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Autore: Summer9    24/10/2004    3 recensioni
Potrebbe essere l’inizio di una storia… Potrebbe esserne la fine… O potrebbe essere un semplice incontro…
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perché mi odi

Perché mi odi?

 

Averla vista dopotutto lasciò ad Harry un vuoto incolmabile…

Cosa significava? Perché ora, dopo tanto tempo, dopo che finalmente aveva ricominciato a vivere, lei tornava a disturbare quella pace che tanto si davano la pena di cercare? Perché insisteva a rovinare il suo personale paradiso…perché con quel suo ipocrita voler rovinare tutto era riuscita ad insinuare nella sua mente un tarlo che ogni giorno di più lambiva il suo cervello con desideri fittizi, con bramosie inutili?

Cosa diavolo voleva da lui? Perché aveva insistito così tanto da obbligarlo a rituffarsi in un passato che era troppo complicato ricordare? Perché invece di andare avanti voleva tornare indietro? Perché ora aveva deciso di voler tornare sua amica? Dannazione, non poteva allontanarlo e poi cercare a tutti i costi di riavvicinarlo come fosse un giocattolo! Non ne aveva il diritto…non dopo ciò che aveva fatto, non dopo come si era comportata…

Quante volte in quei dieci anni di solitudine aveva chiuso gli occhi e aveva rivisto l’espressione di disgusto che gli aveva riservato quando le aveva rivelato che…no!

Quello non importava…ma lei lo aveva tradito, l’aveva spinto a vivere solo per il suo destino, solo per quella stupida profezia, solo per uccidere chi, per l’ennesima volta, gli aveva fatto del male!

Lo aveva isolato da tutto il suo mondo, da tutta la sua famiglia, lo aveva portato ad odiare Hogwarts, l’unico luogo che in vita sua fosse mai riuscito a chiamare casa…si, perché da tutti meno che da lei si sarebbe mai aspettato quella reazione eppure…eppure dopo che lui le aveva rivelato come fosse successo, come ce l’avessero costretto, come si fosse ritrovato bloccato da due morse che lo stringevano in una dolorosa inevitabilità, lei lo aveva guardato storto, quella stessa espressione che insieme avevano riservato a tanti di cui ora condivideva la sorte, e l’aveva disprezzato, sdegnato, accusato di essere un debole…

Come poteva? Come poteva ora pretendere che lui facesse finta di nulla? Che lui la guardasse e ancora come nei tempi che ormai nella sua memoria erano remoti e faticosamente cancellati,  tornasse ad amarla come una sorella, ad essere per lei quel solido pilastro di coraggio e fermezza che era sempre stato? Come poteva tornare ad essere quella stessa persona che lei aveva fatto scomparire per sempre?

Come osava guardarlo ancora negli occhi e pretendere che lui le dicesse

“Grazie…è tutto finito, andiamo a casa”

Quale casa? Quella che lei gli aveva distrutto con i suoi assurdi pregiudizi?

Quella dove le foto e gli antichi cimeli gli avrebbero ricordato tutti quelli che nonostante tutto, nonostante sapessero, lo avevano amato e ora erano a patire pene nell’Ade?

Oppure quella dove aveva passato anni d’inferno, odiato e ripudiato da chi aveva il suo stesso sangue e non lo reputava degno nemmeno di baciare il pavimento che insudiciavano con i loro piedi impregnati di menzogna ed alterigia?

O la sua? La casa dove abitava colei che per prima, dopo averlo sostenuto ed incoraggiato negli anni in cui ancora il suo cuore era capace di rinunce, l’aveva abbandonato ai primi segni di un cedimento?

