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Autore: PinaProser95    11/10/2013    0 recensioni
Una leggenda cristiana narra di un cardellino che tentò di strappare le spine dalla corona del Cristo crocifisso e ne rimase trafitto a sua volta, macchiandosi il capo con il proprio sangue e con quello del Messia.
Per quel che posso dire conobbi la verità solo nel 1359, che ricorderò per sempre come l'anno di madamoiselle Jaqueline e del diavolo che la uccise davanti ai miei occhi.
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel Nome del Padre

(Seconda Parte)

  Contrariamente a quanto uno sprovveduto viandante possa pensare, avendogli messo di fronte una mappa delle terre, dei villaggi e delle strade che da Pontorson dipartono come lunghe radici e convogliano, per le sponde ghiacciate della Manica, vite e destini della misera manciata di punti nevralgici di cui si fanno tacite portatrici, la via più sicura per raggiungere Cancale, partendo dal punto mediano di questo sistema, non è quella che a prima vista potrebbe sembrare anche la più breve.
Se, infatti, il nostro viandante sventurato, si lasciasse guidare da quell'istinto puramente geometrico che vuole che per viaggiare da un punto primo ad un secondo, il più velocemente possibile, si debba procedere per la retta che li congiunge, si inoltrerebbe, nel nostro caso, per una terra in cui la crudeltà dell'uomo e della Natura hanno trovato luogo per una simbiotica alleanza.
E quando per l'appunto non fossero le lame del freddo a penetrargli nella carne, uccidendo il nostro viandante per nessun altro motivo se non quello di seguire le imposizioni inappellabili del Creato, lo farebbero certamente quelle dei banditi e dei briganti, per invece una delle tante ragioni vincolate a quella parte di loro che, da naturale impulso alla sopravvivenza, è degenerata in indole criminosa.
E anche se quest'ultimi non sono gli unici motivi per i quali è più saggio non intraprendere un viaggio sconsiderato per terre apparentemente facili da domare, come se nient'altro possano nascondere che muschi e rocce, sono certamente i preponderanti e, in assenza di vere e proprie istituzioni di controllo e pattuglia dei sentieri che si incanalano a Nord, fino a Cancale, hanno spinto le genti dei villaggi a cercare soluzioni alternative per raggiungere tali mete.


    E fu per ciò che, 1350 anni dopo la nascita di Nostro Signore Gesù Cristo, uno dei Suoi più controversi servitori, un tale padre Guillerme de Chambres, giunse una fredda mattina di Settembre al porto di Aucey la Plaine, accompagnato da giovani galoppini che lo sgravavano del peso di un paio di grandi valige, e pagò 5 franchi perché venisse traghettato, da solo, fino al villaggio di Cancale, che faceva da vetta ad una piccola e stretta penisola, protesa come un dito ammonitore in direzione della Britannia.
Tutto quel che padre Guillerme de Chambres si aspettava prima di imbarcarsi per tale viaggio, che a suo dire si prospettava come un facile incarico, come altrettanto facili erano sempre stati i suoi, recava in bella vista l'insegna della sua ingenuità o, peggio ancora, della sua ignoranza.
Si potrebbe dire, infatti, che, in quindici anni di esorcismi commissionati dal vescovo di Pontorson in persona, di esperienza, de Chambres, ne avesse abbastanza da riempire ben più bagagli di quanti se ne fosse portati per questo suo ultimo viaggio.
Tuttavia, in un modo che allora de Chambres non poteva prevedere, la sua missione a Cancale lo avrebbe sospinto lentamente verso le porte dell'Inferno.


    Quando Guillerme de Cambres sbarcò da Aucey la Plaine, il sole, che per quell'ora avrebbe già dovuto svettare alto sulla Manica, sembrò aver deciso almeno per un giorno di ritardare la propria ascesa quotidiana e, finché il traghetto non lasciò la darsena, sparendo nella nebbia, questi continuò, nel basso orizzonte, a bruciare di rosso, miscelando la propria corona con i vapori che salivano melliflui dalle attività portuali, dando vita a danzanti illusioni ottiche.
Il viaggio sarebbe durato poco più di una decina di ore, ma già dopo esserne trascorse solo un paio, il costante rollio della piccola imbarcazione, che altri non era che una vecchia lancia dal passato ormai perduto, si tramutò per Guillerme de Chambres in un ribollio intestinale insopportabile. Non era più abituato a simili spostamenti; non aveva più lo stomaco per quel placido sciabordio che, se per alcuni poteva suonare come rilassante, in lui non faceva altro che rimestargli gli umori di tutto il corpo, tanto che alla fine avrebbe avuto la sensazione che più nulla al suo interno fosse al posto giusto.

