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Autore: Piumadoro    08/10/2013    3 recensioni
Rieccoci al secondo anno.
Se il primo è stato pieno di guai qui si aggiungono cose come il Quidditch, molto importante.
Senza parlare dell'amore.
E dei segreti.
Il secondo anno di Star ad Hogwarts comincia in modo confuso...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Siamo Stelle Cadute'
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I Malandrini se ne stavano seduti sulle poltrone vicino al fuoco. Chiacchieravano allegramente senza preoccuparsi dei compiti che piano piano cominciavano ad accumularsi visto l’inizio delle seconda
settimana di scuola.
Ad un certo punto Star si alzò in piedi. “Vado da Silente.” Annunciò. “Mi ha detto che desidera farmi un paio di domande. Ci vediamo fra mezz’ora.”
I ragazzi la salutarono e lei si avviò verso l’ufficio del preside.
Bussò alla porta ed entrò senza aspettare risposta.
“Cosa c’è?” Domandò secca.
“Buona sera, si accomodi.” La invitò Silente cortese anche se i suoi occhi lampeggiarono.
Star eseguì, incrociò le braccia al petto e fissò l’uomo di fronte a se.
“Dunque?” Chiese di nuovo ma il preside rispose al suo sguardo sorridendo indulgente senza dar segno di voler parlare.
La ragazza sbuffò. “Buona sera, signore. Posso chiederle perché mi ha convocato?”
“Volevo solo chiederti se sei andata da Olivander, di nuovo. Penso che i tuoi genitori abbiano voluto che ti comprassi una bacchetta nuova, giusto?” Rispose finalmente Silente.
“Esatto…ma…non l’ho comprata.” Mormorò lei abbassando la testa.
Gli occhi azzurri del professore brillarono.
“Sono andata da Olivander ma lui ha detto…”
 
“Vado da sola non vi preoccupate.” Insistette Star.
“Va bene. Io vengo con te però.” James le strinse la mano e lei annuì.
Si staccarono dai loro genitori avviandosi verso il negozio di bacchette.
Entrarono e subito un paio di occhi sbiaditi si puntarono su di loro.
“Buon giorno.” Salutarono i due giovani contemporaneamente.
“Hai deciso di accettare la mia offerta?” Cominciò Olivander fissando Star che però non rispose, così lui continuò. “E’ la bacchetta che sceglie il Mago. Sempre. Ma per lei signorina non è così. Nessuna bacchetta la sceglierebbe mai perché lei non ha alcun bisogno di questo strumento. Le è del tutto inutile, un intralcio. Ma se lo desidera le farò una bacchetta su misura, cosa che va totalmente al di fuori di ogni mia credenza o schema. Come le ho già detto.”
Star sospirò. “Metta questa in un pacchettino per favore, e tenga questi.” Gli porse la sua vecchia bacchetta e un paio di galeoni.
Il signore gliela mise in un pacco ma rifiutò i soldi. “Lei è la strega più saggia che io abbia mai conosciuto anche se la giovane età la porta a mentire.”
La ragazza sorrise. “Io mento solo per rendere felici gli altri. Anche se non posso mentire a tutti.” Si voltò a guardare suo fratello rimasto silenziosamente in disparte. Poi ringraziò Olivander e uscì con James.
 
