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Autore: Carioca    03/10/2013    2 recensioni
Ciao a tutti! Questa è la mia prima storia, in cui racconto di un viaggio di Paperone (si, uso i nomi italiani, ci sono troppo abituato), anche se stavolta è un viaggio un po' diverso. Chi conosce la famosa $aga troverà parecchi riferimenti a questa. So che ci sono grandi racconti qui, come quelli di Spheater a cui faccio i complimenti, quindi cercherò di non deludervi!
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate il ritardo, ma avevo il capitolo sulla pennetta e indovina un po'? L'ho persa. L'ho ritrovata dopo un mese quando ormai avevo riscritto mezzo capitolo, e integrando i due ho avuto un sacco di problemi di formattazione perchè una parte era in un file .txt, l'altra in .odt (non so perchè, ma l'editor non mandava mai a capo le righe), quindi scusate eventuali ORRORI di formattazione. Tornando al
capitolo: secondo voi Paperone ha paura della morte? Seguendo la cronologia "ufficiale" nel
momento in cui sto scrivendo lui ha 100 anni, ma il modo in cui si muove nelle storie che 
vediamo pubblicate ogni settimana non fa pensare ad un uomo così vecchio o la cui fine è vicina.
Forse per rendereil tutto più realistico dovremmo ipotizzare che i paperi umanoidi del mondo Disney vivano in media
 30 anni in più di noi, a parità di salute fisica e mentale. Ad ogni modo, buona lettura!
P.S. La citazione della $aga nello scorso capitolo è "Tranne, forse, qualche esattore delle tasse!",
detta dal tizio del posto dove va a dormire Paperone. Originariamente la pronuncia il duca
Quaquarone ne "L'ultimo del clan de'Paperoni"


La notte passò in un attimo. Probabilmente lo stress fisico e mentale accumulato in quelgi ultimi
giorni lo aveva spossato. Nonostante ciò, al suono della sveglia si impose di alzarsi con la consueta
rapidità. Ma fece davvero fatica: si sentiva pesante, stanco, debole. Ma bastò uno scatto d'orgoglio
per alzarsi, prepararsi ed uscire, lasciando Battista ad occuparsi di sistemare le cose nell'alloggio.
Scese, consumò una veloce colazione e uscì a passo svelto. Fuori nevicava.
Era rimasto talmente tanto concentrato su sè stesso, da quando era arrivato in Scozia, da non accorgersi del tempo
 atmosferico. Glasgow, sotto quella coltre bianca, pareva come
rallentata, non sembrava la grande città che era, aveva sembianza di gigante addormentato, quel
gigante buono che ti stringe tra le sue braccia quando ti senti solo. Paperone vedeva davanti
a sè qualcuno più grande di lui.

 

Faticava molto a camminare nella neve. I piedi gli parevano di piombo, non riusciva ad alzarli da terra, e il leggero
 vento gli appariva una resistenza quasi insuperabile. Rifletteva, intanto, sul ruolo della Scozia, che per quanto
 importante era solo una realtà periferica del suo impero finanziario. Sembravano passati ormai anni e anni da quando
 intendeva porgli come capitale MacDuich, a Rannoch Moor. Una scelta che sarebbe stata controproducente col tempo:
 molto meglio stabilirsi sulla costa del Pacifico, con una cittadina da far crescere a sua immagine e somiglianza negli
 Stati Uniti, e lasciare un uomo di sua fiducia a gestire gli affari in Scozia. Duckburg, il suo capolavoro, aveva ormai
 superato il milione di abitanti, quasi tutti dipendenti diretti o di indotto di sue aziende, e il suo dominio era tanto grande
 da giungere alle istituzioni, garantendogli le migliori leggi possibili per favorire lo sviluppo delle sue aziende e della
 sua città. Era addirittura stato sindaco della città, prima di iniziare il suo lunghissimo giro del mondo alla conquista del
 primato di più ricco de mondo, e aveva dato alla legislazione la forma necessaria a garantire il futuro roseo che poi
 ebbe il suo impero. Avrebbe potuto fare lo stesso in uno sperduto villaggio della brughiera scozzese? No, di certo non
 avrebbe potuto. Per il bene dei suoi affari, era sempre dovuto andare in America. La Scozia sarebbe stato un peso. Un
 peso, però, che non poteva lasciare. Anche quando era più immerso nei suoi affari, nell'ufficio del Deposito o al Club
 dei Miliardari, sentiva ogni tanto una fitta di nostalgia di quella tera natia che non aveva mai potuto apprezzare
 appieno. Ed era per questo che, non appena insediatosi in Calisota, si era premurato di portare una parte dei suoi affari
 nella terra natia. E ora che dopo 26 anni era tornato, sentiva che, in fondo, quella terra era parte di lui, nel bene e nel
 male.
Ho freddo.
Appena smise di riflettere tra sé e sé si accorse di avere molto freddo: erano mesi che non usciva con un tempo del
 genere dal Deposito, e non riusciva ad abituarsi: il suo corpo, invece di sostenerlo nella sua battaglia, fino a quel
 momento sempre vinta, contro gli elementi, implorava pietà, ma lui strinse i denti e con la solita grinta si fece largo in
 mezzo alla neve.

