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Autore: BlackEyedSheeps    04/10/2013    2 recensioni
Clint Barton e Natasha Romanoff hanno appena portato a termine la loro prima missione insieme. Una raccolta di one-shot, legate l'una all'altra da un sottile filo conduttore, vedrà mutare e crescere il loro rapporto attraverso nove città e due punti di vista, fino agli eventi di The Avengers. [Clint/Natasha]
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Compromised'
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CAPITOLO 7

Monaco

 

Non era poi tanto male.

 

Certo, le toccava fingere che la pazienza fosse il suo forte, che assecondare i capricci di un miliardario fosse la sua massima aspirazione, che ogni mattina si svegliasse con l'unico scopo di sorridere educatamente e sfarfallare le ciglia in direzione di maître, camerieri, giornalisti, diplomatici e quant'altro per convincerli a concedere questa o quell'assurda cosa ad un uomo che poteva avere tutto e a cui non piaceva tenere praticamente niente, non troppo a lungo, comunque.

 

Di una cosa era già piuttosto convinta: Tony Stark era un narcisista da manuale. Un miliardario annoiato, vagamente tendente alla depressione e – dopo gli avvenimenti del pomeriggio le era apparso fin troppo chiaramente – all'autodistruzione. La TV della lussuosa camera dell'Hotel de Paris in cui avrebbe alloggiato anche per quella notte, continuava a trasmettere immagini del terribile incidente che aveva visto coinvolto Mr. Stark e una specie di terrorista dell'est Europa dall'identità non meglio identificata. Aveva ricevuto ordini dal direttore Fury di attenersi alle linee guida della missione, di intervenire solo se ce ne fosse stata l'assoluta necessità. E nonostante tutti i suoi difetti, Stark se la sapeva cavare.

 

Natasha – Natalie, per il momento – non era ancora del tutto sicura di provare più ammirazione o compassione per Pepper Potts, il nuovo CEO delle Stark Industries, amica e babysitter a tempo pieno di un bambinone con un conto in banca da capogiro. C'era dell'altro tra i due: la gelosia di Miss Potts sarebbe passata inosservata agli occhi di chiunque, ma non ai suoi. D'altra parte, aveva compreso fin da subito che, se avesse voluto restare nelle buone grazie di Stark, non avrebbe dovuto sfidare o mettere apertamente in discussione la posizione di Pepper Potts. Era per questo che il direttore Fury le aveva assegnato un compito che, si fosse trattato di un soggetto di minore spicco, sarebbe ricaduto su qualcun altro. I suoi punti forti, Natasha lo sapeva, erano tutt'altri: eppure era stata scelta per osservare e dare il suo parere su Tony Stark in merito ad un programma che avrebbe riunito persone dalle straordinarie capacità: supereroi. La parola le faceva storcere il naso ogni volta. Conquistarsi un posto nel suo entourage non era stato affatto difficile: Tony Stark amava le cose nuove e luccicanti e lei sapeva esattamente come stuzzicare il suo interesse.

 

La parte complicata era venuta dopo, quando si era trovata a gestire una quantità improbabile di situazioni a dir poco assurde, a sostenere ed ignorare l'evidente e sorpreso disappunto di Miss Potts, che – le risultò più che evidente - aveva scoperto della sua assunzione solo a cose fatte, a tenere a bada i giornalisti che insistevano per sapere cosa fosse successo sulla pista di Monaco solo qualche ora prima. La tempie le pulsavano fastidiosamente ad ogni riverbero luminoso della TV. Ombre informi si proiettavano sul soffitto della stanza.

Natasha socchiuse gli occhi. Il direttore Fury le aveva ordinato di mantenere la copertura, di assecondare le decisioni di Stark (o meglio, di Miss Potts), le quali prevedevano il rientro negli Stati Uniti all'indomani e l'obbligo di far fronte alla crisi mediatica che stava già facendo calare a picco le quotazioni borsistiche della Stark Industries. In un qualche momento, avrebbe pure dovuto mettere nero su bianco le sue considerazioni sulla personalità di Stark, ed era tornata in camera proprio con quell'intenzione prima che il mal di testa finisse per avere la meglio.

 

Erano passati anni dall'ultima volta che aveva sofferto di mal di testa. Era annoiata, aveva bisogno di sciogliere i muscoli, di scaricare la tensione... aveva bisogno di prendere a pugni qualcosa o qualcuno. Sbuffò, coprendosi il viso con entrambe le mani. Aveva persino preso in considerazione la possibilità di intrattenersi con qualcuno al bar dell'albergo ma, dopo aver dato una rapida occhiata alla fauna presente (troppi giornalisti e troppi ficcanaso) e dopo aver deciso che era meglio non compromettere il suo status di giochino nuovo di zecca di cui godeva agli occhi di Stark, aveva optato per andare a letto presto. Magari svuotare il minibar a spese del suo attuale datore di lavoro. A dirla tutta le sarebbe bastato avere qualcuno con cui parlare in veste di Natasha Romanoff e non di Natalie Rushman. Non era certamente nuova ad inganni del genere, ma questo non solo si prospettava più lungo del solito, ma la costringeva di fatto a prendersi una pausa dalla sua vita reale.