“Il signor Potter lo sa allora.” Commentò Silente.
Star annuì.
“Sai cos’è questa?” Le domandò il preside indicandole una bacchetta davanti a se.
“E’ la bacchetta di Sanbuco! E’ uno dei doni della morte!” Esclamò Star strabiliata dopo un attento esame dell’oggetto.
“Si lo è. Prendila.”
Silente le porse la sua bacchetta e lei la prese, appena la sue dita sfiorarono il pezzo di legno esso emanò calore riempiendo la stanza del profumo dei boschi.
“Mi ha riconosciuto. Mi ha scelto!” Mormorò Star incredula.
Il professore annuì piano. “Questa bacchetta sceglie il possessore più forte, colui o colei che vince uno scontro. Ma nel tuo caso non c’è bisogno di alcun duello, la bacchetta sa già che ne saresti sempre la vincitrice. Quindi riconosce… o meglio, sceglie di rispondere ai tuoi poteri. E’ tua.”
Star sospirò. Una bacchetta che l’avrebbe seguita. Una bacchetta come tutti gli altri. Sarebbe stata normale. Poi ripensò alla storia dei tre fratelli che James le aveva letto quell’estate. E capì.
“Non posso accettare. Mi renderebbe normale agli occhi degli altri ma ancora più diversa dentro. Voglio rimanere senza.”
Silente le sorrise con lentezza. “Sono fiero di te. Puoi andare.”
La ragazza salutò e se ne andò.
“Credi che ora la bacchetta risponderà di nuovo a te?” Domandò un preside dal suo ritratto. Anche tutti gli altri ora erano svegli e fissavano Silente.
“Quella non era la bacchetta di Sanbuco. Era un falso incantato in modo che facesse un po’ di scena. Sapevo già che non l’avrebbe scelta ma volevo esserne sicuro.” Ribatté il preside attuale.
 
……………..
 
“Ohi!” Esclamò Star risiedendosi tra i suoi amici.
“Sei stata un fulmine sorellina.” La salutò James.
“Voleva sapere di Olivander.” Spiegò subito lei schietta. In quell’estate passata con James aveva capito che lei aveva bisogno degli amici. Lei aveva bisogno di confidarsi con loro, di raccontare loro tutta la sua storia. Aveva capito che quei tre ragazzi erano per lei il miglior Pensatoio, soprattutto perché un bacile di pietra non ti sussurra frasi di conforto nei momenti di bisogno. Ma loro sì.
“Loro non lo sanno.” Le fece notare suo fratello.
Star sospirò e raccontò a Sirius e Remus la storia che aveva precedentemente raccontato a Silente e disse loro anche della bacchetta di Sanbuco.
“Silente sa da dove vieni.” Incominciò Sirius. “Sa chi erano i tuoi genitori.”
“No, non lo sa. Sa solo che uno dei due appartiene ad una linea di sangue molto potente. Sta studiando quale ma non riesce a trovare nessun indizio.” Illustrò la ragazza.
“Sarà meglio dargli una mano, allora.” Propose Remus.
“Che intendi?” Gli chiese James sbalordito.
“Voglio dire che secondo me Silente non riesce a trovare i genitori di Star perché non la conosce.” Precisò Remus.
“E perché mai conoscermi potrebbe essere d’aiuto in una ricerca del genere?” Gli fece notare l’interessata.
“Perché tu assomiglierai in qualche modo ai tuoi parenti in fatto di idee.” Insistette lui.
“Io non assomiglio ai miei genitori. Loro abbandonano. Io non lo farei mai.”
“Tu stai parlando di scelte, io di idee. Ricordi? Sai se c’è un paese o una città che odi più di ogni altro?”
James e Sirius spostarono lo sguardo da Star a Remus finché la loro amica non si decise a rispondere.
“Londra. Non capisco come può questo aiutarti a…”
“Sai perché odi Londra?” Continuò Remus convinto.
“No, penso perché piove tanto o perché li c’è il mio orfanotrofio ma…”
“Non hai un motivo reale. E’ una cosa che ti è rimasta dentro dai tuoi genitori. Una persona sente qual è la sua terra madre e si ritrova nella mentalità della sua gente. Anche se non hai mai conosciuto o vissuto con i tuoi parenti loro ti hanno trasmesso qualcosa. Qualcosa di più profondo del patrimonio genetico. Tu sei l’unica che può ritrovare i tuoi genitori.” La interruppe di nuovo il ragazzo.
“Remus, sei spaventoso.” Commentò James.
“Vuoi dire che anche se non voglio essere come i miei genitori lo sono lo stesso?” Chiese Star curiosa.
“NO!” Gridò Sirius alzandosi di scatto, alcuni ragazzi si voltarono verso di loro. “Non è vero! Noi siamo liberi di scegliere chi vogliamo essere e niente e nessuno può influenzarci. Possiamo essere diversi dai nostri parenti nei modi di fare, nel modo di parlare, di reagire e di vivere. Se lo vogliamo.”
“Sirius, siediti.” Lo invitò Star calma. James posò una mano sul braccio del amico che tornò a terra.
“Hai detto che tuo zio Alphard è l’unico con cui sei d’accordo. Questo era quello che intendeva dire Remus. Scommetto che gli assomigli. Un sacco.” Chiarì la ragazza.
“Si, ma non abbiamo una linea diretta di sangue.” Fece presente Sirius.
“Non c’entra nulla.” Spiegò Remus.
“Prendi carta e penna. Scopriamo di dove è originaria la mia famiglia. Così restringeremo il campo.” Ordinò Star a James.
Il clima tornò sereno.
“Preferisci quando soffia il vento o quando piove?” Incominciò Remus.
“Il vento. Soprattutto il vento da Est.” Rispose la ragazza diligente.
“Mare o montagna?” Provò Sirius.
“Entrambi. Ma vorrei vivere in una bella pianura. Amo le mezze stagioni e i frutti appesi agli alberi, i giardini pieni di fiori, le foglie che cadono, la neve che ricopre tutto.”
“Campagna o città la saltiamo.” Decretò James.
“Perché?” S’infervorò lei.
“So che la risposta è campagna.” Spiegò lui sorridente.
“E’ vero!” Esclamò Star.
E così le domande si susseguirono mentre il fuoco pian piano si spegneva.
Alla fine dell’interrogatorio Remus rilesse il foglio con le preferenze della ragazza e per un po’ non disse nulla, immerso in un pensieroso silenzio.
“Posso dire che non ti capisco, vero?” Si arrese infine.
“Si, ma ora andiamo a letto. Grazie ragazzi. Ci vediamo domani.” Li incitò Star alzandosi e salendo le scale del dormitorio delle ragazze.
 
