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Autore: SonoDiversaDagliAltri    21/09/2013    4 recensioni
Voldemort era stato uno dei più grandi maghi della storia moderna. Aveva fatto cose orribili, ma le aveva fatte tutte secondo un ideale. E non avrebbe mai permesso che quell’ideale andasse perduto. Era esaltato dalla prospettiva di vita eterna, ma non tanto sprovveduto da non considerare la probabilità della sua morte. Aveva designato un erede. E l’erede si sarebbe trovato ad Hogwarts esattamente 25 anni dopo di lui. Lasciò la sua profezia ai Mangiamorte che sapeva gli sarebbero rimasti fedeli. E loro hanno eseguito gli ordini.
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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LA NOTTE DI VALPURGA
 
Rose era tranquilla, stesa su un divanetto della Sala Comune. Stava leggendo un libro, la mano fasciata distesa lungo il corpo, le bende bianche impregnate del sangue che definiva l’Ottava Runa. Le sue mani erano ridotte malissimo: i palmi bruciati, che appena riusciva a piegare e il misterioso disegno sul dorso della sinistra.
Anche la ferita di Al era stata curata, ma lui si era tolto la fasciatura per osservare la Runa dell’Acromantula. James, invece, dormiva su una poltrona insieme a Lily, accoccolata sulle sue ginocchia. Hugo, disteso sul pavimento in mezzo a loro, giocava con una collanina che gli aveva regalato Teddy tempo prima, il suo primo anno a Hogwarts.
C’era una calma strana, molto tesa. Nell’aria non si muoveva nemmeno un granello di polvere.
Albus, però, era troppo assorto per accorgersene… era impegnato a guardare fuori dalla finestra vicina, scrutando la luce grigiastra del primo mattino, pensando a casa. Sapevano di tutto quello che stava succedendo? Evidentemente no. La McGranitt aveva provato ad avvertire le famiglie, all’inizio dell’attacco, mandando uno stormo di gufi postini. Erano stati trovati tutti stecchiti nel prato davanti alla scuola. A casa non sapevano niente. O forse sapevano, ma non potevano arrivare ad aiutarli per via di problemi ben peggiori… Al scacciò questo pensiero dalla mente. Non poteva permettersi di pensarla così in quel momento.
<< Oh mio Dio! >>. Rose si alzò dal divano con un balzo, scuotendo tutti da quella specie di trance nella quale erano caduti.
<< Mhhhh… Cosa c’è? >> chiese James stiracchiandosi.
<< Stavo leggendo questo libro sulle antiche tradizioni magiche… >>. Il gusto per le letture difficili lo aveva ereditato da sua madre. << Quando ho visto questo: leggete qui! >>.
Subito tutti si chinarono sul tomo e Albus prese a bisbigliare: << Secondo la tradizione, la Notte di Valpurga è l’equivalente della festa di Halloween. Cade esattamente a sei mesi di distanza da quest’ultima, la notte tra il 30 aprile e il 1 maggio… >>.
<< E’ stanotte! >> riprese Rose. << Stanotte il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti verrà abbattuto, come se fosse un Halloween primaverile! Molti sottovalutano la potenza di questa notte ma... >>.
<< Credi che l’Erede la sfrutterà? >> chiese Hugo.
<< Non ne ho idea. Ma potrebbe servire a noi per sapere qualcosa in più sull’Erede. Ad Hogwarts possiamo vedere solo i fantasmi, e sono quasi certa che ognuno di loro sia stato interrogato dai professori, così come i quadri. Ma questo non significa che non ci siano anche altre anime di Hogwarts, quelle che sono andate avanti, e che solo ad Halloween e stanotte possiamo incontrare. Loro potrebbero sapere. >>.
<< Ma come facciamo? Insomma, credo che sia un procedimento piuttosto complicato, no? >> domandò James.
<< Più che complicato direi quasi impossibile. L’Aldilà è inaccessibile per gli umani. Sono le anime che passano da qui a lì. Ci sono, ma non le vediamo. >>.
