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Autore: Sakyo_    17/09/2013    3 recensioni
[Spezzone del 6° capitolo]
Ci ritrovammo così, in quella posizione non voluta ma perfetta, i nostri visi a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro. I capelli lunghi di Castiel mi solleticavano la fronte e il suo profumo pungente arrivò fino alle mie narici.
Per qualche secondo restammo a guardarci negli occhi: era la prima volta che li osservavo bene, e ne rimasi ipnotizzata. Profondi, intensi, neri come la pece.
«Adatti» mi ritrovai a pronunciare senza accorgermene.
Castiel mi guardò interrogativo.
«I tuoi occhi... Sono proprio adatti a te» affermai convinta.
[Spezzone del 13° capitolo]
«Non dirlo Nath, io sto bene con te…»
«E allora permettimi di renderti felice»
Una frase che arrivò come una cannonata in pieno petto. Mi sentii così confusa e inibita, come se mi fossi svegliata improvvisamente da un’anestesia totale.
Col dorso della mano mi carezzò la guancia nel modo più dolce possibile, mentre mi confessava il suo amore sincero.
«Sono innamorato di te, Emma»
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Iris, Nathaniel, Nuovo personaggio, Rosalya
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Night and Day
Capitolo 13


Convincere il professore di educazione fisica a mandarmi in infermeria non fu difficile. Bastò nominare la parola ciclo alla sua domanda sul perché avessi così tanto bisogno di riposo, e l’assenso arrivò in men che non si dica.
Rosalya “bel faccino/brutta linguaccia” perse un po’ del suo aspetto statuario e impassibile quando mi vide correre verso di lei come una furia. Anzi, come un toro rabbioso pronto a caricarla con tutta la sua forza.
«Non dovresti essere a lezio…»
«Sta’ zitta» la ammonii, mentre il sangue nelle vene mi ribolliva sempre di più.
Ero cieca, cieca dalla rabbia. Desideravo soltanto riempire di schiaffi quel suo visino ipocrita e bugiardo, prenderla per i capelli e lanciarla dalla finestra, non prima di averle assestato qualche pugno nello stomaco.
Lei capì all’istante le mie intenzioni perché assunse una posizione difensiva e offensiva allo stesso tempo incrociando le braccia e parandosi davanti a me, immobile.
«Che coincidenza. Se non avessi chiesto il permesso per andare al bagno, mi sarei persa questa Emma così aggressiva…» un sorrisetto beffardo accompagnò la sua frase.
Osava anche prendermi in giro, dopo tutto quello che mi aveva fatto passare! Non so come ma riuscii a trattenermi dal metterle le mani addosso. Grazia divina, probabilmente.
«Tu… Non devi permetterti di interferire nella mia vita privata, chiaro?» l'autorità con cui pronunciai quelle parole meravigliò anche me, ma solo per un istante. Nessuna pietà per l'arpia che aveva rovinato il mio rapporto con Castiel.
«Per lui sono disposta a fare di tutto, Emma. Pensavo che l'avessi capito, evidentemente mi sbagliavo»
Nell'ostentare il suo amore solenne, il suo sguardo deviò impercettibilmente rotta dalla mia testa ad un qualcosa che si trovava dietro di me. «Non puoi accusarmi ingiustamente! Io non ho detto nulla!» aggiunse di colpo, come se stesse recitando con tutta se stessa una parte per un ruolo da attrice protagonista.
Ma io mi ero accorta della deviazione dei suoi occhi e con un terribile presentimento mi voltai indietro.
Castiel, davanti la porta del bagno, ci fissava con espressione indecifrabile.
No, no, no! Ero sicura, come lo era anche Rosalya, che avesse sentito solo l'ultima frase che le era uscita dalla bocca. E tutto stava andando di nuovo dannatamente a rotoli.
A quel punto, però, era giunta l'ora di finirla. Speravo che Castiel fosse abbastanza ragionevole da ritenere vera la mia versione dei fatti. In caso contrario... Sarebbe finito tutto.
O meglio, nulla sarebbe iniziato.
Il rosso stava andando via senza dire una parola, quando gli urlai dietro «Scegli a chi credere, Castiel!»
Confuso, si voltò a guardarmi.
«Ormai m'importa solo sapere a cosa credi tu» dissi con un fil di voce, tutta la sicurezza di un attimo prima era sparita come per magia.
Rosalya stette in silenzio, anche lei in attesa della risposta definitiva da parte del ragazzo che tanto amava.
«Mi stai chiedendo a chi credo?» ripeté lui, fingendosi accigliato. «Pensi davvero di essere così importante da potermi fare una domanda del genere?»
Per l'ennesima volta, quella dolorosa stretta allo stomaco.