L’aveva umiliato, l’aveva costretto nell’ombra, nel fango paludoso delle sue stesse remore, dopo che lui, in tutti quegli anni di periodi bui e pericoli mortali l’aveva difesa rischiando la vita, rischiando tutto quello che lui, diversamente dagli altri, aveva dovuto conquistarsi con sudore della fronte già troppo provata da mille incantesimi e lancinanti estenuazioni: una famiglia, l’amore di persone care, il sorriso di qualcuno per cui conti qualcosa e che è felice di sapere che ancora sopravvivi…

Con il suo disgusto Hermione l’aveva costretto a fuggire da chi ancora lo amava…si, perché lui aveva resistito fino a che nella sua vita c’era ancora qualcosa per cui riscattarsi…lui pensava, certo, ho fatto un grande sbaglio, qualcosa di imperdonabile, qualcosa che come un peccato indelebile aleggerà anche sulla mia anima dopo la morte, ma tutto sembrerà più tenue, più comprensibile, se avrò ancora la possibilità di salvare il mondo da Voldemort…

Ma dopo? Dopo cosa avrebbe fatto?

Non ci aveva mai pensato, mai aveva voluto proiettarsi così avanti nel futuro, era troppa la paura di concretizzare ciò che già aleggiava come velata minaccia nei suoi pensieri…tirava avanti giorno per giorno, chiuso nel suo silenzio carico di urla mai espresse, nella speranza che il giorno in cui Bene e Male si sarebbero dovuti scontrare un’ultima volta che avrebbe sancito la fine di uno o dell’altro non sarebbe mai arrivata, permettendogli di vivere nella nebbia delle mille scusanti che doveva utilizzare per non odiarsi, perché era quello dopotutto il male peggiore che gli aveva fatto il suo voltargli le spalle…

Hermione in fondo era sempre stata la più saggia, la più accorta fra loro, quella su cui avrebbe potuto sempre contare per la fredda razionalità, colei che, con poche frasi e un freddo gesto d’affetto era riuscita a fargli accettare la morte di Sirius e lui era certo che solo lei sarebbe riuscita a convincerlo che, malgrado quello che erra successo, tutto era ancora recuperabile e nulla perduto… Finché lei sarebbe stata lì per lui ad ascoltare le sue parole di sconforto e ad offrirgliene alcune di comprensione, dimenticare il male fatto a sé e agli altri sarebbe stato semplice…

Ma quando l’aveva rinnegato…tutto gli era crollato addosso, nel solo istante in cui un angolo della sua bocca rosea si era storto verso il basso, nel preludio delle sue parole di odio e abnegazione, era stato come se persino le grigie pietre dei muri di Hogwarts fossero crollati addosso al suo corpo momentaneamente inerte, scavando la tomba a quel corpo vuoto, a quel corpo la cui anima si era dissolta alla sola vista del rifiuto di Hermione..

Come poteva lei ora pretendere che dimenticasse tutto ciò? Come poteva solo sperare che rinunciasse di nuovo alla normalità da poco riacquistata solo perché il peso della solitudine aveva iniziato a schiacciare inesorabilmente anche le sue esili spalle?

Non riusciva a capire dove trovasse il coraggio per rivolgergli ancora la parola…ma non importava, non importava perché ormai aveva capito la lezione e non sarebbe mai più tornato a Londra, avrebbe dimenticato anche l’esistenza di quella città, come aveva dimenticato il suo passato e il suo viso incorniciato da ricci capelli bruni…perché il suo cuore e la sua cicatrice smettessero per sempre di sanguinare…

Lentamente passeggiava sulle sponde di un lago reso incandescente dal tramonto, mentre un vento pungente faceva frusciare le foglie di enormi alberi sempreverdi le cui ombre si stagliavano sulla pianura scozzese, coprendo e mimetizzando la sua figura di nero vestita.

Camminò, camminò a lungo fino a che le sue stanche membra non s’intorpidirono, fino a che non riconobbe più gli scuri luoghi che percorreva illuminato da una luna pallida e crudele, che spesso scompariva dietro nere nubi, che oscuravano il cielo già grigio di quella rigida notte d’inverno.

Ululati tristi di lupi persi nell’oscurità di una foresta inospitale facevano da sfondo alla scena, mentre lo strisciare di malefici serpenti tra le foglie secche e ruvide, cadute al suolo in una spirale di morte, facevano salire brividi di tensione e paura sulla schiena del moro che si sedette sulla riva del lago, lontano dall’acqua quel tanto che bastava perché le onde scroscianti non lambissero le sue estremità già troppo provate dal freddo.

