Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: lithium    28/09/2013    2 recensioni
Fergus Finnigan non può credere alle sue orecchie quando, fresco diplomato dell'Accademia degli Auror, gli viene offerta la posizione di Assistente Personale Temporaneo del Capitano Ronald Weasley. Si imbarcherà in un'avventura roccambolesca, fatta di appunti indecifrabili, auror gelosi, incidenti di percorso e un cattivissimo mago oscuro. E chissà se lungo la strada non troverà anche il tempo per innamorarsi.
Dal primo capitolo: "“Ehi, su, su, ora non fare quella faccia! Dannazione, Hermione mi ha detto un milione di volte che devo essere meno severo con le reclute. Non dirai a nessuno che ti ho spaventato, vero?” Chiese il Capitano, passando in venti secondi netti da minaccioso e terrorizzante all’uomo più sorridente ed accomodante che Fergus avesse mai visto.
Scosse la testa “Nossignore, Signore.”
“Bravo ragazzo! Ci intenderemo alla grande io e te! Certo non hai le gambe che aveva Annette, ma non si può avere tutto. E poi, ripensandoci, credo che siano state proprio le gambe di Annette a causarle quest’increscioso incidente dei gemelli…” disse Ron, pensieroso.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Percy Weasley, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il caso Mackenzie serie'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nota dell’autrice: Eccovi il nuovo capitolo, sperando vi piaccia. Mancano pochi passi e non più di 2 o 3 capitoli al calo del sipario. A tutti coloro che sono rimasti con me, grazie davvero. Bacetti L.

CAPITOLO XIV

DI FERITI, FRAINTENDIMENTI E FIAMME

Fergus non ricordava di essere mai passato così repentinamente dalla speranza alla preoccupazione. Quando aveva sentito Seymour proclamare d’aver individuato Audrey il suo cuore si era riempito di gioia, sebbene avesse avuto poco tempo per conoscere la sua collega prima della sua scomparsa, quel poco tempo era stato sufficiente per fargli capire che ella era una persona piena di buone qualità, una lavoratrice instancabile e scrupolosa e, sotto quell’aspetto un po’ spigoloso e severo, anche una persona ricca di autoironia.

Vedere l’Auror Seymour crollare al suolo subito dopo aver pronunciato quelle parole l’aveva immensamente spaventato, se egli non si fosse ripreso tutti gli sforzi fatti finora per individuare la ragazza sarebbero stati vani. Non che avesse avuto molto tempo per concentrarsi sui suoi timori.

Da un certo punto di vista era stato provvidenziale che lui fosse presente quando il suo collega si era sentito male, Smith, per quanto molto più addestrato di lui, non era ferrato negli incantesimi di soccorso,  quanto piuttosto nello spionaggio. Sebbene avesse voluto aiutare Seymour, l’auror più anziano non aveva potuto farlo, anzi appena aveva capito che il suo collega sembrava aver smesso di respirare, si era girato verso Fergus pregandolo di intervenire.

 Era stata la prima volta che il ragazzo aveva dovuto mettere alla prova le sue doti di primo soccorso in una situazione in cui la vita di un uomo poteva veramente dipendere dalla sua capacità e, sebbene, sul momento egli avesse agito come inserendo il pilota automatico, recitando nella mente ed eseguendo tutto ciò che aveva imparato all’Accademia e per il quale era stato premiato tra tutti i suoi compagni di corso, ora che era tutto finito e Seymour era stato portato nell’Infermeria del Dipartimento, Fergus se ne stava seduto su uno sgabello completamente esausto dal punto di vista emotivo dopo il picco di adrenalina di qualche ora prima. Operare in una vera crisi anziché in una simulazione era diverso come il giorno e la notte.

