Anime & Manga > Ao no exorcist
Segui la storia  |       
Autore: Yuchimiki    30/09/2013    1 recensioni
"E quando intendi fare tutto ciò?" Lo guardò incerta, con lo sguardo di chi non capisce.
"Come quando?" Arruffò le ali.
"..."
"Il tempo non conta e il mio si è fermato da tanto. Anzi, non è mai partito." Si strappò una manciata di piume, osservando come ricrescevano, non provando alcun dolore. Ne aveva dimenticato il sapore.
"Il tempo non conta." Se non lo conoscesse, avrebbe giurato che si era offeso.
"Non per me."
Genere: Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mephisto Pheles, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
MOCHI

Capitolo 2 – Questioni di principio





I modi per irritare qualcuno sono tanti, forse quanti le stelle.
C’è chi, per esempio, si innervosisce a causa del continuo ronzio di una zanzara. Oppure per il perpetuo gocciolare dell’acqua da un rubinetto.

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Era una notte senza luna.
Le stelle, alte nel cielo, erano rese invisibili delle luci della città. Condizioni ottime per risolvere delle questioni in sospeso, lontano da occhi indesiderati. Il fattore del deposito abbandonato coronava il bisogno di segretezza della situazione.
Era quasi ridicolo quanto tutto ciò sembrasse esser spuntato fuori da un romanzo giallo.

Tra una jeep e una moto c’era un gruppo di uomini, di varie età, posti a semicerchio attorno a un altro, di una tranquillità quasi innaturale. Tuttavia le apparenze ingannano.

“Avevamo un accordo.”

Non era quello il modo.  
Poteva fare di tutto per ottenere ciò che voleva, ma quello era troppo per i suoi standard. Violava qualsiasi morale che, a dispetto delle atrocità che aveva commesso negli anni, era rimasta immutata.
“Quelle informazioni in cambio del libro, purché nessun essere umano, né demone neutrale, ne rimanesse vittima.” Si infilò le mani nelle tasche della giacca di pelle, perché prudevano dal desiderio di fare del male a qualcuno. Calma, calma, calma… calma.

Colui che probabilmente era il capo del gruppo si sentiva al sicuro, data la serenità che dimostrava in quella situazione. Conosceva quelli come lui.
Arroganti, presuntuosi oltre ogni limite, convinti di avere il mondo nelle proprie mani e di poterlo manipolare come più desiderano.
Disgustoso marciume.

“Rilassati! Era solo qualche demonietto di basso livello sceso a patti con gli umani. Un traditore! Se l’è meritato. Dovevo essere sicuro che le informazioni che mi hai ceduto fossero attendibili, non ti pare?” In particolare, avevano la presunzione di ritenersi più intelligenti degli altri. Così sicuri che i loro cani da guardia potessero proteggerli.

Ciò che troppo spesso sfuggiva all’opinione comune sia di demoni che di uomini era che i numeri, piccoli o grandi che fossero, non sempre contavano. Anzi, dimostravano solo quanto ci si sentiva insicuri nell’affrontare chi ci si parava incontro, mostrando le debolezze alla luce del sole.
Negli anni aveva raggiunto una conclusione: la paura era la regola secondo cui vivevano.

Il rosso non faceva eccezione.
“Non mi vorrai mica dire che ti dispiace per quella feccia? A ha ha! Da quando sei diventato così pietoso?” La paura li comandava. La paura li spingeva ad atti efferati.
La paura li rendeva disattenti e li illudeva dolcemente, li costringeva a credere che circondandosi di compagni e guardie sarebbero stati al sicuro. Tuttavia la vera forza non risiede nella quantità.

Era un periodo in cui si irritava con facilità. Proprio non ce la faceva a sopportare le cazzate della gente con cui faceva affari. Sarebbe stato così facile lasciarsi andare, dimostrare che era la qualità che contava… ma non ne valeva la pena.

“Dimmi, quali erano i termini dell’accordo?” Si accese una sigaretta, inspirando profondamente.
Doveva calmarsi. Passare alle mani non risolveva mai niente.
Nonostante tutto, dare la possibilità di spiegarsi, di redimersi, anche a feccia di quella stazza, era sempre stato un fattore di distinzione da chiunque altro. Era una regola fissa che cercava di non violare, in qualunque caso. Ovviamente le conseguenze erano spiacevoli.
Sperava solo che la nicotina facesse effetto a quel punto, almeno finché il rosso avesse fatto l’errore fatale.