……………
 
Il mattino dopo nessuno dei Malandrini provò nemmeno a parlare della famiglia di Star. Anche se tutti ci pensavano.
“Siamo già il venti di settembre e non abbiamo ancora infranto una sola regola delle scuola.” Fece loro notare Sirius per rompere il silenzio della colazione.
Remus lo squadrò con uno sguardo scettico.
“Suvvia, uscire di notte non è più considerata una cosa fuori dalle regole.” Specificò Sirius facendo, misteriosamente, sbuffare James e Star nel loro porridge.
“Sì che lo è. E solo in questa settimana siete usciti sette volte!” Ribatté Remus.
“Si chiama settimana quel lasso di tempo formato da sette giorni e sette notti, Rem.” Finse di spiegare James.
Una ragazza seduta pochi posti più in la di loro lanciò un urlo.
Star si sporse e vide Renè in preda al terrore mentre le sue mani e il suo naso diventavano rossi.
“Sputate il rospo, chi è stato di voi due?” Chiese lei a James e Sirius tornando a sedersi.
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo innocente.
“Non te lo diciamo.” Risposero in coro.
“Vorrà dire che smetterò di parlare con entrambi.” Replicò Star.
“E’ stato James!” “E’ stato Sirius!”
Gridarono contemporaneamente indicandosi a vicenda.
La ragazza si lasciò sfuggire un sorriso.
“Perché?” Domandò leggermente esasperata sapendo che avevano lavorato insieme, come sempre.
“Ci stava antipatica.” Cominciò James.
“E abbiamo pensato che sarebbe stata d’esempio per le sue amiche.” Continuò Sirius.
“Sono giorni che ci guardano come se fossimo dolcetti invitanti.” Finì James.
“Tu che ne pensi, Remus?” Star cercò un aiuto nell’unico suo amico sano.
“Non hanno tutti i torti, mi fanno paura.” Commentò quello in un sussurro.
La ragazza spalancò la bocca. “Oh, mio cielo! Ragazzi! Sono solo delle ragazzini non potete comportarvi così solo perc…ma quanto è azzurro il cielo oggi!”
“E’ tornata!” Annunciò James sorridendo.
“Che vorresti insinuare?” Chiese lei.
“Solo che sei un po’ fuori di testa.” Le rispose Sirius muovendo l’indice vicino alla tempia in piccoli cerchi.
“Ah, grazie! Parla uno di quelli che fa diventare una ragazza rossa solo perché le piace uno di voi, o meglio te.” Ribatté la ragazza. “E con rossa intendo quello.” Specificò indicando Renè che veniva portata via dalle sue amiche completamente bordò, compresi i capelli.
“Come fai a sapere che lei vuole me?” Le domandò Sirius sospettoso.
“Cielo mio! Ti fissa!” Esclamò lei esasperata sul serio.
“Visto?” Gridò lui di rimando.
“Andiamo a lezione per l’amor del cielo!” Star mise fine alla discussione avviandosi verso l’aula di Trasfigurazione.
La professoressa McGranitt però li stava raggiungendo proprio in quel momento.
“Non siamo stati noi!” Sbraitarono Sirius e James prima ancora che la professoressa potesse aprire bocca.
Minerva sollevo un sopracciglio. “Voi quattro siete in punizione dallo scorso anno. Venerdì nel mio ufficio.”
“Venerdì ci sono le selezioni per la squadra di Quidditch!” Le ricordò James.
“Lo so bene. Se non mi sbaglio sono alle sette. Comunque alle cinque voi sarete nel mio ufficio. Giusto?” Sospirò teatralmente la professoressa McGranitt prima di andarsene.
“Scacco matto.” Borbottò Star. “Sa proprio giocare bene.”
……………
 