    L'umidità era mordace e densa. Attraverso di essa poteva scorgere i lineamenti fumosi della costa, mai troppo lontana. Cercavano infatti di tenersi il più possibile tangenti ad una traiettoria che accompagnasse la riva, solcando acque basse e limacciose, quasi fossero un prolungamento della battigia che non accennava a cedere in profondità. A volte sembrava che la chiglia raschiasse direttamente sul fondale roccioso; al che i due rematori si alzavano in piedi e, dopo un paio di studiate manovre con lunghi bastoni, disincagliavano la barca, allontanandola di poco da quel tratto pericoloso di bassa marea. Poi, come se fosse tutto di normale consuetudine per quel tipo di viaggio, riprendevano a vogare, in silenzio, e padre Guillerme de Chambres, seduto e imperturbabile con le proprie borse sempre vicine, non riusciva a liberarsi dall'immagine del loro traghetto che si schiantava in due.

     Le ultime ore furono surreali.
Più Guillerme de Chambres si guardava attorno, e più gli sembrava che ogni cosa fosse svanita nel nulla, assorbita in un grigiore etereo che permeava ovunque, sopra e sotto, ai lati e perfino dentro la barca. Il freddo era diventato intollerabile e, per la prima volta da quando avevano abbandonato il porto, qualcuno azzardò una flebile domanda, le cui parole andarono subito a perdersi nella risacca.
-Siamo ancora molto lontani?
La risposta, quasi provvidenziale, arrivò dal mare aperto.
In poco più di un istante, un vento gelido sferzante da Nord disperse la fitta coltre di nubi che avvolgeva il traghetto.
Ora la meta apparve davanti agli occhi di tutti, e quelle che fino ad un attimo prima potevano essere scambiate per piccole escrescenze di luce siderale filtranti dalla parete nebbiosa, ora si palesavano per ciò che in realtà erano: torce e lampade.
Guillerme de Chambres ammirò estasiato il promontorio sopra il quale si ergeva Cancale.

    Approssimandosi al punto di attracco, nient'altro che un'esile striscia di sabbia che cingeva a corona l'alta scogliera, Guillerme de Chambres sentì crescere dentro sé il moto di un vago risentimento, di un qualcosa sepolto nel proprio inconscio che dopo anni di assopimento si era ristabilito in forze e che ora iniziava a rimestare la terra che lo ricopriva. Ma che cos'era? A cos'era dovuto? Cercò di sforzarsi un attimo, ma la concentrazione che gli avrebbe permesso un'attenta analisi del proprio passato in cerca dei germi di tale male interiore era quel tipo di concentrazione che non si sarebbe mai potuta trovare nel mezzo del moto ondeggiante e sussultorio di un'imbarcazione che si apprestava ad ormeggiare. Perciò commise un grave errore, ovvero quello di accantonare il tutto come una conseguenza del viaggio poco piacevole, o come qualcosa di poca importanza, senza prestar ascolto a quel briciolo di sostanza coscienziosa che lo ammoniva da dentro, che lo avvertiva che qualunque cosa fosse, prima o poi sarebbe tornata. Prima o poi sarebbe uscita di nuovo.
E fu allora, proprio mentre i timonieri gettavano le funi ad un forzuto energumeno in piedi sul molo che sentì una voce. O almeno, credette di sentire.

    Si girò, scrutando negli occhi delle altre persone a bordo che si preparavano a scendere, cercando un qualche indizio nei loro sguardi che gli testimoniasse che anche loro avevano udito qualcosa. Ma niente. Nessun ammiccamento, nessuna occhiata complice, nessuno che volgesse l' attenzione altrove che dai propri pensieri ordinari.
Eppure l'aveva sentita. Una sola parola, pronunciata da una voce profonda e, in un certo qual modo, seducente. Che se la fosse immaginata? Che l'avesse detta una persona accanto a lui? No, non sembrava provenire da così vicino. Ma non era nemmeno un'eco distante. Troppo limpida per essere stata corrotta dal suo passaggio attraverso l'aria.
Quindi era nella sua testa?

