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Autore: grenade_    18/09/2013    1 recensioni
Ero innamorato di lei. Abbracciarla, starle accanto, mi procurava sensazioni e brividi che non sarei mai riuscito ad esprimere ad alta voce. Ogni sua parola, ogni suo gesto, erano diventati una perenne ossessione.
Ma ero anche il suo migliore amico. L’unico con cui lei sentisse di confidarsi, su cui poneva fiducia anche ciecamente, e l’ultimo da cui si aspettasse delusioni.
E se avessi dovuto scegliere tra il suo amore e la sua amicizia, avrei scelto la seconda. Perché mentre la prima era qualcosa di incerto e tentennante, sapevo che la sua amicizia sarebbe durata per sempre.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Samantha Reed, o Sam, come lei si era presentata a noi, era una perfetta sconosciuta. Da quello che si poteva cogliere dal suo aspetto esteriore era una ragazza molto alta, dal fisico snello e slanciato, lunghi capelli biondo grano e due grandi occhi azzurri. Sarebbe potuta sembrare una modella, o una di quelle ragazze agiate che passano le loro giornate tra shopping e manicure, hanno la solita tresca col professore universitario e organizzano feste o vi partecipano ogni due giorni, tanto il loro profitto scolastico non è mica merito delle loro teste, e ci pensa la cameriera a ripulire la casa dopo che l’ennesima “festa del secolo” è degenerata in un disastro che ha visto persino l’intervento del pronto soccorso.
«Quindi tu saresti...» Maddie fece una pausa, scambiando una veloce occhiata d’intesa col sottoscritto «la mia sorellastra?»
Tornò a guardare la bionda seduta di fronte a noi, le gambe accavallate, che annuì entusiasta.
«Quasi» precisò «Resterò qui una o due settimane e vivremo insieme, mia madre ci tiene davvero molto che noi diventiamo amiche, e anche a tuo padre è sembrata una buona idea che io passassi del tempo con te, prima del matrimonio, per conoscerci»
Samantha allungò il braccio e accarezzò una mano della mora accanto a me, che era rimasta inerme, come intorpidita. Guardò quella stretta con confusione, l’estrema perplessità era dipinta sul suo volto.
«Quale matrimonio?» fece, ritirando bruscamente la mano.
Le avevo visto utilizzare quel tono lapidario parecchie volte, prima di quella. Era serio, estremamente serio, e agli occhi di chiunque sarebbe potuto sembrare adirato, nervoso, ma sapevo che in realtà nascondeva una gran paura. Paura di ciò che, andando avanti col discorso, avrebbe potuto scoprire; paura che potesse farla crollare, ancora una volta.
A differenza di quello che avevo immaginato Sam non si offese per la riluttanza dell’altra, e abbandonò la sua posizione da ragazza snob, per assumere un’espressione altrettanto seria. Incurvò le sopracciglia, per poi abbozzare un sorriso. «Il matrimonio dei nostri genitori, tra qualche settimana» rispose in modo naturale, ma presto si fece più pensierosa «Non lo sapevi?»
Tra tutte le reazioni che Maddie avrebbe potuto avere, sorrise amaramente.
«Ti starai sbagliando, lo avrei saputo se mio padre stesse per risposarsi» affermò convinta.
Quella fece spallucce. «Pensavo lo sapessi, infatti.»
Quasi come se una lama l’avesse appena trafitta, Madison scosse la testa piano e abbassò lo sguardo.
Osservai il nervosismo crescente attraverso il movimento frenetico delle sue dita e le racchiusi nelle mie, sentendole bloccarsi sotto il mio tocco. Alzò lo sguardo sul mio, e ci vidi solo tanta tristezza nei suoi occhi. Solitudine, senso di vuoto, che non avrebbe mai dimostrato a nessuno con delle lacrime.
«Perché non chiami tuo padre?» le suggerii allora, se non altro per permetterle di sfuggire allo sguardo attento di Samantha.
Le rivolsi un sorriso accennato e lei annuì, andando a stringere le mie mani per qualche secondo. «Torno subito» le lasciò e si alzò dal divano, col rumore dei tacchi che riecheggiava nell’intera stanza.
Restai a guardarla andare via, finché non scomparve e lo scattare di una porta mi avvertì che si era appena chiusa in camera.
