuore si era fermato.

Tom la stava baciando.

Le mani al collo avevano allentato la presa ma non l'avevano abbandonato.

Era un bacio violento, passionale, urgente, furibondo. Percepiva tutta la sua rabbia, percepiva la frustrazione, il desiderio di farle male, il dolore che provava nello starle vicino. Ed Ingie provava le stesse cose. Luke le attraversò la mente solo per un attimo ma accantonarlo fu qualcosa di triste ma scontato.

Quanto le erano mancate quelle labbra, quella pelle, quel profumo, quelle mani. Tutto. Le era mancato tutto di lui e voleva drogarsene, voleva cadere in un baratro assieme a lui, voleva sporcarsi di altri errori.

Peccatori. Lo erano entrambi. Entrambi si stavano sporcando a vicenda e ne erano consapevoli ma la foga, la volontà di riaversi erano troppo forti.

Con la mano le afferrò deciso i capelli e le tirò appena indietro la testa per baciarla con più impeto. Nel frattempo, con l'altra le alzava l'asciugamano lungo la coscia. Non si perse in preamboli o gentilezze prima di toccarla intimamente.

Ingie si lasciò scappare un gemito strozzato, aggrappandosi alle sue spalle, mentre lui prendeva a morderle il collo. Anche nel tocco, nei morsi, nei baci poteva sentire tutta la rabbia che provava per lei. Non aveva il riguardo di una volta ma la passionalità non era mai svanita, era quella che ricordava, che l'aveva sempre fatta sentire donna e desiderata. E non si vergognò quando si accorse di desiderarlo allo stesso modo, forse di più.

Gli sfilò velocemente la maglia poi lui la afferrò e la sbatté nuovamente contro il muro, facendole male. Le labbra la divorarono ancora mentre lo aiutava a slacciare la cintura dei pantaloni. Con un agile gesto, le fece cadere l'asciugamano a terra. Completamente nuda sotto i suoi occhi, non si vergognava, poiché si era sempre sentita a suo agio con lui. Pelle contro pelle; tutto ciò che l'aveva sempre fatta sentire a casa.

La toccava ovunque con poca attenzione. Voleva solamente possederla, non riusciva più ad attendere, e questo lei lo aveva capito. La sua mente era completamente annebbiata dal desiderio di sentirlo di nuovo fondersi con lei. Lo voleva con tutta se stessa.

Con le mani la afferrò da sotto le ginocchia e si portò le sue gambe al bacino. Ingie continuava a baciarlo, passandogli le mani fra i capelli o stringendogli le spalle. Non poteva più aspettare. Quei dannati boxer che ancora li separavano stavano divenendo una costrizione insopportabile.

Tom li abbassò.

Un urlo soffocato si levò nella stanza. Ingie aveva chiuso gli occhi, gettando indietro la testa. Il chitarrista l'aveva presa senza preavviso, velocemente, tanto che aveva sentito una lieve fitta di dolore che era però immediatamente scemata grazie alle potenti scariche di piacere che il suo corpo provava.

Sentiva i muscoli tremare ad ogni sua spinta.

La stava possedendo lì, contro il muro, quasi con violenza. Ma Ingie avrebbe voluto che quel momento non finisse mai. Avrebbe voluto piangere dalla gioia. Sentirsi sua, diventare un unico corpo con lui era ciò che più la rendeva felice al mondo e stava accadendo di nuovo. Lo stringeva, lo baciava ovunque come volesse assicurarsi che fosse vero.

Il corpo di Tom le era così famigliare. Lo amava, lo amava infinitamente ed incondizionatamente, così tanto che avrebbe potuto addirittura dare la vita per lui.

Improvvisamente, si sentì staccare dal muro e Tom si spostò verso il centro della stanza, senza mai abbandonarla con il suo corpo, fino a gettarla sul letto dove la sovrastò, riprendendo a possederla. Ingie gli allacciò di nuovo le gambe alla schiena ed aprì gli occhi per guardarlo. Il viso arrossato e contratto in un'espressione di puro piacere, le labbra socchiuse e gonfie dei suoi baci, gli occhi lucidi e lussuriosi. Credette di morire dall'emozione.

Gli sfiorò il viso, vezzeggiandolo. La sua pelle era morbida come la ricordava. La mano del chitarrista si insinuò fra i suoi capelli, in cima alla fronte, e si fermò lì per guardarla negli occhi, quasi a volerla uccidere con un solo sguardo. I loro corpi umidi si intrecciavano senza sosta, senza darsi un secondo di tregua.

Avrebbe voluto urlare quanto lo amasse, avrebbe voluto tenerlo a sé tutta la vita, dimenticare tutto il resto.

Lo spinse fino a farlo girare con la schiena al materasso. Gli si sedette a cavalcioni e lo fece alzare con il busto. Lo abbracciò prendendo a muoversi su di lui; la bocca all'orecchio, intenta a rilasciare ansimi e gemiti più o meno sonori. Le mani di Tom la afferrarono forte alle anche, aiutandola nei movimenti. E quando le spinte giunsero anche dal suo bacino, in perfetta sincronia con il suo, non seppe più controllare la voce. Gli morse una spalla quando sentì che l'apice era vicino. Le braccia di Tom la strinsero con più forza ed i movimenti si fecero più veloci, segno che anche lui stava giungendo al limite. I loro gemiti si mescolarono senza sosta fino a che uno più sonoro di tutti, da parte di entrambi, non si liberò nella stanza all'unisono, segnando la fine di quella passione così travolgente.

Il corpo di Ingie era scosso da continui spasmi mentre cercava di riprendere fiato e le braccia di Tom continuavano a stringerla. Mai nella vita aveva provato tanto piacere; mai nella vita era stata amata con tanto fervore.

Ancora seduta in braccio a lui, non riusciva a smettere di stringerlo a sé. Non voleva che se ne andasse, non di nuovo. I loro petti ancora uniti si alzavano e si abbassavano velocemente. E quando lo guardò nuovamente negli occhi, non riuscì a non baciarlo ancora. Questa volta un bacio più lento, spossato, forse dolce. Un bacio che però durò poco poiché il chitarrista si allontanò. Con più calma, la fece alzare così che poté scendere dal letto.

Il cuore di Ingie aveva ripreso a battere velocemente chiedendosi quali fossero le sue intenzioni.

Lo vide rivestirsi e la paura imperversò.

Dove vai?” chiese con un fil di voce, spaventata.

Paura della solitudine. Paura dell'abbandono.

Devo stare solo.” disse lui freddamente, senza nemmeno guardarla.

Tom.” provò di nuovo lei per poi afferrargli tremante una mano. “Non te ne andare.” fu quasi una supplica.

Ho detto che devo stare solo.” insistette lui, staccandosi calmo dalla sua presa.

Ingie sentì gli occhi inumidirsi ma si impose di non piangere. Vedeva in quelli di Tom paura, rabbia, incredulità. Forse pentimento.

Lo osservò in silenzio rivestirsi, poi gli scrutò le spalle nel momento in cui si incamminò verso la porta senza nemmeno lanciarle un'occhiata.

Con lo sgomento di Ingie, senza dire una parola, la abbandonò.

  
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