Perché, perché mi trattava in quel modo? Per una volta che le cose stavano andando nel modo giusto senza che io me ne uscissi con qualche genialata per rovinare tutto... Perchè quella volta, forse la più importante, non voleva fidarsi di me?
«Pensavo che quel bacio significasse qualcosa per te...» sussurrai, ormai ogni mia convinzione vacillava.
Castiel si avvicinò talmente tanto che potevo distinguere perfettamente il contorno della piccola pupilla nera dalle sue iridi scure. «Mi hai baciato, ti ho baciata. E adesso, a distanza di due settimane, ti ritrovo attaccata con la colla al Segretario Delegato. Che diavolo di significato dovrei dare a quel maledetto bacio?»
All'inizio rimasi spiazzata. Cosa c'entrava Nathaniel? Castiel non poteva immaginare il rapporto che c'era tra di noi. Inoltre tutto quello non aveva nulla a che vedere con la storia di cui stavamo discutendo.
«Non mi sembra il caso di tirar fuori terze persone» affermai, alterandomi. «Il vero problema è che tu hai preferito credere a delle stupide voci, invece che a me!»
«Non incolpare me. Pensa piuttosto a correggere i tuoi atteggiamenti» sputò fuori con odio, prima di infilare le mani in tasca e girare i tacchi.
Rosalya, che nel frattempo era rimasta in silenzio a godersi la scena, affrettò il passo per raggiungerlo e bisbigliargli qualcosa. Alla fine del corridoio si separarono ed entrarono nelle rispettive classi.
Io rimasi lì, impietrita, arrabbiata, delusa, amareggiata. Non era così che sarebbe dovuta andare. La verità era un'altra, ma per qualche motivo Castiel non voleva saperne di credermi.
Le labbra mi tremavano appena, sintomo della sgradevole sensazione che stava facendosi spazio nel mio corpo.
Ne avevo abbastanza. Per quanto la cosa potesse rattristarmi, i miei nervi non riuscivano più a sopportare quella farsa. Rosalya era una povera schizzata e Castiel il ragazzo più ridicolo che avessi mai conosciuto.
Nemmeno i bambini si comportano in questo modo. Andasse al diavolo! pensai tra me e me.
Aveva deciso di chiudere i ponti? Bene, benissimo. Dal canto mio non gli avrei più rivolto una parola. Ne avevo piene le tasche della sua stupidità.
Stupido Castiel e stupida me, che l'avevo baciato.

Adesso il vero problema era un altro, ossia Iris.
Come potevo scusarmi con lei? Avevo preso un granchio bello grosso accusandola così ingiustamente, e ora mi vergognavo troppo per chiederle di perdonarmi.
«Sono convinta che andrà tutto bene, se le parlerai» mi rassicurò Violet mentre stavamo tornando a casa, dopo la fine di quella pesantissima giornata scolastica.
Ma i suoi occhi dolci e la serenità che infondeva solo standomi accanto non erano bastati a rendermi altrettanto sicura di ciò che aveva suggerito.
«Il guaio è che l'ho combinata davvero grossa, Violet. Al posto suo, non credo che mi perdonerei con tanta facilità»
Le piccole mani strette sulla cartella, il viso incontaminato da qualsiasi perplessità «Dimentichi che tu non sei lei, Emma»
Già, Violet aveva ragione. Per quanto potessi essere impulsiva e guastafeste, di certo non mi esentavo dall'assumermi le responsabilità di ogni mia azione. Avrei chiamato Iris lo stesso pomeriggio, con le dita incrociate e le più serie intenzioni di pace.
La madre di Iris non riuscì a trattenere un sospiro di desolazione misto a esasperazione quando sentì per la quinta volta la mia voce attraverso la cornetta telefonica.
«Emma, apprezzo le tue buone intenzioni, ma come avrai capito...»
«...Iris non ha la minima intenzione di parlare con me» conclusi la frase sospirando.
Una pausa dall'altra parte del ricevitore «Mi dispiace tanto, cara»
Potevo comprendere i sentimenti della mia amica. Ciò nonostante il suo silenzio mi faceva male, soprattutto in quel momento dove tutto nella mia vita sembrava andare storto.
«Signora, non la disturberò più. Però... Può dire a Iris che mi dispiace? Che sono una stupida irrecuperabile, e che mi manca da morire?»
Anche se non potevo vederla, ebbi l'impressione che la madre della mia amica stesse sorridendo dolcemente.
«Glielo riferirò, hai la mia parola»
Riagganciai e con un sospiro lunghissimo mi buttai sul letto. Se pensavo che il giorno dopo a scuola mi sarebbe aspettata una giornata probabilmente peggiore di quella che avevo appena vissuto, mi veniva da piangere. Strinsi forte il cuscino tra le braccia e vi sprofondai con il viso, cercando di cacciar via ogni brutto pensiero dalla mente, ma era difficile, molto difficile.
