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Autore: Clarice Hai    08/10/2013    0 recensioni
Mi chiamo Noomi e sono l'assassina, il sicario e la ladra più ricercata di tutta Oteph. Non sono solamente i soldati di tutto il regno che da anni cercano di catturarmi o i manifesti appesi per tutte le città con uno scarabocchio mal riuscito del mio lungo mantello nero a dimostrarlo; lo è il mio lungo pugnale nero, che tengo legato con una cintola al mio braccio sinistro, lì, vicino al cuore, come se fosse lui quella parte anatomica che mi fa rimanere in vita, che fa pulsare il mio corpo.
Vivo sulla sofferenza degli altri.
Nessuno sa chi sono veramente. Solo io lo so. Sono un'ombra. Tutti mi conosco ma nemmeno uno sa che faccia ho. Hanno paura di quel mantello nero eppure quando gli passo affianco non una persona fa caso a me.
Si barricano nelle loro case la notte, per scongiurare il terrore che io possa entrare, eppure, alla luce del giorno, ricevo sempre sorrisi e buone parole dalle persone che mi circondano.
Sono un'ombra. L'ombra più oscura alla luce del giorno.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Accademia - Settantaseiesimo giorno, dodicesimo mese
 
Aura sognava, una delle prime volte dopo tanti anni. Gli ultimi incubi li aveva avuti poco dopo il suo ingresso in Accademia. Non l’avevano fatta dormire per mesi. Le persone che erano cadute sotto la sua lama venivano a farle visita la notte.
Aveva iniziato a non dormire, alternando stati di leggero dormiveglia a altri di veglia totale.
Poi ci aveva fatto l’abitudine: I sensi di colpa erano scoparsi, dando luogo invece a una freddezza calcolatrice, degna di un guerriero.
Aveva dovuto allenarsi anche a non guardare un nemico morto con gli occhi della pietà, bensì del menefreghismo. Era stato difficile, così come lo è sempre stato un po’ per tutti gli accademici. C’è differenza tra un duello in cui si combatte per farsi male e uno dove invece ci si sfida per rimanere in vita.
Ogni guerriero impara a reagire a modo suo: C’è chi la rabbia cieca la tira fuori per istinto di sopravvivenza, chi per vendetta, per difesa, per orgoglio, per protezione. Ognuno è guidato da qualcosa, una bussola morale.
Aura era guidata dall’ambizione, dalla voglia di mettersi in gioco e di aiutare il suo popolo. Una personalità forte, audace e coraggiosa. Leale. Per questo era tra i migliori Cavalieri del Giglio.

Sì rigirò nel letto, scalciando via le coperte: Aveva caldo. Gli incubi che le popolavano la mente non avevano forma, emettevano urla e boati lontani. Il confine sottile tra sogno e realtà le parve un muro invalicabile. In quel carosello fantomatico di visioni inquietanti la sua mente venne incendiata: Il fuoco appariva più rosso del sangue e le circondava la mente, stringendola tra le sue lingue infuocate.
Aura stropicciò gli occhi, sentiva il calore perfino sulle braccia, appiccicaticcio e fastidioso. Si tirò su di scatto, spalancando gli occhi.
Sveglia, finalmente.

Si accorse subito che qualcosa non andava: La sua stanza era completamente in fiamme. Chiuse gli occhi, pensando di star ancora sognando, ma quando gli riaprì la visione non cambiò. Il cervello ancora intorpidito dal sonno reagì poco a poco. Non aveva lasciato candele accese, il piccolo camino della sua stanza era spento. Un terribile sospetto la prese all’altezza dello stomaco: Si diresse verso la finestra.
Sotto di lei gli accademici, spaesati e intorpiditi dal sonno, guardavano verso il cielo scuro.  Aura si sporse un po’ di più, cercando di ottenere così una visuale migliore ma la pesante cortina di fumo sopra di lei non glielo permetteva.
Il suo istinto reagì prima degli impulsi nervosi: Prese la spada vicino al letto e aprì la porta della sua stanza.

