IL SANGUE DI UNA CANZONE
Di colei che amo
nell'acqua tra le mani
il viso niveo.*
Haiku, Matsuo Basho
Izumi quel giorno
odorava di ciliegio, nonostante fossero le foglie secche a padroneggiare le
strade.
C’era una strana
protuberanza nel cielo. Un distacco tra luce e ombra, il netto contrasto a cui
si affiancava il sole.
Si dipingeva a spasmi
sul terreno, come macchie indistinte.
Era mattina e dalla
piazza del mercato provenivano stagli dell’aroma stuzzicante delle bancarelle
che solo l’umidità riusciva a trascinare abbastanza lontano.
Izumi era più calda e
fredda del solito. Imbevuta del calore dei corpi, ma immersa nel ghiaccio del
vento autunnale.
Izumi era una piccola
città nella prefettura di Osaka, in antichità un grande porto, con immensi traffici
commerciali.
Eppure non era
l’ingente porto che rendeva magica quella città, ma bensì i luoghi, gli odori,
e il mare. Qualcosa di bellissimo, qualcosa di magico.
Si trovava nella
regione giapponese di Kansai (giapp.関西), una volta definita Kinki (近畿地方, Kinki-chihō), nell'isola principale del Giappone, Honshu.
Per quel covo, si sentivano passi,
urla.
Era strano vedere qualcuno che
sorrideva. I suoi occhi, erano diversi. Erano felici.
Anche se il suo sguardo era freddo
e distaccato, le iridi lo tradivano.
“ Ehi, femminuccia, dove credi di
andare?”
Colui che aveva parlato, aveva il
viso occultato.
Un altro corpo senz’anima, come
quasi tutti in quel luogo malfamato.
I suoi occhi cambiavano colore a
contatto con la luce.
Verdi, gialli… non erano mai
definiti nelle tenebre.
“ Fanculo Kakuzu.” Disse l’altro
indifferente.
Occhi cielo che sembravano non
aver mai sofferto.
Strano, in un posto come quello,
nessuno era così… normale.
“ Uh. uh uh, ma che paura” lo
schernì Kakuzu con aria di sfida. Il sorriso lo ghermiva.
Poi, si interruppero.
“ Neji? Dove vai? “ Disse Deidara
notando Neji indossare la giacca.
“ Fottetevi tutti e due.”
I due si guardarono stranamente,
Itachi di sicuro aveva fatto un altro discorsetto al ragazzo. Forse gli aveva
parlato dell’omosessualità tra adulti.
Molto probabile.
Lo Hyuga uscì di fretta, come
scappando da qualcosa. Forse dal destino che Itachi aveva preannunciato.
Neji tirò un respiro precario una
volta in strada. Non riusciva più a restare lì dentro, in quel posto che sapeva
di sangue.
Troppi odori. Fumo, sangue, alcol.
Ok, l’ alcol andava ancora bene, in fondo beveva anche lui. Ed anche il fumo
era sopportabile… in un certo senso.
E poi quei fottutissimi stronzi
con cui viveva… loro si che gli facevano venire la nausea.
Continuò a passeggiare su quel
marciapiede grigio, eroso dal tempo, macchiato dalla violenza dell’acqua.
Proprio come la sua anima, aveva bisogno di essere lavato.
Silenzio, solo questo lo
circondava, l’ombra di se stesso. A lui piaceva la quiete perché non lo
giudicava come quella merda di mondo.
-Daiben…- aveva una dannata
voglia di scoparsi qualcuno. Voleva dannatamente sfottersi una bella ragazza,
penetrarla finchè non sarebbe stramazzata a terra, sanguinante.
Gli veniva d’istinto, ormai, di
andare al bordello Akuma Kuroi. Tutte ormai li lo conoscevano, poiché si era
ritrovato spesso sopra di loro.
Eppure quella sera non imbucò il
secondo vicolo a destra, quello che attraversava la malmessa via Yura. Non
voleva. Non gli andava per niente.
Quelle ragazze, così stupende e
prosperose, lui le aveva assaporate tutte. Eppure nessuna era quella giusta.
Nessuna gli lasciava la forza di continuare a scoparsela.
Continuava a sperare, eppure.
Confidava nel destino.
