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Autore: Mia4ever_TheBest    24/09/2013    4 recensioni
Il Mito di Shakespeare non a nulla a che fare con questa storia: il titolo ha solo l’ispirazione. Qui c’è solo la tentazione di risolvere un interrogativo di una Whovian decisamente troppo tra le nuvole, anzi, tra le stelle è il caso di dire: hai mai guardato il cielo nel periodo delle stelle cadenti, dopo aver saputo del Dottore? Se lo hai fatto, forse tra quelle stelle cadenti avrai scorto un bagliore più intenso degli altri. Se l’hai fatto ma non è mai successo o se non l’hai mai fatto..bhè, caro whovian o lettore di passaggio..forse, continuerai a confondere il rumore del Tardis con la suoneria dei messaggi del tuo cellulare..
Ambientato dopo "The Snowmen", settima stagione, con un Dottore profondamente sconvolto per la seconda morte di Clara, ma ormai speranzoso nel ritrovarla da qualche parte..se non fosse per un Tardis in fumo e un'ora da passare in compagnia di un'umana.
(Nessun spoiler, assicurato)
Genere: Comico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 11, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1. L’undicesima
Un altro fiuum attraversò sulla diagonale opposta il cielo, verso la Cintura di Orione. Poi scomparve. Ero a 11 ora. Un istante dopo ero lì con la mia mente già programmata, a pensare un desiderio che potesse essere più interessante del precedente. Più interessante di Lui. Ma non lo trovai per quanto mi sforzassi e mi convinsi che non esisteva. Poi cominciò tutto.
Woom-woom.. -Oddio mi è arrivato un sms-  pensai  avendo la stessa suoneria e da brava umana con una vita sociale, cominciai a frugare alla ricerca tattile del cellulare, nella piccola borsetta Eastpack blu da una vaga forma rettangolare..
..woom-woom..-ma dove cavolo si è cacciato- fu il risultato. Gli alberi ormai avevano preso parte alla mia ricerca personale e ondeggiavano in maniera anomala per una semplice brezza serale estiva…
..woom-woom. Finalmente il rumore cessò anche se avrei continuato a sentirlo in eterno: il rumore più bello dell’universo.- Lascia perdere il cellulare-. Davanti a me e al lettino dove ero distesa, si erano materializzati gradualmente dopo ogni woom, i particolari di una cabina blu, di quelle londinesi degli anni 50, con scritto sopra Police Box e Public Call in mezzo. Anzi no, non una di quelle.  QUELLA. Nessun’altra poteva fare un’entrata in scena del genere. Nessun’altra poteva materializzarsi, così, dal nulla, nel giardino dell’agriturismo dell’amica di tua madre.

Ebbene, ora immaginerete me che mi alzo e immacolata raggiungo la cabina miracolosa, che un attimo prima non c’era e uno dopo invece è lì, davanti a te, del dio sicuramente rintanato da qualche parte al suo interno, forse intento a stabilizzare i comandi alla consolle. E molto vicino all’entrata. A TE.
Stop. Stop. No. Fermi lì dove siete  con i vostri viaggi mentali. Credo che invece fosse andata più o meno così;

Era buio, ma capii come la mia faccia avesse mutato in tutti i colori dell’arcobaleno in poco meno di qualche secondo. Me ne servirono altri cinque almeno, per realizzare di non essere su Candid Camera e che se continuavo a camminare sarei andata a sbattere contro la porta di legno blu, di quel bolide alto due volte me, guadagnando nient’altro che un bel livido sulla fronte. –Ok, questo non è un messaggio sul cellulare- constatai. Che fossi pazza o che quello fosse un sogno preferii continuare a pensarlo.

Eppure avevo immaginato tutto diverso: lui che usciva, mi invitava ad entrare e a viaggiare con lui e io che stavo zitta riguardo al fatto che fosse più grande all’interno. Invece mi precipitai verso l’ufo appena atterrato, preoccupata dallo strano fumo che trapelava dall’uscio e dalle finestrelle, che notai solo allora e che prima era stato l’ultimo dei miei problemi, e cominciai a picchiare contro esso, in cerca di qualche conferma, di segnali di vita. Chiesi mentalmente e umilmente perdono alla Tardis, sapendo che lei sentiva.

