Anime & Manga > Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru
Ricorda la storia  |       
Autore: Benio Hanamura    20/09/2013    1 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada. Ma non l’ultima, perché eravamo in tutto otto fratelli: chissà perché sono proprio le famiglie povere come la nostra ad essere le più numerose, con l’ovvia conseguenza che è ancora più difficile tirare avanti, soprattutto quando ci sono in maggioranza femmine, come nel nostro caso…
  Nostro padre era un contadino e per il suo duro lavoro nei campi poté contare per inizialmente sull’aiuto del suo primogenito, Keita; questo fino a quando un terribile giorno mio fratello ebbe un brutto incidente, che non lo uccise, ma lo rese per sempre invalido. Il che, cosa terribile a dirsi, è anche peggio, dato che un invalido in casa costituisce soprattutto una bocca in più da sfamare, dato che non può contribuire al già magro bilancio!  Avevo appena 4 anni quando accadde, perciò ho soltanto dei vaghi ricordi in proposito. Prima l’atmosfera in casa era relativamente tranquilla, conducevamo una vita modesta ma dignitosa, ma poi tutto cambiò, anche perché, si sa,  le disgrazie non arrivano mai da sole! Volevo molto bene a Keita, ma trovandosi impossibilitato a camminare a soli 20 anni soffriva molto, anche per la consapevolezza di essere diventato un peso per i genitori alla sua età; comunque tentava di rendersi utile in casa come poteva, aiutando nostra madre a badare a noi fratelli più piccoli, dato che ancora prima della disgrazia la nostra sorella maggiore, Hanako, aveva avuto la fortuna di essere notata da un giovane commerciante proveniente da Kyoto temporaneamente nel nostro villaggio per affari, che si era innamorato di lei e l’aveva sposata, portandola via con sé per sempre. Ma era davvero dura per lui, soprattutto perché le mie sorelle Aiko e Miyuki, di  8 e di 6 anni, erano alquanto vivaci. Un’altra mia sorella, Yuriko, era più giudiziosa ma aveva appena 11 anni, ed io, anche se sono sempre stata molto tranquilla e non ho mai creato grossi problemi in casa, ovviamente ero troppo piccola per poter essere di qualsiasi aiuto. Come se non bastasse, mia madre aveva da poco dato alla luce i miei 2 fratelli minori, i gemelli Toshiro e Sanzo, e quell’ultima gravidanza, seguita da un parto prematuro ed alquanto difficile, l’aveva molto indebolita rispetto a prima.
   Mio padre allora aveva meno di 50 anni ed  era ancora nel pieno delle forze, così pensava di riuscire a cavarsela da solo finché Toshiro e Sanzo, una volta cresciuti, avrebbero potuto sostenerlo, ma poco tempo dopo giunse un periodo di siccità e così per mantenere la sua famiglia si trovò costretto a cercare un’altra soluzione: se al momento i suoi figli maschi non avrebbero potuto aiutarlo nel lavoro e nemmeno i campi compensavano le sue fatiche, avrebbe dovuto pensare a come impiegare le sue figlie, magari in un modo già sfruttato da altri abitanti del villaggio ma che lui aveva fino ad allora rifiutato perché gli sembrava così odioso, venderle ad una casa di geishe…
  Nonostante fosse anche lei ancora una bambina, Yuriko imparò presto a darsi molto da fare per poter aiutare la mamma come poteva, così mio padre pensò che l’ideale sarebbe stato impiegare in quel modo Aiko e Miyuki.  Aiko, oltre ad essere molto graziosa, amava molto cantare e mostrava particolare insofferenza alle nostre privazioni, così fu facile per mio padre convincerla che sarebbe andata in un posto migliore, dove avrebbe cantato a suo piacere, non avrebbe più lavorato ed avrebbe mangiato riso bollito e tante buone cose ogni giorno; quanto a Miyuki, lei era molto abitudinaria e perciò non era altrettanto entusiasta, ma essendo molto legata a sua sorella, accettò di buon grado purché potesse partire con lei.
  Mio zio, che abitava non molto lontano da noi e che era stato il primo a proporre quella soluzione a mio padre, dato che lui stesso un paio di anni prima aveva fatto lo stesso con sua figlia Sakura ricavandone grandi benefici, si preoccupò di contattare la okasan della stessa okiya dove ora viveva Sakura per organizzare un incontro. La okasan non era il tipo da rifiutare un possibile buon affare, e così accettò presto di venire nel nostro povero villaggio per valutare se le mie sorelle fossero adatte a diventare geishe nella sua casa, dato che, contrariamente ad altre okasan, era convinta che osservare le possibili candidate nel loro ambiente di origine, dove si sentivano più a loro agio, costituisse un sistema migliore di valutazione, e perciò lo avrebbe adottato, almeno finché le forze glielo avessero consentito.
   Il giorno dell’arrivo della okasan in casa mia ci fu agitazione fin da prima dell’alba. Mio zio si era raccomandato insistentemente affinché le facessimo una buona impressione, lui aveva riferito che le due candidate che le aveva proposto provenivano da una famiglia povera, ma molto perbene, e che possedevano comunque un’ottima educazione, ed in particolare una delle due sembrava particolarmente predisposta alle arti, soprattutto per la sua bellissima voce.