E poi ormai si era dimenticato dei
loro volti, i volti offuscati di quelle ragazze che gli procuravano piacere,
ogni giorno.
Nonostante fossero necessarie per
lui, quella volta Neji non tornò. Voleva provare una sensazione nuova, cercare
qualcuna che fosse “pura”. Una ragazza che fosse solo sua, e che nessun altro
avesse toccato.
Detto a parole chiare: aveva una
strafotuttissima voglia di farsi una vergine.
Continuò a camminare su quel
lurido marciapiede, guardava tutto senza vedere, immerso nei suoi pensieri.
Per un attimo il silenzio si
congiunse al rumore, mutando carattere. Neji percepì solo lo scatto di una
serratura, in lontananza.
Avvistò una ragazza, a vederla,
circa un anno meno.
Le sembrò di conoscerla da sempre.
Ne rimase sorpreso, poiché tutto di lei era nascosto e distante.
Ne osservò le gotiche iridi,
mentre con destrezza si scontravano con l’impetuosità di quel sole macchiato.
Tentennavano a quel tocco così brutale e violento. Neji era certo di leggere
nel suo volto un frammento di tristezza emerso dalla paura.
La osservò attentamente, un po’
goffa. Però era carina. Molto. Non che fosse una bellezza da copertina, ma
riusciva ad essere bella nella sua normalità. Perfetta e singolare.
Per un momento, nell’attimo
preciso in cui scontrò il suo sguardo irruente su di quello tentennante di lei,
poté sfiorare la sensazione che aveva sempre cercato. La passione lo investì.
La volle per sé. La volle agguantare.
Questo era Neji. Il corpo che
divorava le anime bianche che nessuno aveva mai osato possedere. Lui, lì era arrivato.
Capì di aver trovato la sua preda.
Povera
ed ingenua, avrebbe versato sangue.
Riprese a camminare
tranquillamente, mentre un sorriso, invisibile, gli era apparso sul volto.
La inseguì, silenzioso. A quanto
pareva, si stava dirigente verso la spiaggia, inseguita dall’ombra del
tramonto.
La vide affiancarsi alla spiaggia,
lasciare le scarpe appena prima della rena.
Oscillava a ogni passo,
volteggiando.
Le piaceva sentirsi libera. Le
piaceva volare senza ali, come una farfalla assolta e sfuggente.
Avanzava verso il tramonto,
sorrideva, chiaramente, mostrando un nuovo volto, osservando tristemente il
cielo che si oscurava. Lo vedeva imbrunirsi, a causa del crepuscolo andante.
Mosse le labbra, adattando il
diaframma.
“Il
tempo si è fermato per tracciare nuovi confini, ed io
mi spingerò lontano raccogliendo le mie forze nel vento
tra le mani riflessi di epoche lasciate via
camminando ritrovo le tracce indelebili…”
Le parole erano vere,
fiere. Le lasciavano provare emozioni di fresco ricordo e sincerità che da
tanto tempo aveva dimenticato di avere. Continuava a camminare, come se
avesse spezzato catene di sofferenza. Libera, lasciava che il sole la baciasse
e il mare le sfiorasse la pelle.
Sulla riva, osservava il tramonto.
Era riuscita a ritrovare la speranza, in un attimo, nel
momento in cui aveva congiunto la sua anima al sole.
I do, I
do, gridare contro gli occhi spenti e gelidi
per essere sempre di più
I do, I do, oltrepassare mondi inespugnabili
senza temere nulla più
Cantava. Solo questo. La rendeva bella, questo piccolo
gioco di melodie e voci.
Le parole si fondevano e creavano il più dolce dei testi,
ricomposto tra le onde.
Era come se le parole, lentamente, sfiorassero l’acqua,
rievocandone l’ira.
Il vento iniziava a tirare. Caparbio trasportava le onde
verso la scogliera. Si imbatteva contro di lei.
A ogni parola, Suru immaginava ancora il suono. Si creava
la voce della chitarra, lentamente.
Affiancava le note alle parole, come fossero legate.
I do, I do, emergere dal fondo per lottare e poi
salire in alto più che
I
con una nuova identità
fino a quando il sole sorgerà…
I do…
Si stava macchiando, il cielo
sanguinante. Il carminio si copriva d’ingenti ombre nere, pesanti e cariche di
lacrime.