Poi non so come successe, se a causa della mia ansia di vedere il mio sogno finito ancora prima che iniziasse o per la protesta della Tardis, stufa di essere picchiata così selvaggiamente, le porte si aprirono...

Un uomo alto e magro, con occhiali da aviatore d’inizio novecento e farfallino fuori posto, né uscì tutto intento a disintossicarsi dalla foschia di fumo bianco che lo avvolgeva. Tossicchiò e dopo qualche gesto gongolante fatto con le braccia e qualche passo indietro, riuscì a liberarsi dalla prigione di fumo in cui era stato rinchiuso fino a quel momento. Sembrava non essersi accorto né di essere ancora capace di respirare, né di me.
Ne uscì spaesato, forse nel rivedere qualcosa che fosse terra più stabile sotto i suoi piedì e aria aperta intorno a sé; non più un pavimento e nebbia bianca,insomma.
“Maledette queste porte che non si aprivano!” esclamò d’un tratto come avesse preso vita.
“Stai bene?” chiesi incerta, con un filo di voce. Lui non fece caso alla mia presenza.
“Devo recuperare la carta psichica, l’ho lasciata dentro!! Oh, per tutti i dalek che devo ancora ribaltare! Quei circuiti cadetti..così piccoli..eppure così fffffffff” disse agitato tentando inutilmente di rientrare nella prigione di fumo. E fece uno strano gesto teatrale che imitava lo stesso, che fino a qualche momento prima stava per inghiottirlo.
“Ok, Tardis in fumo. Tu che non puoi entrare e devi restare fuori. E per almeno un’ora, prima che si auto-ripari” disse scandendo ad alta voce, gesticolando a fendenti l’aria.

Ma come faceva?Insomma sono un essere pensante. Yu-uuuuu. -Si questo è il Dottore, non c’è dubbio-
Intanto molto lentamente cominciò a voltarsi verso di me, come fosse un dovere ormai, come ultima spiaggia alla situazione. “Ciao” disse più tranquillo che mai. Allora l’educazione gliel’avevano insegnata. “Ciao” risposi.  Finalmente esistevo.
“Ti serve aiuto, per caso?” feci io. Domanda più gentile che intelligente: non ne avevo idea di come far ripartire la nave.“Ehm no,grazie, cioè si anzi nel frattempo, se considero il fatto che tra un’ora tutto si auto-riparerà e potrò ripartire..come ti chiami?”

Ok, una cosa è vederlo dietro uno schermo, ma così reale e con la sua parlantina..devi fare i conti per digerire il fatto, che quella sembra una persona vera, troppo reale per essere solo un sogno, anche se è già un po’ che lo conosci e che lo segui nelle sue avventure in giro per il tempo e lo spazio.
Poi ti accorgi che non lo hai mai fatto realmente.

Mi serviva un secchio d’acqua, uno schiaffo: un qualcosa che sbrigasse quel nodo così stretto che avevo nello stomaco.“Mi..a” balbettai allo stremo delle forze, nel capire se un sogno poteva durare così tanto.
“Mia, Dot..Signore e lei?” Non potevo mica fargli sapere che lo conoscevo. Era lui che aveva la parte dell’estraneo comparso all’improvviso nel mio giardino.
“Dottore” e mi fissò intensamente da dietro quegli occhiali che lo avevano protetto, con occhi che sicuramente cercavano la domanda che chiunque gli avrebbe posto. “Dottore solo.” continuò quasi sussurrando e scandendo la risposta, dove la domanda che avrebbe dovuto essere posta, riuscì a malapena ad alleggiare nell’aria. La domanda che qualunque mortale con un minimo di buon senso gli avrebbe posto.
Ero lì, invece. Restavo immobile, con parole che non passavano per la gola.