“Ancora con questa storia? Dai, abbiamo altro di cui parlare! Tipo quel-” Agi inarcò le sopracciglia, mostrando che la linea tra la vita e la morte si faceva più sottile. Il tempo stava per scadere.
Non era poi tanto difficile adempiere alle condizioni dei suoi accordi. Non imponeva termini inconcepibili.
Inspirò di nuovo, chiudendo gli occhi. Una chance, doveva concedergliela, e poi la resa dei conti.

Il rosso sembrò comprendere di trovarsi in una situazione precaria, decidendo che forse era l’ora di smettere di scherzare. Bene.
“Di non coinvolgere innocenti, che fossero di Assiah o Gehenna. Ha! Non vorrei rovinarti la festa, ma i demoni non sono mai innocenti, siamo fatti per infrangere le regole!” Risposta sbagliata.

Riaprì gli occhi e i leccapiedi del demone attaccarono. Viscidi vermi.

Senza pensarci tanto, tirò fuori le boccette di acqua santa concentrata, spaccandola a turno in faccia uno a uno a tutti e sei gli scagnozzi, troppo lenti per poter fare qualche danno. Oggigiorno i demoni si stavano cominciando a indebolire, forse era quello il motivo per cui ardevano dal desiderio di fare Assiah loro prima possibile. Ma erano solo supposizioni.
 
Mentre si dimenavano come posseduti, del resto lo erano, raggiunse il rosso.
Cercando di indietreggiare era caduto sul fondoschiena, spaventato dalla sua reazione. Bene, aveva tutte le ragioni per provare timore. Aveva avuto la sua possibilità, l’aveva sprecata, e per colpa di quell’idiota aveva ricominciato a fumare.  Questa è una bugia.

L’orrore sul suo volto contorto non suscitò pieta, solo disgusto. Nel disgusto era nato e nel disgusto sarebbe tornato, nel migliore dei casi sarebbe morto.
Niente più chance, niente comprensione. Nulla, solo ciò che il moro riteneva dovesse subire.
Chi non capiva quando doveva fermarsi doveva morire.
Non coinvolgere innocenti, che siano di Assiah o Gehenna, altrimenti verrò a cercarti e te la farò pagare. Non era così difficile da tenere a mente, piccolo Marus.”

Una chance era la sua regola, il confine tra il diventare un mostro e il mantenere una briciola di umanità. O forse qualcosa per ingannare la verità, che infondo un mostro rimaneva tale, qualsiasi cosa facesse.  Alla fin fine aveva sempre saputo di esserlo.

La boccetta che arrivò in faccia al rosso era la più concentrata che avesse portato con sé, giusto per quell’evenienza. Si aspettava un finale del genere, ma sperare non aveva mai fatto male a nessuno. La speranza era una delle poche cose che provava tuttora.

Tornò in posizione eretta, osservando come Marus si dimenava in preda a dolori lancinanti. Esalò l’ultima nuvoletta di fumo e buttò il mozzicone a terra, schiacciandolo sotto la scarpa.
Odiava fare affari con gente come quella.
Erano vent’anni che non ne toccavo una e guarda che mi combini Shiro. Tutta colpa tua, dannato cretino.

Pochi minuti dopo il demone poggiava immobile sull’asfalto, il suo corpo piegato in una posizione innaturale. In un modo o nell’altro lo avrebbero trovato, ma non lo avrebbe soccorso.
I demoni possedevano i deboli di cuore e chi stava già marcendo di proprio. L’uomo ai suoi piedi mostrava i tipici segni di un umano che stava diventando qualcos’altro.
Il mondo sta deteriorando. È solo questione di tempo ormai.

Il telefono vibrò, attirando la sua attenzione.
Sul display apparve un numero sconosciuto, cosa che trovò leggermente strana. Non dava il suo numero personale a chiunque lo chiedesse. Tuttavia decise comunque di rispondere.
Per quella notte aveva finito. L’amarezza l’avrebbe riservata per la notte successiva.
“Pronto?”

Strano che provasse amarezza per l’accaduto di quella notte, eppure ogni qualvolta la situazione prendeva quella piega e doveva agire per rimettere le cose al proprio posto, sentiva che le sue interiora si rivoltavano, come a creare un nodo che bloccava tutto il suo corpo.
Agi Ruze?” Ma riusciva ancora a sorprendersi. Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
Quella chiamata risollevò lievemente il suo umore.

“Vedo che ha seguito il mio consiglio, signor Faust.” Una dose di sorpresa al giorno era ciò che mancava alla sua quotidianità e quell’uomo sembrava esserne pieno. Sperava solo che fossero sempre così positive, almeno quelle volte che decideva che gli serviva qualcosa.
Perché nessuno chiamava Agi Ruze per la sua personalità raggiante.