Se non avesse avuto un sostegno, non avrebbe avuto la forza di tenersi su. Smith lo guardava sconsolato con la coda degli occhi, apparentemente fissando la tazza di latte caldo che gli aveva portato appena erano rientrati nell’ufficio dopo aver riferito quanto successo ai Capitani Weasley e Potter. Il  gesto di John Smith nei suoi confronti era stato molto gentile. Fergus sapeva che lui e Seymour erano compagni di missione da molti anni e che l’auror doveva essere forse più scosso di lui. In un certo senso quel gesto gli aveva un po’ ricordato sua madre: Mary Beth Finnigan rispondeva ai momenti di crisi così, tentando di rendersi utile accudendo e consolando gli altri.

La situazione era grave: non solo l’unica persona che sapeva dov’era Audrey era priva di coscienza in infermeria, ma era stato assolutamente necessario creare nel più breve tempo possibile una storia di copertura per evitare che Robards sapesse della missione clandestina a cui erano stati assegnati. Sembrava che al posto di risolversi i problemi di moltiplicassero.

“Cosa credi che sia successo?” La domanda di Smith stupì Fergus perché fino a quel momento egli non aveva dato segno di voler parlare. Evidentemente doveva aver letto sul suo volto che egli si era un po’ ripreso dallo spavento e non aveva retto alla curiosità.

“Intendi dire come Duncan abbia esattamente individuato dove si trova la Wallace? Non ne ho idea, non ho capito un granché quando ha spiegato a Ron cosa volevate fare per trovarla utilizzando la sua Aureola e quella storia delle bacchette.”

L’altro scosse la testa. “No, quello è piuttosto semplice, in realtà, ma non ci importa ora. Ti chiedevo se hai capito perché è crollato e non respirava più, dopo…”

Fergus si umettò le labbra prima di rispondere. Non ne era sicuro, ma dovendo giudicare dai sintomi e dagli incantesimi che aveva dovuto utilizzare per aiutare Seymour, aveva elaborato una tesi. “Ah, credo… Sì, io penso che abbia dovuto creare un legame molto più profondo con la magia di Audrey di quanto pensasse all’inizio per individuarla. I sintomi che ha avuto, la perdita di conoscenza, il blocco respiratorio, tutto mi fa pensare che per trovarla, Seymour abbia creato una sorta di comunicazione tra la sua magia e quella di Audrey. Penso che … Temo che, ovunque, si trovi lei sia in grandissime difficoltà, sotto qualche tremendo incantesimo, una magia così forte da essere in grado di bloccare o ridurre al minimo ogni sua attività corporea, persino la respirazione. Se assorbendo una minima parte di quell’incantesimo, Seymour ha avuto quell’effetto…” Finire la frase era troppo penoso, ma non ce ne fu bisogno.

Smith annuì “Speriamo solo che Duncan si riprenda in tempo per permetterci di individuarla. Il Capitano Potter è stato chiaro, non possiamo rischiare di tentare di nuovo di agganciare la sua aureola, siamo già troppo pochi per questa missione.”

Fergus strinse i pugni a quelle parole: troppe volte negli ultimi giorni si erano sentiti vicini alla meta solo per scoprire che quella che pensavano fosse la cima della montagna altro non era che una piccola sporgenza che nascondeva il suo colmo. Era così frustante. Ma non c’era altro da fare se non lavorare e lavorare ancora, il termine dell’ultimatum di Diodora era sempre più vicino.

** * **

Nell’ufficio del Capitano Weasley aleggiava quel silenzio che Harry Potter aveva cominciato ad associare ai momenti di crisi più nera e, pertanto, a detestare. Era piena notte, il Ministero era semideserto e il Trio magico aveva l’aria stanca.

“Pensi che Duncan si riprenderà in tempo?”

Ron scrollò le spalle. “Posso solo sperarlo. Fergus e Smith hanno detto che prima di crollare ha detto di aver individuato Audrey. Ringrazio solo il cielo che mio fratello non fosse presente. Ti rendi conto di cosa sarebbe stato per lui assistere? Essere così vicino a sapere dove si trova la sua donna e contemporaneamente vedere l’unica persona in grado di dargli la risposta che cerca più di ogni altra nell’impossibilità di aiutarlo?”