    -I signori diano una mano alle signore per scendere.
Guillerme guardò l'energumeno che parlava con uno stretto accento provenzale, il quale a sua volta indicò con un innaturale gesto del braccio un punto oltre la propria scapola.
-Qua dietro troverete la scala per il paese. E attenti a dove mettete i piedi, è pieno di radici.
 E dietro, ora che qualcuno l'aveva fatta notare, si poté appunto vedere la scaletta che, come una lunga edera rampicante, si inerpicava su per il promontorio, solcandone le pareti scoscese fino in alto, dove spariva a toccare il cielo. Cancale era nascosto dalla bassa prospettiva, ma dalla cima del sentiero sembrava provenire un debole bagliore, un morbido e caldo riverbero di luci, che indicava l'effettiva presenza di vita paesana.
Il gruppo di persone, sceso dalla barca, iniziò ad incamminarsi verso quell'unica via di salita. Ancora uniti, ma ognuno già per la propria strada.

    Guillerme de Chambres rimase invece immobile un momento di più, con una vuota espressione in volto.
Ancora quella voce, calma e abissale.

-Presto


    La salita verso Cancale si rivelò impervia, ma padre Guillerme de Chambres, col suo fare ammaliante raffinato in anni di omelie ai contadini, riuscì a convincere un ragazzino, piuttosto esile e ossuto, ma apparentemente volenteroso, ad aiutarlo con le valigie, a dare una mano, come disse lui, ad un povero vecchio in viaggio per conto di Nostro Signore. E così salirono, gradino per gradino, per la scala di pietra, di tanto in tanto prestando attenzione a dove mettessero i piedi sul terreno, nel quale si diramavano un numero impressionante di radici scivolose, come tante dita disarticolate che uscivano dal fianco della montagna.
Giunsero in cima e Guillerme de Chambres ringraziò il giovane aiutante, ormai stremato nel respiro, congedandolo con un'affrettata benedizione e nulla di più. Non che non avesse del denaro con sé, ma era altresì convinto che una ricompensa pecuniaria non avrebbe fatto altro che spalancare le porte di un'anima ancora così innocente al vizio del materialismo, poco importava quanto povera in realtà fosse questa creatura. Era arrivato in quel posto per un motivo che ben poco aveva a che fare con la carità. Era lì per estirpare il Demonio dal fango salmastro sopra il quale quegli uomini deboli di spirito avevano eretto le proprie case. E il denaro, si sa, è una delle tante esche che il Diavolo lascia incustodite, sperando che qualcuno prima o poi vi abbocchi. E questo capita sempre.

-In nomine Patri, Fili et Spiritui Sancti.
Così proferì, gesticolando cerimonioso davanti agli occhi del giovane, che poi vide allontanarsi, ridiscendere la scala e tornare in porto, a capo chino, forse per assaporare la benedizione ricevuta, o forse per mandar giù un boccone più amaro.


    Ora che finalmente era arrivato e che si era lasciato alle spalle un tale viaggio, il nostro Guillerme de Chambres altro non voleva che trovare un letto e un pasto caldo e pregare che per un altro giorno ancora fosse fatta la Sua volontà. E tutto il resto poteva aspettare, poiché con nemici pazienti, si doveva mostrare niente meno che la stessa virtù.
Si rimboccò le maniche e aguzzò la vista in cerca di un rifugio.
Il paese era come se lo aspettava: piccolo, di pochi immobili stretti gli uni agli altri, legno e paglia soprattutto, qualcuno in argilla, tutti scricchiolanti sotto le botte costanti del vento. Una misera manciata di lanterne squagliavano le tenebre, mostrando qua e là i tratti di un volto ancora sconosciuto: una strada battuta, una porta rimasta aperta, una finestra rattoppata con assi di legno, poi strumenti di lavoro, una carriola che sprofondava sotto il proprio peso, attanagliata dalle grinfie della terra collosa. In grazia a quelle poche luci, con la notte che trionfava già da qualche ora, l'intero abitato veniva esumato dall'ombra come un pallido cadavere.

    Padre de Chambres scacciò indietro un brivido che sembrò emergergli direttamente dall'anima, attribuendone la colpa al freddo e alla stanchezza. Mosse qualche passo e uscì di scena.

FINE SECONDA PARTE

Nota dell'autore: molto presto sarà pronta anche la terza parte del primo capitolo, che ho preferito dividere per non appesantire troppo la lettura. Ricordatevi di lasciare i vostri preziosi pareri e non risparmiatevi in critiche. Grazie.

  
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