Si aprì uno scenario di morte e
tristezza.
Lo spettacolo iniziò quando il
temporale cominciò a infuriare nel cielo.
Una guerra che non avrebbe mai
avuto fine.
Lì, infuriava una tempesta.
Neji l’aveva osservata, in tutto
il suo percorso. Silenzioso, era rimasto ad ascoltare quella melodia
incontaminata. Gli provocava una sensazione di tormento ed eccitazione allo
stesso tempo.
Continuava a guardarla, aspettando
che si dirigesse verso una zona più solitaria e silenziosa.
Ormai sentiva l’acqua accompagnare
il suo cammino, mentre la bella voce appassiva.
La pioggia, era stata richiamata
dalla dolce malinconia di quegli occhi.
Passo per passo, la ragazza
aumentava, accorgendosi della figura che la inseguiva silente.
Svoltò l’angolo, avvicinandosi
sempre più al centro della città. Fu lì, che Neji decise di intervenire. Non
aveva intenzione di perdere quest’opportunità.
Con uno scatto la mise contro al
muro, ascoltando la sua voce saltare di tono, gemere di paura e sorpresa. Suru
iniziò a tirare calci e pugni, ma lui senza difficoltà le bloccò con fermezza i
polsi, intrappolandola in una prigione di pioggia.
Contrariata chiedeva aiuto,
percependo le ruvide labbra del ragazzo affiancarsi alla sua pelle chiara e
bagnata. Urlava, con tutta la potenza che possedeva, ma la paura le bloccava
l’aria in gola. Suru stentava persino a respirare.
A Neji piaceva dannatamente
fottersi qualcuno. Per lui era una droga. La sua droga.
La ragazza cercava di liberarsi.
Non capiva: cosa voleva da lei? Chi era?
“ Ehi, sta calma ragazzina, non ti
voglio uccidere… ho voglia solo di divertirmi un po’ con te…ok piccola?” le
bisbigliò all’orecchio, mordendone il lembo. Neji si concesse di avvicinarsi
ancora, aderendo perfettamente i loro corpi. Suru emise un gemito di terrore,
mentre una lacrima le solcava le gote arrossate. Iniziò a piangere, ma le
stille si confusero con la pioggia.
“ No… ti prego… lasciami… non
voglio... NON VOGLIO!- urlò disperata, mentre la lingua di lui aveva cominciato
a percorrerle il collo con avidità. Percepiva il suo corpo violato, la sua
intimità che lentamente era trasgredita da quella bocca tanto smaniosa, da
quelle mani bramose e da quel corpo bisognoso.
Continuò a gridare, mentre i
vestiti le erano strappati dal corpo con presunzione e possesso.
Sentire quella voce…
procurava a Neji un piacere sempre più crescente, quasi… pericoloso.
“ Nessuno ti può sentire,
questo è un posto isolato e malfamato… a chi vuoi che importi di te? Accettalo…
sei rimasta sola… Perché non stai al gioco, ci divertiremo insieme…” continuò
lui facendo incontrare le loro labbra con sensualità” Certo che hai proprio una
bella voce… perché non mi fai sentire ancora come gemi?” sibilò emettendo
smaniose risate.
Suru si sentì appassire. Era il
suo primo bacio e lo aveva dato ad una persona che nemmeno conosceva. Una
persona di cui non vedeva il volto. Aveva la vista oscurata, ma nonostante non
vedesse il suo aggressore, ne percepiva la violenza e la cupidigia. Lo temeva
tremendamente, come temeva quella lingua infilarsi nella sua bocca con
violenza, toccare la sua e sospingerla.
Suru ebbe la tremenda paura che
potesse accadere, che quel ragazzo potesse deflorarla. Si riconobbe inquinata
dal terrore e dalla rabbia. Era sfruttata, comandata. La sopraffazione che quel
corpo aveva su di lei la faceva sentire legata a quelle labbra turgide, a
quelle braccia caparbie.
Ebbe un fremito, ascoltando il
rumore della pioggia e il dolcificato suono della lingua di Neji che la
bagnava, erodendole il collo.