Lo vide stringere la mano di Hermione così forte che la sua migliore amica ebbe un piccolo sussulto. Arrossendo un po’, Ron sorrise a sua moglie come a scusarsi.

“Non ci resta che andare avanti.” Osservò amaro Harry.

“Già, abbiamo ancora... Quanto? Sedici ore?”

“Più o meno, il sole tramonta alle 18.30.” Precisò Hermione.

Il giorno e la notte avevano ormai perso gran parte del loro significato: si mangiava quando si poteva, si riposava a turni, nessuno di loro era tornato a casa dalla mattina precedente quando Robards aveva bocciato il piano che Harry gli aveva presentato. Il pensiero che avrebbe potuto passare le sue ultime ore lontano dalla sua amata Ginny e da James era così tremendo che rischiava di soffocarlo, ma non poteva indugiarci. Sarebbe andato tutto per il meglio. Diodora Mackenzie avrebbe fatto meglio a farsi catturare, altrimenti il Bambino-Che-Era-Sopravvisuto, sarebbe risuscitato per l’ennesima volta per il puro gusto di farla pagare alla criminale che l’aveva privato di tutto ciò che amava più della sua stessa vita. A lei e a quel cocciuto del Direttore Robards.

Harry, che lo ammirava molto, trovava incredibile come il Direttore, un auror capace, continuasse ad utilizzare gran parte delle forze a sua disposizione nel tentativo di trovare Diodora, senza prendere minimamente in considerazione ciò che gli era stato detto dal Dottor Esperanthus o l’ultimatum della Mackenzie per la sua pervicace convinzione che le speculazioni sull’utilizzo della magia pura fossero baggianate.

Ma se non poteva essere vicino a James e Ginny, in quelle ore, poteva almeno prendersi cura dei suoi migliori amici. Cominciando ora.

“Dovresti cercare di dormire un po’, Hermione.” Le consigliò.

“Gliel’ho già detto anche io, almeno un paio di volte, ma lo sai che non ci ascolterà, Harry.” Rispose amaro Ron.

“Non mi sembra che voi due stiate facendo un pisolino o che lo stiano facendo Percy o Thabatha. Perché lo dovrei fare io?”

Ron sbuffò. “Noi non siamo incinti!”

“Ah sì? E vuoi spiegarmi esattamente di chi è la colpa, Weasley, se sono io quella incinta?”

A quella esclamazione detta con una certa stizza, Ron, il volto improvvisamente addolorato come se lei l’avesse preso a schiaffi, ebbe la saggezza di non rispondere. Era ovvio che la stanchezza e la preoccupazione non li aiutava ad essere lucidi, Harry sapeva che i suoi due amici erano assolutamente entusiasti di diventare genitori, ma la paura per ciò che avrebbe potuto succedere al loro bambino se il piano di Diodora fosse divenuto realtà, rendeva la gravidanza di Hermione un argomento estremamente delicato.

Qualunque cosa la strega volesse aggiungere, dopo che il suo viso era diventato improvvisamente pallido, realizzando cosa quella sua ultima frase doveva aver implicato per Ron, fu interrotta dall’arrivo di Neville, che aveva bussato alla porta.

Harry non era mai stato tanto felice di vedere il Grifondoro come ora. Aveva assistito ad abbastanza litigi dei cognati per sapere che erano delle faccende estremamente sgradevoli.

“Scusate l’interruzione, ho pronto il tonico che mi hai chiesto, Ron. Non può aspettare. Per essere pienamente attivo deve essere somministrato almeno dodici ore prima dell’evento traumatico per madre e bambino, ma per avere maggiore efficacia è opportuno berlo almeno quindici ore prima.” Con quelle parole Neville porse ad Hermione una minuscola boccetta con del liquido opalescente.

Lei la guardò un po’ esitante. Non che avesse tutti i torti, Harry voleva bene a Neville, ma l’amico era sempre stato un disastro con le pozioni.