 

Vita reale, pensò con un certo sarcasmo. Clint. Le mancava Clint. Le mancava condividere con lui le missioni, le mancava confrontarcisi per decidere un piano d'attacco, le mancava sentire la sua voce nell'orecchio quando la teneva sott’occhio a distanza, le mancava vederlo trascinarsi in giro nelle case sicure mentre attendevano di essere estratti e riportati a casa, le mancava prenderlo in giro e guardarlo male, le mancava coglierlo di sorpresa, le mancava persino sforzarsi di non sorridere o ridere troppo apertamente. Sembrava passata un'eternità dall'ultima missione che avevano portato a termine insieme a Budapest. Clint era rimasto bloccato in infermeria per un bel po' di tempo e lo SHIELD aveva bisogno di insistere sulla questione dei super soldati. Dopo aver scoperto il collegamento tra le attività in Corea del Nord e il progetto Red Room, la naturale conseguenza era stata coinvolgere Natasha, anche se quello aveva significato dividerla da Clint, mandarla in missione da sola per la prima volta dacché era arrivata allo SHIELD.

 

Si accoccolò su un fianco, osservando la vista mozzafiato di cui si godeva attraverso le grandi vetrate della stanza. La vita di Natalie Rushman – una vita pressoché normale (per quanto potesse essere normale una vita al servizio di Tony Stark) – non faceva proprio al caso suo. Nascose la faccia sotto al cuscino quando partì l'ennesimo servizio dedicato agli eventi del pomeriggio, soffocando un grido esasperato. In un primo momento la voce francese che si diffondeva dalla TV, coprì il bip del suo laptop. Se ne accorse alla seconda, forse terza ripetizione.

Emerse in tutta fretta dalla sua coltre di coperte e cuscini di seta, recuperando l'apparecchio da sotto al letto. Lo aprì rapidamente, sperando con tutta stessa che fosse il direttore Fury che la informava di aver ricevuto abbastanza informazioni riguardo Stark e che aveva bisogno di lei per un'altra missione, una che includeva un sacco di azione e – preferibilmente – anche la presenza di Clint.

Rimase delusa solo in parte: una schermata piuttosto scarna l'avvertiva che qualcuno – un certo HotShot – stava cercando di contattarla su una linea sicura. Aveva un'idea piuttosto precisa di chi si nascondesse dietro quel nickname, ma esitò. Stark era un mostro dei computer: avrebbe trovato il modo di hackerare un sistema di sicurezza utilizzando una gomma da masticare e una chiave inglese se ce ne fosse stato bisogno, il che rendeva un qualsiasi tipo di comunicazione virtuale decisamente sconsigliato. D'altro canto, Stark era impegnato a far visita all'individuo che l'aveva attaccato durante la corsa, nell'ala di massima sicurezza della prigione monegasca. Era sicura – o almeno tentò di convincersene – che avesse tutt'altro a cui pensare.

 

Concesse l'autorizzazione e lasciò che HotShot la contattasse per via testuale, trattenendo inconsciamente il respiro.

 

“Ehi, Malefica!”

 

Alzò gli occhi al soffitto all'appellativo, scoccando uno sguardo di rimprovero allo schermo. Un gesto tanto familiare da farla sentire immediatamente – anche se marginalmente – meglio.

 

“Scusa, pensavo fossi un altro”, digitò rapidamente.

“Un altro? Un altro cosa?”

“Un'altra... persona?”

“No, cara mia, c'è un solo vero HotShot in circolazione e quello sono io.”

 

Natasha sorrise.

 

“Sono anche conosciuto come HotGuy.”

HotGuy... nel senso che hai la febbre? O magari stai andando letteralmente a fuoco?”

Ah-ah. Molto divertente, Malefica.”

“Malefica?”

“Non potresti capire.”

“Ne sono sollevata.”

 

Breve pausa, mentre scorreva rapidamente la conversazione per decidere cosa aggiungere subito dopo. Clint fu più veloce di lei.

 

“Coulson mi ha fatto vedere le foto.”

“Quali foto?”

“Le foto.”

 

Il pensiero andò immediatamente alle foto che aveva scattato come parte della copertura: Natalie Rushman aveva lavorato come modella a Tokyo. Se qualcuno gliel'avesse chiesto, un modo come un altro per mantenersi agli studi.

 

“Le foto che sarebbero dovute rimanere confidenziali...”

“Sono un pezzo grosso, mia cara, credi seriamente che avresti potuto tenermele nascoste?”

“Sì.”

“Che ti serva di lezione.”