“Hai qualche problema alle corde vocali per caso?” fece lui. “E non mi dare del signore per carità. Mi fa più vecchio..ti sembro vecchio?” disse indicandosi il viso con gli indici.
“Oh no” dissi “ Però signore ti fa più vecchio di quanto tu sia veramente” rimandai, indagando il suo sguardo. Il Dottore era già abbastanza frastornato dal fumo che gli era entrato dalle narici e dalla sua entrata in scena; non ne aveva voglia di confrontarsi con una ragazzina come me che tentava di tenergli testa. “Ma tu come fai a sap..” cominciò incredulo. “Niente Dottore, scusa..io..non volevo” lo interruppi.
“A quanto pare” si avvicinò ancora di più sondandomi con gli occhi dal basso verso l’alto e molto vicino ala mia fronte con la sua “dovremo passare, anzi dovrò passare, un’ora qui bloccato in un posto sperduto, qui, sul pianeta Terra, per l’ennesima volta, bloccato in compagnia di un’umana” fece annusandomi. Come se dubitasse di me e delle mie origini.

Wow, accidentalmente un Signore del Tempo era atterrato nel giardino non propriamente mio, proprio quando avevo espresso un desiderio alla decima stella cadente. E nell’arco di qualche minuto  gli avevo instillato il dubbio e l’avevo pure interrotto mentre parlava. Considerato il Tardis in fumo, lui non poteva andare da nessuna parte, se non stare lì in piedi a fissarmi. Quando ebbi la certezza di ciò mi decisi a parlare. “Tu sei 11..” sussurrai. “Cosa scusa?” fece lui “Bhe, oh sì, è uno dei miei nomi, perché sai, ne ho molti e mi chiamano in tanti modi, non sei la prima: questa faccia è l’undicesima, o 11, come preferisci”.
“..no, tu sei l’undicesima..”continuai sussurrando. D’un tratto però risalii dalla mia specie di trans e mi ripresi per tornare tra il mondo dei viventi.

“Vado a prenderti qualcosa? Un succo, acqua, tè? Oh si il tè ti piace, sicuro, siccome adori gli inglesi. Bastoncini di pesce e crema? Non ce gli ho mi dispiace, ma se vuoi rimedio, una coperta? Sì, una coperta farebbe bene, siccome la giacca ti è rimasta dentro con la carta psichica” Il Dottore stavolta mi guardò strano non sapendo più cosa fare con me. Prima non parlavo, poi lo facevo alla rinfusa. Evidentemente sfidavo i suoi limiti. “No grazie, Mia” E stavolta si tolse gli occhialini e potei finalmente vedere i suoi occhi verdi di un bagliore così strano, intenso, eppure flebile e stanco anche nel buio.

“Hey, comunque io non sono te e ho freddo ” feci io. Mi precipitai a prendere la prima coperta sottotiro dentro casa, girando l’angolo, con la paura che quel sogno così reale potesse finire d’un tratto. Presi anche una banana, curiosa della fine che avrebbe fatto. Quando tornai, ero certa che nessun Tardis fosse mai atterrato e che nessun Dottore vi fosse mai uscito.

Invece lui era lì, disteso comodamente sul lettino dove fino a qualche attimo prima vi ero io, persa nell’infinità dello spettacolo del cielo. Improvvisamente era già a suo agio e definii quel comportamento decisamente non comprensibilmente umano.
“Dottore ti ho portato una banana” dissi con entusiasmo, inchinandomi di fianco a lui sul lettino, che mi aveva da poco scippato. Mi sedetti sull’erba umida e bagnata di fresco, stringendomi nella coperta di pail.
Lui invece era sempre lì. Non sembrava soffrire gli spasmi del freddo, né quelli della mia presenza. Solo quelli di qualcosa che dal profondo lo turbavano. Lo avevo letto nei suoi occhi.

“Allora Dottore” cercai di alleggerire quell’atmosfera cupa.
“Non è normale che il Tardis faccia così..com’è che è successo?”
 
Angolo dell’autrice
Ebbene eccomi qui, ragazzi! Al primo capitolo di questa storia, nonché seconda tappa di questo  viaggio. Cosa sarà successo al Dottore prima del suo atterraggio? Cosa succederà in quest’ora in cui il Signore del Tempo è costretto ad aspettare l’auto-riparazione di un Tardis, che non lo fa entrare finché non ha finito?
Qui, bloccato con un’umana piuttosto strana per i suoi standard..
Qualunque recensione o idea che vogliate scrivere è assai gradita  J Purché sia costruttiva
MiaXD
 
  
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