Quel pomeriggio i quattro ragazzi approfittarono del cielo limpido e della frizzante aria autunnale per fare una passeggiata. Le foglie cominciavano a cadere e calpestate dai loro piedi creavano un dolce e croccante rumore.
“Questo è il periodo della vendemmia in molti paesi. Si coltivano le viti, file e file, sembrano non finire mai, e poi si raccoglie l’uva.” Raccontò Star.
“Come lo sai?” Le chiese James prendendola per mano.
“Me lo ha raccontato la nonnina.” Spiegò lei sorridendo e stringendo le dita di suo fratello.
“Ehi, ricordatevi che dobbiamo risolvere un piccolo dolce problema…” Si intromise Sirius.
“Vero!” Rammentò James. “Che facciamo se domani non riusciamo ad andare alle selezioni?”
“Avvertiteli che non potrete esserci.” Suggerì Remus.
Tre identici sguardi scettici si posarono su di lui. “Gli studenti in questa scuola si allenano anni e anni per entrare nella squadra. Non è che loro possono tenere i posti in caldo per noi che siamo praticamente matricole!” Illustrò James aspro.
“Hai ragione. Allora chissà perché eravate solo voi quelli che potevano assistere a tutti gli allenamenti?” Finse di chiedere Remus.
“Questo non ci assicura niente. Magari ci sono tre ragazzi più bravi di noi che loro scopriranno domani.” Continuò Sirius.
“Allora che ci siate o no non farà differenza.” Considerò Remus.
“Grazie dell’appoggio.” Borbottò James.
“Avanti. In ogni caso non possiamo più scappare. Se non è per quest’anno sarà per il prossimo.” Li rincuorò Star.
 
………….
 
Alle cinque del giorno seguente i Malandrini si presentarono nell’ufficio della McGranitt che cominciò subito a dare indicazioni sulle punizioni.
“Bene. Signor Potter i trofei la attendono per essere lucidati. Signor Black il signor Gazza ha bisogno di archiviare un paio di pratiche, serve il suo aiuto. Signor Lupin le aule del quinto piano hanno bisogno di una pulita. Infine, signorina White…”
“Potter.” La corresse Star.
“…come ideatrice di tutto quello che è successo l’anno scorso spero che i bagni del secondo piano le piacciano. Buon lavoro.” Continuò la professoressa ignorandola.
I quattro ragazzi uscirono dalla stanza a si augurarono una morte serena a vicenda prima di dirigersi verso ciò che per loro in quel momento era piacevole quanto il patibolo.
 
……….
 