Muri di fuoco si alzavano nei corridoi. Ogni tanto si sentiva qualche boato di lontananza. Trovò il primo ingresso sulla sua sinistra, ringraziando mentalmente la collocazione delle stanze dei Cavalieri del Giglio così vicine alle uscite principali. Scese le scale tre gradini alla volta e raggiunse gli altri guerrieri nello spiazzo davanti all’Accademia.
Sopra l’edificio volavano una decina di draghi neri.
“Bastardi”
Si guardò attorno, focalizzando la scena: I Cavalieri, gli Invisibili e le Guardie erano completamente spaesati.
Aura scosse la testa, così non avrebbero risolto niente: Risalì in cima alle scale, facendosi vedere da tutti e iniziò a spartire i primi ordini.
- Voglio che tutti i Cavalieri del Giglio vadano a recuperarli e si lancino alla presa di quei bastardi lassù! Voglio che facciate montare una Guardia Invisibile a testa, i rimanenti tutti dentro l’Accademia, scendete nei magazzini delle falde e recuperate più acqua possibile! Spegnete i fuochi all’interno e aiutate a far uscire chi è rimasto intrappolato. Coraggio, muovetevi!
Notò che tutti l’avevano presa seriamente e cominciavano a dividersi, chi verso le stalle chi nuovamente dentro l’edificio infuocato.
Aura cercò di guardarsi attorno, ma non trovò nessuna traccia di Roth in quella confusione.
Corse anche lei verso le stalle, con gli occhi inchiodati al cielo nero. Recupererò Rune e balzò agilmente sul suo dorso. Si rese conto in quel momento che aveva ancora su gli indumenti da notte e nessuno aveva tempo di sellare i propri draghi. Nemmeno uno dei suoi guerrieri sembrava preoccupato, erano pronti a tutto pur di difendere ciò che era loro.
- Aura.
La giovane guardò a terra: Sotto di lei stava Noomi. Anche lei non si era vestita con la solita armatura. Indossava una fascia di garza bianca che le copriva il busto minuto e dei calzari a mezza gamba neri. Aura riuscì finalmente a vedere i suoi numerosi tatuaggi che le coprivano le braccia, lato sinistro del collo e sopra il cuore. Aveva il viso sporco di fuliggine e le treccine ingrigite dalla polvere.
Noomi le porse la mano e Aura la issò dietro di lei. Appena uscite dalla stalla, Rune si alzò in cielo, fendendo l’aria a metà.
- Coraggio Rune, facciamo vedere a tutti cosa sai fare
mormorò la cavaliera afferrando saldamente la spada con la mano destra, mentre con la sinistra si aggrappava a uno dei corni sul collo del drago.
Rune volò in planata sopra un Drago Nero e si attaccò con le fauci alla sua coda. L’altro si dimenò, emettendo un forte grido pieno di dolore.  Il Vacuo che lo montava per poco non perse l’equilibrio.
Noomi chiese a Aura di avvicinarsi di più e non appena i due draghi furono uno parallelo all’altro, la giovane invisibile si lanciò su quello nemico, atterrando in piedi alle spalle del nemico. Con un movimento fulmineo gli rubò la spada dal cinturone e mentre quello si girava, stupito, lei lo colpì in faccia con un sonoro calcio prima di mozzargli la testa con la sua stessa spada. Rune intanto non mollava la presa dalla coda dell’altro drago, che, sotto la morsa del dolore aveva cominciato nuovamente a sputare fuoco, incendiando anche gli alberi della foresta.
Noomi si accucciò su di esso, scivolò leggermente sulla sua pancia e sganciò la sella oramai inutile. Quella cadde nel vuoto dopo pochi secondi. Dopo di che impugnò la spada e la infilzò nell’alto ventre, mentre Aura lo sfregiava da destra. Il drago, cadde oramai morto dopo una decina di minuti. Noomi perse l’equilibrio mentre il bestione si agitava tra lingue di fuoco e urli spacca timpani. Mentre l’animale cominciava la sua discesa verso il manto erboso, Aura allungò la mano raggiungendo quella di Noomi che l’afferrò fortemente prima di essere nuovamente issata su Rune.
 
“Lasciami a terra, puoi cavartela anche da sola qui” disse Noomi mentre la cavaliera planava dolcemente.
A pochi metri dal suolo la giovane invisibile si lanciò da Rune, mentre l’altra guerriera tornava in cielo contro gli altri draghi.
 