   Vidi mia madre e Yuriko darsi molto da fare per pulire e mettere ordine, per creare un ambiente quanto più possibile accogliente, e per preparare, con i miseri ingredienti che riuscirono a procurarsi, qualche dolce da offrire alla nostra ospite al suo arrivo. Ovviamente quel giorno Aiko e Miyuki furono esonerate da qualsiasi mansione domestica, il loro unico compito sarebbe stato essere quanto più carine ed educate possibile, per impressionare positivamente la okasan. Ignorando la situazione ed avendo appena compiuto 5 anni, io ero molto eccitata nel vedere dopo tanto tempo preparare dei dolci a casa nostra, tanto che credevo che si stesse preparando una festa, e ci rimasi molto male quando mia madre, sempre dolcissima, mi sgridò alquanto in malo modo quando allungai una mano per assaggiare uno di quei dolcetti così invitanti, intimandomi di andare a fare compagnia a Keita e di restare con lui finché non mi avrebbero chiamata. Non l’avevo mai vista così nervosa, nemmeno nei momenti più tristi, e senza dire nulla scappai piangendo da Keita, che dovette faticare un po’ per consolarmi.
   La okasan arrivò di lì a poco, perfettamente puntuale per l’appuntamento concordato, accompagnata come previsto da mio zio. Mio padre volle che tutti noi, ovviamente eccetto Keita in quanto impossibilitato a muoversi, andassimo ad accoglierla. Era una donna alta e magra, di circa 35 anni, massimo 40. Il suo portamento e tutti i suoi movimenti erano eleganti, il viso era un ovale perfetto, lo sguardo profondo, le labbra perfettamente disegnate; in seguito seppi che da giovane era stata una delle geishe di maggior successo nella sua città, richiestissima e pagata come poche altre, per questo era stata adottata molto presto dalla sua okasan che l’aveva nominata sua erede e che poi, pur rimanendo a vivere nell’okiya, le aveva ceduto prematuramente il posto per motivi di salute. Aveva un che di severo, come si compete al suo ruolo, ma anche di estremamente gentile… Ai miei occhi di bambina quella signora così bella e distinta ed ancora abbastanza giovane sembrava proprio una principessa delle favole, come una delle splendide dame le cui vicende sono narrate nel Genji Monogatari…  
   Appena notò con quanta insistente curiosità io la fissassi e che lei se n’era accorta, mio padre mi riprese, anche se nel tono relativamente dolce che in genere si usa con i bambini: “Tsuki-chan, lo sai che non sta bene fissare le persone!”
Ma la okasan, che pareva divertita, gli disse che non importava, per una geisha venire fissata era fin troppo normale, anzi, fare questo effetto agli altri  voleva dire che lei non era ancora così vecchia e quindi non poteva che esserne felice. Mi sorrise dolcemente e si complimentò con lui, dicendogli che ero una bimba deliziosa, e che avevo bellissimi occhi molto espressivi. Al che lui cambiò atteggiamento, ricambiò solo forzatamente il sorriso e ringraziò, ma aggiunse subito, senza che gli fosse stato chiesto, che io non ero una delle candidate. Dato che erano arrivati al punto la okasan non insistette oltre, e lo invitò a presentargli le due bambine; quindi entrammo in casa e mia madre le offrì i dolci e del tè.
   Finiti tutti i convenevoli di rito la okasan si ritirò con mia madre, Aiko e Miyuki in una stanza a parte, dove rimasero per almeno un paio d’ore. Quando ne uscirono mia madre teneva le mie sorelle per mano, ma aveva il viso tirato. La okasan annunciò che si erano accordate e che sarebbe tornata a riprendere le bambine il giorno seguente. Quella notte si sarebbe adattata alloggiando nell’unica pensioncina del villaggio, ma presumo che una donna del genere, per quanto gentile e garbata, non avrebbe sopportato un ambiente così misero se non il minimo indispensabile. Anche la mattina successiva non si fece attendere, e si presentò al sorgere del sole, esattamente come aveva detto.
   Aiko pareva felice quando ci salutò, probabilmente era anche convinta che avremmo potuto raggiungerla presto anche noi, non so cosa le disse mio padre di preciso quando qualche sera prima l’aveva presa in disparte per parlarle della sua nuova destinazione, e cosa le disse la okasan, per cui lei pareva avesse provato subito un’istintiva simpatia. La sua allegria mi fece provare un piccolo senso di invidia, di gelosia, insomma, mi fece sentire come un qualsiasi fratellino più piccolo che vede un fratellino più grande andare in un bel posto e vorrebbe seguirlo, così chiesi a mia madre perché io non potevo andare insieme alle mie sorelle nella casa di quella signora bella e gentile come una principessa. Ovviamente allora non potevo capire come mai, alle mie innocenti parole, gli occhi di mia madre si bagnarono di lacrime e lei mi strinse disperatamente a sé; mio padre non piangeva, ma era palesemente triste come non l’avevo mai visto, anche se tentava di non darlo a vedere mentre accarezzava i capelli di Yuriko. Quando incontrò il mio sguardo tentò di darsi un tono, annunciando che sarebbe andato a controllare se i gemelli intanto si erano svegliati ed invitando Yuriko a portare la colazione a Keita…
 

Note:
 Okiya: residenza in cui  vengono addestrate e ospitate le aspiranti geishe, mentre studiano presso il Kaburenjō (la sede del teatro e della scuola) del loro hanamachi  (distretto).

Okasan: proprietaria e direttrice dell’okiya. Di solito si tratta di una geisha che ha lasciato la professione o poiché si è sposata o per l’avanzare dell’età.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru / Vai alla pagina dell'autore: Benio Hanamura