Quasi a leggere i suoi pensieri, l’insegnante precisò “Non è una vera pozione, quanto più un decotto di diverse piante: la felce di Iuno Lucina per fortificare il bambino, un goccia di estratto di mandragola – non serve solo per combattere i casi di pietrificazione, ricordate? – camomilla, arnica e altre cinque o sei piante. Ho messo un po’ di liquirizia per cambiarle sapore, Hermione, non temere, non vorrei mai farti venire la nausea proprio ora.”

Una cosa era certa, Neville cresceva, ma rimaneva sempre infinitamente gentile con i suoi amici.

“Grazie.” Sussurrò lei, prima di bere. “Non è per niente sgradevole come sapore, Neville.”

“Oh, bene, lo speravo proprio. E’ la prima volta che provo a renderlo più gradevole, Hannah ama la liquirizia e allora ho pensato che, magari, potesse...”

“Grazie, Neville, davvero.” Aggiunse Ron a bassa voce, prima di avviarsi verso la porta “Devo parlare con i miei uomini, scusatemi.” Lo sguardo che lanciò a sua moglie prima di uscire spezzò il cuore ad Harry.

Anche Neville che pur non aveva assistito alla esternazione di Hermione dovette capire che qualcosa non andava perché si voltò verso Harry con aria interrogativa.

Nello stesso momento guardandolo sconsolata, Hermione gli domandò con voce triste. “Tu sai che non intendevo… Non volevo dire che… Non può realmente pensare che lo stessi accusando di aver messo la mia vita in pericolo ? Dimmi che non … Non dopo tutti questi anni insieme. Oddio, Harry che ho fatto.”

Harry avrebbe voluto negare, ma se c’era una cosa della quale era sicuro era che il Capitano Ronald Bilius Weasley pluridecorato Auror straordinario nascondeva dentro di sé ancora il piccolo Ron sesto figlio maschio, il ragazzino convinto fino all’ultima fibra del suo essere di non poter mai bastare, di non essere mai grande a sufficienza per meritarsi la brunetta che ora guardava Harry Potter piena di rimorso. Quell’Auror non avrebbe indietreggiato di fronte al peggiore dei maghi oscuri, ma era ancora sufficiente la più piccola parola di Hermione per spezzarlo.

** * **

“Procuratore Weasley, guardi!” L’indice con lo smalto azzurro con piccole lune dorate di Thabatha si fermò improvvisamente sulla pergamena. Avere quel testo era stata una mezza impresa e francamente preferiva non sapere come Harry ne fosse venuto in possesso. Sapeva solo che quando gliel’aveva consegnato suo cognato l’aveva pregato di non riferire a Ginny che aveva delle ammiratrici giù all’Ufficio dei Misteri.

Gli occhi azzurri di Percy scorsero velocemente il paragrafo che la giovane auror gli mostrava.

La notte del 6 settembre 1666 l’Indicibile Freynar aveva registrato nell’inventario dei reperti del Dipartimento dei Misteri il manufatto DM-5.9.666. “Forma ovale, apparentemente di osso o avorio o materiale consimile. La superficie del manufatto è completamente liscia e priva di fessure, scanalature o feritoie. Simile ad una pietra di fiume. Al contatto con la pelle genera ustioni così gravi da richiedere l’intervento dei medimaghi. Reperto di estrema pericolosità da conservare per ulteriore studio.”

“Thabatha, presto riprendi il decreto d’arresto di Dioscurus, per cortesia.” Esclamò Percy.

Entrambi lo guardarono attentamente, ma la giovane Auror fu la prima a parlare. “Sono una “I” ed una “F” intrecciate procuratore, non solo una “I” come pensavamo. Il cognome non è Reynar, ma Freynar.”

“Hai ragione Thabatha. Quando mio padre sequestra e cataloga reperti all’Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti Babbani, essi sono indicizzati secondo un codice alfanumerico, le lettere fanno riferimento al nome del soggetto sequestratario e i numeri alla data del sequestro. Per quanto ne so è una prassi comune a tutti gli uffici del Ministero.”