 
                                                                     -
 
“Regina, hanno colpito l’Accademia”
Kayleen alzò gli occhi dal libro che stava leggendo. Quella notte non era andata a letto, sentiva che c’era qualcosa nell’aria che le era diffidente.
Davanti a lei, Taira era in piedi dietro la porta aperta. Le tremavano le gambe e i suoi occhi azzurri erano due pozze lucide piene di lacrime.
La regina si alzò dalla scrivania e corse seguita dalla sua attendente nella voliera reale. Il palazzo era immerso in una penombra spezzata solamente dalla fievole luce di qualche candela. L’eco dei passi sul pavimento rimbombava pesante nei corridoi di marmo, svegliando le sentinelle del turno di notte che si erano addormentate durante il loro turno di guardia.


Maat era stato reclutato da poco nella schiera dei  guardiani del palazzo reale. Per lui era stata una grandissima soddisfazione. Aveva studiato in Accademia tra le file della Guardia e quando aveva fatto domanda per entrare tra i guardiani reali, la sua richiesta era stata accettata. Abituarsi ai ritmi del palazzo non era stato facile inizialmente. Gli avevano dato subito il turno di notte: più complicato sia dal punto fisico che mentale. Dover stare svegli tutta notte, nonostante in Accademia fosse  stato allenato anche a questo, per lui era un grande sacrificio. Per non parlare di tutti i carichi morali che il suo superiore gli faceva gravare addosso: Il continuo continuare a ripetergli che se i Vacui avessero voluto attaccarli, l’avrebbero fatto con l’ausilio della notte, che il guardiano della voliera reale era un compito di grandissimo onore e responsabilità, non si sarebbe potuto concedere sbagli, erano diventati per lui quasi come una ninnananna prima di appoggiarsi alla sua alabarda davanti all’enorme porta di legno.
Ma fino a quella sera non era successo ancora nulla di interessante. Maat sapeva che la regina si chiudeva nelle sue stanze al tramontare della quarta luna e che spegneva la luce all’alba della sesta. Dopodiché non usciva più da camera sua fino alla mattina seguente.
I servi, le ancelle, le attendenti e le guardie del turno di giorno si ritiravano al tramonto della sesta, lasciando il palazzo sotto gli occhi vigili del guardiani notturni.
La voliera si trovava nella zona sud ovest. Dalle grandi vetrate, Maat, prima di cadere in quel leggero stato di dormiveglia osservava la grande luna piena riflettersi nel lago del giardino. Ogni tanto veniva distratto dai lampi di luce e dai pinnacoli di fumo che si alzavano in lontananza, lì dove i Vacui stavano tenendo oramai da mesi uno strenuo attacco ai cancelli esterni di Poeta.

Quella sera, le figure in abito bianco che si dirigevano verso di lui non erano due guardiani, ma Kayleen in persona e la sua attendente personale. Maat si protrasse in una profonda riverenza, che la regina non degnò di uno sguardo, ordinandogli di aprire le porte della voliera.
Il guardiano da dentro non l’aveva mai vista, non gli era permesso. Ora però, ne poté osservare tutta la sua magnificenza: Alti alberi si innalzavano dal suolo erboso, intrecciandosi tra di essi quando le chiome raggiungevano la cupola bianca di vetro. Nonostante la stanza fosse immersa nell’ombra totale, le miriadi di stelle nel cielo e la luna piena riuscivano ad illuminare un poco, rendendo quell’oscurità meno pesante.
Erano una trentina i gufi e le civette che Maat riuscì a contare. Alcuni, si erano svegliati nel sentire la porta cigolare per poi aprirsi. Li osservavano con i loro occhi neri e gialli, inclinando la testa di lato.
Kayleen fece due fischi, uno lento e uno più lungo. Subito una civetta le si appoggiò dolcemente sul suo braccio. Maat la riconobbe all’istante: Era la preferita della regina. Aveva due enormi occhi neri, il manto bianco e arancione con qualche striatura grigia sulla testolina a forma di batuffolo.
La regina le sussurrò all’orecchio, mentre si avvicinava alla grande finestra davanti a loro, qualcosa in una lingue che né Taira né Maat capirono e l’animale volò fuori, nel cielo nero. Fatto questo la regnante si voltò verso la sua attendente ordinandole di radunare cinque sacerdotesse, di prendere i  cavalli più veloci e di dirigersi verso l’Accademia.
Taira assentì con un cenno del capo e corse fuori, sollevando la lunga gonna blu.
Erano rimasti solo Maat e Kayleen nella stanza. Il guardiano fu preso da un enorme senso di disagio. Tenne gli occhi puntati verso la punta dei suoi stivali.
Sentiva la regina camminare avanti e indietro, i passi pesanti attutiti dal manto d’erba. Si teneva il mento con la mano sinistra e aveva la fronte corrucciata: Non avrebbe permesso ai Vacui di portare ancora più scompiglio nella sua città, non ora che avevano messo al sicuro la gente di Zelo. Sarebbero dovuti passare sopra il suo cadavere.

