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Autore: ehikidrauhl    22/09/2013    2 recensioni
-eih piccola, un giorno sarai mia.- mi girai -uh, mi sente anche quando è in coma profondo.- continuava ad accarezzarmi dolcemente, sentivo il suo respiro sulle mie labbra, cercai di non sorridere, di restare ferma -vorrei sapere se tu mi vuoi come ti voglio io. Mi sto rendendo conto che è inutile parlarti se tu dormi, quanto sono stupido...-
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una bellisima giornata di pioggia a Toronto, e non facevo altro che chiedermi perché dopo undici anni a Toronto dovevo andare a vivere a Stratford per un bar, mandare in rovina un ristorante, e aprire un bar non era una scelta molto azzeccata. Come lasciare tutti i miei amici e destinarmi a un futuro pieno di solitudine. Dopo i miei luminosi e rosei pensieri di vita ancora più rosea dei miei pensieri sulla mia futura vita, salii in macchina, mi misi le cuffie e guardai dal finestrino pieno di "lacrime delle nuvole" *come ovviamente diceva la mia piccola vicina di casa* la mia casa, dove avevo lasciato solo una spruzzata di profumo alla vaniglia per ricordarsi di me. Mi girai verso mia sorella che era più scocciata di me, mi guardò e mi sorrise rassicurante, forse un rassicurante come "eih Aravis, avrai nuovi amici, dei bravi insegnanti, sarai felice a Stradford" ma io ancora non vedevo tutto così, e sicuramente in quel sorriso non ci credeva manco lei. Premetti play sulla prima canzone di Alicia Keys che mi capitò sulla playlist e mi dedicai al trattamento "no stress, fuck the rest, even if i'm not the best" creato interamente da me, il giorno prima. Papà mise in moto e tutto sembrava così triste, la pioggia, per fino il taglio che mi aveva fatto il gatto di Mrs. Robin la sera prima, all'ora del suo tè, alla quale partecipavo sempre, era lei quella destinata a essere l'unica fonte di ispirazione per diventare vecchia e simpatica, seguendo la regola dell' "invita le vicine a casa e offrile un tea, come Queen Elizabeth farebbe". Sin da quando ero piccola mi aveva sempre fatto notare la differenza tra le altre signore di Toronto da quelle di Stratford, dov'erano i miei nonni. E lei era inglese e vedeva la netta differenza, perché lei le conosceva tutte, tutte come se fossero i suoi orari quotidiani. Non potevo fare altro se non pensare che sarei stata bene anche lì, insieme agli altri 32.000 abitanti che popolavano quel dolce e carino paesino canadese, con la quale avrei condiviso gioie e dolori di magari le prossime venti star che mi sarebbero passate davanti. Certo era ancora estate ma io di entrare in prima media direttamente lì non ne volevo proprio sapere, ma per non sembrare scortese o una bambina capricciosa (da notare che mia sorella aveva agito come avrei agito io) non dissi nulla, nulla a parte ai miei poster di Demi Lovato e di Alicia Keys, che mi guardavano sorridenti mentre io affogavo nelle mie calde lacrime. Mi addormentai con la testa sul finestrino, per tutto il viaggio, 130 chilometri fatti in macchina mentre io non avevo visto niente di bello se non il buio nei miei sogni oscuri delle 7:30 del mattino. Genesis, mia sorella, mi svegliò poco prima di arrivare -Eih Aravis c'è Mrs. Robin al telefono ti vuole sentire!- sgranai gli occhi, tolsi le cuffie e presi il telefono, con i timpani doloranti. 
-Mrs. Robin!- dissi con un'estrema felicità nel sentire una qualunque connessione con il mio Paradiso di Toronto. 
-Ciao Aravis, va tutto bene?- chiese Mrs. Robin. 
-Sìsì! Lei come sta?- 
-Beh, tutto bene, non dimenticare di far assaggiare ai tuoi nuovi amici i miei biscotti inglesi. Ogni tanto te ne manderò un pacco.- 
-Ow, grazie Mrs. Robin. Siamo appena arrivati, se avrò degli amici cosa di cui dubito seriamente, glieli farò assaggiare.- 
-Tesoro, non abbatterti ricordarti che i biscotti inglesi con il tea delle cinque, insieme al latte, fanno amici, e fidanzatini.- 
-Speriamo bene.- 
-Certo ragazza, ora goditi quella lurida cittadina, io mi godo il mio tea.- 
-Grazie Mrs. Robin, arrivederci.- chiusi la chiamata e presi le cuffie di nuovo "Stratford cittadini: 32.000" il cartello che precedeva un enorme edificio mi faceva rabbrividire, se non più della zuppa di zia Lauren per cena. Papà parcheggiò davanti a una casetta a due piani, scesi dalla macchina e feci una corsetta per sembrare meno indolenzita. Aiutai a scendere giù gli scatoloni e poi andai a vedere le camere da letto, nel mentre nella mia testa risuonava un "Usher Baby, okay" -there goes my babyyyyyyyyyyy, oh Genesis look at youuu.- cantai indicando Genesis vicino a me. 