Ritornare davanti alla sua casa fu un'emozione particolare, nonostante non ci fosse quasi più nulla che potesse ricordare
 la sua infanzia: i sui genitori l'avevano venduta quando si erano definitivamente stabiliti nel castello, e lui l'aveva
 ricomprata solo dopo, prima di partire per Duckburg. Intanto, però, il precedente proprietario si era curato di
 sgomberare i vecchi mobili e ristrutturare completamente l'edifico. Almeno, però, la mappa era la stessa. Una volta
 visto ciò che era rimasto, curiosamente, gli prese immediatamente la voglia di andarsene. Perchè rimanere lì, in fondo?
 Aveva qualcosa di più importante da fare. O meglio, aveva freddo e voleva entrare in un posto più caldo.


La sede centrale della P.d.P. Scotland, a Glasgow, non meritava nemmeno la pena di essere descritta. Semplicemente,
 era un edificio anonimo. Ciò che c'era di importante era dentro. Aveva già fissato l'appuntamento, quindi entrò senza
 indugio e chiese subito degli effetti personali di Quackmore: “No signore, qui non c'è niente. E non troverà niente 
neanche ad Edimburgo” gli disse la segretaria che lo aveva accolto “Il direttore trascorse molti anni qui. Dopo la sua
 tragica scomparsa tutto ciò che era di sua proprietà fu trasferito in America e consegnato al figlio Donald. “Capisco.
 Avete, che so, una lista di che fu portato via? Una contabilità?” “Si. Tutto ciò che entra e esce dai suoi edifici è segnato
 negli archivi. Certo, essendo passati molti anni, dovrà cercare un bel po'. La sala archivi si trova al piano inferiore”


La sala archivi era come tutti possiamo immaginarcela: polverosa e stracolma di scaffali pieni di libri. Ma Paperone era
 abituato a farsi spazio in luoghi del genere, e non si scompose troppo.

La ricerca, tuttavia, si rivelò molto più faticosa del previsto. Un archivio del genere era presente anche al Deposito
, frutto di anni intorno al mondo che gli avevano permesso di raccogliere carte di ogni tipo che più volte gli erano state
 utili nella ricerca di tesori perduti. Ma lì era molto più difficile: il suo fisico non rispondeva,  un'altra volta, e
 improvvisamente si sentì vecchio. Ormai, pensò con orrore, era un centenario. Come faceva a reggersi ancora in piedi?
 Sarebbe potuto morire da un momento all'altro, colto da infarto.

No, questo è un registro contabile.

Eppure era in ottima forma. Camminava ancora egregiamente, seppure con l'ausilio del bastone, e percorreva
 abitualmente più chilometri al giorno. Non aveva la gobba.  Non era rincoglionito.

Credo di dover cambiare scaffale.

Nessun medico gli dava pochi mesi di vita. Era solo, come gli disse una volta Matilda, un povero vecchio. No, non lo
 era! Era il più ricco del mondo da oltre trent'anni, era molto più attivo di molti giovani, cosa aveva da rimproverarsi?
 Aveva vissuto. Stava ancora vivendo. Ad eccezione di quegli stupidi cinque anni, non si era mai seduto ad aspettare la
 morte. E ora aveva un altro obiettivo ancora, un altro motivo per continuare a vivere, proprio quando stava iniziando a
 fermarsi, a pensare all'inutilità del suo accumulare, del suo lavoro nelle fredde stanze del Deposito.

Ci siamo. Questa è l'annata giusta.

Aveva molto caldo, lo stanzone era caldo e umido, la muffa sulle pareti ringraziava, ma ecco! Il registro giusto, anno
 1931. Sfogliò nervosamente. Più o meno a metà del libro mastro trovò un foglio svolazzante. Era il documento con cui
 si certificava che Quackmore non lavorava più lì, e che i suoi effetti personali erano in procinto di essere trasferiti in
 America. Non c'era una lista di quegli oggetti. Prima di maledirsi per la ricerca inutile, Paperone girò il foglio, e vide
 che la fortuna lo aveva assistito.

Ma non c'era alcuna lettera. Nessun libro, niente di scritto. L'elenco era solo un'infinita sequela di oggetti di cancelleria, 
più una foto incorniciata della sua famiglia. Nient'altro.