Poi d'improvviso squillò il cellulare.
Con un balzo mi tirai su sperando con tutto il cuore che la mia Iris avesse deciso di darmi un'altra chance. Quando risposi non guardai nemmeno il nome sullo schermo, tanta era la mia aspettativa.
«Finalmente!» esclamai felice. Ma la voce dall'altra parte di certo non apparteneva ad una ragazza.
«Ehi, quanto entusiasmo» disse Nathaniel sorpreso.
«Oh, sei tu Nath...» dissi con un filo di delusione che non sfuggì al biondino.
«Beh, scusami se sono io...!»
L'ultima cosa che volevo in quel momento era litigare con un'altra persona.
«No, non intendevo questo... Ho passato l'intero pomeriggio a tentare di salvare un'amicizia, ma non ho ottenuto grandi risultati»
Nathaniel dovette fiutare il mio pessimo umore «Ti ci vorrebbe proprio un momento di svago, eh?»
«Se solo avessi due biglietti di sola andata per le Hawaii... Anche le Bahamas non mi dispiacerebbero» sognai ad occhi aperti una distesa infinita di spiaggia e mare, e come sfondo un'enorme insegna in cui troneggiava a caratteri cubitali la scritta 'qui non sono ammessi problemi'. Il paradiso!
«Frena con la fantasia. Ho solo due biglietti per il cinema, se ti accontenti»
Il suo invito senza preavviso un po' mi sorprese ma allo stesso tempo mi fece molto piacere. Era proprio quello che mi piaceva di Nathaniel. La sua spontaneità mai esagerata, il suo modo semplice di essere carino con me. Senza dubitare, accettai immediatamente. Avevo così bisogno di staccare la spina che la sua proposta capitò proprio a pennello.
Quando arrivò sabato pomeriggio il mio umore si era vagamente stabilizzato. Quella serata l'avrei dedicata unicamente al mio benessere. E a quello di Nathaniel, ovviamente.
Feci una doccia veloce e come outfit optai per una camicetta verde acqua e una minigonna nera. Tentai anche di truccarmi un po', benché fossi parecchio negata per quell'attività, ma il risultato fu soddisfacente. Ogni tanto mi faceva piacere valorizzarmi, e quella volta come non mai ne sentivo assoluto bisogno. Mio padre purtroppo non era dello stesso avviso.
Mi ci vollero venti minuti buoni per tranquillizzarlo e fargli capire che non stavo uscendo con un maniaco sessuale, ma semplicemente con un mio amico. Secondo lui però, quelle due parole avevano lo stesso identico significato. Quindi decisi di rinunciare con quel caso umano irrecuperabile e, dopo aver ripassato alcuni boccoli con la piastra, uscii di corsa per non fare ritardo.
Nathaniel mi aspettava davanti al cinema appena fuori dalla fila di gente che si era creata per comprare i biglietti.
Quando mi vide, mi salutò con la mano e sorrise raggiante. Io ricambiai il saluto e nell'avvicinarmi a lui notai che mi osservò così attentamente da farmi pensare a un radiologo mentre studiava una lastra. Si accorse poi del mio sorrisino compiaciuto e imbarazzato si grattò la nuca. «Allora... Dato che biglietti già li abbiamo, vogliamo entrare?»
«Certamente!»
Non seppi che si trattava di un film horror finché non me ne uscii con un urlo imbarazzante in mezzo alla sala gremita di gente. La bambina davanti al mio posto mi ammonì con un’occhiataccia e giurai di averla sentita lamentarsi di certa gente che “dovrebbe proprio darsi un contegno”. Sprofondai nella poltrona rossa come un peperone, mettendo il broncio a Nathaniel che se la rideva di gusto accanto a me. 
«Potevi dirmelo che si trattava di un horror…» sussurrai. Ero una fifona inguaribile e quel genere di film non faceva al caso mio.
«Perdono…» le mani unite a mo’ di scusa mi convinsero a perdonarlo.
«Rimango qui dentro solo perché non voglio aggiungere altre figuracce a questa serata» dissi ironicamente.
Nathaniel mi sorrise come non aveva mai fatto prima. Fu un sorriso complice, intimo. Il cuore mancò di un battito e rimasi a guardarlo come ipnotizzata. Lui si fece improvvisamente serio e fissò intensamente i miei occhi, poi prese la mia mano sul bracciolo la intrecciò alle sue dita lunghe e affusolate. Io cominciai a sentire caldo, un caldo tremendo, nonostante fuori si sfioravano i cinque gradi.