Prima di ordinare a Maat di richiudere la voliera, fece un altro fischio, e questa volta, un gufo grigio andrò a posarsi sulla sua spalla, socchiudendo di poco gli occhi gialli.
Kayleen si ritirò velocemente nelle sue stanze. Quando la fiamma che bruciava la candela posata sulla scrivania, la regina stava ancora scrivendo.
Terminò la sua lettera con il buio pesto nella stanza. L’arrotolò e ci mise sopra due stampi in cera, con il simbolo di Poeta e l’altro con quello della casta reale.
“Tutto questo non ha senso” pensò. Ma era la regina, ed era disposta a tutto pur di difendere la propria gente.
Svegliò dolcemente il gufo che si era appisolato, mentre lei finiva di scrivere e gli infilò la lettera tra le zampe facendola volare oltre i cancelli esterni, nel campo nemico.
 
                                                                                 -
 
Noomi corse cercando di evitare gli alberi che cadevano sotto la morsa del fuoco assieme ai draghi. Erano riusciti ad abbatterne quattro, ma gli altri erano ancora in volo, provocando danni.
Saltò il tronco di un albero e scivolò dentro l’apertura di una botola posizionata davanti a lei, alla base dell’edificio.
Atterrò due metri sotto il primo piano dell’ Accademia, nelle fognature precedenti alle falde, dove i guerrieri stavano raccogliendo l’acqua. Camminò lentamente con l’acqua fetida che le arrivava alle gambe. L’odore di marcio alleggiava pesante nell’aria, assieme a quello della roccia umida.
Quando finalmente riuscì a trovare il corridoio delle falde illuminato da dei minerali che crescevano su quelle pareti così umide, vi si inoltrò dentro. I suoi piedi iniziarono a toccare un soffice manto di muschio e l’aria maleodorante si lasciò dietro di lei.
Trovò una ventina di accademici alle prese con i pozzi e secchielli straboccanti fino all’orlo di acqua. Cominciò a mettersi all’opera anche lei, ne riempì due e si diresse ai piani superiori. Gettò l’acqua sul fuoco che bloccava la porta della mensa e aiutò i guerrieri intrappolati dentro a uscire. Si caricò una ragazza svenuta per il fumo sulle spalle e uscì sulla prima balconata sulla sua destra.
Mentre correva per tornare alle falde sentì il tetto tremare sopra di lei. Qualcosa si stava muovendo sopra di loro. Alcune travi crollarono nelle fiamme, alimentando il fuoco. 
Noomi guardò verso l’alto, riusciva a intravedere alcuni sprazzi di cielo azzurro, stava nascendo l’alba. Un drago nero stava distruggendo l’Accademia dall’alto. La ragazza si lanciò verso la ricerca delle scale per raggiungere il tetto, con tutto quel muro di fuoco, l’edificio le sembrava completamente estraneo. Andò più a istinto che grazie alla vista. Riuscì a dirigersi verso la zona est, dove le fondamenta oltre che essere di legno, erano anche di marmo. Ringraziò mentalmente i costruttori dell’Accademia. In quella porzione di scuola, il fuoco era più debole e poco alimentato.
Raggiunse la cima dopo una decina di minuti. Si rese invisibile per precauzione, ma si rese conto troppo tardi di non aver con se un’arma. Poco male, le sue mani erano anche capaci di uccidere senza pugnale.
Si avvicinò lentamente al drago e si aggrappò al collo, agilmente scivolò verso la sella montata dal Vacuo e si piazzò ancora invisibile di fronte a lui, con il suo viso a pochi centimetri. Lentamente sciolse l’invisibilità e riuscì a godersi tutta la frustrazione negli occhi del nemico. Sorrise felina e gli graffiò il viso scoperto. Quello si protrasse all’indietro con le mani sull’occhio, tirando con se le redini. Il drago si alzò sulle zampe posteriori ruggendo. Noomi perse l’equilibrio e scivolò sotto quelle anteriori.