Sconsolato ed afflitto appoggiò la testa alle ginocchia, proteggendosi dalle stesse con le mani pallide e congelate che, con le braccia, cingevano i polpacci sfiniti coperti da un leggero paio di Jeans logori  e strappati…

Lontani canti di sirene incantatrici confondevano la sua mente e presto entrò in quella dimensione dei sogni celestiali tanto agognata e mai raggiunta…

Non seppe mai quante ore trascorse tra le braccia di Morfeo, perché quando si destò, il buio avvolgeva ancora tutto con forza e prepotenza.

Stiracchiandosi leggermente gli arti si alzò in piedi e, quando si osservò un poco per vedere in quale stato fossero ridotti lui ed i suoi vestiti notò macchie umide sui pantaloni e, sfiorandosi i dorsi delle mani sentì leggere gocce, amare al gusto, che scendevano solleticanti sui suoi polsi…

Doveva aver pianto…sorrise…

Si incamminò verso casa, di nuovo felice, nonostante tutto…aveva pianto di nuovo…dopo dieci, lunghi, strazianti anni nei quali nemmeno il più profondo dolore fisico inflittosi a quello scopo aveva sortito l’effetto sperato, i suoi occhi, un tempo verdi smeraldo e ora opachi e quasi neri, avevano di nuovo stillato lacrime di dolore o gioia e bagnato il suo viso arido e sempre corrugato…

 

Con un gesto rapido della bacchetta aprì la porta della sua grande casa vuota e vi entrò rabbrividendo.

Con passi stentati cercò di raggiungere al buio l’interruttore più vicino, ma la sua vista era sfocata e tutte le cose intorno gli apparivano differenti, estranee, come se non fosse mai stato in vita sua in quell’edificio.

Barcollando attraversò l’ampia sala, inciampando in ogni mobile possibile del quale aveva dimenticato ormai la posizione, più volte si ritrovò sul pavimento, carponi, mentre gocce di sudore freddo cadevano con rumori assordanti per terra.

Ogni volta sempre più faticosamente recuperava la posizione eretta e, passandosi la mano tra i capelli perché non gli cadessero davanti agli occhi contribuendo a peggiorare la sua vista già sommaria, avanzava un po’ di più verso la parete opposta, dove sapeva per certo esserci il magico bottone che finalmente avrebbe acceso la luce.

Finalmente le sue mani sudate e scivolose entrarono in contatto con la parete fredda e umida, ora doveva solo localizzare il punto preciso, ma di nuovo la sua mente confusa non gli permetteva di focalizzare con esattezza la posizione delle cose nella stanza.

-Maledizione…che cavolo mi succede?- pensò tra sé e sé mentre tastava il muro a tentoni alla ricerca dell’interruttore introvabile.

Mano a mano che aveva setacciato una zona della parete si spostava leggermente alla sua sinistra per vagliare fasce non ancora controllate, invano…

Fu decisamente molto tempo dopo, quando stanco di cercare decise di raggiungere al buio la camera, che, inciampando in un tappeto persiano del quale non rammentava l’esistenza, si scontrò contro il tramezzo, centrando in pieno il pulsante che, con un clac allegro, illuminò la stanza e permise a ragazzo di raggiungere il divano senza più esitazioni.

Quando finalmente fu sprofondato nel morbido puof, fu scosso da forti tremiti e sentì che un dolore fortissimo cominciava a pulsargli in testa, premendo con tutta la sua forza contro le sue tempie.

Oltre ai contorni sfocati ora Harry vedeva anche tante piccole macchie di un blu acceso davanti ai suoi occhi che tentò inutilmente di mandare via sventolando debolmente le mani davanti al suo viso.

Spaventato, poiché non capiva cosa gli stesse succedendo, si portò i palmi agli occhi e comprese di essere rimasto senza occhiali, si guardò intorno e vide sul pavimento un oggetto confuso che ne ricordava vagamente la forma, avrebbero potuto essere là, ma data la vista impedita non poteva esserne certo con precisione e decise che andare a controllare da vicino non sarebbe stata una mossa arguta…

Arreso, si stese affondando la testa nei candidi cuscini color panna, coprendo il suo corpo, sconquassato da potenti convulsioni, con un piumino che teneva sempre a portata di mano accanto al sofà e, sperando che l’indomani tutto sarebbe passato, cercò di calmarsi e addormentarsi.