<< Quindi si tratta di evocare un’anima. >> disse Albus.
<< In realtà si tratta di costringerla a rivelarsi. E per farlo ci vogliono abilità magiche fuori dal comune. Inoltre bisogna scoprire il procedimento, ed è Magia Oscura. >>.
<< Forse c’è qualcosa in biblioteca, nel Reparto Proibito. Non credo che Madama Pince sia li a sorvegliarlo, adesso. >> esordì James.
<< Non credo che troveremo niente. Non si tratta di un semplice incantesimo. Da quello che so sull’argomento sembrerebbe un vero e proprio rituale. Anche se in biblioteca ci fossero degli indizi, non credo che troveremo le istruzioni su “come evocare uno spirito”. Ma potremmo comunque provare. >>. Rose sorrise. Ad Albus era sembrato di sentir parlare sua zia Hermione per tutto il tempo in cui sua cugina aveva dato le spiegazioni necessarie.
Si recarono in biblioteca, deserta e devastata. Quando i Mangiamorte avevano attaccato, avevano cercato Albus anche qui, ribaltando tavoli e scaffali.
Si erano fermati prima di arrivare al fondo, dove si trovava il Reparto Proibito. Superarono la macello e cominciarono a scandagliare ogni volume della grandissima sezione della biblioteca. Continuarono finché la luce di metà mattinata si trasformò nella luce ambrata del tardo pomeriggio e cominciò a filtrare così fioca che dovettero interrompere la ricerca. Avevano trovato poco, e comunque niente che potesse servire ad un “rituale richiama-anime”.
Lily si stropicciò gli occhi ed aprì un altro libro che poteva essere utile, il cui titolo era “Guida alle Anime Perdute”. Una volta aperto però, non trovarono le solite pagine scritte. Sembrava più un album fotografico: decine e decine di ritratti si susseguivano tra le pagine. Volti vecchi e vissuti o giovani e malinconici si alternavano a brevissime didascalie che indicavano il nome, la data di nascita e di morte e il luogo di sepoltura delle persone ritratte.
Albus rimase stregato da quelle pagine. Quei visi e quei nomi avevano ognuno una storia dietro e lui desiderava scoprirla. Provava ad immaginarsela, ma Rose scorreva le pagine troppo velocemente. Non trovando quello che cercava chiuse il libro, seccata, e fece per rimetterlo a posto. Ma il volume le scivolò di mano e cadde. Si aprì e le pagine cominciarono a sfogliarsi da sole. Quando si fermarono, il libro era aperto al ritratto di una giovane donna. Aveva dolci boccoli castani occhi neri e la pelle bianca e delicata, il volto coperto da un sottile e trasparente velo nero. Lily si affacciò da sopra la spalla della cugina e lesse: << Astrea Wythe, 1930 – 1951, Hogwarts. >>.
<< E’ sepolta qui! >> esclamò Hugo. << Ma Hogwarts ha un cimitero? >>.
<< Si, ma non so dov’è. >> disse Rose.
<< Io si! Ci sono finito per sbaglio una volta, al primo anno. E’ nei meandri del castello, in un giardino interno. >> affermò James. << Ma non saprei come tornarci di nuovo. >>.
<< Basta consultare una piantina! >>. Rose si precipitò a cercarne una, ma quando tornò aveva la faccia sconfortata: << Non l’ho trovato, probabilmente l’hanno reso indisegnabile per tenere alla larga gli studenti. James, sforzati! Come c’eri arrivato? Non ci sei più tornato da allora? >>.
<< No! Avevo undici anni! Quel posto mi aveva spaventato a morte! Ma… se ci ripenso, forse posso ritrovare la strada. >>.
Il gruppo non perse tempo. Seguì James su e giù per i piani del castello, lungo i corridoi, dentro e fuori dalle aule. Si persero più volte, finché non arrivarono in un’ala mai vista prima. James si fermò di fronte ad una porta grigia: << Mi ricordo bene questa porta. Ci siamo. >>. Spinse la maniglia e per poco non cadde. Di sotto c’era una parete liscia che scendeva per circa dieci metri, fino al piccolo cimitero. Non c’era modo di arrivarci, se non saltando.