Avevo paura di come avrebbe reagito a questa notizia. La morte di sua madre e le manie megalomani di suo padre erano stati due dei motivi per cui aveva voluto andarsene, e non ero certo avrebbe accolto la sua nuova matrigna a braccia aperte. Erano passati infondo solo pochi anni, e suo padre aveva deciso di risposarsi, con quella che agli occhi di sua figlia appariva come una sconosciuta. Non aveva speso tempo a far conoscere le due, aveva deciso in modo del tutto autonomo e ora la notizia del suo matrimonio era emersa ed era stata letale come il lancio di una bomba.
Forse anche lui sapeva bene, come me, che anche se sua figlia fosse venuta prima a conoscenza della sua nuova compagna, non l’avrebbe mai e poi mai accettata. L’avrebbe trattata con sufficienza, dichiarando nessuna all’altezza di sua madre, e non avrebbe fatto il minimo sforzo per sembrarne felice. Avrebbe rinfacciato a suo padre di aver sostituito la sua defunta moglie prima ancora che lui gliela presentasse, e così aveva deciso di escluderla da quella decisione.
La cosa non mi sorprendeva. John Lee era un uomo determinato e calcolatore, non avrebbe permesso nemmeno a sua figlia di intromettersi nella sua vita. Per lui la sua fuga aveva significato la rottura definitiva del loro rapporto, gli ultimi detriti di un vaso distrutto che si separano, destinati a non riconciliarsi mai più: come Madison aveva deciso di ignorare John, John avrebbe ignorato Madison.
Rimasto da solo con Samantha, non trovai passatempo migliore che fissarmi le scarpe.
Lei tossicchiò, forse per attirare la mia attenzione. Alzai lo sguardo, e la trovai ad osservarmi un po’ confusa. Mi sorrise.
«Non credo che tu mi abbia detto il tuo nome.» mi fece notare, cordiale ma comunque infastidita.
«Niall» le risposi, sforzandomi anch’io di sorriderle. Infondo lei non aveva alcuna colpa in quella situazione, se non quella di essere piombata in casa altrui senza alcun preavviso, quindi non aveva senso portarle rancore o essere sgarbati. Avrei dovuto ricordarlo anche a Maddie.
«Niall» ripeté «Tu e Madison state insieme?»
A quella semplice domanda non potei fare a meno di boccheggiare, in imbarazzo. «No» balbettai, «sono il suo migliore amico.» solo il suo migliore amico.
«Oh.» fu il suo commento sorpreso. Doveva essersi accorta del mio disagio, perché «Scusa se te l’ho chiesto, probabilmente starai pensando che non ti conosco, che non vi conosco, e che non ho il diritto di fare domande così personali...» cercò di giustificarsi.
«Sta’ tranquilla, nessun problema.»
«Il fatto è» continuò, ignorandomi completamente «che avrei potuto giurare che foste una coppia, e di solito non mi sbaglio su queste cose...Ma voi non lo siete, quindi mi sono sbagliata e sono stata inopportuna, e mi dispiace.»
Ci mancava solo una sorellastra fin troppo intuitiva, ad aggravare il mio stato di ansia. Possibile fossi così trasparente? Possibile non riuscissi a tenere nascoste le mie emozioni in alcun modo? Tutti sembravano leggermi dentro senza alcuna difficoltà, e cominciavo a domandarmi se non fosse proprio Maddie, ad aver bisogno di qualche lezione di lettura.
«Non preoccuparti» scossi la testa, e le rivolsi un sorriso. «Tu di dove sei? Non sembri avere il nostro stesso accento» le chiesi, tanto per instaurare una qualche conversazione e perché avevo notato una diversa inclinazione nella sua voce.
«Sono di Los Angeles, California» fu la sua risposta fiera «Ma sono nata in Canada, ci siamo trasferiti quando io avevo dieci anni.»
«In effetti hai tutta l’aria della ragazza americana...»
«E voi possedete un certo charm inglese...» scherzò. «Come fate a vivere qui?» attaccò poi «A Los Angeles c’è sempre il sole, qui invece ci sono dei nuvoloni terribili! Ho dovuto correre per prendere un taxi, temevo si sarebbe messo a piovere da un momento all’altro.» espose i suoi lamenti, con una smorfia di sufficienza.
Mi strinsi nelle spalle. «Il tempo qui è l’unico fattore sfavorevole» convenni, dando un’occhiata al cielo coperto che minacciava una lunga pioggia «ma Londra è una città stupenda.» sorrisi, come a rafforzare la mia tesi.
