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Autore: scrittrice in canna    24/09/2013    1 recensioni
Ziva parte per il funerale di suo padre ma l'abbraccio a Tony la fa ricredere sulla storia di suo padre. Finchè non incontra Aadam, un ragazzo dolce che però rovinerà tutti i piani della ragazza. Una storia che riprende stralci dei migliori momenti dei due e ci aiuterà ad arrivare a fine Settembre ;)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Tiva everywhere.'
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Capitolo 5
I need t find her


Era sera, fuori faceva molto freddo e io stavo per andare via, eravamo rimasti solamente io e McGee, avevo bisogno del suo aiuto, esitai un attimo prima di avvicinarmi alla sua scrivania, stava lavorando al PC, tentava di stilare il rapporto dell’ultimo caso, alzò gli occhi e mi guardò stranito.
“Vuoi dirmi qualcosa, Ziva?” cercai le parole giuste, quello che stavo per chiedergli non era una cosa da nulla.
“Ho bisogno del tuo aiuto…” Dissi con un sospiro, lui aspettava che proseguissi, mi guardai intorno per essere sicura che nessuno ci osservasse o ascoltasse, poi proseguì: “…Per rintracciare Bodnar, devo trovarlo!” finì, aspettai una risposta a quella che era stata una supplica, la più patetica della mia vita.
“Da dove dobbiamo cominciare?”.
 
La cosa ci era leggermente sfuggita di mano. Avevamo cominciato facendo qualche telefonata, io avevo ingaggiato Shmeil, Aadam e altri miei contatti in Israele che si sarebbero potuti muovere tranquillamente per tutto il mondo, McGee faceva qualche ricerca da casa sua, ma dopo un paio di giorni ci ritrovammo in un monolocale con mappe, computer e una malata voglia di trovare quel bastardo. C’era però un piccolissimo problema: Tony era quasi riuscito a capire cosa stavamo tramando.

Il caso, quella settimana, riguardava la scomparsa del marito di un ufficiale dei marines. Mi chiesero di andare a parlare con lei, io accettai senza discutere, la prima cosa che mi disse mi colpì il cuore come una pugnalata.
“Per favore mi dica che non sta succedendo.” La guardai triste, amava davvero suo marito.
Riuscivo a capirla perché sentivo la stessa cosa con mio padre: ogni tanto vorrei che qualcuno si girasse e mi dicesse che mio padre non è morto e che mi aspetta a Tel Aviv, vorrei poter prendere il primo aereo e andare in Israele per abbracciarlo, dirgli quanto è importante per me.

“Mi hai guardato come quando eri bambina, anche se solo per un momento.” Mi disse con gli occhi pieni di lacrime, io ero furiosa, non riuscì a guardarlo di nuovo in quel modo, anche se, col senno di poi, avrei voluto.

 
Mentre i ragazzi erano andati a cercare la vittima io ero rimasta con la moglie, avevamo discusso a lungo.
“È come… se tutto il mondo mi fosse crollato addosso… non riesco a credere che Noha sia scomparso…” la guardavo annuendo, non osavo proferire parola.
“Lei… ha mai perso qualcuno che amava?”

“Abba!” gridai vedendolo, era steso a terra, inerme, gli occhi chiusi e la camicia macchiata di sangue, mi sdraiai accanto a lui, appoggiai la sua testa sulla mia spalla, lo piansi, piansi per lui in Ebraico.


“Sì… ho perso molte persone che amavo…” dissi inghiottendo un groppo di lacrime a metà frase
“La prego mi dica che questo dolore si può superare.” Mi chiese, ma era una richiesta che non potevo accettare.

“Il dolore dei nostri cari non si supera, ci si convive.” Dissi ala ragazzina seduta di fronte a me senza distogliere lo sguardo da lei, aveva perso suo padre… proprio come me, solo che allora ancora l’avrei potuto chiamare e sentire la sua voce.


