NON
E’ UNA FAVOLA
<
Qualcuno le manca, vero? È scritto a lettere
maiuscole nei suoi occhi. > Marc Levy.
Era
passata una settimana da quell’incidente e le cose sembravano
andare meglio.
Edward era diventato meno burbero nei miei confronti, sembrava essersi
abituato
alla mia presenza e io mi sentivo più a mio agio ora, anche
se facevo di tutto
per non fargli trovare degli appigli che potessero farlo innervosire
nuovamente.
Stavo
pulendo il salone, quando ad un tratto sentii miagolare; affacciandomi
dalla
finestra notai subito che
il mio piccolo
amico era tornato.
Stavolta
andai prima in cucina e riempii un piatto di plastica con un
po’ di latte, e
poi uscii fuori dal micetto, che mi aspettava sotto l’albero
dove avevamo
giocato la prima volta.
“ Ciao,
sei ritornato. ” Lo salutai, inginocchiandomi ed
accarezzandogli la testolina,
e lui subito rispose facendomi le fusa.
“ Sei
proprio un ruffiano, guarda che ti ho portato. ” Poggiai a
terra il piattino e
subito lui si avvicinò, e dopo averlo annusato,
cominciò a leccare il latte
furiosamente.
“ Eri
proprio affamato. ” Constatai, continuando ad accarezzare il
suo corpicino
caldo. Quando finì, si girò sulla schiena e
iniziò a giocare con la mia mano,
mordicchiando le mie dita.
“ Devo
trovarti un gomitolo da qualche parte. ” Risi, vedendo come
cercava di separare
le mie dita senza riuscirci più di tanto.
Lo presi
in braccio e lo poggiai sul mio petto, coccolandolo un po’ e
in quel momento
sentii nuovamente la sensazione di essere osservata: mi voltai verso la
casa e
vidi il signor Cullen osservarmi dalla finestra del suo studio.
Stavolta quando
si accorse del mio sguardo non si nascose, ma rimase a guardarmi con un
leggero
sorriso sulle labbra; lo ricambiai e lo salutai con un gesto della
mano, al
quale lui rispose prontamente, per poi tornare alla sua scrivania.
Era stato
uno sguardo diverso dall’altra volta, come se si volesse
accertare che ci fosse
realmente qualcuno nel giardino, e non volesse solo spiarmi.
Dopo aver
giocato un altro po’ con il mio amichetto peloso, tornai
dentro per terminare i
miei lavori.
“
Isabella. ”
Sobbalzai,
non avevo sentito Edward avvicinarsi: i tappeti occultavano il rumore
della
sedia a rotelle ed era facile non accorgersi del suo arrivo.
“ Scusa,
non volevo spaventarti. Puoi venire un attimo con me? ”
“ Certo
signore. ” Poggiai lo straccio con cui stavo spolverando e lo
seguii nel suo
studio.
“ William
mi ha detto che ti piace leggere, e quindi ho pensato che questa ti
potesse
interessare. ” Si fece da parte, per lasciarmi osservare
meglio quello che
c’era alle sue spalle e rimasi completamente scioccata: una
libreria enorme si
stagliava davanti a me, colma di libri, così tanti che ci
sarebbero volute
almeno due vite per leggerli tutti.
“ Non ci
posso credere, non ho mai visto tanti libri in vita mia. ”
Dissi, completamente
incantata da quello che i miei occhi stavano vedendo.
“ Ti
piace? ” Mi chiese Edward.
“ E’
meraviglioso! ”
“ Sono
tutti tuoi, quando vorrai leggere qualcosa, qui sei la benvenuta.
”
Mi voltai
sconvolta verso di lui, non potevo credere che mi stesse davvero dando
la
possibilità di attingere a quella meraviglia.
“ Grazie
signore, davvero, io non so cosa dire. ” Lo guardai grata,
quasi con le lacrime
agli occhi.
“ Puoi
cominciare con il darmi del tu. ”
“ Come? ”
Quello si stava rivelando un pomeriggio parecchio strano, non sapevo
più cosa
aspettarmi.
“ Sai, io
non sono poi così tanto più vecchio di te: direi
che dopo tutto questo tempo, e
visto quello che è successo in passato, è
arrivato il momento di abbandonare
questi toni formali. ”
“ Per me
non ci sono problemi se è quello che tu desideri. ”
“
Perfetto. ” Sorrise.
“ Ma
William non ci rimarrà male per questa nostra confidenza?
” Mi preoccupai, in
fondo lui lavorava per Edward da molto più tempo di me.
“ William
è un testardo: lavora per la mia famiglia da tempo immemore,
mi ha conosciuto
che io avevo solo cinque anni ed ero una piccola peste, ma
ciò non gli ha
impedito di continuare a darmi del lei o addirittura del voi nonostante
io gli
abbia specificatamente chiesto di non farlo. ” Scosse la
testa fintamente
esasperato.
“ Strano,
con me ha accettato subito di darmi del tu. ” Constatai.
