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Autore: Nemesis01    25/09/2013    3 recensioni
Anno 1937, nella Germania nazista.
Zarin è un 18enne tedesco, figlio di un generale nazista, che sembra detestare la vita in generale.
Noah è un 25enne ebreo, che vive in Germania e di lavoro "vende sogni".
Dalla storia:
Un giorno eravamo in libreria, gli stavo passando dei libri per aiutarlo a tenere in ordine quel posto che odorava di incenso e margheritine, poi entrarono loro. Due uomini in divisa. La campanella tintinnò. Noah mi guardò e bisbigliò « Nasconditi. Qualsiasi cosa accada, nasconditi. Non uscire allo scoperto fino a quando non se ne sono andati. Queste sono le chiavi della mia libreria. Aspettami sotto casa, se dovessi far tardi. Non uscire. Resta nascosto. »
[..] Noah tornò a casa, aveva la camicia rotta e sporca di sangue e un grosso livido sulla fronte. Sua nonna lo abbracciò e lo riempì di baci sulla guancia; era così affettuosa ed io capii cosa significasse avere una famiglia. Con Noah e la signora Maya capii che cosa significasse vivere.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Novecento/Dittature, Olocausto
Capitoli:
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Mazel tov!

 

Capitolo 03  – L’amore

 Così capitò che per mesi io mi trovassi a passare per caso in quella libreria e che per caso sbaciucchiassi il proprietario di nascosto. Noi ci  raggomitolavamo al buio, nascosti come la carne sotto un doppio strato di epidermide e vestiti. Mi ricordo ancora il suo corpo che era in grado di nascondermi come una tenda opaca copre la vista di ciò che accade dietro una finestra. Ci sentivamo vivi. Volevamo sentirci vivi e lo eravamo solo quando ci prendevamo per mano.

Un giorno eravamo in libreria, gli stavo passando dei libri per aiutarlo a tenere in ordine quel posto che odorava di incenso e margheritine, poi entrarono loro. Due uomini in divisa. La campanella tintinnò. Noah mi guardò e bisbigliò « Nasconditi. Qualsiasi cosa accada, nasconditi. Non uscire allo scoperto fino a quando non se ne sono andati. Queste sono le chiavi della mia libreria. Aspettami sotto casa, se dovessi far tardi. Non uscire. Resta nascosto. » mi fissò con gli occhi gonfi di preoccupazione ed io annuii. Mi infilai nel ripostiglio e rimasi in ascolto.
« Buon pomeriggio, signori. Posso aiutarvi in qualche modo?  »
« Devi seguirci in centrale. »
« Perché? »
« Impara a non fare domande. Se non ci segui, ti trascineremo via con la forza. »
Spiando dal piccolo buco sulla porta dello stanzino, capii che quelle guardie stavano minacciando Noah con un'arma. Lui si mostrava tranquillo, lo sentii che diceva « La mia era solo curiosità. Vengo subito con voi. »

Noah tornò a casa alle undici di sera. Io avevo telefonato mio padre dicendogli che non sarei tornato a casa, non immaginavo minimamente di quanto questo potesse sembrargli sospetto. Tuttavia aspettai Noah a casa sua. Quando tornò io ero con sua nonna Maya. La signora Levi era una persona gentile, non fu difficile capire da chi avesse preso Noah. La donna mi aveva preparato una tazza di tè bollente: era profumato e lo sorseggiai con piacere in sua compagnia. Ogni tanto piagnucolava mormorando « Il mio piccolo Noah... Chissà cosa vogliono da lui.. Gli avevo detto di stare attento... Non gli devono fare nulla, altrimenti io come faccio? Il mio piccolo Noah... » 
Noah tornò a casa, aveva la camicia rotta e sporca di sangue e un grosso livido sulla fronte. Sua nonna lo abbracciò e lo riempì di baci sulla guancia; era così affettuosa ed io capii cosa significasse avere una famiglia. Con Noah e la signora Maya capii che cosa significasse vivere.
Era circa l'una di notte, la signora Maya aveva preparato altro tè per Noah, mentre io terminavo di pulirgli le ferite con un panno umido di acqua bollente. Noah sembrava stoico, non emetteva neanche un lamento eppure sapevo che gli stava bruciando. Ma Noah bruciava dentro. Il suo cuore ardeva di rabbia e di disprezzo verso chi gli aveva fatto quello.
« Dobbiamo stare attenti, Noah... Dobbiamo andarcene... Non è sicuro qui... Dobbiamo andare in America, dobbiamo scappare... Non siamo al sicuro. »
Noah farfugliò qualcosa in una lingua che sembrava essere francese e abbassò lo sguardo; sua nonna scosse la testa e gli rispose nella sua stessa lingua, che io non riuscivo a capire. Quello che non riuscivo a capire era perché Noah era stato picchiato così dalle guardie. Volevo chiamare mio padre per dirglielo e far sì che si prendessero provvedimenti, ma lui mi vietò di farlo.
« Perché no? Gli dirò che sei mio amico! Non è giusto quello che ti hanno fatto!! »
« Non lo è, ma possono farlo, perché la legge glielo impone. Non puoi chiamare tuo padre e dirgli "dei tuoi sottintendenti hanno fatto il loro dovere". »
« Cosa..? Ma di che parli? Non c'è nessuna legge che dice di prendere a bastonate un libraio, o sbaglio? »
« Non i librai. Ma quelli come me. »
« Perché, che...? » mi fermai. Pensai: intendeva forse "quelli come me, a cui piacciono gli uomini"? Non riuscivo a comprendere che in realtà le cose stessero peggio di così. « Ma noi siamo stati attenti, no? Non ci ha mai visto nessuno... Ti vedi anche con qualcun'altro?  » nel mio stupido egocentrismo pensai che lui avesse un altro cui dare baci, un altro da prendere per mano, e mi innervosii solo all'idea.
« Ma che dici, Zarin? » la sua espressione era notevolmente sconvolta « Come ti viene in mente? Non farei mai una cosa del genere, mai. E' ben più complicato... »
« Di me ti puoi fidare, stupido » lo rimproverai gravemente. Avevo capito che c'era qualcosa che mi nascondevo, da moccioso quale ero pensavo che si trattasse di un'amante. « Non mi devi nascondere niente, hai capito? Non mi devi nascondere niente. Voglio sapere tutto di te.  » non mi resi conto che con quelle parole, potevo spaventarlo. Mio padre era il generale Wolfrang, impegnato mani e piedi in quell'operazione chiamata "pulizia", ma io da bravo bambino viziato non sapevo cosa stesse succedendo davvero. O forse non volevo vederlo. «  Anche io sono un ragazzo, e mi piaci tu, che sei un ragazzo, e non mi pare che sia andato a dirlo in giro, il tuo segreto è al sicuro con me. Ogni tuo segreto è un mio segreto. Ogni mio segreto è un tuo segreto. »
Noah mi sorrise. Il suo era un sorriso dolce e mi diede un bacio.