Sala Trofei 18:30
James stava lucidando l’ennesima targa per “I servigi resi alla Scuola” proprio non poteva sopportare tutta questa gente. Prendere dei trofei per cose così stupide. Chissà che servizi avranno offerto poi, di sicuro niente di più di qualche bel voto agli esami.
Un’ora dopo passò alle coppe e i movimenti gli venivano così automatici che non stava nemmeno guardando ciò che faceva. Pensava che gli mancava giocare a Quidditch con Star e Sirius. Gli mancava Quel senso di libertà che provava in sella ad un manico di scopa.
Proprio in quel momento si rese conto di avere tra le mani la Coppa di Quidditch e per poco non la fece cadere, sorpreso com’era.
Si lasciò trasportare dall’immaginazione in un sogno ad occhi aperti: ed eccolo lì, James Potter, Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro reduce da una sanguinosa partita dalla quale lui e i suoi compagni ne erano usciti vincenti. Silente gli passava la Coppa e la folla esplodeva in un boato mentre lui la alzava sopra la sua testa e una ragazza si avvicinava a lui per baciarlo e…
“Signor Potter…” Le sue fantasticherie vennero interrotte dalla voce autoritaria della professoressa McGranitt.
 
……
 
Ufficio di Gazza 18:40
Sirius stava leggendo la centesima scartoffia su una punizione assegnata secoli fa pronto a rimetterla in ordine alfabetico e cronologico . Doveva per forza fare il bravo, almeno per questa volta, altrimenti questa storia non sarebbe mai finita.
Il vecchio Gazza si stava lasciando ai sentimentalismi; raccontava di quando ai tempi di una volta poteva appendere le persone per gli alluci. Il suo eterno borbottare lo infastidiva molto, quasi più del ronzare di una mosca.
Quanto gli sarebbe piaciuto essere da un'altra parte. Qualsiasi posto era meglio di quello. Il pensiero che poteva essere in un campo da Quidditch con i suoi amici invece che chiuso lì lo distruggeva. Proprio oggi quella McGranitt doveva…
“Basta così signor Gazza, il signor Black è desiderato altrove.”
 
………
 
Aula vuota al Quinto piano 18:50
Remus spazzava con attenzione. Non gli dava peso quella punizione. Infondo se l’era meritata, ma ne era anche valsa la pena. L’unico suo pensiero era per i suoi amici che dovevano rinunciare alle selezioni. Se li avesse fermati in tempo l’anno prima ora nessuno si troverebbe in questo pasticcio.
Quel che è fatto è fatto, comunque. Se l’erano spassata, ora bisognava rimettersi in carreggiata. Era per il loro bene.
Oltretutto il ventiquattro ci sarebbe stata la luna piena. Sperava che la professoressa mettesse in punizione i suoi amici quella sera così Star non avrebbe avuto l’idea di seguirlo come l’anno prima.
“Signor Lupin…” La professoressa entrò nella stanza.
 
…….
 
Bagno delle ragazze Secondo piano 19:00
Star aveva conosciuto il fantasma più depresso della storia di Hogwarts: Mirtilla Malcontenta.
Non c’era essere, vivente o meno, più lagnoso di lei, continuava a lamentarsi di qualsiasi cosa e scoppiava in lacrime per un nonnulla.
Pulire i bagni era una passeggiata per Star, ne aveva visti di bagni ben più luridi e rivoltanti, aveva ficcato le braccia fino al gomito in ogni liquame esistente e non ne andava un gran che fiera, ma era così.
La compagnia di Mirtilla, però, rendeva una cosa così semplice un vero supplizio, il fantasma continuava a fare i versacci alla ragazza e cercava di spaventarla con storie di bellezze sfiorite.
“Senti, se ci tieni a morire di nuovo questo è il modo giusto.” Sbottò Star ad un tratto.
“Sei bella ma insensibile. Crudele!” Piagnucolò Mirtilla.
“Chiamami come vuoi basta che sparisci.” Sibilò la ragazza.
Il fantasma se ne andò singhiozzando dentro a una tazza allagando così tutto il pavimento.
“Dieci volte lo pulisco. Tutto pur di non sentire la tua voce mai più.” Mormorò Star rimasta sola e cercando di riparare al danno.
Qualcuno bussò alla porta, era successo spesso in quel lasso di tempo. Tutti, soprattutto Renè e le sue amiche, ci tenevano a vederla mentre era alle prese con i gabinetti e Mirtilla Malcontenta.
La ragazza aprì e senza nemmeno guardare chi aveva davanti esordì: “Salve, sono Star Potter benvenuti nel cesso che sto pulendo con le mie mani per voi!”
“Lavati le mani prima di scendere allora.” Le rispose la voce di James.
Lui, Sirius, Remus e la professoressa McGranitt se ne stavano li in piedi ad osservarla.
“Spero non sia troppo tardi per partecipare alle selezioni.” Annunciò la professoressa. Star ebbe una gran voglia di abbracciarla.
Grazie al cielo prima che potesse provarci i suoi amici abbracciarono lei, trascinandola verso il campo da Quidditch.
 
