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Autore: MadAka    19/10/2013    1 recensioni
Dopo essersi risvegliato in un letto di ospedale, Sean Darren si rende conto di non ricordare più niente di quello che gli è accaduto, né per quale motivo si trovi in quel posto.
Ma nella sua confusa situazione si rifiuterà di credere a coloro che dicono di poterlo aiutare ed inizierà ad inseguire la sua memoria da solo.
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giornale venne lanciato sul tavolo aperto alla pagina sportiva. Il famigliare viso di Sean Darren riempiva entrambe le facciate mentre scritte in grassetto parlavano del suo stato confusionale e del suo continuo negare di essere un rugbista.
-La situazione è questa- disse uno dei dirigenti della squadra nazionale di rugby neozelandese, con la sua voce possente, muovendosi sulla sedia.
Nella sala non si udì un suono finché l’uomo non riprese a parlare dopo essersi passato un fazzoletto sulla testa calva:
-Sean verrà dimesso dall’ospedale questo pomeriggio e per quanto ci riguarda il fatto che si ostini a negare di essere un giocatore di rugby è un bel problema-
Nuovamente calò il silenzio. L’uomo tossi un paio di volte e poi osservò i suoi interlocutori uno ad uno.
Samantha era ferma in piedi, dietro al coach degli All Blacks. L’avevano chiamata perché era l’unico membro dello staff della nazionale ad aver incontrato Sean dopo l’incidente e, in quanto medico, il suo parere era di fondamentale importanza.
L’allenatore della squadra si voltò a guardarla e interruppe il silenzio:
-Tu cosa ne pensi, Samantha?-
Lei respirò un momento prima di rispondere, facendo attenzione a non guardare verso Scott Berry, il pelato scorbutico:
-Darren sta attraversando un momento di confusione dovuto alla perdita della memoria. Credo abbia bisogno dell’aiuto della squadra. Secondo il medico dell’ospedale è probabile che riacquisti la memoria se fa attività inerenti a quelle abituali. Ciò significa che se vogliamo aiutarlo dobbiamo farlo giocare a rugby-
Berry batté violentemente un pugno sul tavolo in legno:
-Non se ne parla!- sbottò e tutti si voltarono a guardarlo.
Non si ricompose nemmeno prima di ricominciare a parlare, guardando alternatamente Samantha e l’head coach:
-Questa settimana dobbiamo disputare la partita contro gli Springboks, non possiamo permetterci di perdere tempo per uno come Darren, soprattutto se consideriamo il fatto che lui va in giro a dire di non essere un giocatore di rugby-
-Quello è dovuto al fatto che è confuso. Non sa cosa gli sta succedendo ed è in uno stato di caos- rispose la donna dall’altro lato del tavolo.
L’uomo si sistemò sulla sedia:
-Stato di caos o no, non possiamo focalizzarci solo su di lui-
-Ma è il mio miglior giocatore e lei sa benissimo quanto gli Springboks…- attaccò l’allenatore, ma venne interrotto:
-Sarà anche il migliore, ma non è l’unico. Dovete escluderlo per questo match, non abbiamo tempo e denaro da spendere su un personaggio del genere-
-Ma…- fecero all’unisono Samantha e il coach.
-Non me ne faccio niente dei vostri “Ma”! Darren è fuori. Se la dottoressa qui presente vuole tentare di recuperarlo è libera di fare quello che vuole, ma per quanto mi riguarda, lei…- indicò l’allenatore:
-Deve concentrarsi esclusivamente sul resto dei ragazzi. Se Sean Darren vuole ricominciare a giocare a rugby allora dovrà essere lui a cercarci- tossì nuovamente e si alzò, sistemandosi la cravatta bordeaux  che sporgeva per colpa del suo pancione:
-Ora se scusate, mi attendono ad una conferenza stampa. Ritorneremo prossimamente sulla questione, ma la mia posizione è questa e rimarrà tale- detto ciò uscì, lasciando i presenti ammutoliti.
Samantha si strinse con forza il braccio per cercare un possibile modo di sfogare la sua rabbia. Detestava Scott Berry, odiava il fatto che lui ricoprisse una posizione tanto importante nonostante non avesse minimamente a cuore la squadra degli All Blacks. L’allenatore si alzò e la guardò in viso:
-Posso contare su di te?- le chiese.