Aveva però sentito suonare le sei dai cupi rintocchi del suo orologio a pendolo, quando finalmente il tremore gli dette una piccola tregua e riuscì ad abbandonarsi addormentato sullo stretto divano.

Fu un sonno agitato, pieno di sogni spaventosi ed immagini raccapriccianti quello in cui cadde il ragazzo ormai fatto uomo e, oserei dire per fortuna, nessuno fu lì con lui ad ascoltare i lamenti di paura e rimpianto che uscivano dalla sua bocca contorta dal dolore e dalla sofferenza, espressi con una voce che aveva dell’oltretomba, che come rombo di mille leoni ruggenti usciva dalle sue labbra con rabbia e frustrazione, riempiendo la casa sempre vuota, degli strepiti desolanti che sempre aveva represso fino a che nel sonno i suoi istinti ed il suo inconscio più remoto erano finalmente riusciti a liberare dalle prigioni in cui lui li aveva costretti, per non sentire mai più le pene che la solitudine eterna gli stava facendo vivere.

Nemmeno due ore  e mezza dopo qualcosa lo destò.

Ancora con gli occhi impastati dal sonno si mise a sedere per accertarsi di cosa fosse stato.

Con lentezza sollevò le palpebre stanche che liberarono dai suoi occhi fiumi di lacrime nuove che come prima lo resero felice, anche se stavolta sentiva maggiormente dentro di sé il peso di quella tristezza troppo invadente, troppo evidente.

Stropicciandosi leggermente il viso finalmente riuscì a levarsi dalle iridi quella patina opaca che precedentemente non gli aveva permesso di notare la vera essenza delle cose e scoprì cosa aveva disturbato il suo dormire che, dopotutto, non era stato così ristoratore.

Dinnanzi a lui si stagliava, sullo schienale del mobile, Edvige, più vecchia e stanca che mai, ma ancora fiera e altera nel suo portamento che, come ogni mattina, gli becchettò dolcemente il dito indice da lui offertole, per poi sistemarsi sulla sua spalla mentre eseguiva una attenta toelettatura.

D’impeto, ma con garbo però, Harry la allontanò da sé: sentiva che le sue unghie, che un tempo non sentiva nemmeno, quasi lo sfiorassero solamente, penetravano taglienti nelle sue carni  e il suo peso era eccessivo, tanto da non farlo riuscire a respirare.

La tenue luce della lampadina ormai non si distingueva più immersa in quella molto più potente del sole che risplendeva in cielo e quasi suonava fastidiosa nella pacatezza dei raggi luminosi filtrati dalle bianche nubi simili a panna montata.

Tremiti e convulsioni erano scomparsi e del malore rimanevano solo i brividi potenti che da dentro le sue ossa si espandevano per tutto il corpo congelando ogni sua più piccola cellula.

Flebilmente, aiutandosi con le braccia cedevoli, si mise in piedi e raggiunse il tavolo, non prima di aver raccolto quelli che, aveva visto giusto, erano i suoi occhiali.

Stava per sedersi, quando sentì una forte fitta allo stomaco.

Per non cadere, vinto dal dolore, si appoggiò con un arto alla sedia, mentre con l’altro si teneva stretto la parte dolente.

Improvviso com’era venuto l’acuto dolore scomparve e gli permise di sistemarsi sulla suddetta, per consumare una povera colazione, consistente in una tazza di freddo caffè abbandonato la sera precedente prima di uscire.

Finito anche l’ultimo gocciò del liquido rappreso e amaro udì un leggero picchiettare alla finestra, dove scorse un maestoso gufo bruno che attendeva fiero, la testa alta e il petto gonfiato, che fosse fatto entrare, mentre teneva in evidenza la lettera portata a destinazione tenendo levata la zampa a cui essa era legata.

Maledicendolo perché lo costringeva a muoversi di nuovo, lo raggiunse zoppicante, aprendo la finestra e facendo penetrare, con lui, una ventata di forte vento diaccio che lo attraversò spietato, facendolo scuotere di nuovo, per un attimo interminabile, dai forti tremiti di quella notte.

