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Autore: Willows    28/09/2013    3 recensioni
« Ti prego Liam lasciami finire, lasciami andare da lui…»
Mi abbraccia forte e sussurra sull’orlo delle lacrime:
«Non posso, non posso»
« Lo sai che lo farò lo stesso, vero? » ribadisco atona.
«Un anno, datti un anno di tempo, vedi come va, magari migliora, magari…» dice proponendomi un patto disperato.
« Poi potrò fare quello che voglio? »
« Se lo vorrai ancora… Si » afferma con le spalle basse, stanco di combattere per una vita,che non è neanche la sua.
Lo accompagno alla porta e prima di uscire mi dice:
« Devi promettere che aspetterai l’anno, che proverai ad andare avanti. Giuramelo su di lui»
NO, NO, NO! Non me lo può chiedere.
Mi fissa, aspetta una risposta.
Annuisco, non ho la forza di parlare, ma qualcosa nel mio sguardo sembra averlo convinto perché se ne va, con la sola promessa che questo patto rimarrà fra di noi.
Mi giro e come se nulla fosse successo torno al mio foglio di carta.
“ Ho accettato Niall, mi ha fatto giurare su di te, quindi manterrò la promessa, ma ogni mese ti scriverò, ti racconterò i miei giorni per farti capire quanto sono vuoti senza di te. Ti racconterò del mio anno senza Te”
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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{Agosto}
 
 
Quel che aveva capito, con certezza assoluta, era che vivere senza di lui sarebbe stato, per sempre, la sua occupazione fondamentale, e che da quel momento le cose avrebbero avuto ogni volta un’ombra, per lei, un’ombra in più, perfino nel buio, e forse soprattutto nel buio.


 
 
 
 
 
Agosto, il secondo mese senza te, amore.
Anche se in modo confuso e incostante, il tempo passa, molto spesso non ci faccio neanche caso.
Certe mattine mi sveglio e mi stupisco del fatto che sia passato più di un mese da quando… sei morto.
Sai, è la prima volta che lo scrivo –o lo penso in assoluto- di solito uso sempre altre parole, sinonimi come andato, scomparso, ma non morto. Non riesco ad accettarlo e ad essere sincera, non credo nemmeno di averlo realizzato a pieno. In qualche modo sono convinta che tu tornerai, ti vedrò entrare dalla porta d’ingresso, sorridente come al solito, avrai le guancie rosse per il freddo e i capelli scompigliati dal vento, ti avvicinerai con passo sicuro e mi lascerai un bacio a fior di labbra.
«Bentornato» ti sussurrerò felice e tu riderai, riderai e riderai.
Perché tu sei Niall e Niall ride.
Vedi? Non posso fare a meno di parlare al presente.
 
Di nuovo mi alzo, non riesco a sopportare il pensiero di come sarebbero andate lo cose se lui non fosse morto, ma non posso fare a peno di pensarci. Lentamente mi risiedo, impugno la penna e riprendo da dove mi sono interrotta.
 
Dai basta parlare solo di me… Agosto, giusto? Si è questo il mese di cui ti devo parlare.
All’inizio del mese mia mamma è venuta a trovarmi, era dispiaciuta e visibilmente spaventata dallo stato in cui mi trovavo. Indossavo una tua vecchia tuta, le indosso spesso a dir la verità, sono così calde e confortanti, hanno ancora addosso il tuo profumo. Sono come delle sostitute delle tue braccia - quando mi stringevi forte e te e il tuo profumo mi rimaneva addosso- delle pessime sostitute, per la cronaca, ma  in qualche modo aiutano.
I capelli erano legati in uno chignon alto, da cui uscivano numerose ciocche.
Lo so che tu mi preferivi con i capelli sciolti, ma tu non ci sei, quindi che senso avrebbe portarli così?
Appena mi ha visto mi ha subito abbracciato, scusandosi per non essere venuta al funerale.

