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Autore: Crona Lunatica    11/10/2013    1 recensioni
Dal capitolo 1.
Venne distolto dai suoi pensieri vedendo una ragazza che lo aspettava seduta su di una panchina al molo dove attraccava il battello.
Non appena si accorse di essere osservata, la ragazza si voltò e gli sorrise per poi avvicinarglisi e gettargli le braccia al collo.
non trovò altra parola per descriverlo.
Da un mese a quella parte aveva intrecciato una relazione con una delle sue studentesse.
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Amadeo de Dama passeggiava sul lungo lago come ogni sabato sera, era uno di quegli uomini abitudinari e precisi che tendono ad essere sempre puntuali nelle scadenze e agli incontri, di qualunque natura, e che, purtroppo per gli altri, si aspettano da tutti un’eguale precisione.
Insegnava storia in una delle scuole a Salò; reputato da tutti uno dei migliori insegnanti sulla piazza, era sempre impegnato, e non passava giorno senza che si precipitasse nelle proprie classi trafelato dopo avere attraversato mezzo istituto per questo o quello.
Non proveniva da una famiglia agiata, tutt’altro; si era conquistato il suo ruolo con fatica e sudore, superando tutti gli ostacoli: corsi di aggiornamento e concorsi di ogni genere, dove aveva sempre battuto i rivali con la forza della sua intelligenza e chinando la gobba per lo studio.
Un insegnante come tanti, insomma.
Insegnava in quell’istituto da circa sei anni, e, ormai, riteneva di avere provato tutto ciò che la vita aveva da offrirgli, anche se non si aspettava certo ciò che gli era capitato.
Venne distolto dai suoi pensieri vedendo una ragazza che lo aspettava seduta su di una panchina al molo dove attraccava il battello.
Non appena si accorse di essere osservata, la ragazza si voltò e gli sorrise per poi avvicinarglisi e gettargli le braccia al collo.
<< Sono felice che tu sia venuto>>
<< Sì, sono venuto, ma non per quello che pensi. Ti rendi conto vero, che quello che stiamo facendo è…sconveniente?>> non trovò altra parola per descriverlo.
Da un mese a quella parte aveva intrecciato una relazione con una delle sue studentesse. Brillante per la sua età, lo aveva colpito da subito con la prontezza e la sagacia proprie di chi fa della conoscenza il proprio tesoro più prezioso, in particolare, del periodo storico dal 1915 al 1945, gli anni che videro i conflitti mondiali e per i quali lui aveva una speciale predilezione.
Aveva cominciato portandole materiale didattico per ricerche ed approfondimenti, per poi condurla persino in casa propria e mostrarle i suoi saggi e i suoi studi.
Rammentava perfettamente di come una sera, proprio sulla porta di casa sua, si erano scambiati un bacio frettoloso seguito da un silenzio imbarazzato prima di lasciarsi.
<< Sconveniente?>> chiese la ragazza inclinando la testa di lato e facendosi subito seria, portando le braccia lungo i fianchi stretti e lasciando che i capelli neri ricadessero liberi su di una spalla in una cascata di lunghi riccioli << Io…ti amo>> mormorò.
L’uomo aveva previsto una reazione del genere; sospirò e recuperò il tono dell’insegnante << Non possiamo andare avanti così. Ci sono vent’anni di differenza tra di noi e credimi un…legame tra di noi non porterebbe che guai. Per questo sono venuto…non voglio parlarti come un amante, stasera, ma come tuo professore>>
<< Capisco>> replicò lei.
Non parve sorpresa o sconvolta dalla notizia, ma d’altro canto Amedeo sapeva quanto fosse intelligente e confidava che quella infatuazione da adolescente sarebbe passata.
La settimana prima si erano accuratamente evitati in seguito ad un episodio di grande scalpore.
Lunedì mattina, al momento di cominciare le lezioni, gli insegnati si erano accorti che tutti i registri presenti in sala insegnanti erano spariti e solo quando una professoressa era andata ai servizi avevano compreso dove.
Tutti i water della scuola era intasati da pagine strappate dai registri; in alcuni casi, con la bella copertina blu impregnata d’acqua e fatta a pezzi che si distingueva tra i fogli.
Inutile parlare dell’enorme danno. Amedeo sospettava chi fosse il colpevole, e trovò anche le prove per incolparlo, ma, saputolo, la sua studentessa prediletta lo aveva supplicato di non dire nulla.
Il colpevole della bravata era la sua migliore amica; certo lei non era una sprovveduta e sapeva che l’amica si meritava la punizione, ma era anche a conoscenza dei problemi finanziari della sua famiglia, che non avrebbe mai potuto permettersi un risarcimento.