<< Ma come? Io mi ricordo di aver camminato tra le tombe e di essere uscito bene da quaggiù! >> protestò James.
Lily, allora, fece un passo avanti, verso il vuoto. Per una frazione di secondo cadde.
Ma atterrò ad appena un metro sotto la porta, tra gli sguardi attoniti degli altri. << Dai! Scendete! E’ solo un’illusione per scoraggiare chi ci vuole entrare! >>.
Così la seguirono. Il cimitero era in un quadrato di prato incolto, non molto grande, circondato da portici. Guardando in su si potevano vedere i piani di Hogwarts, sezionati come una torta, e, più su ancora, il cielo che cominciava a farsi buio, in cui erano già spuntate alcune stelle che illuminavano d’argento le lapidi, mezze sprofondate nel terreno morbido. Trovare la lapide di Astrea fu semplice. Era la più nuova e la più grande. Riportava scritto in bella grafia il suo nome e le sue date di nascita e di morte. Sotto di esse un’altra scritta: “Cavaliere di Valpurga”. Albus soffocò un gemito. Che cosa avevano a che fare questi Cavalieri con la notte che era ormai arrivata? Tutto sembrava farsi sempre più complicato. La testa cominciò a pulsargli e a bruciargli di fronte a questo nuovo enigma che avrebbe dovuto lasciare in sospeso come tutti gli altri.
Ma ad un tratto sentì un soffio freddo sul collo. Si voltò. Astrea era lì, proprio dietro di loro, lo stesso vestito e lo stesso velo nero che indossava nell’immagine.
<< Grazie per essere venuti ragazzi. So che avete bisogno del mio aiuto, e anche io ho bisogno del vostro. >>. La sua voce era dolce e malinconica.
Fluttuò verso di loro, fermandosi davanti a Lily, che prese la parola: << Grazie signorina Wythe. >>
<< Chiamami pure Astrea. >>.
<< Perché hai deciso di rivelarti a noi? >> chiese Rose alquanto sconcertata.
<< Per aiutarvi. Vi ho seguiti fin da quando ho saputo della faccenda dell’Erede. Non sono mai potuta intervenire perché, come sapete, io sono un’anima che è passata al di là. Ma oggi, non appena il sole è tramontato, vi ho mandato un mio segnale, e voi siete stati bravi ad interpretarlo.
Ahimè, purtroppo non so dirvi dell’Erede, ma posso dirvi di colui del quale prenderà il posto. >>.
<< Conoscevi Voldemort? >> chiese sbalordito James.
<< Sì, ma io preferisco chiamarlo Tom. Ho avuto la fortuna di conoscerlo quando ancora era un umano. >>.
<< Racconta allora. >> concluse Rose.
<< Bene. Dovete sapere che sono cresciuta in un orfanotrofio, lo stesso di Tom Riddle. Sono nata nel 1930, quattro anni dopo di lui, perciò quando eravamo all’orfanotrofio ero troppo piccola per riuscire ad avvicinarlo. Quando lui andò ad Hogwarts, il primo anno, mi riassegnarono la sua camera perché la mia si era allagata. Trovai, nascosta, una scatola che conteneva alcuni dei suoi oggetti tra i più svariati, c’era persino una fisarmonica!