“Suo marito non è morto.” Le dissi puntando i miei occhi nei suoi
“Lo so, ma avevo bisogno che qualcuno me lo dicesse…” aveva le lacrime agli occhi.
“Lo troveremo.” Cercai di sorridere, il sorriso più falso di tutta la mia vita.
 
Quando tornarono mi diedero la notizia più brutta del mondo: era ancora disperso.

Mi misi sotto le scale per pensare a quanto quegli ultimi mesi fossero stati particolari e orribili, avevo perso l’ultimo componente della mia famiglia ancora in vita, ero andata a letto con un ragazzo incontrato in un bar, inoltre credevo di volere un figlio o meglio una figlia,

“Cosa dicevi quando te lo chiedevano?” disse mio padre accennando alla missione come donna incinta
“Non ero veramente incinta!” avevo ribadito, quasi infastidita da quella domanda
“Sì, ma dovevi pur rispondere quando ti chiedevano cos’era…” mi guardò in attesa di una risposta, ero imbarazzata, ma risposi: “Dicevo che era una femmina.”


Ma la cosa più grave era che… credevo di essermi innamorata. Io la perfetta agente del Mossad senza emozioni, la killer professionista si era innamorata, chi l’avrebbe mai detto?

“Enziatova!”

 

“At lo le vad.”


Forse stavo confondendo l’affetto con l’amore, eppure dopo averlo lasciato in aeroporto non avevo pensato ad altro che a lui per tutto il viaggio, non a mio padre, non al funerale, non a Tel Aviv, ma a lui.

“Tu sei… Anthony DiNozzo, un clown d’ alta classe. È per questo che ti amiamo.”


Proprio in quel momento lo vidi arrivare.
“Gibbs vuole che andiamo a parlare con la proprietaria del bar dove la vittima è stata con il nostro sospettato.” Perfetto… l’unica cosa che mi serviva era andare con lui da sola da qualche parte.
 
“Una donna forte come lei… non sarà facile restare a guardare.” Mi disse parlando della moglie di Noha
“Si conterrà…” risposi
“Tu credi?”
“Non è una scelta…”
“Stiamo ancora parlano del sottufficiale?” mi disse guardandomi negli occhi. Quello sguardo… non potevo riuscire a sopportarlo, sospettava di tutto.
 
Quando il caso venne chiuso io e McGee andammo al monolocale come sempre, ma io ero distratta.
Bussarono alla porta, presi la pistola e mi preparai a sparare, ma appena vidi chi era lo lasciai entrare senza discussioni.
“È il cibo?” chiese McGee uscendo dal bagno, quando vide Tony rimase scioccato: “Cosa stai facendo qui?”
Cercai di spiegargli tutto: Che Bodnar era a Roma, che i miei contatti l’avevano visto, che lo stavamo tracciando, che l’avremmo contattato e gliel’avremmo detto quella sera stessa, ma non è stato sufficiente, era arrabbiato, io non volevo ferirlo ancora, lui mise su la maschera da clown
“Mi piace come avete sistemato questo posto, davvero, computer assortiti!”
Voleva che lo dicessi a Gibbs… ma sarebbe stata dura.
 
La sera dopo mi alzai, andai davanti alla scrivania del capo e dissi tutto d’un fiato “Vorrei il tuo permesso di viaggiare per trovare Bodnar.” Lui mi guardò, annuì e disse: “Cosa aspetti? Prendi DiNozzo e vai!” lo guardai… dovevo viaggiare con lui.
 
Arrivata a casa cominciai subito a preparare le valigie, saremmo partiti qualche giorno dopo. Ero pronta.
Cercai di non pensare ad altro che alla missione e mi venne il lampo di genio: non era a Roma… era a Berlino. Saremmo andati in Germania, l’avremmo preso. Aspetta Ilan… sto arrivando.

i pensieri di una scrittrice in canna
Ehya! Sapete che giorno è oggi? EH? OGGI E' 24! AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH
Ok, vi prego di non spoilerarmi nulla prima di venerdì! Please! T.T
Aggiorno ora e vi dico che i capitoli arriveranno a "Past, Present, Future"
YEA!
vostra
scrittrice in canna
   
 
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