Fu allora, in quell’attimo di
rumore e silenzio, che Suru reagì.
Con uno spintone lo buttò a terra,
violenta. Dovette impiegare molta forza, ma digrignò i denti.
Odiava quando era comandata come
una marionetta, non lo sopportava. Le veniva da gridare, mostrare la sua
concitazione.
Lui la osservò con sorpresa. La
guardò con ancora più passione e pazzia. Ma Suru ancora non lo poteva vedere,
l’oscurità celava anche quello, insieme alla pioggia.
Lui si rialzò, scostandosi i
lunghi capelli dal volto, e la osservò uscire dal vicolo, in corsa.
Non l’avrebbe fatta scappare.
Questo lo prometteva.
Lei iniziò a correre, sentendo che
Neji la stava inseguendo.
Aveva il volto bagnato, i capelli
impregnati di sudore e acqua. Il cuore si riproduceva nel petto come un eco.
Era investita da mille sentimenti.
Era sporca…
Per un attimo ritrovò la speranza,
nel silenzio del parchetto. Pensò di essere rimasta finalmente sola.
Tutto colava, in quel
paesaggio. Le sembrava di vedere un quadro sciogliersi.
Ma
era solo la pioggia…
Sospirò, frenando il suo respiro.
Ancora non poteva credere a quello che era successo, ma che soprattutto, era
finita.
O almeno era quello che pensava.
In realtà era appena iniziata.
Qualcosa le afferrò il braccio,
costringendola a girarsi.
Emise un gemito, soffocando un
urlo, quando vide Lui, lì. E per la prima volta ne osservò il volto, i
lineamenti illuminati dalla luce affusolata dei lampioni.
Era così… così… attraente.
Non trovava altre parole…
Con lo sguardo tremante osservò i
lineamenti duri e stridenti del suo volto. Mascolini e definiti, risaltavano
gli zigomi.
Era bagnato, cosi come lo era lei.
I capelli, li poteva vedere, castano scuro. Lisci, perfetti, aderenti al volto
e lunghi. Come una coltre notturna.
Alzò una mano, sfiorando appena la
gota umida di lui, accarezzando quella pelle secca e sfinita.
Lui rimase ad osservarla, per un
infinito attimo. Le sembrò perfetta. Provò un nuovo sentimento, lasciando che
il suono della pioggia raggiungesse il suo volto, rigando il viso di entrambi.
Le lasciò il braccio, continuando
a guardarla negli occhi. Così, incastonando le loro iridi, per secondi tanto
sfuggenti da venire lavati dall’acqua.
Adesso la vedeva veramente. Così
pura da sgualcirsi nella pioggia. Il volto di colei che vedeva, era rinchiuso
nell’acqua.
-Di colei che amo,
nell'acqua tra le mani, il viso niveo.-*
Suru ebbe esitazione, paura.
Continuò a tracciare i suoi
contorni, ricadendo più volte su quelle labbra irruenti che l’avevano sfiorata
pochi minuti prima.
Si alzò sulle punte, sollevando il
volto verso Neji. Poi, abbandonò la sua bocca a quella di lui.
Così lei placò la sua smania, per
la prima volta.
Fu solo per un istante, in cui le
loro labbra di incontrarono teneramente. Un istante tanto breve che nessuno dei
due chiuse gli occhi. Eppure bastò un secondo, per poter abbandonare la
speranza di potersi rincontrare. Suru capì che finalmente era finita, mentre
Neji percepì in quelle labbra ricamate da stille, che quello era un bacio
d’addio.
Lei si voltò correndo lungo la
strada, svanendo tra nebbia e pioggia, affiancata da ombre e silenzio.
“La pioggia può
lavare tutto, Neji. Hai sempre pensato che i giorni di nubifragio potessero
lavare il mondo, pulire la terra dal sangue.
Eri sempre stato
certo che la pioggia avrebbe lavato tutto di te, ti avrebbe pulito dai peccati.
Però Neji, Lei non
può essere lavata via… non come speravi.”
Era mattina ormai.
Sul terrazzo, tirava una brezza
memore, fredda e pulita, trasportava con sé le lamine lontane.
Il vento assaggiava una falda di
capelli neri, rinfrescava la pelle.