Maledizione!

Preso dalla rabbia, si diresse rapidamente verso le scale e le iniziò a percorrere di corsa, senza guardare. Un'imprudenza.

A metà della rampa mise un piede in fallo, e scivolò.

Si sentì per un'attimo sospeso per aria, con il vuoto sotto di lui, senza niente che gli potesse impedire di cadere
 violentemente per terra. Si sarebbe fatto di certo molto male. Si sarebbe rotto qualcosa? Sarebbe morto? Proprio ora
 che iniziava a pensarci, e che aveva appena steso il testamento. Ma non aveva paura.

.
.
.
.
.
Una frazione di secondo dopo aver perso l'equilibrio, dopo aver fatto tutti quei cattivi pensieri, Paperone individuò con
 la coda dell'occhio il corrimano, lo afferrò con decisione e fermò la sua caduta. Non era successo niente.

Cosa ero andato a pensare?

La segretaria non aveva altro da dirgli:”Posso assicurarle che tutto ciò che era qui è stato portato via dopo, dopo... che
 se ne è andato” Paperone tentò di insistere: “Possibile che non ci sia altro? “No, sono certa che non ci sia altro. A meno
 che quello che cerca non lo portasse con sé, non posso avere idea di dove sia.

Ma certo.

MA CERTO!

Lo aveva detto anche Matilda, no? La lettera ce l'aveva sempre lui, e la portava sempre con sé! Quindi doveva essere
 necessariamente con lui anche quando morì! Non era in Scozia, non più. Doveva solo sapere quale fosse stata la sua
 ultima tappa prima del cimitero, e l'avrebbe trovata!

Ringraziò la segretaria, e uscì immediatamente alla ricerca di un telefono. Ma subito dopo pensò: chi avrebbe potuto
 chiamare? Elvira era morta, insieme a tutti i suoi tre figli, e Donald probabilmente neanche ricordava quel giorno di
 tanti anni fa, e magari la lettera se l'era anche persa... In un attimo tutte le forze gli sembrarono venir meno, sentendosi
 bloccato. Doveva sedersi. Era mai entrato in un pub a bere qualcosa? Forse quello era il momento giusto per la prima
 volta. Ne vide uno proprio lì di fronte, e decise che sarebbe entrato a bere qualcosa, mentre rifletteva sul da farsi. Ma ci
 mise più del previsto: la neve stava cadendo molto più di prima, e il vento era aumentato di intensità, rendendo la
 visibilità praticamente nulla: attraversando quella strada, Paperone credette di essere tornato nello Yukon alla ricerca
 dell'oro, e annaspando contro quella che gli pareva una vera e propria tempesta, dopo dieci minuti si ritrovò sulla porta 
del pub.

In un pub si possono vedere persone di tutti i tipi: il giovane venuto a bere con gli amici o con la ragazza, gli operai a
 fine turno, i vecchi ubriaconi, e chi ne ha più ne metta. Di certo non è comune veder entrare un vecchio papero solo,
 sconosciuto ai più, a chiedere non pinte di birra ma qualcosa di analcolico. E sconosciuto era Paperone per gli
 avventori del posto, perchè nessuno pareva conoscere il suo volto, lì. Una liberazione! Finalmente un po' di calma. Non
 era abituato certo ad assaporare il tempo sprecato a far niente, ma in quel momento non gli pareva ci potesse essere
 niente di più produttivo da fare.

“Ehi nonno, ti prendi qualcosa o ti fai un pisolino?” gli chiese l'uomo del bancone. Paperone non aveva voglia di
 rispondergli, e non raccolse la provocazione:”Un tè, per favore. Senza zucchero” Un paio di minuti dopo arrivò la
 tazza, di colore giallo intenso, sicuramente molto più saporita del tè riciclato che beveva in America a lavoro, più o
 meno tutti i giorni.
Berlo gli fece bene, il calore della bevanda gli giunse fino allo stomaco per poi diramarsi verso tutte le membra del
 corpo, dandogli l'impressione di tornare nel mondo dei vivi: ora iniziava a sentire più distintamente il chiacchiericcio
 intorno a lui e il calore umano che il posto emanava. Ora più di prima, si sentiva vivo. Perchè aveva fatto tutti quei
 discorsi lugubri, nell'archivio? La morte gli pareva cosa lontanissima, e per smettere di pensarci si mise ad ascoltare la
 radio in sottofondo: “Ultime notizie: si è spento stanotte all'età di 88 anni il finanziere americano John D. Rockerduck,
 famoso per la rivalità con Paperon de' Paperoni e secondo papero più ricco del mondo. Oggi pomeriggio la camera
 ardente, i funerali si svolgeranno domani in forma privata.”
  
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