Lei, che sapeva già cosa intendesse l’uomo con quelle parole, annuì con un cenno della testa:
-Ci penso io-
L’altro di tutta risposta le strinse gentilmente la spalla e si allontanò preoccupato.
 
Quando finalmente poté uscire dall’ospedale, Sean Darren si passò una mano sulla fronte, sentendosi un peso in meno. Non sapeva dove andare anche se gli avevano comunicato il suo indirizzo di casa, che, con sua sorpresa, ricordava perfettamente. Tuttavia non se la sentiva di rincasare, anche se quello significava rimanere in balia dei giornalisti che negli ultimi tre giorni lo avevano perseguitato, sempre sostenendo che lui fosse un rugbista di fama mondiale. Ancora non credeva a quella storia, ecco perché non sarebbe andato nemmeno alla sede della nazionale di rugby neozelandese come Samantha gli aveva chiesto di fare.
Camminò per un po’ seguendo il suo istinto, cercando di non degnare di un’occhiata le persone intorno a lui, alcune delle quali lo indicavano e pronunciavano il suo nome. Cominciava ad essere stanco di quella situazione e voleva risolverla il più in fretta possibile, dimostrando a se stesso e al mondo che non era un rugbista, ma solo uno che era stato scambiato per qualcun altro. Dopo più di un quarto d’ora di vagabondaggio si fermò, sollevò lo sguardo e si accorse di aver raggiunto un posto dannatamente famigliare.
Era una birreria, o meglio, la birreria dove andava sempre lui. Era incredibile che si ricordasse di quel posto, dato che non ricordava praticamente niente, ma se aveva memoria di quel luogo significava che per lui era importante. Varcò la soglia con rinnovato ottimismo, trovando il locale vuoto e in penombra. Si accorse che se lo ricordava perfettamente; ricordava il legno scuro dei banconi, delle pareti, dei tavoli; ricordava l’infinità di bottiglie di alcolici dietro al bancone e le botti di birra vuote usate come tavolini;  ricordava le foto, gli articoli di giornale appesi alle pareti, ricordava tutto, incluso il suo gestore Nick, il barbone tatuato.
Questo si voltò a guardare la porta nel momento in cui Sean entrò e rimase sorpreso di vederlo lì.
Scoppiò a ridere, però, prima di aprire bocca:
-Sean Darren, che cosa ci fai tu qui?-
L’altro si avvicinò al bancone e si sedette su uno degli alti sgabelli, spettinandosi i capelli:
-Ci sono arrivato senza accorgermene…- disse guardandosi intorno.
Il barista si mise l’asciugamano su una spalla e posò il boccale, per poi appoggiarsi al bancone con i gomiti e guardare in faccia il suo interlocutore:
-Dicono che non ricordi più chi sei, è vero?-
Sean alzò lo sguardo:
-Direi di non ricordare proprio tutto, ma di te sì, Nick, mi ricordo perfettamente-
Nick scoppiò nuovamente a ridere mentre i lunghi capelli biondi uscivano leggermente dalla coda troppo morbida:
-Devo considerarlo un onore, allora. Da quello che si legge in giro sei piuttosto confuso- disse e gli gettò un giornale in cui Sean poté vedere la sua faccia e il titolo “Non sono un rugbista”.
Lesse quelle parole un paio di volte, poi guardò la sua faccia su quel giornale, incredulo. Avrebbe davvero voluto sapere cosa stava succedendo, ma non riusciva a ricordare niente. Perché c’era la sua faccia su quel giornale, perché continuavano a perseguitarlo con gli All Blacks? Lui non era un giocatore di rugby, ne era certo, se lo sentiva, anche se cominciava a dubitare perfino di sé e delle proprie sensazioni.
-Vorrei veramente sapere che ti sta succedendo- disse il barista guardandolo.
-Vorrei saperlo anche io…- rispose l’altro a voce bassa.