Lo stomaco mi si chiuse totalmente e non riuscii più a concentrarmi sul film. Tutto il mio corpo era paralizzato, compresa la mano che Nathaniel continuava a stringere e ogni tanto ad accarezzare con il pollice.
Finito il film, uscimmo dal cinema e lo sbalzo di temperatura si fece subito sentire.
«Brrr» fece Nathaniel, portandosi le mani a coprire la bocca per soffiarci dentro. «Il film ti ha spaventato così tanto?»
Dal momento in cui c’era stato quel contatto tra di noi non avevo più spiccicato parola. Il gesto di Nathaniel era inequivocabile, e io me ne ero accorta quando ormai era troppo tardi. Forse uscire con lui era stato un errore.
«No… Non mi sento molto bene» dissi senza guardarlo.
Il biondino si allarmò «Forse hai preso un colpo di freddo… Andiamo a bere qualcosa di caldo, dai» e per la seconda volta mi prese per mano.
«A…aspetta, Nath»
Lui mi guardò interrogativo, senza capire la mia titubanza.
Non sapendo bene cosa dire, indicai le nostre mani con la punta del naso. Allora capì, ma continuò a guardarmi ingenuamente «Ti da fastidio?»
«Non è questo. E’ che…» il vuoto totale. Le sue attenzioni mi piacevano, ma fino a quel momento non erano arrivate ad essere così intime. Non sapevo bene come prenderla. Forse mi stavo facendo troppi problemi.
Nathaniel non proferì parola per qualche secondo, prima di lasciarmi la mano e portarsi la sua tra i capelli come per riorganizzare le idee.
«La verità è che questa serata aveva uno scopo» mi rivelò con voce mesta.
«Pensavo che lo avessi capito»
Lo avevo sospettato, ma ero troppo presa dai miei problemi e dalla voglia di rifugiarmi in un attimo di relax che avevo finito con il mettere da parte i sentimenti di Nathaniel. E non era la prima volta che calpestavo i suoi sentimenti.
«Devo chiederti scusa, Emma» se ne uscì di colpo il biondino, ma non capii cosa intendesse dire.
«Forse io mi approfitto troppo di te, dei tuoi stati d’animo…»
Stupida, stupida Emma. Quel ragazzo era fantastico. Arrivava addirittura a prendersi colpe che non aveva affatto.
«Non dirlo Nath, io sto bene con te…»
«E allora permettimi di renderti felice»
Una frase che arrivò come una cannonata in pieno petto. Mi sentii così confusa e inibita, come se mi fossi svegliata improvvisamente da un’anestesia totale.
Col dorso della mano mi carezzò la guancia nel modo più dolce possibile, mentre mi confessava il suo amore sincero.
«Sono innamorato di te, Emma»
Io ero felice e triste nello stesso tempo. Nathaniel era stupendo, un ragazzo tanto serio e bello da morire, e una parte di me avrebbe sinceramente voluto prendere in considerazione la sua proposta. Una parte del mio cuore si era riempita di gioia nel sentire che lui mi aveva così a cuore, nel sapere che io ero la ragazza che lui desiderava avere accanto a se. Ma un’altra parte mi diceva che accettare i suoi sentimenti non era la cosa giusta da fare, per quanto ammetterlo mi costava troppa fatica.
Desideravo prendergli le mani, abbracciarlo, unire le mie labbra alle sue.
Ma desideravo ancora di più non farlo.
Il mio cuore era contorto, così come i miei pensieri. Non mi ero mai sentita così raggiante e frustrata nel medesimo istante.
«Non mi aspetto una risposta immediata, ma vorrei che ci pensassi»
«…D’accordo» fu l’unica cosa che riuscii a dire.
«Fantastico. E adesso, andiamoci a prendere un bel tè bollente»
Nonostante tutto il suo sorriso era sempre lì, pronto a confortarmi.











Note autrice: La qui presente Sakyo è ufficialmente tornata! No, non ho affatto abbandonato questa storia. Semplicemente l'università ce l'ha con me. Sono andata in vacanza il 25 luglio e il 5 settembre dovevo già dare un altro esame. Vi sembra giusto? T.T Quindi, insomma, agosto è passato così velocemente che mi sono ritrovata di nuovo sui maledetti libracci da studiare. E ovviamente ho dovuto trascurare la ff, ma adesso ecco un nuovo capitolo (che ho scritto nonostante tra tre giorni abbia un ennesimo esame u.u)! Nulla da dire se non che al 90% questo sarà il penultimo capitolo della storia. Forse potrebbe essere il terzultimo, ma non credo. Ormai siamo giunti quasi al capolinea, tutte le vicende stanno per concludersi. Fatemi sapere cosa ne pensate (sempre che vi ricordiate ancora di questa storia xD) lasciando un commentino! Baciii <3


  
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