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Autore: Desmond    30/09/2013    1 recensioni
Un ragazzo come tanti, che però si trova invischiato in una faccenda di spionaggio internazionale molto più grande di lui. Un grande segreto che avvolge un membro della sua famiglia. Uno sbaglio di persona che porterà Darius Desmond Rogers a diventare qualcun altro, una spia. Desmond Duncan, al servizio di Sua Maestà, la Regina Elisabetta, sulla quale grava l'ombra di un assassinio: «Un comunicato stampa congiunto di Jonathan Evans e Sir John Sawes, direttori generali rispettivamente di MI5 e MI6, allerta la sicurezza nazionale: Sua Maestà Elisabetta II potrebbe essere in grave pericolo.»
Genere: Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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«Come sto?», mi chiese, ma io non risposi subito, rimanendo qualche istante imbambolato a fissarla. I suoi capelli castani, tendenti al rossiccio, erano raccolti in un’elegante treccia. I suoi occhi verdi erano grandi e sorridenti. Il suo naso e le sue guance erano puntellati da un sottile velo di lentiggini, che le davano quell’aria di innocenza che fa impazzire molti ragazzi. Me compreso. Le sue labbra sottili, distese in un sorriso, erano coperte da un rossetto nero. Nero, come l’abitino da sera indossava. Nulla di elaborato, un semplice, ma sensuale vestitino a tubo smanicato. Sotto aveva un copri spalle rosso, fatto a magliettina, con le maniche a tre quarti. Una collanina argentata le ornava elegantemente il collo. Le cosce, lasciate ben in vista dal vestito corto, erano coperte da un paio di collant color carne. Le scarpette, un paio di ballerine nere con un fiocchetto, chiudevano quel quadro di sensualità. Stavo squadrando ogni centimetro di mia cugina, con un sorrisino da ebete stampato in faccia.

«Come sto?», chiese nuovamente, incrociando le braccia e facendo un’espressione imbronciata davvero poco credibile.
«Un incanto», risposi, voltandomi a sistemare le mie ultime cianfrusaglie.
«E non guardarmi con quegli occhi… sono tua cugina! – mi diede una scherzosa pacca sul sedere, aggiungendo tra le risate – Porco!»

La festa si svolgeva nel campus. Camminavamo nella frescura settembrina. Il sole stava proiettando timidamente i suoi ultimi raggi nel cielo già tinto di blu scuro. Lo sbieco sorriso della luna era uno degli ultimi prima della luna nuova, quella sera. Non avevo ancora idea sul dove avrei dormito. Lo chiesi a mia cugina, aveva già pensato a tutto lei. Santa ragazza, mi dissi. Sarei stato in camera con un tale Nicolas qualcosa. Il suo compagno di stanza tornava sempre a casa nei weekend, abitando poco distante.

Entrammo nel localino universitario. C’era un palco, e in quattro stavano suonando. Probabilmente, di giorno erano tra i tanti ragazzi ben vestiti, ma la notte erano uno dei gruppi più cool del campus. Una cover band dei Sex Pistols, niente di speciale. Tecnicamente non è che fossero un granché, e per i miei gusti facevano un genere tutto sommato leggero. Ma andava bene così, almeno non facevano cover oscene di tutta quella merda pop che esce negli ultimi anni. Mia cugina mi presentò mezza festa. Questo è Jim, quella è Maryl, questa è Julia, quello è Rick. Andai al bancone a prendermi una birra, mentre i quattro sul palco suonavano Anarchy in the UK. Un classico. Sorseggiai la bionda avidamente. La finii e mi recai fuori a fumare una sigaretta. Avevo fame, e rientrai a spizzicare qua e là alcuni degli stuzzichini sul bancone, ordinando un’altra birra. Questa è Lucie, quello è Andy. Stringevo mani a destra e a manca. Mi mancava il respiro in quel caos così ben organizzato. Da adolescente, sognavo sempre le feste universitarie, chissà poi perché. Era moscia, noiosa, asfissiante. Non fosse stato per mia cugina, me ne sarei andato subito. O magari giusto il tempo di un’altra birra, tanto era tutto pagato. Uscii a fumare di nuovo. E poi dentro per una terza birra, e fuori per l’ennesima sigaretta. Sentii le prime note della God save the Queen versione punk dei Pistols. Almeno quella non la steccarono. Questo è Jack, quella è Andrea. Un’altra birra, un’altra sigaretta. Rientrai che avevano finito di suonare, e il dj passava musica europop. Take on me degli A-ha. Gran pezzo. E arrivò la torta. Finalmente la fine di quello strazio si avvicinava. Feci di nuovo gli auguri ad Alyssa, attorniata da abbracci, baci, auguri. Mangiai la mia fetta di torta. Una mano bussò sulla mia spalla.
«Sei tu il cugino di Alyssa Rogers? – chiese – Io sono Nicolas». Mi voltai, e vidi il ragazzo ben vestito del bar di quel pomeriggio. Alzai gli occhi al cielo, con un solo pensiero: che sfiga. In tutto il campus, proprio lui. Noncurante della mia reazione stizzita, continuò.
«È tardi e voglio andare a dormire. E tu vieni con me, così non torni tardi. E non ti perdi».

Accettai di seguirlo solo perché mi annoiavo a morte. Salutammo Alyssa, poi attraversammo il cortile, per dirigerci verso il dormitorio maschile. Arrivai in camera e mi accesi una sigaretta.
«Non fumare in camera mia», disse Nicolas con tono autoritario.
«Ascolta, Nick – cominciai con un tono svogliatamente minaccioso – io faccio quello che mi pare, limitati a stare zitto e a non rompere i coglioni. E tutto andrà bene. Tanto, dopo stanotte, non ci rivedremo mai più. Chiaro?». Stava per replicare, afferrai un suo libro e ci spensi sopra la sigaretta. Deglutì. Il messaggio era arrivato. «Buonanotte, Nick», lo schernii. Non rispose.
  
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