Non so come, ma quegli oggetti risvegliarono in me la magia. Non sapevo di essere una strega, allora. Ma dopo che trovai la scatola cominciai a far accadere cose strane. All’inizio credevo che fossero quegli oggetti la fonte di tutto, e ne divenni talmente tanto ossessionata che dormivo addirittura insieme alla scatola. Pensavo fossero quelli a rendermi speciale, ma semplicemente non sapevo di possedere il dono della magia. Fu così che quattro anni dopo ricevetti la mia lettera da Hogwarts. Portai la scatola degli oggetti con me. All’epoca non sapevo appartenessero a lui. Fu solo quando, una notte, sentii la scatola agitarsi accanto a me. Cominciò a levitare e muoversi. Io la seguii. Mi portò fino nella Sala Comune di Serpeverde, la mia Casa. Su uno dei divanetti c’era lui. la scatola gli atterrò sulle ginocchia e mi guardò a lungo: poi mi invitò a sedermi. Non fece domande sulla scatola, piuttosto mi chiese di me, di come avevo scoperto di essere una strega. Parlammo per tutta la notte. All’alba, poi mi riconsegnò la scatola ed entrò nel dormitorio dei ragazzi. Avrei dovuto trovarlo strano, ma invece mi sembrò molto piacevole, quasi attraente.
Dopo quella notte ci scambiammo solo qualche sporadica conversazione per i tre anni successivi. Mi accorsi che le sensazioni provate quella notte ritornavano tutte insieme ogni volta che il nostro sguardo si incrociava. Quando fui abbastanza grande da capire l’amore, compresi che quello lo era.
E quando non potei averlo più accanto, quell’amore si trasformò in ossessione, in un tarlo talmente assillante da impedirmi di vivere: persi tutti gli amici, ebbi un crollo nelle materie e cominciai ad essere presa di mira. Ma non mi importava. Tutto quello per cui vivevo era tornare nella Sala Comune e contemplare la scatola. Era l’unica cosa che mi legava a lui, l’unica che mi consolava dal rimpianto di non avergli mai detto cosa provavo prima di perderlo completamente. Uscita da Hogwarts finii in brutti giri di persone. Divenni un pariah, nessuno mi considerava più che uno scarto, perfino le persone con cui vivevo per strada mi trovavano una causa persa. L’unico bisogno che le spingeva a relazionarsi con me era la solidarietà reciproca necessaria per sopravvivere.
Poi, una notte, proprio la notte di Valpurga del 1949, decisi di farla finita con tutto questo, con la mia ignobile vita. Così presi la scatola e mi diressi verso un ponte, decisa a buttarmi nel Tamigi. Ma proprio mentre stavo per saltare arrivò Tom. Mi disse di scendere, che avrei potuto cambiare vita, che aveva un progetto per me, che avrei potuto seguire lui. Lo seguii senza esitare: mi voleva al suo fianco, e a me bastava questo. Mi portò a casa sua e stemmo di nuovo in piedi tutta la notte, ma stavolta fu lui a parlare: mi raccontò del suo progetto di rendere pura la razza dei maghi, eliminando Mezzosangue e Nati-Babbani. Anche se non mi rendevo conto dell’utilità che poteva avere questa causa, decisi di accettare comunque. Non avevo un posto dove andare, né qualcuno a cui voler bene. Lui era tutto per me. Così divenni la sua prima alleata, e pian piano, anche il suo primo amore. O la cosa che più gli si avvicinava.
Un giorno mi chiese che nome avremmo potuto dare alla nostra alleanza. Io, pensando alla notte in cui mi aveva salvata, risposi “Cavalieri di Valpurga”. >> .
Rose si portò una mano alla bocca: << Ma questo era il nome originario dei… >>.
<< Dei Mangiamorte. >> rispose Astrea con fermezza. << Io sono stata la prima Mangiamorte di sempre. >>. Poi riprese nel suo racconto: << Cominciammo a farci una sorta di pubblicità tra i brutti giri che frequentavo io. Molti trovarono un’ancora di salvezza in questo. Andavamo in giro a molestare i Mezzosangue, una volta siamo anche arrivati a rapirne uno. Sapevo che stavo andando di male in peggio, ma non riuscivo a non seguire Tom, adesso che la mia ossessione si era concretizzata. Non avevo capito veramente a fondo il suo piano: poco tempo dopo cominciò a circondarsi di persone che divennero la sua cerchia fidata. Non ne feci mai parte perché la vicenda stava cominciando a farmi paura. Tom lo capì perché mi mise alla prova: dopo aver ucciso due coniugi babbani mi chiese di uccidere il loro figlio di appena tre anni, che pareva avere doti magiche. E io, per non deluderlo lo feci. Fu allora che toccai il fondo. In pochissimo tempo i rapporti che avevo con il nostro clan e con lui precipitarono. Dopo alcune settimane me ne andai e mi rifugiai qui, ad Hogwarts. Fui assunta come domestica del professor Silente, ma lo fece solo per proteggermi.