Quella proposta è ancora aperta?” Si accese un’altra sigaretta. Avrebbe dovuto aspettarsi di ricadere in quel vizio, eppure non riusciva più a smettere e non poteva fare a meno di dare la colpa al deceduto paladino, per quanto sembrasse infantile.
Chissà perché aveva cominciato in primo luogo tutti quegli anni prima. Perché scaricavo la rabbia in modo alquanto violento, ecco perché.
Quei monologhi interiori si facevano sempre più irritanti, anche perché era la voce di Shiro a parlare. Anche da morto se lo portava appresso.

Espirò la tossina, inarcando le sopracciglia. Nessuno chiamava solo per Agi.
“Cosa posso fare per lei?”




“Devi smetterla. Guarda come ti stai riducendo!” Disse il biondo, fasciandogli il fianco che solo qualche minuto prima sanguinava copiosamente.
Quella storia andava avanti da due anni e sinceramente l’esorcista ne aveva piene le tasche. Ogni volta che si presentava, il moro era sempre ferito gravemente e a malapena si reggeva in piedi. E per cosa?

Agi non gli rispose, troppo indaffarato a non urlare per il dolore. Era un miracolo che non avessero colpito qualche organo e non era in vena di discutere. Voleva solo un piatto di riso al curry e dormire fino alla fine dei tempi, se possibile.

“Agi, guardami. È una pazzia.” Lo costrinse a guardarlo, alzandogli il mento con una mano sporca del suo sangue. I suoi occhi erano di vetro, troppo stanchi per litigare e tantomeno pensare. Aveva le occhiaie e le guance avevano perso la tipica sfumatura rosata. Era stremato.

Sospirando, lo prese sottobraccio e lo portò in cucina, mentre gemeva per il dolore. Soffrisse pure, se lo meritava per tutte le volte che si presentava nel mezzo della notte in quello stato.
Lo fece sedere al tavolo e lo guardò mangiare con tale lentezza che si chiese se avesse parenti bradipi. Ma capì che cercava solo di guastarsi ogni boccone.
“Da quando non mangi?” Intuiva che la risposta non gli sarebbe piaciuta.

“Circa due, tre settimane. Non avrei avuto problemi a non mangiare anche per di più, se non per il fatto che stavo inseguendo quel bastardo. Dovevi vedere la sua faccia quando l’ho preso, dannato verme.” Si erano conosciuti solo due anni prima, ma il moro lo faceva preoccupare come se fosse sangue del suo sangue. Era snervante.

“Non concluderai niente così. Diventerai solo debole, fino al punto in cui non sarai più in grado di fare nulla.” Rise lievemente, irritando Shiro ancor di più. Agi stava male e non se ne voleva rendere conto.
“Non sono tua madre, tua sorella o chiunque tu voglia, ma ti chiedo solo di stare più attento. Comincia un corso di pugilato, Karate, qualsiasi cosa. Devi saperti difendere a mani nude.”
Finito di mangiare, lo accompagnò in camera sua, adagiandolo sul letto. Quel dannato ci passava più del biondo, era il suo letto per l’amor di dio!

“Grazie Shiro…” Sussurrò, in bilico tra questo mondo e quello dei sogni.

Sarebbe stato la sua rovina.





-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Come ci sono anche quelli che, a causa di patto infranto, si infastidiscono tanto da far nascere una domanda più che legittima da parte di chi fa il torto.
Chi sei tu?










Buonasera! Mi scuso per il capitolo un po' cortino e pieno di seg*e mentali, ma non sono riuscita ad allungarlo di più.

Ebbene si, Agi fa affari con demoni e simili, e credo si capisca perchè, non di preciso, ma ci ho accennato. Poco pochino.
Non voglio che se ne abbia una cattiva impressione, ma ha problemi di autocontrollo, almeno li aveva a suo tempo, quindi cominciò a fumare; smise fino alla morte di Shiro, ma dopo non riesce più a fermarsi. Il carico emotivo è troppo e ricomincia di nuovo.

Ringrazio Zefiria BlackIce r Lulosky di aver commentato, Nachico_nene di avela aggiunta alle preferite e Morganalastrega di averla aggiunta tra le seguite, mi fa un grandissimo piacere!
Spero questo capitolo sia stato di vostro gradimento (anche se corto).

Alla prossima

   
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ao no exorcist / Vai alla pagina dell'autore: Yuchimiki