Hinata socchiuse gli occhi,
ripensando a quello che stava accadendo, silente.
Un giorno, era da sola, e l’altro…
beh, ancora lo doveva capire.
Posò lo sguardo sul volto di
Sakura, ne catturò lo sguardo, sorridendole istintiva. Lei fece di rimando.
Sorrise, quieta ed agguerrita.
Posò le iridi verso quella ragazza, da cui aveva visto scaturire emozione.
L’aveva osservata, mentre percuoteva convinta la chitarra. Non era facile da
spiegare, ma era certo che quella ragazza avesse talento. Ogni nota la
trascinava verso una strana percezione. La prendeva completamente. Si ricordò
di avere chiuso gli occhi, degustando lo spettacolo di quella chitarra che
proferiva, durante l’esercizio del professor Kakashi. Si era lasciata prendere
dalla musica, tanto da scordarsi del mondo.
Nawaki no Yukari e Ai Suru. Le
aveva trovate, finalmente. Adesso doveva solo convincerle.
-Allora… che ne dite? Accettate?-
le osservò, mentre le due ragazze si cedettero uno sguardo d’intesa.
-Quindi se accettiamo, entriamo a
far parte del vostro gruppo, giusto? E questo significa concerti e altro…?-
Hinata sorrise, lasciando intendere a Nawaki la risposta. Ma la ragazza la
conosceva già.
-Io ci sto.- bisbigliò, tirando
fuori una sigaretta dalla tasca.
Sakura osservò l’altra ragazza,
che era rimasta in silenzio. Non la conosceva, non l’aveva sentita cantare, ma
Hinata ne aveva parlato bene.
Non aveva molta voglia di lasciare
questo ruolo ad una ragazzina come quella, ma avevano bisogno di una brava
cantante e poi l’Haruno si fidava del giudizio dell’amica.
-E tu, Suru?- alzò la voce,
appoggiandosi alla ringhiera del terrazzo. Percepì il vento scuoterle i capelli
corvini, ancora una volta, mentre le iridi smeralde non vollero distaccarsi
dallo sguardo assorto di Suru.
Quest’ultima pensò un attimo. A
cosa, non lo sapeva nemmeno lei. Forse alla sera precedente… probabile.
-Va bene, se c’è anche Nawaki, mi
ritengo dentro.- sorrise annuendo a Hinata, che sembrò illuminarsi.
-Finalmente una band completa, eh
Hinata?- la schernì Sakura. La mora non rispose, lasciando che il suo volto
irradiato dal sole parlasse per lei.
E’ qui, che inizia la nostra
storia, lasciata consumare dalle note sanguinarie di un canto.
Quella stanza era fin troppo
vuota. I colori erano assenti, sgombri. Ogni cosa che si potesse percepire con
i sensi, si consumava nell’idea del sangue.
Tutto in quello scenario di morte,
si contrassegnava, imbattendosi nella figura seduta nella poltrona.
Quel ragazzo osservava il nulla,
attendendo qualcosa.
Si scostò i capelli biondi dal
volto, con un gesto nervoso. Quei luoghi gli procuravano pazzia, come a ogni
uomo che viveva in quell’appartamento mal messo.
Sentì il suo udito
ravvivarsi, percependo il suono dei passi per il corridoio. Sembrava che le
pareti non esistessero.
Qualche secondo dopo vide entrare
Neji. Aveva gli occhi incarnati, solcati da pesanti occhiaie. Eppure manteneva
comunque il suo sguardo rigido. Non si scostava mai dalla durezza della sua
condotta.
-Non hai dormito stanotte?-
bisbigliò ironicamente il ragazzo biondo, sorridendo appena, mentre lasciava
che il sole catturasse il fumo che usciva dalle sue narici. Strinse più forte
la sigaretta, prevedendo la risposta dell’altro.
-Fottiti Naruto.- freddo e
implacabile, come sempre. Stava diventando monotono.
Lo Hyuuga si avvicinò al tavolo,
irrequieto. In un gesto di ansia e impazienza rovesciò erroneamente la
bottiglia di vodka. Vide il liquido espandersi nel tatami lacerato e sporco.