Non bastò. Circa un anno dopo Tom arrivò qui e mi trovò. Mi disse che per lui ero rimasta come un pensiero fisso, da quando lo avevo abbandonato. Perciò lo rendevo debole, troppo più debole di quanto potesse permettersi. Mi disse che era per la nostra causa.
Mi uccise
Mentre morivo avrei giurato di vederlo piangere. Ma pensarlo adesso mi rimane difficile dopo che ho visto che razza di mostro è diventato. >>.
Alla fine del suo racconto guardarono i suoi enormi occhi neri, vitrei. Poi Albus si scosse e chiese: << Allora, come può questo esserci d’aiuto? >>.
<< Finché un’anima non è del tutto persa e venduta avrà sempre un punto debole: l’amore. È l’unica cosa capace di annientare anche la persona più oscura, sia nel bene che nel male. Ed è l’unico modo con il quale potete salvare sia gli altri, che l’Erede stesso. >>.
Al si guardò le punte dei piedi e riprese: << E adesso cosa vuoi che facciamo noi per aiutarti? >>.
<< Io ho una cosa che appartiene all’Erede. Credo che sia uno degli oggetti della scatola di Tom. Voi la dovete prendere prima che lo faccia lui. >>.
<< Sai chi potrebbe essere l’Erede? >> si informò Hugo.
<< No, ho solo sentito la sua voce nella mia testa che mi ordinava di portargli questa cosa. Ma non lo farò. >>.
<< Dov’è la scatola allora? >> continuò Hugo.
<< Sepolta con me. >>.
James non perse un attimo: << Defodio! >>. Il terreno si aprì rivelando la bara di Astrea e, sopra, una scatola di latta scrostata e arrugginita. James la portò in superficie e sistemò la tomba con un colpo di bacchetta.
<< Attenti, è protetta da un incantesimo! L’aveva scagliato Tom perché non potessi più aprirla, in modo da non esserne più ossessionata. Ma non provate ad aprirla ora, sarebbe troppo rischioso. >>.
Rose annuì: << Allora, noi… andiamo. >>.
<< Se non è chiedervi troppo, potete rimanere con me? Ho paura che l’Erede venga a cercarmi e che possa fare qualcosa di orribile a ciò che rimane di me. >>.
Vedendo una buona occasione per tentare di scovare l’Erede, il gruppo rimase nel cimitero, insieme ad Astrea.
Ma l’Erede non venne.
Uno dopo l’altro caddero addormentati: sull’erba, appoggiati ad una lapide, uno contro l’altro.
Solo Albus, che si stava abituando alla mancanza di sonno, rimase vigile.
All’alba Astrea si congedò: << Devo andare, o rimarrò bloccata qui. >>.
Al non seppe trattenersi: << Aspetta! Rispondi ad una domanda! Cosa c’è quando scegli di andare oltre? >>.
<< Non posso dirtelo. >>.
<< Perché no? Sei vincolata o cosa? >>.
<< No, ma sarebbe semplicemente sbagliato. La vita è un atto di fede, no? E non c’è dimostrazione di fede più grande che quella di credere senza sapere. >>.
Poi, in un soffio freddo, sparì.
_________________________________________________________________________________________________________________________________________Ciao! scusate il ritardissimo nel pubblicare questo capitolo, ma ho avuto una sorta di blocco dello scrittore! ;) adesso aggiornerò con regolarità, ve lo prometto!
nel banner, realizzato da Clary F, è Lily.
  
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