Tuttavia Samantha non ne sembrò convinta, e storse le labbra. «Non so come farò a sopravvivere per più di sette giorni in questa città» sospirò «o in questa casa» riprese, prendendo a guardarsi attorno «L’arredamento è orribile, e non voglio immaginare come sarà la mia stanza da letto, sempre che io non debba dormire sul divano.»
Frivola e snob, esattamente come avevo pensato che fosse, una barbie venuta fuori direttamente dal manuale della perfetta americana. Non potevo certo pretendere che cogliesse le bellezze di Londra, o il fascino del suo clima, perché per lei vivere lì sarebbe stato un abominio, senza il sole a battere continuo sulla sua pelle: è impossibile imporre lo stile britannico in un’americana. E il suo accento marcato continuava a darmi fastidio.
«Come mai hai deciso di venire qui, se Londra non ti piace?» domandai, cercando di trattenere la nota sprezzante al suo minimo.
«Non è stata una mia idea, tanto per cominciare» chiarificò. «John e mia madre hanno pensato che sarebbe stato bello se io e Madison ci fossimo conosciute, prima di diventare sorelle effettive, e anch’io sono stata curiosa di conoscere la mia nuova sorella, appena ho scoperto che ne avrei avuta una.» fece una pausa «Volevo conoscerla, magari diventarle amica, ma John mi aveva detto che non sarebbe stato facile trascinarla fino a Los Angeles, per cui eccomi qui.»
Sospirò, e si alzò dalla poltrona per fare un giro nel salotto.
«Non c’è molto da dire in realtà, comincio a pensare che venire qui non sia stata una delle mie scelte migliori.»
Non potevo fare a meno di concordare. Madison non aveva certo bisogno di una matrigna, o una sorellastra, e questo nuovo problema non avrebbe fatto altro che scombussolarla. Per prima cosa poi non aveva bisogno di sentir parlare di nuovo di suo padre o averci di nuovo a che fare, visto il distacco emotivo che l’aveva portata a separarsene, e questo l’avrebbe irrimediabilmente riportata al punto di partenza. E lei odiava guardarsi indietro.
«Maddie ha solo bisogno di... metabolizzare la cosa. La famiglia non è mai stata la sua priorità, ed è strano per lei pensare di tornare ad averne una. A dire il vero credo che l’idea la terrorizzi soltanto.»
Sorrise e non compresi il motivo di quel sorriso, poi «Parli quasi come se foste una cosa sola.» disse.
Forse perché lo eravamo.
La voce di Madison fin troppo alta proveniente dalla sua stanza mi impedì di rispondere a Samantha, che aggrottò la fronte.
«Puoi anche scordartelo!»
Il tono amplificato della sua voce riuscì a oltrepassare lo strato della porta e delle pareti, e mi spaventò.
«Io esco» fu l’uscita della bionda «ho bisogno di un po’ d’aria...»
Accennò un sorriso e alzò la mano in segno di saluto, andandosi a riversare nella veranda. Sapevo che non aveva affatto bisogno di riprendere aria ma di togliersi dai piedi, ed apprezzai la sua discrezione.
I rumori in casa tacquero. Io mi diressi verso la stanza di Maddie, inspirando prima di bussare alla porta.
«Samantha se sei tu puoi anche andartene, non ho voglia di discutere con te sull’arredamento. Anzi non ho voglia di parlare con te e basta.»
Nonostante il suo tono stizzito sentirla mi strappò un sorriso.
«Sono solo io» aprii piano la porta.
Maddie alzò lo sguardo smarrita, e incrinò le labbra in un mezzo sorriso di sollievo quando mi vide.
Tante emozioni la dominavano: rabbia, tristezza, frustrazione, insicurezza, desolazione.
Stava seduta sul letto con le ginocchia al petto e teneva lo sguardo fisso sulla parete davanti a lei, senza accennare a volgerlo verso di me.
Fui quindi io ad avvicinarmi a lei. Le sedetti affianco e portai un braccio attorno alle sue spalle, lasciando che lei si rilassasse e stringesse le braccia attorno al mio busto.
Era sul punto di esplodere. Questione di tempo, e presto le mie carezze si sarebbero tramutate in parole di sfogo da parte sua. Bastava aspettare.