Per un attimo il recipiente continuò a muoversi nel tavolino, rotolando sotto i
vecchi giornali ammucchiati. Neji non poté che sperare che la bottiglia non
cadesse. Restò illuso per un attimo, dal sanguinario destino.
Una leggera incrinatura infranse
il silenzio. Naruto e Neji osservarono taciti il recipiente eroso scivolare dal
tavolino, imbattendosi nella vodka a terra, spargendo i suoi resti nel
pavimento.
A terra il vetro deviava il sole,
condotto in quei luridi luoghi dalle persiane semi aperte. Ormai anche lì erano
cresciute tele d’argento. Non erano mai state completamente aperte, quelle
finestre.
-Daiben…- imprecò lo Hyuuga
furioso, osservando la bottiglia come se non valesse più niente.
Inutile. Ormai era vuota.
I raggi venivano riprodotti da una
ragnatela. Il sole, lento, plasmava un gioco di luce e ombra, distribuito da
mille specchi argentei, fili intrecciati da un laminato perfetto.
Un aracnide tracciava i percorsi
di quella tela, mentre profondi occhi celesti percorrevano la sua nascita,
assenti e interessati.
-Deidara-sempai, cosa sta
facendo?- la voce di un ragazzo risuonò nella stanza, dove pochi minuti prima
era stata rovesciata la vodka.
Si sentiva ancora l’odore.
-Niente Tobi.-
-Non è vero, mi dica cosa pensa.-
come un bambino che pretendeva un giocattolo, Tobi voleva una risposta. Faceva
quasi tenerezza, nella sua ricerca di comprensione.
Deidara si rassegnò.
-Penso a come fermare questa
ragnatela.-
Tobi rimase a pensare.
-Allora perché non prova con un
piumino?-.
Poi il silenzio li inghiottì.
In un attimo, le luci si spensero.
In quella sera senza stelle,
macchiata dalla luna rossa, in un locale punk saturo di alcool e fumo, la notte
si addentrò nel palco.
Nel momento di confusione generale,
un unico faro prese vita. Una luce opaca, unta di rosso, che percorse
un’immagine di donna.
Si alzarono voci maschili, gravi,
che creavano una base di avance.
Neji stava bevendo un bicchiere di
saké, quando riconobbe la figura.
Nel momento in cui i cuoi occhi
chiari si scontrarono contro il corpo scoperto della ragazza sul palco, lo
Hyuuga non poté che rischiare di strozzare. Il saké gli invase i polmoni,
ostruendo il passaggio dell’aria. Tossì forte, interrompendo quei fischi
provocatori. A sentirli, volevano significare più di qualche incitazione.
Sentì la gola bruciare al contatto
del liquido alcolico, ma non poté che trattenere il dolore, in silenzio, mentre
la figura mostrava la sua insana forma.
Non poteva crederci.
Era lei. Lì, sul palco, con un
microfono in mano, circondata da una band.
Non era possibile.
Una rockband femminile, di cui lei
faceva parte.
Non poteva permettere che Lei
avesse quella vita. Non doveva trovarsi lì, non quel giorno, non quella sera.
Si vergognava di vederla su quel soppalco,
così poco vestita. Eppure non potette che provare un fremito d’eccitazione e
attrazione a scrutare la perfezione di quel corpo, delle sue gambe scoperte
intraviste dalla mini gonna nera a pieghe. La maglietta era aderente nera
anch’essa… percorsa da borchie e catene. Tutte, su quel palco, erano vestite in
quel seducente stile.
Bevve un altro sorso di saké,
mentre delineava le forme del corpo di Suru, soffermandosi su gambe e
decolletè. In fondo, era ancora un uomo, nonostante i dubbi degli amici.
Itachi lo vide, mentre degustava
soddisfatto il suo alcolico.
-MMh… individuato qualcuno, Mamma?-
sorrise, espirando il fumo della canna.
Neji stette in silenzio, godendosi
il panorama tanto gratificante.
Intanto Itachi osservava quel
gruppo.
Erano tutte ragazze, non c’erano
dubbi. Tutte attraenti, altra cosa ovvia. Eppure una attirò la sua attenzione.
Era così provocante, da far tacere ogni giudizio.
Indisponente, come la voleva lui.