Thabatha spalancò gli occhi a quella rivelazione. “Procuratore, quindi D.M. starebbe per Dioscurus Mackenzie e 5.9.666 per 5 settembre 1666. Non può essere una coincidenza, l’abbiamo trovato! Abbiamo trovato quello che Diodora vuole riprendersi!”

Percy annuì.  “Va a cercare Ron, presto per favore, Thabatha, dobbiamo immediatamente avvertirlo di quanto abbiamo scoperto.”

Avevano compiuto un altro passo importantissimo. Ora, però, dovevano trovare il modo di scoprire dove fosse conservato il manufatto all’interno del segretissimo Ufficio dei Misteri e se fosse stato studiato oltre.

** * **

Dopo il lampo di luce che l’aveva quasi accecata nella sua testa ed aver sentito ininterrottamente la voce di Duncan per ore, l’improvviso silenzio che ne era seguito aveva terrorizzato Audrey. Cosa era successo? Aveva tentato più volte di ristabilire la connessione con lui senza successo. Perché? Non sapere era quasi altrettanto frustrante che non poter far nulla. Sperava solo che in quelle lunghe ore in cui aveva sentito la sua voce, Duncan avesse potuto sentire lei, che tutto il piano di Diodora che lei gli aveva tentato di riferire fosse stato percepito dall’altro Auror, come lei aveva sentito il suo disperato bisogno di capire dove fosse.

** * **

Diodora guardò la superficie della pozione. Era così bella. Era così meravigliosamente innocua a vedersi. Così devastante per quanto sarebbe stata usata. E finalmente era pronta. Nella notte più nera prima della luna nuova, Diodora poteva vedere come in pieno sole. Era un difetto di vista, avevano detto i Medimaghi. Era una caratteristica della famiglia paterna diceva sua madre. Ma loro sbagliavano, lei lo sapeva. Era il suo fuoco interiore, quello che ardeva freddo e inestinguibile da sempre dentro di lei. Quello che la rendeva unica e inarrestabile. Quello in cui, come il suo antenato, avrebbe voluto avvolgerle tutto ciò che la circondava, un abbraccio che non si sarebbe mai concluso perché avrebbe concluso la vita stessa in un’ardente fiamma gelida.

Con un misurato gesto della bacchetta raccolse la quantità necessaria di pozione in un calice, poi, facendolo fluttuare lentamente davanti a sé, si avvicinò all’Auror.

La stasi in cui l’aveva gettata era ancora profonda come nel momento in cui aveva scagliato l’incantesimo. Persino nelle ore precedenti in cui lei era stata lontana, intenta a rivedere i particolari del suo piano, la donna era rimasta sotto il suo completo potere.

Era ora di somministrarle la pozione, servivano diverse ore perché essa creasse in lei tutte le trasformazioni fisiche e biologiche necessarie a far credere al suo corpo che c’era una vita che cresceva dentro di lei. Peccato che, anziché dare la vita, Audrey sarebbe stata il suo strumento per dare la morte e riprendersi ciò che le apparteneva.

Sollevando magicamente la coppa e il corpo apparentemente privo di coscienza dell’auror, Diodora si assicurò che l’esile donna bevesse fino all’ultima goccia del prezioso liquido.

Poteva sentire chiaramente nella fluttuazione della sua magia così legata a quella della prigioniera, tutto il suo terrore, sentirne l’urlo disperato. Molto bene, faceva bene ad essere assolutamente terrorizzata. Nessuno poteva salvarla. Nessuno poteva sentirla, solo lei Diodora poteva. Nessun altro che fosse entrato in quel nascondiglio in piena vista, nel centro di Londra, avrebbe potuto.

Nel silenzio assoluto di quella stanza completamente buia persino una foglia che cadeva a terra sarebbe riecheggiata, il grido di Audrey non esisteva se non nelle menti indissolubilmente legate delle due donne, la criminale e l’auror.

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: lithium