La ragazza ne aveva così parlato al professore, il quale, pur tenendo in considerazione le sue parole, non aveva saputo tacere, anzi aveva dato retta al suo senso del dovere denunciando la delinquente al dirigente scolastico suggerendo una condizione che non danneggiasse la famiglia di lei.
La ragazza era stata costretta, per punizione, ad aiutare nelle pulizie fino ad avere guadagnato abbastanza da risarcire il danno che aveva causato e sarebbe stata anche bocciata a giugno.
<< Sapevo che sarebbe finita, prima o poi>> mormorò la giovane << Ma se questa deve essere la nostra ultima sera insieme, cerchiamo di passarla come si deve…Oh…d’ora innanzi riprenderò a parlarle come un’allieva al suo mentore e non deve preoccuparsi di nulla, le assicuro che non sarò mai scorretta nei suoi riguardi e anzi, di lei conserverò il migliore ricordo>>
Amedeo sorrise, la diplomazia era una sua tipica caratteristica; forse, in un'altra vita e in un altro contesto, le cose sarebbero andate diversamente.
Ma nonostante fosse sollevato dalla reazione di lei, non poteva trovarla strana; non una lacrima, non una scenata.
Forse, pensò, non era amore, ma ammirazione ciò che provava, un sentimento che andava forse più in là del dovuto, ma d’altronde non era avvenuto nulla d’irreparabile se non l’aver spezzato il cuore della sua pupilla.
<< Signorina>> disse infine << Una parola ancora. Non voglio lasciarti senza confessare a mia volta l’ammirazione che nutro nei tuoi confronti come allieva diligente. Sono certo che incontrerai qualcuno ben più meritevole di me nel corso della tua vita, sei ancora tanto giovane…ma prima di andarmene…vorresti bere per l’ultima volta, con me?>>
<< Solo analcolici?>> chiese lei.
Un sorriso spuntò nuovamente sulle labbra dell’uomo, poi si diressero verso uno dei locali sul lungo lago.
Era una notte di novembre ed entrando nel locale, furono accolti da una ristorante vampata di calore.
Sedettero ad un tavolo appartato, in fondo alla stanza, cercando di dare meno possibile nell’occhio e controllando che non ci fosse alcuno di conosciuto nei dintorni.
Non si fermarono più di venti minuti, giusto il tempo di bere un infuso alla vaniglia e di scaldarsi le dita, per poi uscire nella fredda notte.
<< Io…torno a casa>> gli disse, il suo sguardo era vuoto ora, ma Amedeo si convinse che quella fosse l’unica cosa, e la più giusta, da fare.
<< A domani>> riuscì solo a dire prima di dirigersi a sua volta verso il parcheggio.
Era arrivato d’innanzi all’edificio un tempo noto come Casa del Fascio, quando l’insegnante si portò la mano al petto e strabuzzò gli occhi << Non è possibile>> mormorò.
Appoggiata ad una colonna vi era una donna sui venticinque anni, vestita di bianco e dai lunghi capelli neri raccolti sulla testa; la donna si diresse verso di lui senza fare il minimo rumore, e sotto la luce dei lampioni, Amedeo si rese conto che il corpo di lei non aveva consistenza e attraverso di esso si distingueva perfettamente la strada.
<< Mio Dio>> si bloccò nel punto in cui si trovava, paralizzato, perdendo la percezione di tutto ciò che c’era attorno a lui, solo una forte sensazione di vertigine lo avvolgeva. Cercò di reggersi alla sua studentessa, ma vide con orrore che era sparita, al suo posto vi era lo spettro, che muovendo appena le labbra, ripeteva la stessa parola più e più volte in un sussurro semi indistinto: << Ben…>>.
Le gambe gli cedettero e cadde lungo disteso sul selciato freddo, ma non era la Salò dei suoi giorni quella che roteava intorno a lui.
I negozi erano chiusi, le porte sbarrate da assi e non c’era nessuno se non la donna che ripeteva quel nome, quasi a volere rievocare dalla tomba il suo antico possessore: << Ben…>>.
Un lamento che riecheggiava inascoltato nella notte nera come pece: << Ben…>>
Fu allora che l’insegnate capì.
Cercò di rimettersi in piedi, tremando come una foglia.
I peli sulla nuca gli si rizzarono, al contempo di brivido e di eccitazione, prima che il colore sparisse dalle sue guance e le gambe lo tradissero nuovamente.
<< Claretta Petacci>> fu tutto ciò che riuscì a dire quando fu soccorso da un passante, prima che le tenebre lo avvolgessero e la vita lasciasse il suo corpo. 
  
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