Era lì, con in mano una chitarra,
pronta a esibire la sua destrezza, immersa su di una luce rossa.
Ci fu un attimo di sospeso
silenzio. Venne eretto dall’aspettativa, quel suono inatteso. La chitarra
cominciò il suo percorso.
Hinata percosse le corde, con
destrezza ineguagliata.
Qualcuno la osservava…
Iniziò un suono roco, che
poi si espanse, raggiunto dall’invadente chitarra di Nawaki. Si percepiva un
evolversi di note, la musica che si appesantiva. Persino la batteria
riavvolgeva la sua strada, legandosi ad ogni suono.
Poi, un fremito. Un unico battito,
che portò quella voce a ricrearsi tra il fumo, sfiorare una brezza nella pelle
di Neji.
I Don't Wanna Hear The Bad News When I Was A Little Girl
in Front Of The Mirror I Couldn't Understand A Thing
there Were Tears Falling Down My Cheeks No Matter
how Much, I Washed My Face, I Couldn't Wash My Soul.
Perchè colpisse, tanto
impetuosa, quella voce, nessuno lo capiva.
Forse era per la
musica, per quella potenza negli assoli.
O forse erano quelle
parole, che nascondevano una libertà ostruita.
i Should Of Hold On To Him Tight
i Wanted To Hold Him Back So He Wouldn't Leave
a Frozen Rose That Has Lost It's Love
only The Memories Of You Dye Her Into Red
stays There Waiting To Melt Away
the Petals Scatter Like Glass Tears
Lentamente quelle parole lasciavano una scia. Una traccia di odorosa
steppa. Un campo di fiori bianchi, contornato da lapidi senza nome.
Le memorie di coloro
che erano scomparsi, nella vita e nella morte.
Divennero per sempre
cenere, scomparendo tra quella frontiera di terra e petali lattei.
i Really I'll Forgive You If You're Afraid Of Me
i Wanna Be Hold So Tight That I Can't Breath
save Me From My Loneliness
if It Was Possible I Shouldn't Have Meet You
Un semplice ricordo
dissolto, deformato dalla realtà.
Nessuno riconoscerà
mai più quei fiori, poiché hanno perso il loro aroma rosato.
Ora raccontano le
storie su linee di sangue. I petali che si macchiano, ad ogni parola.
a Frozen Rose That Has Lost It's Love
only The Memories Of You Dye Her Into Red
stays There Waiting To Melt Away
the Petals Scatter Like Glass Tears
i Really I'll Forgive You If You're Afraid Of Me
E piangeva Suru. Le sentiva tutte, le sue canzoni. La invadevano come petrolio.
Per questo versava
lacrime, lasciando un solco di sangue.
a Frozen Rose That Has Lost It's Love
only The Memories Of You Dye Her Into Red
stays There Waiting To Melt Away
the Petals Scatter Like Glass Tears
a Frozen Rose That Has Lost It's Love
a Frozen Rose That Has Lost It's Love
Quella canzone, era come il
sangue. Radicata nel terreno, può svanire, ma mai essere lavata.
Ci fu un attimo di silenzio, poi
la chitarra interruppe il suo suono, e si levò un eco di applausi e voci.
…Bastò un secondo.
Un ragazzo dai capelli rossi che
correva veloce, appena entrato nel pub. Teneva una mano in tasca ed aveva
dipinto nel volto un senso di frigida indifferenza. Si fermò dove persisteva
una visuale completa del locale, nonostante il fumo si districasse nei suoi
occhi. Si guardò intorno, notando che i suoi compagni lo osservavano.
Un gioco di sguardi, assensi,
sorrisi. Ecco, era il momento.
Una voce gridò il suo nome,
avvertendolo d’improvviso. Sasori. Il nome di un’anima dispersa.
Il gruppo di compagni si abbassò
il cappuccio che indossava. La stoffa rivelò la pericolosa bellezza di quei
ragazzi, tanto impossibili e peccatori.
Nawaki e Hinata li videro così,
svelati.
Suru riconobbe il ragazzo che
aveva incontrato.
Era lui, gli stessi occhi bianchi,
i capelli lunghi e castani legati in una coda bassa.
Lo vide prendere qualcosa di nero
dalla tasca interna. Una magnum calibro 85.