Sempre rivolgendogli uno sguardo assassino, che in realtà, nelle sue condizioni, ben poco avrebbe potuto incutere timore anche ad un piccolo fanciullo, lo seguì di nuovo al tavolo accanto al quale rimase in piedi, mente sfilava dall’elegante rotolo di cuoio l’epistola di cui, senza alcun dubbio, lui era il destinatario.

Sul retro della pergamena infatti vi era scritto il suo nome, con un ordinato carattere e in grandi lettere, l’unica cosa che lo colpì fu l’indirizzo:

 

Per Harry Potter

Ovunque lui sia

Trovalo!

 

Leggermente stupito e un poco anche in apprensione voltò, con la maggiore lentezza in grado di utilizzare, il ruvido foglio che sentiva leggermente inumidito al tatto.

Cominciò a leggere e, mano a mano che le righe rimanenti diminuivano, la sua espressione si fece più stupita ed arrabbiata

 

Caro Harry,

come va? Spero bene…volevo scriverti riguardo al nostro ultimo incontro, mi ha fatto davvero piacere rivederti e spero che tornerai presto a trovarmi…

No, chi voglio far ridere, è stato terribile rivederti, non posso più mentire ad entrambi così spudoratamente, sei stato così freddo, così lontano, per tutto il tempo, non eri più tu, non sono riuscita a capirti, non ti leggevo più come al solito nel cuore come entrambi sapevamo fare bene ad Hogwarts e non capisco perché…ma d'altronde sono molte le cose che non capisco: la tua scomparsa, il  tuo ostinato silenzio, il testardo rifiuto a non voler mai rispondere a nessuna mia lettera…

Ma non importa, posso accettarlo…

O forse no, forse sto di nuovo mentendo a me stessa e a te, ma infondo cosa cambierà? Sarà l’ennesimo inchiostro sprecato in parole vuote che non ti prenderai la briga di leggere…

Di nuovo, non importa, io ci provo lo stesso…

Sai, quando te ne sei andato ancora, quando dal finestrino della stazione mi guardavi insensibile lanciarti il mio addio, ho pensato

“Basta, è finita per sempre, ora l’ho rivisto un’ultima volta, gli ho parlato un’ultima volta, posso rimettermi il cuore in pace, posso finalmente accettare che se ne sia andato anche se vorrei diversamente…”

Ma poi ho riflettuto

“Perché? Perché Harry? Rimaniamo solo noi, le ultime speranze di vita di un mondo che a tutti i costi hai voluto cancellare…non abbandoniamo la speranza che tutto potrebbe continuare, che tutto non ha davvero fine oggi…”

Non so nemmeno perché ci sto provando di nuovo, quante volte hai letto queste mie lettere bagnate dalle lacrime dei rimpianti? Quante volte hai rifiutato le mie parole trattandole come carta straccia? Non le conto più ormai…ma quando ti ho visto ancora…qualcosa che da tempo mi aveva abbandonato si è riacceso in me e ho pensato che per te fosse stato lo stesso…

Ma ogni giorno di più la speranza si affievolisce e non posso aspettare senza far nulla che tu te ne accorga…

Sono solo parole senza senso? Tutte puttanate? Tutte ipocrisie? E’ forse questo che stai pensando? Forse si, vero? Ma perché Harry? Prova a guardare al di là di tutto!
Ci riesci? Perché no? Perché ti ostini?

Perché mi odi Harry?

 

La lettera finiva così, con quella frase sbavata da un pianto ormai dirotto.

Di nuovo una rabbia ingenua e pura assalì Harry.

Come si permetteva di fargli una predica? Lei! Lei che lo aveva rinnegato, lei che per prima lo aveva odiato e che ora pretendeva di non subire lo stesso trattamento!

Come poteva pretendere di travestire le sue menzognere frasi mascherandone la falsità con l’ammissione dell’ipocrisia? Come poteva lei insistere di nuovo con l’affondare quel lungo coltello che teneva dalla parte del manico e che non era il suo cuore che lacerava ogni volta sempre più profondamente e senza rimedio?