 

Natasha non aveva il benché minimo problema con la propria nudità, né si sarebbe potuta dire una sfegatata protettrice del pudore: un corpo era un corpo, il che non le causava nessuno scompenso, né aveva intenzione di preoccuparsi se qualcuno l'avesse vista nuda. Eppure, partecipare ad un servizio fotografico per una fittizia maison di biancheria intima, per poi vedere le foto sparse per tutto lo SHIELD Center, non la rendeva esattamente felice.

 

“Ti avverto: se trovo anche una sola di quelle mie foto in lingerie sparse per l'ufficio...”

 

Una minaccia appena accennata, ma sperò che Clint cogliesse al volo. E probabilmente non avrebbe avuto problemi a decifrare il tono del messaggio, se non si fosse distratto con tutt'altro.

 

“No, aspetta, di che razza di foto in lingerie stai parlando?”

“Le foto... del servizio fotografico.”

“Hai fatto un servizio fotografico in lingerie? Perché non sono stato invitato?” Pausa. “Il mio culo ha un aspetto straordinario in un perizoma.”

“Sei stato tu a tirare in ballo le foto!”

“Coulson mi ha detto di chiederti delle foto e io l'ho fatto.”

“Coulson... ti ha detto di chiedermi delle foto?” Le pareva piuttosto difficile da credere.

“Coulson”, confermò. “E' innamorato, non ci sta più con la testa.”

 

Natasha inarcò un sopracciglio, perplessa.

 

“Di me. Se te lo stessi chiedendo (e so che lo stai facendo). Siamo una coppia, adesso.”

“Immagino me lo sarei dovuto aspettare dopo Budapest...”

“Hai perso un'occasione, tesoro. Non sono un'ultima spiaggia, avresti dovuto rispettarmi quando ne avevi la possibilità.”

“Me ne sto già pentendo. Amaramente.”

“Fai bene, Malefica.”

 

Sorrise tra sé, stiracchiando le braccia al di sopra della testa.

 

“Che tu ci creda o no, ho bevuto del tè.”

“Hai bevuto acqua sporca con una busta piena di erbette maleodoranti che ci sguazza dentro?” Ricordava il definitivo parere di Clint riguardo la sua bevanda preferita in modo straordinariamente preciso.

“Quello. Solo che ci ho messo un calzino dentro.”

“Un calzino... nel tè.”

“Un calzino nel tè”, confermò. “Sono un uomo dalle mille risorse.”

“Ho paura di scoprire cosa succederà tra sei mesi. Comincerai a bere caffè senza panna?”

“Giammai.”

 

Il telefono cellulare, abbandonato sul copriletto, prese a vibrare. Sul display il nome di Pepper Potts. Doveva aver ricevuto una email. L'ennesima.

 

“Devo andare”, annunciò, chiedendosi perché diavolo stesse chattando nel bel mezzo di una missione. Sperò con tutto il cuore che il direttore Fury non venisse mai a saperlo.

 

“Ehi, non è che hai una di quelle foto da inviarmi, vero?”

“Ovviamente no, HotGuy.”

“Peccato. Erano settimane che avevo intenzione di comprarmi un bel reggicalze. Suppongo di dover attendere il tuo ritorno per il catalogo completo.”

“Ti porterò un reggicalze a mio gusto, che ne dici?”

“Sarebbe fantastico, Malefica.”

“Smettila di chiamarmi Malefica.”

“Ma è il tuo nickname, non vedi?”

 

Natasha controllò e, in effetti, Malefica stava avendo un'intensa conversazione con HotShot. Alzò gli occhi al soffitto, comprendendo al volo.

 

“Ricordami di non prestarti mai più il mio computer per nessun motivo al mondo.”

“Sarà fatto, mademoiselle.”

“Ci risentiamo appena torno”, digitò, anche se sapeva fin troppo bene di non poterlo contattare finché la missione non si sarebbe conclusa.

“Datti una mossa, mi raccomando. Non vedo l'ora.”

“I lavori in solitaria ti rendono fastidiosamente sentimentale.”

“Perché? Non vedo l'ora di avere il mio reggicalze e con questo?”

 

Rise, dimenticandosi per un istante di quanto dovesse sembrare stupida, vista da fuori, a ridersela con uno schermo. Per una volta tanto, però, non provò a trattenersi in nome di una reputazione da mantenere e di un ego (quello di Clint) da non alimentare.

 

“E' perfettamente comprensibile.”

“A presto, Malefica.”

“A presto.”

 

Richiuse la conversazione con un clic e un leggero sospiro. Non esitò ad afferrare il telefono e aprire l'email che aveva ricevuto da Miss Potts. Natalie Rushman era richiesta all'aeroporto di Monaco al più presto.

 

Scese dal letto e si preparò a ripartire.

 

_______

 

N.d.A: Grazie a tutti, come sempre! Ci stiamo avvicinando alla fine, gente. Meno due città!

Alla prossima ;)

 

  
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