Era impegnata con papà, sai, no? Con l’Alzheimer e tutto il resto…
Le ho detto di non preoccuparsi, che capivo e stavo bene, non appena mi ha stretto, però, sono scoppiata a piangere. Ni, mi sono sentita così piccola fra le sue braccia che sapevano di casa, quassi fossi tornata in un lampo una bambina che corre fra le braccia della mamma per un ginocchio sbucciato.
Ma si cresce Niall e i ginocchi sbucciati diventato cuori infranti.
Solo quando abbiamo sciolto l’abbraccio mi sono accorta che eravamo ancora di fronte all’ingresso, così mi sono spostata e l’ho fatta accomodare. Era la prima volta che entrava nel nostro appartamento e avrei preferito lo vedesse in uno stato migliore, ma se devo essere sincera non me ne importava poi molto.
In cucina avanzi delle settimane passate erano sparsi sui vari ripiani e credenze, il soggiorno era immerso nel caos, così come il bagno e la nostra camera da letto.
«Beh tesoro, è molto carino» mi ha detto guardandosi attorno a disagio.
Normalmente avrei riso del suo comportamento, perché so bene che odia il disordine –praticamente si stava trattenendo dallo spolverare anche me- e ha detto quelle parole solo per essere gentile, ma non ci sono riuscita. Riuscirò a ridere nuovamente? Non credo, Niall.
Era una spesso io e te, ridere dico.
Anche una minima cosa, come una delle battute- pessime- di Harry, era sufficiente a farci scoppiare in una risata. È una delle cose che mi hanno fatto innamorare di te, la facilità con cui sapevi farmi ridere e sorridere, anche nei momenti peggiori, anche quando sembra che il mondo ti stia crollando addosso.
Dio, quanto mi manchi.
Comunque, ci siamo sedute sul divano e abbiamo iniziato a parlare, o meglio mamma parlava e io rispondevo a monosillabi, sforzandomi in tutti i modi di sembrare normale. Cercando, con tutte le mie forze, di nascondere la voragine che si staglia nel mio petto, dove un tempo c’era il cuore.
Ha provato anche a farmi  qualche domanda, mi ha chiesto ei ragazzi e dei tuoi genitori, ma poi, capendo che non era nell’umore, ha lasciato perdere e mi ha raccontato di Matt e di papà.
All’inizio ho ascoltato, ma poi non ce l’ho fatta, ero tanto stanca e le palpebre si sono fatte pesanti.
Mi sono addormentata nel giro di qualche secondo.
Quando mi sono svegliata ero un po’ confusa - mi capita spesso ultimamente e la colpa credo sia del sonno agitato e pieno di incubi in cui cado ogni volta in cui chiudo gli occhi- e guardandomi attorno che il soggiorno era più ordinato, lo sesso per la cucina.
Solo quando ho sentito dei rumori provenienti dalla nostra camera da letto ho collegato e capito cosa stava succedendo: mia mamma aveva deciso di sistemare casa, credendo di farmi un favore, peccato che si sbagliava di grosso. C’era un motivo per cui avevo deciso di non toccare nulla, di lasciare tutto esattamente com’era prima che tu te ne andassi, soprattutto la nostra camera da letto. Niall, io ti aspetto ancora e forse, se non vado avanti se lascio tutto com’era, tu, un giorno tornerai da me.
Mi sono precipitata in camera da letto e credo anche di averla spaventata, perché le ho urlato si fermarsi e non toccare nulla, per fortuna non aveva ancora iniziato. Penso di aver usato un tono più duro e arrabbiato del previsto, visto che ha subito lasciato cadere il berretto che aveva in mano- si quello verde, il tuo preferito- e con un espressione mortificata si è scusata, lasciando subito la stanza. Forse avrei dovuto notare che i suoi occhi si erano fatti improvvisamente lucidi, ma l’unica cosa che sono riuscita a fare è stata chiedere gli occhi, sospirare e dire che non importava, che la ringraziavo per quello che stava facendo, ma che la nostra stanza non doveva essere toccata. Non ricordo le parole precise Ni, ma temo di essere stata piuttosto sgarbata.
Sento di star crollando a pezzi  e non posso fare niente per impedire che questo accada.
Mi sento così vuota, così distrutta, voglio solo raggiungerti.
Mia madre è rimasta a dormire qualche giorno a casa nostra, ma non poteva sopportare che io stessi così male, così è partita con la scusa che papà aveva bisogno di lei.
Non la biasimo, non dico che io avrei lo stesso eh,  ma so di non essere mai stata facile da gestire, ora meno che mai.
I ragazzi chiamano spesso, ma sono poche le volte che rispondo, non ne ho ma la forza e in qualche modo trovo ingiusto che loro siano ancora in vita, che anche io sia ancora in vita, mentre tu giaci tre metri sotto terra, relegato in un sonno eterno.
Liam è troppo opprimente e apprensivo, da quando abbiamo fatto quel patto non fa altro che assicurarsi che io lo rispetti. Louis prova sempre a strapparmi una risata, con una delle sue battute, ma non fanno più ridere e non ci crede nemmeno lui, quindi trovo i suoi tentativi patetici, per quanto dolci. Zayn non voglio sentirlo - si in qualche modo lo incolpo ancora della tua morte- e Harry sta semplicemente zitto.
Davvero, alle volte chiama e stiamo ore al telefono senza dire una parola.
Eppure aiuta.
Aiuta eccome sapere che dall’altra parte c’è qualcuno, che non sei sola e che non importa se sei arrabbiata, sei stai piangendo o semplicemente respirando.
Lui è lì.
 
Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Mi capita spesso di ripensarci ultimamente, forse perché saranno due anni esatti fra qualche giorno.
Stavo lavorando al bar e quel giorno c’era davvero poca gente, insomma ad Agosto la città si svuota sempre, tutti i cliente vanno in vacanza e c’erano solo un paio di persone che avevo servito per altro. Comunque ero seduta sul bancone a leggere un libro, il Grande Gatsby, ed ero così presa che con non mi sono accorta che eri entrato, ci è voluta la voce tonante del mio capo che mi ha urlato «Natalie ti vuoi svegliare! Non ti pago mica per stare lì ferma a leggere.»
Con calma ho appoggiato il libro sul bancone e ho aspettato che si voltasse per alzare il dito medio nella sua direzione, un sorrisino falso sul volto.
 Era un despota quell’uomo, mi pagava una miseria e dava orari impossibili, c’erano volte che tornavo a casa alle due di notte, anche se avrei dovuto staccare alle undici, solo perché Becky – sua figlia- era una totale imbranata a servire, fare i cocktail o qualsiasi cosa non fosse messaggiare con il cellulare.
Solo in quel momento mi sono accorte della tua presenza, e come non avrei potuto?
Mi guardavi con un sorriso strano sul volto come se ti aspettassi di essere riconosciuto da un momento all’altro, come se credevi che io ti conoscessi.
Ti ho guardato attentamente per qualche secondo e poi mi sono illuminata
«Ma io ti conosco!» ho detto spalancando gli occhi puntandoti un dito contro.
Tu mi ha sorriso, di nuovo, e hai annuito come se non stessi aspettando altro.
Ti ho abbracciato con un po’ troppo slancio forse e:
«Tu sei il piccolo Timmy! Oh mio dio, quanto tempo è passato? Quindici anni?»
Ebbene si Niall, ti avevo scambiato per il piccolo Timmy ovvero il mio vicino di casa, nonché primo fidanzatino, di quando avevo cinque anni più o meno.
Tu hai risposto all’abbraccio e:
«Si, credo che siano passati circa quindici anni» hai confermato.

Abbiamo passato il resto del pomeriggio a ridere e parlare di quando eravamo piccoli, ed  ancora oggi mi chiedo come e perché tu l’abbia fatto.
Insomma ho creduto per tutto il tempo che tu fossi il mio vicino di casa, anche quando mi raccontavi qualche episodio della nostra infanzia di cui non avevo memoria.
Credevo semplicemente di essermene dimenticata e non che tu ti stessi inventando tutto si sana pianta.
Quando te ne sei andato mi ha lasciato il tuo numero scribacchiato sul retro di un posa bicchiere, dicendo di chiamarti che saremmo potuti uscire insieme, qualche volta.
 
Una volta uscita dal locale, verso le sette e mezza di sera ho guardato in altro, verso il palazzo di fronte al bar e il sangue mi si gelato nelle vene.
La tua faccia, e quella di altri quattro affascinanti ragazzi, era stampata su un gigantesco cartellone, “One direction Up All Night tour”recitava l’insegna e io avrei voluto sparire in quel momento.
Credo di non essermi mai sentita più stupida in tutta la mia vita, non tanto per il fatto di non averti riconosciuto, ma più che altro per il modo in cui mi avevi presa in giro.
Ero così incazzata che ho composto il tuo numero di fretta e furia, pronta a dirtene quattro.
«Si può sapere quando avevi intenzione di dirmelo?» ti ho praticamente urlato nell’orecchio una volta che hai risposto.

«Scusa, chi parla?» hai detto con tono confuso.
«Sono Natalie, la ragazza del bar, ti sei divertito a prendermi in giro, eh? Beh scusa tanto se non tutti conoscono i One Attention»
«Direction e comunque non volev…» mi ha corretto prontamente.
«Fa lo stesso!» e ti ho attaccato in faccia.
Ho pensato che ti eri fatto quattro risate in barba ad una ragazza che non ti aveva riconosciuto, ho pensato che non ti avrei mai più rivisto. Ho pensato che sarei stata solo una piccola, piccolissima parentesi nella tua vita, una di quelle che neanche un mese dopo e te le dimentichi.
 
Ma il giorno dopo eri davanti al bar, prima che aprisse, ad aspettarmi.
Mi ha chiesto scusa e io ti ho detto di andare al diavolo.
La cosa è continuata per circa una settimana e mezza, tu venivi al bar di mattina, pomeriggio o sera, a seconda dei mie turn), ti sedevi sullo sgabello di fronte al bancone e iniziavi a parlare.
Parlavi della tua nuova vita e dei tuoi amici, dell’Irlanda e della tua famiglia, mi parlavi di tutto e niente e ogni volta, prima di andartene, mi chiede di uscire insieme.
Alla fine, dopo dieci giorni di assedio ho ceduto e siamo usciti insieme.
Un mese dopo mi hai chiesto di diventare la tua ragazza.
Mi manchi Niall, tanto.
Puoi tornare da me?
Ti amerò sempre,
Natalie.
 

 
Hey ho.
Emh, cosa si dice in questi casi? Scusate l’assenza?
No davvero mi dispiace un sacco per il ritardo con cui aggiorno questa storia (anche perché è una delle mie preferite) ma ho attraversato una specie di crisi e non riuscivo più ad andare avanti, mi perdonate? :(
In questo capitolo scopriamo di più sulla vita di Natalie dopo la morte di Nall e il modo in cui lo ha conosciuto. Vi piacciono queste specie di flashback della loro vita insieme?
Cosa ne pensate della storia?
Grazie mille per aver letto e scusate il ritardo, a presto T&P.
 
Passate dall’altra mia long Who Poisoned Odette Stevens?
O la mia one shot Wonderwall
 
  
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