……
 
Jordan Avis odiava molte cose nella vita: il suo cognome prima di tutto, ma odiava anche stare a capo di qualcosa. Farsi rispettare non era il suo forte e entrava nel panico quando qualcosa andava storto.
In quel momento era nel panico.
I giocatori più promettenti di tutta la scuola non si erano presentati alle selezioni. Aveva già esaminato un terzo dei presenti e nessuno era adeguato.
Senza Damon, Lucas e Tom sarebbe stato un bel problema vincere ancora, Malcom voleva fare il Portiere al posto di Tom e gli rimanevano quindi due Battitori e un Cercatore da trovare e quelli che sapeva sarebbero stati adatti non c’erano. Oltretutto la squadra chiedeva di loro.
“Va bene, puoi andare. Ci hai provato.” Disse ad un tipo del terzo anno che era appena caduto dal suo manico di scopa a soli due metri dal suolo.
“Bisogno di un trio di giocatori seri?” Sussurrò una voce all’orecchio di Jordan.
“Non sarebbe male.” Rispose lui senza pensarci.
“Girati. Siamo qui.” Lo informò la voce.
Jordan si destò e voltandosi vide la più bella visione per un neo-capitano: i giocatori che cercava!
La squadra accolse Star, Sirius e James con virili pacche sulle spalle.
“Che volete fare?” Domandò Malcom.
“Io e Star i Battitori.” Disse Sirius.
“Io il Cercatore.” Lo avvertì James.
“Bene, fatemi due giri in volo e se voi due riuscite a tenere i bolidi distanti da James mentre cerca il Boccino siete dentro. James, prendi il Boccino.” Ordinò Jordan.
I tre ragazzi saltarono sulle loro scope nuove comprate durante l’estate.
Il Boccino e i Bolidi vennero liberati.
“Arrivano Sirius!” Gridò Star allontanando il primo Bolide da James, Sirius fece lo stesso con il secondo.
James zizzagò come una freccia seguito dai suoi amici che armati di mazza lo proteggevano e in meno di un minuto acchiappò la minuscola pallina d’orata.
Jordan era inginocchiato a terra e ringraziava qualunque santo gli capitasse a tiro.
“Penso voglia dire che siete dentro!” Urlò Malcom ai tre Malandrini che sollevarono lo sguardo per sorridere al quarto di loro seduto sugli spalti accanto a Peter.
 
………………….
 
Domenica sera i Malandrini, reduci dalla festa in onore della nuova squadra che aveva avuto luogo sabato, sedevano tranquilli ad un tavolo, finalmente costretti da Remus a fare i compiti.
“C’è luna piena sta notte?” Domandò Star all’improvviso.
“Ehm, sì. E tu rimarrai qui, al sicuro.” Ribatté Remus evasivo.
“Credici! Piumadoro che se ne sta buona, impossibile!” Lo prese in giro Sirius.
“Eh, no. La mia sorellina non è quel tipo di ragazza. Questa notte saremo tutti con te. Di nuovo. Te lo abbiamo promesso.” Commentò James.
“Mi sarei sentito più sicuro se tu avessi accettato la Bacchetta di Sambuco.” Confidò Remus a Star.
“Sono abbastanza diversa senza. Non trovi? Penso che un oggetto così fortemente legato alla Morte non mi faccia bene.” Spiegò lei.
Remus sospirò. “Grazie ragazzi. Grazie Star, veramente. Lo apprezzo molto più di quello che potrei dirti.”
 