“ Perché
voi siete entrambi alle mie dipendenze. ”
La sua
frase mi risvegliò da quella sorta di sogno ad occhi aperti
che stavo vivendo
nella mia testa: questa era la vita reale, non uno stupido cartone in
cui la
Bestia si innamora della Bella; non che io fossi innamorata di lui, ma
pensavo
che potessimo considerarci amici ora, invece che serva e padrone, ma, a
quanto
sembrava, avevo frainteso la sua gentilezza.
Forse era
solo un modo per ringraziarmi per essere rimasta dopo quello che era
successo.
“ Giusto,
infatti è ora di tornare a lavoro o rimarrò
indietro. ” Dissi, allontanandomi
dalla libreria e uscendo dalla stanza senza neppure guardarlo negli
occhi.
“
Isabella, va tutto bene? ” Mi chiese: era incredibile come
riuscisse a capirmi
così in fretta.
“ Sì,
certo. Ti ringrazio ancora per questa meravigliosa
opportunità che mi hai dato,
ne farò buon uso. ” Lo ringraziai e lasciai la
stanza, chiudendomi la porta
alle spalle.
Lavorai
nervosa per il resto della giornata, rispondendo a monosillabi anche a
quel
poverino di William che non c’entrava nulla; mi aveva visto
uscire parecchio
tesa dallo studio di Edward e pensava che lui mi avesse nuovamente
richiamato
per qualcosa, ma gli avevo spiegato che ero stata io a fraintendere
tutto, che
stavolta il padrone non aveva nessuna colpa.
“ Bella,
vedi, la famiglia Cullen ha sempre trattato tutti i suoi dipendenti con
grande umanità:
il fatto che loro fossero nati privilegiati rispetto le altre persone,
ha fatto
sì che prendessero pienamente coscienza
dell’opportunità che la vita ha dato
loro, rendendoli molto più magnanimi e gentili di quanto non
debbano essere.
Questo però non ci autorizza a farci castelli in aria, non
dobbiamo dimenticare
che comunque siamo dei sottoposti e dobbiamo quindi rispettarli e
trattarli
come il loro ruolo merita, anche se ci fanno sentire parte della
famiglia. ” Mi
spiegò William, non lasciandosi intimidire dai miei modi
poco educati in quel
momento.
“ Questo
lo so, non sono nata ieri. ” Precisai stizzita.
“
Desidero solo che tu non ti faccia male, proteggiti finché
sei in tempo. ” E
se ne andò a sbrigare delle commissioni in
paese con questa frase, lasciandomi in uno stato di totale confusione:
cosa
aveva voluto dire? Avrei dovuto proteggermi da Edward?
Ero
in
salone in attesa che Edward scendesse per la colazione e ne stavo
approfittando
per osservare l’alba: era incredibile come il cielo passasse,
nel giro di
pochissimo, dal blu scuro della notte all’azzurro limpido
della mattina. Anche
se io, da sempre, preferivo i tramonti: li trovavo molto più
magici.
Oggi si
prospettava una bellissima giornata, non c’era una sola
nuvola in cielo e
finalmente sembrava volesse arrivare la primavera.
“ C’è
nessuno? ” La voce di Edward mi risvegliò dai miei
pensieri.
“ Eccomi,
buongiorno. ” Lo salutai, uscendo da dietro le tende.
“ Cosa ci
facevi nascosta dietro la tenda? ”
“
Osservavo l’alba. Sistemati che vado a prenderti la
colazione. ” Gli dissi per
poi correre in cucina.
“ Tu hai
fatto colazione, vero? ” Mi chiese mentre poggiavo il vassoio
davanti a lui.
“ Sì,
giuro. ” Sorrisi per quella sua preoccupazione, me lo
chiedeva quasi ogni
mattina da quando era capitato che l’avessi saltata.
“ E’ una
bella giornata fuori? ” La sua domanda mi sorprese parecchio,
credevo che
quando fosse da solo tenesse le tende aperte o comunque desse
un’occhiata
fuori, almeno la mattina appena sveglio, e invece lui sembrava proprio
voler
scappare dalla luce. Fu in quel momento che mi venne in mente un modo
per
farglielo scoprire, mi sarei giocata il tutto per tutto, ma forse ne
valeva la
pena.
“ Dimmelo
tu stesso. ” Gli risposi e andai ad aprire la tenda. Nella
stanza calò il
silenzio e io non avevo il coraggio di guardare in faccia Edward,
così mi
limitai a guardare i miei piedi, in attesa di una sua sfuriata; quando
sentii
il rumore della sedia che veniva sospinta e la suo ombra avvicinarsi,
chiusi
istintivamente gli occhi, il ricordo di quella volta era ancora vivido
in me, e
anche se lui aveva giurato che non si sarebbe più comportato
così, non potevo
sapere se fosse riuscito a tenere a freno la rabbia a causa della mia
sfrontatezza.