Noah era ebreo. Era nato il 25 agosto del 1912 a Gerusalemme, sua madre si chiamava Nurit Levi, ebrea anche lei, mentre suo padre era un marinaio cristiano che l'aveva messa in attesa di un bambino e poi era sparito. L'unico problema era che sua madre Nurit era già sposata con un altro uomo. Nella loro comunità, sua madre era chiamata "Zonah" 1, mentre lui era chiamato "Mamzer", un figlio nato da una relazione proibita dalla loro cultura e religione, ma comunque ebreo.
Lui nasceva e già veniva additato come colpevole, come il "bastardo" e "l'impuro". Lui non ricordava molto né di Gerusalemme, né dei suoi genitori. Il marito di sua madre l'aveva uccisa qualche mese dopo la sua nascita: non poteva sopportare il peso dell'adulterio, la vergogna di crescere un figlio non suo. Le sparò un colpo e se ne sparò un altro da solo. Ne avrebbe sparato uno anche a Noah, se non fosse che sua nonna, la signora Maya, fosse lì nel tentativo di fermare quello scempio.
Ritrovandosi con sua figlia e suo genero morti, presa dallo sconforto e dal pianto di un Noah neonato, prese la decisione più difficile della sua vita: portò via il bambino e lasciò il paese prima che arrivasse l'alba. Arrivò in Germania e aprì una libreria. Educò lei stessa Noah: gli insegnò il loro alfabeto e quello tedesco, gli insegnò a leggere, a scrivere, e a essere sempre rispettoso e gentile, ma soprattutto gli aveva insegnato ad amare e a essere umile.
« Chi è veramente sapiente? Chi impara da ogni uomo » recitavano i salmi del Torah, il loro libro sacro.

Noah mi aveva raccontato la sua storia. Avevo capito perché quei poliziotti erano venuti a prenderlo in libreria e perché l'avevano maltrattato a quel modo. Quando ebbe finito di raccontarmi la sua vita, tremai. Avevo paura. Non ero più sicuro di volerlo sapere. Non avevo nulla contro gli ebrei né contro quelli di altre razze: contrariamente da quanto odio ci insegnassero a scuola, io avevo finito per odiarli tutti. Ma Noah era diverso. Era... Noah.
Iniziai a piangere senza rendermene conto. Piangevo perché Noah era nato nell'odio e nel sangue eppure era la persona più bella che avessi mai incontrato, perché aveva vissuto tante cose brutte eppure sorrideva luminosamente, perché avevo paura me lo portassero via. Piansi tantissime lacrime, anche quando lui mi abbracciò. Io mi strinsi di più al suo corpo.
« Zarin... Non c'è bisogno di piangere, insomma, sono ancora vivo-- »
« Non c'entra nulla, brutto stupido! Piango perché mi dispiace che tu abbia subito tutto questo! Per me non sei un bastardo, sei la persona più bella che abbia mai conosciuto in vita mia! Cretino! Non capisci niente!! Piango perché non è giusto che sia capitato a te!! E non è giusto che oggi quegli stronzi ti abbiano fatto del male!!  » ricordo che parlandogli prendevo a pugni leggeri il suo petto. Lui mi ascoltò in silenzio e mi lasciò piangere quelle lacrime che lui stesso non aveva mai versato. Poggiò la mano sulla mia testa e mi scompigliò i capelli.
«Todà rabà » bisbigliò.
« Che significa?! »
« Grazie. »

 

 

L’angolo dell’autrice:

Salve a tutti! Eccomi qui con il terzo capitolo di “Mazel tov”. Volevo ringraziare Danyel, Jasminevampire, Frauro, Amarie e darkmagic31 per aver aggiunto la storia alle seguite e Ladydaredevil per le recensioni e il supporto morale (anche il semplice sopportare il fatto che la tartasso nella casella dei messaggi privati ahahua :P ).

A presto :3

1 Zonah: donna che ha avuto delle relazioni proibite (adulterio, incesto)

Dal prossimo capitolo:

All'età di 18 anni conobbi l'amore. Si chiamava Noah.
[..[ Ci raggomitolammo sotto le coperte, spogliandoci non solo dei vestiti ma anche delle nostre inibizioni, tremarono anche le nostre ossa e ci scrollammo di dosso tutto il resto del mondo. Il mondo fuori faceva schifo, ma noi non eravamo il mondo e per questo avevamo un prezzo da pagare.

   
 
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