 
……………
 
Remus aspettava seduto su un angolo. Quando sentì i passi e le voci dei suoi amici sorrise tra se e si sentì un po’ stupido.
Star entrò nella stanza.
“Come fai a sopportare tutto il dolore delle ferite che ti creo?” Le chiese a bruciapelo.
Lei sorrise, come sempre. “Non devo sopportare nessunissimo dolore, non mi fai male, non potresti farmi male. Lo so. E quindi non soffro.”
“Ma…” Riprovò lui.
“Sei mio amico, Lunastorta, e io sono una tua amica. Tra amici ci sono poche parole e pochi gesti che possono causare forti dolori e ti assicuro che le nostre battaglie di queste notti non sono tra essi.”
Il ragazzo la guardò rincuorato e poi iniziò la trasformazione.
 
…………..
Quando sorse l’alba Lunastorta ricominciò a tornare umano. Star riprese fiato e uscì dalla stanza.
“Puoi dire quello che vuoi ma mi sa che se metto un dito qui ti fa proprio tanto male.” La prese in giro James posando l’indice su una ferita sul fianco della ragazza che non fece una piega.
“Bestiale!” Esclamò Sirius. “Dai, davvero non ti fa male?”
“No… Siete solo voi ad avere una soglia del dolore bassa. Per quanto mi riguarda ho passato di peggio.” Rispose lei entrando nella stanza che avevano colorato di scintille l’anno prima.
“E’ come l’avevamo lasciata!” Notò James.
“Già.” Remus arrivò dietro di loro. “Madama Chips sarà qui tra mezz’ora e voi dovete andarvene prima che questo succeda.” Li avvertì.
“Si, ma abbiamo ancora mezz’ora.” Calcò Star.
“Che volete fare?” Domandò Remus sospettoso.
“Che ne dite di brindare all’amicizia?” Esclamò James tirando fuori dalla borsa quattro bicchieri e una bottiglia di succo di zucca.
“Evviva!” Gridò Star felice.
“Ci voleva proprio!” Commentò Sirius passando un bicchiere a Remus che lo ringraziò con lo sguardo.
“Come avete fatto?” Chiese il ragazzo-lupo dopo il primo sorso.
“L’abbiamo preso dalle cucine prima di venire da qui.” Spiegò James.
“IO e STAR lo abbiamo preso, tu te ne stavi a rimpinzarti di dolcetti.” Specificò Sirius.
“Che ci vuoi fare? Gli elfi mi amano.” Ribatté James.
“Gli elfi amano qualsiasi cosa che possa dar loro ordini.” Replicò Star facendo scoppiare tutti in una grossa risata.
E mentre bevevano la fresca bibita in quell’umida stanza colorata della polverosa Stamberga Star capì che il suono delle risate rimbombanti nello spazio vuoto attorno a loro l’avrebbe accompagnata per sempre.
Si alzò in piedi guardando i suoi tre amici seduti a terra con la schiena appoggiata al muro.
“Fatemi imprimere tutto questo nella memoria perché quando avrò dei figli vorrei raccontare a loro nei minimi dettagli degli amici che ho al mio fianco e delle avventure che abbiamo vissuto. E voglio dire loro che a noi bastava del succo di zucca in una stanza polverosa per essere felici sul serio, ma soprattutto voglio ricordarmi nei giorni bui che verranno che ci siete voi, ci sono le vostre risate, ci sono le vostre parole e ci sono i vostri abbracci. Che non sono e non sarò mai più sola. Nemmeno quando saremo distanti. Vi voglio bene, ragazzi. Sono sicura che sapete cosa voglio dire perché lo provate anche voi. Quindi brindiamo all’amicizia sul serio, perché è il sentimento più duraturo al mondo e anche quello più profondo. La mia vita per voi, amici miei.”
I ragazzi la guardarono senza riuscire a parlare si alzarono a loro volta e la abbracciarono stretta, in silenzio, perché spesso non c’è bisogno delle parole tra amici.
 
 
*****
 
Il capitolo è in ritardo perché il mio stupido computer è rotto.
Comunque questo capitolo lo dedico….
 
Agli Amici!
 
Ciao ciao
  
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