Nota: posto un "extra" che descrive lo stato d'animo di Edward. E' accompagnato da una meravigliosa poesia di Neruda, secondo me adattissima al contesto!^^
CAPITOLO 9 - THE END
Qui ti amo...
Qui ti amo.
Negli oscuri pini si districa il vento.
Brilla la luna sulle acque erranti.
Trascorrono giorni uguali che s'inseguono.
La nebbia si scioglie in figure danzanti.
Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto.
A volte una vela. Alte, alte, stelle.
O la croce nera di una nave.
Solo.
A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima.
Suona, risuona il mare lontano.
Questo è un porto.
Qui ti amo.
Qui ti amo e invano l'orizzonte ti nasconde.
Ti sto amando anche tra queste fredde cose.
A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi,
che corrono per il mare verso dove non giungono.
Mi vedo già dimenticato come queste vecchie
àncore.
I moli sono più tristi quando attracca la sera.
La mia vita s'affatica invano affamata.
Amo ciò che non ho. Tu sei così distante.
La mia noia combatte coni lenti crepuscoli.
Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi.
La luna fa girare la sua pellicola di sogno.
Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi.
E poiché io ti amo, i pini nel vento
vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico.
P. Neruda
* * *
«Edward, respira».
Cercai di obbedire ad Alice inspirando profondamente, ma poco dopo
ricominciai
involontariamente a trattenere il fiato. Sentivo l’aria calda
di agosto
bruciare nei miei polmoni ghiacciati.
Proprio al centro del petto, però, percepivo un fuoco ben
più ardente, che
inghiottiva a poco a poco il mio cuore lacerato.
Troppo amaro era il sapore della sconfitta. Troppo devastante era il
senso di
perdita che mi pervadeva.
La mia vita era finita. Punto. Il destino aveva smesso di scrivere la
mia
storia nel momento esatto in cui quel meraviglioso angelo triste che
ora era
scomparso aveva pronunciato parole per me letali.
Mi sentivo al centro esatto dell’Inferno, solo e disperato
come ero stato fino
a tre anni prima.
Per più di un secolo avevo fatto di tutto per rassegnarmi
all'idea che per
quelli come me non c’erano possibilità. Ero stato
condannato ad una vita di
oscurità senza fine, un abisso da cui non sarei mai
più riemerso. Punto. E a
capo.
Il volto candido di Bella, i suoi occhi allegri e intelligenti mi
avevano
regalato la dolcissima speranza di poter dare un senso alla mia
esistenza.
Tutti i sogni, però, sono destinati a finire. E
così il fantasma di un futuro
di luce e di felicità si era dileguato proprio nel momento
in cui stavo per
stringerlo fra le braccia e farlo mio per sempre.
«Io esco», dissi.
Alice mi guardò con occhi carichi di apprensione.
«Torna presto», si limitò a dire.
Accostai delicatamente la porta di casa e mi dileguai nella fittissima
vegetazione
che adombrava con le sue fronde la mia casa, conferendole un aspetto
sinistro e
inquietante. Normalmente quando correvo tra gli alberi si impossessava
di me un
inebriante senso di spensieratezza e di libertà. Ma non quel
giorno. Le catene
che avvinghiavano il mio cuore erano un peso insostenibile, che mi
spingeva con
forza verso il basso.
Così, quando arrivai nella nostra radura
mi accasciai privo di forze al
suolo e chiusi gli occhi nella vana speranza di perdere i sensi.
Per la prima volta, desiderai che il terreno si aprisse sotto di me e
mi
inghiottisse in un lampo, regalandomi un po’ di sollievo da
quel dolore che mi
avrebbe afflitto fino alla fine dei miei giorni.