Il moro con capiva come Hermione avesse potuto dimenticare tutto il male che gli aveva fatto…come? Come aveva potuto dimenticare di avergli voltato le spalle per lasciarlo andare da solo verso l’infamia e la disperazione? Come aveva potuto dimenticare di averlo abbandonato per un errore che con il suo aiuto nulla avrebbe cambiato nella sua vita?

Eppure…eppure nulla in lei, nelle sue parole, nei suoi gesti, nei suoi significati, dava a vedere che ne fosse dispiaciuta, che se ne sentisse in colpa o, semplicemente, che se ne rammentasse…

Con uno scatto colmo d’ira stracciò violentemente la lettera e la gettò con forza, più di quanta se ne sentisse addosso, nel cestino non molto distante da lui, agitando con quel gesto impetuoso il gufo dell’amica.

Il capo cominciò a girargli per la delusione e la confusione.

Quasi a volerlo fermare il moro appoggiò sulla fronte una mano, che però non entrò in contatto con la pelle ruvida del vecchio sfregio, ma con un liquido umido ed appiccicoso che scambiò per sudore.

Quando però osservò il suo palmo bagnato vide che grondava rosse gocce dense e calde: la sua cicatrice stava sanguinando.

Terrorizzato cercò di raggiungere lo specchio all’altra estremità della sala, ma, appena ne ebbe raggiunto la metà, una vertigine gli fece vorticare prepotentemente il capo un’ultima volta, fino a che, stremato, cadde a terra senza respiro…

 

Cosa avrà fatto Herm ad Harry di così tanto grave da provocare così tanto risentimento nel suo migliore amico? Cosa sarà successo e cosa succederà al moro caduto forse esanime sul pavimento? Lo scoprirete nella prossima punta…ahem, sto scherzando, sto scherzando, lo giuro…

Allora, come mi avete chiesto l’ho continuata, nonostante io avessi deciso di lasciarla come one-shot malgrado la mia insinuazione alla fine del primo capitolo.

Ora però voi non potete non lasciarmi di nuovo almeno un piccolo commentino a questo capitolo, perché, vi avviso, senza recensioni la storia nn va avanti, nn tanto x ripicca, intendiamoci, ma perché quelle sono il motore della mia fantasia…perciò, per prima cosa, vi ringrazio davvero caldamente delle vostre frasi incoraggianti che mi hanno appagato tantissimo…

 

Gius: come ho detto, accontentata, ecco il continuo…sperò di trovarci una tua recensione…anche se mi stupisce alquanto che tu abbia apprezzato tanto la mia storia, da darle addirittura un 10 immeritato a mio parere e, quindi, a maggior ragione, spero che tu continui a seguirla… sii sincera però e dimmelo subito se pensi che stia prendendo una piega noiosa invece di smettere di colpo di recensire…ci tengo davvero molto, anche perché x un scrittore (parolona grossa) di fan fic nn vedere la sua storia se nn apprezzata, nemmeno recensita, è davvero triste…grazie x l’incoraggiamento che è stato davvero determinante per la mia ispirazione(chi nn vorrebbe beccarsi un altro 10?)…un bacioz…Summer9

 

Raissa_2: Come anche tu mi hai chiesto ecco il secondo capitolo…hai pienamente ragione, è una storia molto triste ed ho fatto un’ecatombe(tutti morti tranne loro due), ma nella mia visione della cosa non è Harry l’idiota, è lei che non vuole rendersi conto del male che gli ha fatto, facendo finta di nulla, come credo che si spieghi meglio in questo chap…ribadisco che anche la tua recensione mi ha fatto un immenso piacere e spero che anche tu continuerai a seguirmi e mi dirai sinceramente che ne pensi della trama, anche se questo significa sentirsi dire che è noiosa, ma preferisco aggiustare il tiro sotto vostro consiglio che non vedere più i vostri commenti perché il mio stile (quale? ndH, spiritoso…faresti maglio a tacere nelle tue condizioni harryno caro, nn trovi? NdS)  è calato paurosamente…cmq un bacioz anche a te…Summer9

 

Come vedete verso la fine sono passata un po’ più dall’introspezione alla narrazione, perché pensavo che stare sempre sullo stesso tono cupo appesantisse molto…voi che dite?

Summer9!!!

 

  
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