Si spostò fulminea di lato, sparì in una nuvola di fumo viola, si ritrovò alle spalle del Vacuo e in un secondo gli ruppe l’osso del collo.
Rise a gran voce: quel veloce teletrasporto di pochi metri, gliel’aveva insegnato un vecchio assassino molti anni prima: Aveva dovuto imparare alcune basi di magia, lavorare molto sulla sua resistenza fisica e fare ore e ore di meditazione, per imparare quel trucchetto. Ma ogni volta ne valeva la pena.
Il drago ricominciò a dimenarsi quando Noomi buttò giù dalla sella il corpo morto del  cavaliere. Si allungò per prendere le redini e constatò giusto una frazione di secondo dopo che non aveva idea di come si tenesse a bada un drago.
L’improvvisazione era sempre stata la sua migliore amica. Cercò di ricordarsi come faceva Aura, ma la bestia nera, non approvando questo cambiamento inatteso di cavaliere si alzò in volo con uno scatto improvviso, sputando fuoco dalla bocca e sbuffando fumo.
Noomi si accucciò sulla sella tirando le redini. Le bruciavano le mani, aveva lunghi tagli rossi sui palmi. L’animale non aveva intenzione di collaborare. Riuscì a scendere di quota cercando di raggiungere Rune che era alle prese con l’ultimo drago con sopra ancora il suo padrone. Aura girò per un attimo la testa, focalizzò la scena e si rese conto che il drago dietro di lei era montato da Noomi.
“Tira le redini verso le di te!” urlò con quanta voce aveva in corpo per sovrastare i rumori della battaglia.
Noomi obbedì, cercando di fare del suo meglio, ma l’animale puntò verso l’alto, sbattendo con forza le possenti ali nervose.
“Riprovaci!” ripeté
La giovane invisibile tirò ancora verso di se, cercando di ignorare il dolore ai palmi che si faceva mano a mano sempre più insopportabile.
Aura puntò la sua spada alla gola del drago nemico appena questo tirò indietro la testa, a comando di ciò che le redini gli dicevano di fare.
Il miro fu perfetto e l’animale cadde dal cielo.
Noomi scivolò dalla sella e precipitò anche lei nel vuoto. L’aria le schiaffeggiava il volto con una violenza inaudita.
Vento.
Ferocia.
Dolore.
Muoio.

Fu a pochi metri dal suolo che la sua corsa venne fermata di brusco da qualcosa che le attutì la caduta. L’erba bagnata della rugiada del mattino le baciò delicatamente la pelle e Noomi trasse un sospiro di sollievo. Le vennero le lacrime agli occhi, era ancora viva. Pensò a un dono degli dei. Un sole caldo fece capolino dalle fronde degli alberi, come a darle in buongiorno. Nell’aria, l’odore di bruciato e fumo pizzicava le narici.

Due guerrieri aiutarono la ragazza ad alzarsi, che ancora malferma sulle gambe tremanti notò di come tutti fossero a guardare qualcosa, o meglio qualcuno davanti a loro. Perfino i cavalieri del Giglio, ancora in volo sui loro draghi erano tutti girati verso la stessa direzione. Noomi tirò su il capo asciugandosi il sudore dagli occhi e notò cinque figure coperte da mantelli bianchi. Una di loro in particolare, una giovane elfa dai lunghi capelli blu e dai penetranti occhi azzurro ghiaccio aveva ancora la mano prostrata verso di lei. Sacerdotesse del tempio.
Sacerdotesse del tempio reale.
Sacerdotesse del tempio reale che le avevano salvato la vita.
Chiuse gli occhi e chinò la testa, in segno di ringraziamento, prima di crollare sulla spalla del guerriero alla sua destra, priva di sensi. 
  
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