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Autore: MrsCrowley    29/09/2013    3 recensioni
Resti stupita invece nel notare che è entrata una persona che non conosci, tu che cataloghi tutti per liste e che trovi orribili difetti anche per le persone più belle. A lei non riesci a trovare un difetto, ti concentri solo sui suoi occhi, gli occhi di Caronte, gli occhi di qualcuno che sembra disperato come te.
''Caron dimonio, con gli occhi di bragia.''
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You think I’m pretty without any make up on.

''A te che sei la miglior cosa che mi sia successa,
che cambi tutti i giorni e resti sempre la stessa''.


 
Aredhel. Solo i tuoi genitori avrebbero potuto darti un nome del genere, così in fissa con la cultura elfica e con tutto quello che aveva a che fare con la magia.
Ti eri sempre vergognata del tuo nome, di questa stramberia dei tuoi genitori, di essere quella diversa per tutti.
Non bastavano le lentiggini che ti imporporavano le guance, non bastavano gli occhi che cambiavano colore in base all’umore e quelle orecchie leggermente appuntite che uno scherzo della natura ti aveva donato. No. I tuoi adorabili genitori avevano avuto la fantastica idea di infierire.
A volte avresti soltanto voluto menarli, urlare loro contro e vedere come l’avrebbero presa, dare sfogo di tutti i tuoi più adorati francesismi.
Avevi odiato il tuo essere diversa, fino a quando non era avevi iniziato ad usare questa diversità come scudo tra te e il resto del mondo.
Poi però era una successa una cosa che ti aveva cambiata, sebbene nessuno se ne sarebbe accorto. Eri cambiata dentro, ma fuori no.
Era successo però, e solo questo ti mandava in crisi con te stessa. Succede a tutti, prima o poi, e quanto meno lo ammetti tanto più ci finirai dentro prima o poi.
Era un giorno come un altro, uno di quei noiosi giorni di scuola dove alzi lo sguardo verso la finestra e il sole ride di te, del tuo stare seduta in quell’aula salamastra dall’aria satura, con quei compagni idioti che continuano a guardare la prof pendendo dalle sue labbra.
La stessa prof esaurita e dai capelli platinati a cui tu lanceresti volentieri il dizionario di greco, la stupida materia che insegna con devozione quasi ardente, neanche il Papa quando legge la Bibbia davanti a tutta piazza San Pietro.
Quello almeno lo fa per scena, per far avvicinare i fedeli bigotti che si lasciano abbindolare, questa è partita di brutto invece. E’bionda, non è colpa sua, ti ritrovi a pensare cercando di mantenere quel poco di calma che hai.
Il tuo errore era stato quello di guardare l’orologio mentre lei spiegava perché era importante studiare la sua materia del piffero.
Avevi guardato l’orologio notando che tra mezz’ora sarebbe suonata la ricreazione, e saresti uscita a respirare aria fresca per placare i tuoi bollenti spiriti.
Maligna, la bionda aveva notato il tuo gesto, e scuotendo la testa aveva interrotto la sua lezione, gli occhietti piccoli ridotti a due fessure che ti osservavano. T
Tu avevi retto il suo sguardo senza fare una piega, e con quel sorrisetto lezioso lei aveva gracchiato all’intera classe:
-“Ma forse Aredhel preferirebbe studiare la lingua delle fate, invece del greco?” aveva chiesto. Fate? Se aveva voluto scherzare sul Tuo nome, allora doveva sapere che era di origine elfica, e le fate non avevano nessun ruolo in questo.
Ma era bionda, tinta per lo più, e non ne valeva neanche la pena parlare con lei.
Mantenere la calma era un’impresa così impossibile che tutto quello che avevi fatto era stato uscire per prendere un caffè, dicendo di dover andare in bagno.

La tua classe però si era spostata al piano superiore, e adesso mancava anche la macchinetta del caffè su questo piano di idioti.
Cazzo facevano ‘sti stronzi segaioli del corso “in” a vivere senza caffè?
Scoraggiata eri andata in bagno, trattenendo ancora una volta tutte quelle dolci bestemmie che cercavano di salire dalle tua labbra acide come un limone. Le avevi morse fino a farti male, evitando di utilizzare tutti quei termini che accuratamente nel corso degli anni avevi imparato così bene.
Apri la porta del bagno sovrappensiero, per fortuna che è totalmente vuoto. I frocetti sono attenti alla lezione di qualche disperato professore.
Ti guardi nello specchio, al tuo piano non c’era, al tuo piano la gente usciva dalla classe per iniettarsi nel corpo sana caffeina, non per guardarsi.
Il tuo volto pallido è di plastica, la matita nera è quasi tutta scolata, hai caldo fasciata in quella maglietta dei Black Sabbath molto più grande di te.
Ti guardi con una smorfia e la porta si apre. Alzi appena la testa, per vedere chi è entrato.
Qualche ochetta del cazzo venuta a rifarsi il trucco, pensi stanca di quella scuola dove si fa il sabato fascista e poi sono tutti comunisti, di quella scuola dove si parla per luogo comune senza conoscere, senza sapere.

Resti stupita invece nel notare che è entrata una persona che non conosci, tu che cataloghi tutti per liste e che trovi orribili difetti anche per le persone più belle.
A lei non riesci a trovare un difetto, ti concentri solo sui suoi occhi, gli occhi di Caronte, gli occhi di qualcuno che sembra disperato come te.
Caron dimonio, con gli occhi di bragia.
Non la conosci, ma segui il suo sguardo di brace che ti perfora la schiena e si sofferma con tono soddisfatto sulla tua maglietta.
Ne guardi la collana appesa al collo, e sorridi. I Doni della Morte, la tua infanzia appesa al collo, mica male come inizio. Fortuna che non sei una sentimentale, che non credi nell’amicizia e nel sentimento. Fortuna che la cosa più carina che hai detto a qualcuno non è stato “ti amo” ma “okay scopiamo”.
Non vi parlate, ma tu ti giri, guardandola interrogativa.
Non ti da fastidio la sua presenza, e voltando le spalle allo specchio hai lasciato appeso ad esso tutte le tue paure, le tue fobie, le tue maschere e il tuo bisogno ossessivo di distruggere qualsiasi cosa di buono esista in te.
Senti che con il passare degli anni ripenserai a quello sguardo animato e sorriderai, e il perché è così semplice che nemmeno te ne accorgi.
Ohana significa famiglia e famiglia vuol dire che nessuno viene abbandonato o dimenticato.
Questo te lo scriverà lei una sera, mesi dopo il vostro incontro, quando tu proverai a dirle quanto ti fa stare bene. All'epoca non potevi saperlo però.

All'epoca tutto quello che potevi sapere era che per una volta non stavi mettendo in fila tutti i santi del calendario con gli angeli in colonna, per una volta te ti sentivi per davvero a casa.
Ti ricordavi di quella canzone dei Cure, quella che faceva “quando sto da solo con te mi fai sentire come fossi di nuovo a casa”.
Ci pensi e quasi le tue labbra si illuminano di un sorriso, un sorriso appena accennato e quasi sinistro, il sorriso che solo la bambina di Charlie Manson potrebbe avere. E lei è ancora lì che ti guarda fissa, imperscrutabile.
Caron dimonio, con gli occhi di bragia.
Lei è sempre lì accanto a te che ti guarda come se fossi davvero una cosa preziosa e importante. 
I suoi occhi sono l'unica costante della tua vita, la sua mano l'unica a cui permetti di stringere la tua, le sue orecchie le uniche a cui hai sussurrato un ''ti voglio bene''.
Caron dimonio, con gli occhi di bragia.

 
  
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