-Insomma Sean, se hai perso la memoria perché ti ostini tanto a dire di non essere quello che sei, ossia un rugbista. Perché non ti fidi di nessuno?-
-Io… non lo so. È che è tutto assurdo, anche se ho questo fisico mi sembra ridicolo pensare che io sia chi dicono che sono-
-Cioè chi? Sean Darren?-
-No, quello è il mio nome e lo so perfettamente-
-Bè, allora non ti capisco. Basta che ti guardi intorno per capire che sei lo stesso Sean Darren che gioca nei Blues e nella nazionale neozelandese. Sei lo stesso Sean Darren idolo di centinaia di ragazzi che iniziano a giocare a rugby sperando di diventare come te, lo stesso Sean Darren a cui basterebbe schioccare le dita per ritrovarsi il letto pieno di donne bellissime-
L’altro guardò Nick appena quello schioccò le dita per mimare le sue parole:
-Non credo di essere il tipo da fare una cosa del genere-
-Ah, no di certo. Tu hai occhi solo per una donna-
Sean assunse un’aria sorpresa:
-Ho una fidanzata?-
-No, sei innamorato. Anche se non ho idea di chi, non me lo hai mai fatto capire-
-Fantastico…- sbottò, trovandosi piuttosto infastidito dalla notizia.
Calò uno strano silenzio che Sean era certo di non aver mai fatto calare fra lui e il suo amico Nick, tuttavia non sapeva che altro aggiungere, si era appena reso conto che tutta quella situazione lo stava frustrando e non poco.
Respirò profondamente prima di riprendere parola:
-Quindi tu, che sei l’unico di cui mi ricordo veramente bene, mi stai dicendo che io sono davvero un rugbista?-
L’altro annuì con la testa, energicamente. Sean riprese a parlare:
-E quindi dovrei credere a quello che tutti mi dicono?-
-Se tutti te lo dicono forse dovevi crederci prima che te lo dicessi io-
L’uomo scosse la testa: -Non lo so, non so cosa pensare-
-Senti, posso immaginare che tu sia confuso, ma comportandoti così non risolverai mai niente. Devi ascoltare le persone, farti aiutare-
-È che mi sembra assurdo che io sia un giocatore di rugby. Se davvero ho perso la memoria perché mi hanno fatto solo un placcaggio forse non è lo sport per me-
Nick scoppiò sonoramente a ridere:
-Cazzate! Tu ami il rugby e il placcaggio che ti hanno fatto avrebbe ammazzato perfino un toro ma tu sei ancora vivo e hai solo qualche graffio-
-Qualche graffio?! Non mi ricordo niente come fai a dire che ho solo qualche graffio?-
-Se tu accettassi di ascoltare la gente l’avresti già riacquistata la memoria, invece no. Sei troppo testardo, lo sei sempre stato. Scommetto che te ne stai andando in giro a dire a tutti “Guardate che c’è uno sbaglio”. Scommetto che stai facendo la prima donna come tuo solito-
Sean aprì bocca ma non riuscì a controbattere. Si sentì punto nel vivo perché si rese conto che si stava comportando proprio così. Conosceva Nick molto bene, ora ne aveva la certezza, e se lui gli diceva che effettivamente il suo “lavoro” era quello del rugbista forse aveva ragione. Tuttavia stentava ancora ad esserne sicuro, qualcosa gli impediva di crederci totalmente.
Guardò da un’altra parte e Nick riprese parola:
-Allora? Ho ragione o no?-
Sean alzò lo sguardo e lo guardò negli occhi, poi sorrise:
-Forse. Ho intenzione di farmi tornare la memoria, senza che alcuni mi dicano cose e altri me ne dicano altre, ce la farò da solo-
Il barista alzò un sopracciglio:
-Credi di farcela davvero? Bè, in questo caso ti faccio i miei auguri, ma sai già che ho ragione, che tutti abbiamo ragione sul tuo conto- fece un verso esasperato e a Sean venne da ridere, poi si chinò per prendere qualcosa sotto il bancone.
Posò una birra ghiacciata davanti agli occhi dell’altro uomo e gliela aprì:
-Offre la casa, Sean Darren. Ora prenditi questo maledetto giornale e esci, perché noi saremmo chiusi. Quando poi ti sarai reso conto che ho ragione, dovrai venire da me e chiedermi scusa- ridacchiò.
Sean afferrò la birra ed il giornale e gli strinse la mano con forza, dicendo:
-Ci sto-
Poi uscì dal locale bevendo il primo sorso di quella birra ghiacciata, che sapeva essere della sua marca preferita. L’incontro con Nick gli aveva dato nuove informazioni su quanto già tutti gli andavano dicendo di essere; tuttavia avrebbe veramente cercato le risposte da solo, per evitare di farsi influenzare da altre persone, visto che si sentiva ancora confuso e facilmente manipolabile. 
  
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