«Si risposa tra qualche settimana» sbottò d’un tratto, abbattuta, contro il mio petto «Non dovrebbe importarmi ma io non voglio.»
«Lo so.» posai un bacio sulla sua fronte.
«Sai da quanto conosce questa donna? Due anni. Solo due anni e adesso vuole sposarla, dice che ha bisogno di voltare pagina, ma questo è voltare un intero libro.»
Sospirai, accettando di farla sfogare tra le mie braccia. D’altronde non lo avrebbe fatto in altre condizioni, e volevo esserle d’aiuto più che potessi.
«Io non capisco...» la sentii scuotere la testa contro il mio petto; alzò lo sguardo «come può pretendere che io mi adatti alle sue decisioni senza batter ciglio?»
«Devi decidere tu se adattarti o meno.»
Scosse la testa. «Non posso farlo. Io non voglio farlo, Niall. Non voglio un nuovo matrimonio, un nuovo padre, una matrigna, e una sorellastra di cui non so praticamente niente. Non lo vorrei nemmeno se fossero le mie migliori amiche, e...»
Due grosse lacrime le solcarono le guance, e un singhiozzo la costrinse ad interrompersi.
Asciugai le lacrime e la strinsi più a me, nella speranza di calmarla.
«Io non tradirò mai la mamma come ha fatto lui. Non voglio farlo, e lui non può costringermi a farlo.»
Maddie aveva un rapporto davvero stretto con sua madre. Sin dalla nascita aveva capito le sue esigenze e le sue emozioni e non aveva mai mancato di supportarla nelle sue idee, le sue ambizioni.
Era stata Amelia ad iscriverla alla scuola di danza. Non aveva fatto altro che ripeterle quanto fosse brava e aggraziata mentre ballava, e aveva fantastico assieme a lei sul giorno in cui sarebbe diventata una ballerina famosa, e tutti quanti in tutti i teatri l’avrebbero applaudita. “Fino ad arrossarsi le mani” le diceva sempre, e Madison rideva e improvvisava qualche passo di danza. Sua madre l’avrebbe sempre applaudita.
Amelia Lee era morta di cancro, circa quattro anni fa. La sua morte aveva stravolto la sua famiglia  e soprattutto sua figlia, che non riusciva più a darsi una ragione per vivere: osa significava ballare, se non ci sarebbe stata più la sua mamma ad applaudirla?
L’assenza della donna aveva inoltre reso più intense le liti tra Madison e John, che ormai non riuscivano più ad accordarsi su niente, ed era questo il motivo per cui lei aveva deciso di andarsene, un anno dopo. Voleva seguire il suo sogno per lei ma soprattutto per Amelia, e aveva giurato a se stessa che non avrebbe mai smesso di ballare, finché ogni teatro non l’avrebbe applaudita proprio come sua madre si divertiva ad immaginarla su immensi palchi quand’era piccola.
Non ho avuto modo di dirle addio, e continuare a ballare sarà l’unico modo per sentirla ancora vicina.”
«No, non può.»
Niente avrebbe potuto impedirle di seguire il suo sogno e le sue ambizioni, niente avrebbe mai abbattuto la sua determinazione, di questo ne ero più che certo.
Restammo per qualche istante in silenzio, fin quando «Niall?» lei tornò a parlare.
«Hm?»
«Resta con me, stanotte. Ho bisogno di te.»
Non disse altro né aspettò che le rispondessi. Semplicemente si distese accanto a me con le braccia a stringermi e la testa sul mio torace, ad ascoltare il battito del mio cuore.
Ed io non rovinai quel momento. Posai un bacio tra i suoi capelli e le sussurrai la buonanotte, poi il mio respiro si unì col suo, e tutto ciò che riuscii a sentire fu un flebile “grazie”, nient’altro fino alla mattina dopo.


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ALEEE' OH OH 
Finalmente ho trovato il tempo/mezzo per pubblicare il capitolo. 
La scuola è iniziata ed io la odio già. Credo che d'ora in poi non avrò così tanto tempo da dedicare a scrivere, ma farò del mio meglio. 
Passando al capitolo: ecco la sorpresina di Sam!
E Maddie non la prende affatto bene. Ma nessuno lo farebbe, o no?
Comunque Niall le rimane accanto, ed è questo l'importante. Bisogna vedere come si evolverà la cosa...
ci vediamo tra un tempo indefinito ;_;
ahah alla prossima!

 
  
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