Suru sgranò gli occhi, cosa voleva
mai fare? Emise un gemito, sbadatamente.
D’improvviso, Neji si voltò verso
di lei. La osservò senza dire niente, da lontano. I suoi occhi si disperdevano
tra le inalazioni di alcool e fumo, ma la ragazza riuscì comunque a riconoscere
la potenza di quegli occhi tanto perfetti e lattei.
Rimasero così. Lei era lì, come
volesse dire “prendimi, portami lontano, trascinami nel sangue”. Eppure lui non
la raggiungeva. Ancora una volta rimasero distanti. Bastava, purché lei fosse
in salvo.
Nawaki indossò frettolosa la sua
giacca.
Vide un’ altra persona brandire
una hanwei. Ok… qui le cose si stavano complicando… cosa stava accadendo?
Nawaki infilò la mano nella tasca
del giubbotto, impaurita. Scontrò i polpastrelli contro un metallo freddo.
Sospirò di sollievo sapendo che si
era portata il suo uzi.
Sakura e Hinata si guardavano tra
di loro perplesse. Era la confusione a predominare tra miasma e nebbia
contaminata.
Ma tutto, non poté che peggiorare.
Lo sbattere delle porte e il
presuntuoso rumore di passi trasportarono gli sguardi dei presenti verso
l’entrata.
Qualcosa che faceva paura,
qualcosa che non sembrava reale.
Uomini indossanti uniformi
standard, nere e cupe. Avevano il volto coperto da una maschera appena al di
sotto degli occhi. In fronte un segno di dura distinzione. Un’incisione, o
forse un tatuaggio… eppure sembrava più un’effige recisa nella pelle col fuoco.
L’ideogrammo del sangue in scritture hiragana. “Chi”.
Quel simbolo era lì, e colava
scarlatto.
Erano una ventina di uomini,
singolari e violenti. Si facevano strada tra la folla, spingendo ed alzando le
armi. Erano tutte magnum di calibri elevati.
Alla loro vista la gente si
scostava intimorita, spingendo verso le pareti del locale in cerca di una
protezione fittizia.
Come
topi in gabbia…
Intorno alla vita di quegli
strani agenti era legata una katana, o almeno era quello che sembrava. Così
elegantemente portata, celava il suo disumano prestigio.
Inaspettati e caparbi, uomini
incappucciati che consumavano la loro vita in guerre urbane, tra vicoli e night
malmessi.
La loro vera arma era la
sopraffazione, il potere. Solo questo.
Solo una parola… Governo.
Sembrava di vivere in un
incubo, ma il vero sogno doveva ancora iniziare…
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Scusate la schifezza, ma dopo le
poche recensioni ci siamo depresse…ç.ç e forza.. fateci sentire il vostro
caloree!! **
Scusate per i problemi.. non so se
avete notato.. ma abbiamo per un paio di volte postato e cancellato la fic…
infatti… perché erano sorti dei problemi.. ora dovrebbe essere apposto.. ma se
c’è qualche problema, ditecelo!
P.S: ma dove è finito il commento
di Inu Kaggy? Non è che tesorino bello, lo puoi rifare?
Kukukukuku SIIIII le faccio io le
rec.! Sono Noemi.
Ringraziamo vivamente:
Dragon89: Nii-san! Che piacere! Mi
è piaciuta veramente molto la tua rec.! Continua a seguirci XD! Ciau TVB
Amy_Emo79: T_T glasshie mille! Ma…
se adesso non ti sei registrata non potremmo più avere tue recensioni! * me
piange* vabbè baci8 ciauuuux
LaTerrestreCrazyForVegeta:
glassheeeee XDXD spero che continuerai a seguirci!
Uzumaki94: Un’ altro del 94!
BILLUU! XDXD lascia perdere la pazzia! Cmq, grazie 1000!!! Spero che ci
continuerai a seguire!
Inu_Kagghy: Mille grazie XD! Wow!
Ci seguirai veramente?! Wow! Bhe, devi fare soprattutto i complimenti a Sofia!
Io non ho la sua sressa scrittura. È sempre lei a far venire in questo modo la
ff! aspettati qualcosa di bello e di azione nel prossimo chappy!