-Io prendo quella a destra.- disse Genesis perplessa.
-Io quella a sinistra,abbiamo il bagno in comune.- 
-Punto di ritrovo per le emergenze. Allora innauguriamo questa vecchia catapecchia?- buttai il telefono sul letto e poi mi misi a ballare e cantare con Genesis sul pianerottolo. -That's my house, yeah, my house yeah.- 
-That's my sister yeah, my sister yeah.- 
-I love it.- disse Genesis abbracciandomi. -Okay, sorellina possiamo anche farci i cavoli nostri ora.- entrai nella mia nuova camera, presi i miei poster giganti, insieme al nuovo di Usher e di Ne-Yo con la scritta "I'm so sick of love song". Attaccai quei poster, mi sistemai la frangetta e sistemai i miei migliori amici sugli scaffali i miei dieci libri: "Ragazzo da Parete", tutti gli Harry Potter, e i primi tre libri delle Cronache di Narnia. Ero molto dedicata alla lettura, sistemai la bacchetta, la sciarpa di Grifondoro, la foto con Emma Watson sul comodino e l'autografo di J.K. Rowling incorniciato sul lato più visibile della stanza. Misi i miei vestiti nell'armadio, le magliette, l'intimo nei cassetti e le scarpe nella scarpiera secondo ordine di colore, per essere il più ordinata possibile (dalla più chiara alla più scura, tanto per sembrare ordinata, ordine fuori ordine dentro).
-Mamma, io esco qui davanti per perlustrare la zona.- urlai scendendo le scale con le cuffiette, le mie uniche amiche al momento, presi le chiavi.
-Tieni il telefono acceso.- urlò di rimando.
-Certo Mammina.- dissi chiudendo rumorosamente la porta, poi rientrai dentro e presi il mio cappellino rosso con la scritta L.A. Feci un giro, e davanti a una casa un ragazzo mi finì addosso. -Eih amico, guarda dove vai.- 
-Eih sorella, calmati.- disse scuotendo la sua bionda e corta chioma. -Bel cappellino.- 
-Grazie.- dissi. 
-Justin andiamo non provarci.- disse da lontano un ragazzo con i capelli talmente tanto neri da far invidia alla pece. 
-Arrivo Mitch.- sorrise e corse via. Continuai a camminare per quella via poi stanca tornai indietro. Aprii la porta di casa ballando ignara dei cinque ragazzi che giocavano a calcio dietro di me e che mi guardavano, sentii in sottofondo un -quella lì prima mi è venuta addosso.- mi girai. 
-Veramente sei tu che correvi e che mi sei venuto addosso.- tralasciando la figura di merda, richiusi la porta e mi avvicinai a loro. 
-Tu non ti sei spostata!- disse. -Però devi insegnarmi quella mossa.- si alzò in piedi. 
-Magari un'altra volta.- dissi facendo per andare via. 
-No ora, potremo non rivederci più anche se abitiamo vicini.- disse con un sorriso talmente tanto acido da far paura.
-Quindi tu sei il mio vicino di casa eh? Magari andremo anche nella stessa scuola tra due settimane e saremo in classe insieme così potrei aver finalmente voglia di suicidarmi.- 
-Andiamo chiunque sarebbe felice di essere la mia vicina di casa!- disse Justin. 
-Io non sono chiunque.- andai via.
-Aravis preparati andiamo da zia Lauren.- ecco quella era la mia morte, nei successivi dieci minuti bussò alla porta una mano sottile. -Aravis vai ad aprire.- disse mia madre. Andai ad aprire, davanti mi ritrovai una giovane donna sulla ventina con una torta alle mele in mano. 
-Ciao tesoro io sono Pattie, benvenuti a Stratford.- disse. 
-Ow, grazie Pattie, io sono Aravis.- le strinsi la mano. 
-Questa è per voi.- mi diede la torta. 
-Mammaaa.- urlai, mia madre arrivò correndo con un orecchino sì e l'altro no.
-Se esci trovi mio figlio, magari vi siete già conosciuti!- disse. 
-Abitate alla sinistra di casa nostra, lui ha la camera che si affaccia alla mia e si chiama Justin sì ci siamo già conosciuti. Grazie della torta! Ciao Pattie.- corsi dentro e tornai in camera mia a finire di prepararmi. La sera mangiai la stupidissima zuppa di zia Lauren, con mio grande dispiacere restai a pensare a quell'irritante ragazzino. 
 
  
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