“ Sì, è
veramente una bella giornata. ” Disse, sfiorandomi con le
dite il dorso della
mano. Aprii gli occhi e mi mancò il respiro quando incrociai
il suo sguardo e
vidi le sue iridi brillare come smeraldi, erano bellissime, sembravano
finte
per quanto erano luminose. Rimanemmo in silenzio a guardarci negli
occhi per
attimi interminabili, lui non smise mai di carezzarmi la mano, anzi,
aumentò
leggermente la pressione delle dita, quasi a volermela stringere.
“ Era da
tanto che non sentivo il calore del sole sulla mia pelle in maniera
così
diretta. ” Ammise, gustandosi quel raggio di sole che lo
colpiva in pieno viso.
“ Vieni
con me allora. ” Mi posizionai dietro la sedia a rotelle e
presi a spingerlo
verso l’ingresso, non curandomi delle sue lamentele, ed
entrambi uscimmo in
giardino.
I raggi
ci colpirono in pieno, senza nemmeno la schermatura dovuta al vetro
della
finestra, e sia io che lui rilasciammo un sospiro di beatitudine.
Edward
intrecciò le sue dita alle mie, stringendole forte, e
godendosi quella
sensazione ad occhi chiusi; io mi girai a guardarlo, sorridendo
contenta quando
notai le sue labbra incurvate in un leggero sorriso.
“ Che
c’è? ” Quasi sussultai sentendo la sua
voce, non mi ero accorta avesse aperto
gli occhi e mi avesse colto in fallo a contemplarlo.
“ Nulla.
” Distolsi subito lo sguardo, puntandolo su un cespuglio di
rose.
“ Provi
ribrezzo a guardarmi, vero? ” Puntai nuovamente gli occhi su
di lui, non potevo
pensare che credesse che io alla luce non riuscissi a guardarlo in
faccia.
Forse era per questo che, nonostante oramai lo conoscessi, non mi aveva
dato
l’ordine esplicito di tenere le tende aperte e le luci accese.
“ Non
dirlo neppure per scherzo Edward. Tu non fai ribrezzo, il tuo viso non
è meno
bello perché ci sono delle cicatrici, io neppure le vedo se
mi soffermo ad
osservare i tuoi occhi. Sono così luminosi, così
vivi e pieni di vita che è
difficile non notarli, anche se c’è sempre un velo
di malinconia a coprirli, a
renderli più foschi, ma non per questo meno interessanti.
C’è un mondo dietro che
ti tormenta, ma tu sei una bellissima persona Edward, ho avuto modo di
vederlo
in questi mesi, e le cicatrici non cambiano quello che sei. Se qualcuno
ti fa
pesare ciò, non sei tu ad avere problemi, ma loro. Non
c’è nulla che possa
farmi provare ribrezzo nei tuoi confronti. ” Gli risposi
sincera, senza
smettere per un attimo di guardarlo negli occhi, inginocchiandomi per
arrivare
alla sua altezza; non so cosa mi spinse a farlo, ma come se fosse
dotata di
vita propria, sollevai la mano che non stringeva la sua e con estrema
lentezza,
così che lui capisse cosa volessi fare e avesse, in caso, il
tempo di
bloccarmi, la poggiai sulla guancia lesa.
All’inizio
il tocco era appena percepibile, non volevo forzarlo, notavo la paura
nei suoi
occhi, così gli strinsi più forte la mano e non
staccai mai lo sguardo da lui,
per cercare di infondergli quanto più coraggio potessi.
Quando intensificai il
tocco, poggiando completamente la mano sulla sua guancia, fu strano
sentire
quegli avvallamenti sotto le mie dita, ma non provai ribrezzo; Edward
dopo un
attimo di tensione, si poggiò completamente sulla mia mano e
chiuse gli occhi,
liberando un sospiro, e a quel punto feci anche io lo stesso, non
rendendomi
conto che durante tutto quel tempo lo avessi trattenuto.
Quando li
riaprì, sorrise felice, un sorriso che finalmente
arrivò anche ai suoi occhi,
facendoli brillare, un sorriso che mostrò tutta la giovane
età e la
spensieratezza di quell’uomo che la vita aveva provato
più di quanto meritasse.
“ Ciao. ”
Disse senza un motivo.
“ Ciao. ”
Risposi io a mia volta.
E poi
accadde.
Lentamente
Edward avvicinò il suo viso al mio, cercando un segno di
rifiuto nei miei
occhi, ma non ve ne trovò, perché in quel momento
lo volevo anche io, volevo
sentire il suo sapore sulle mie labbra; quando i nostri nasi si
sfiorarono e il
suo respiro s’infranse sul mio viso, chiusi gli occhi per
gustare meglio quegli
attimi e per evitare di rovinare tutto accelerando le cose e
avvicinandomi a
lui con impeto.
Schiusi
le labbra nell’attimo in cui Edward giocò con i
nostri nasi, come in una sorta
di bacio all’eschimese, e poi…
Poi lo
sentii irrigidirsi e tirarsi indietro.
“ Scusami,
non posso. ” Mormorò, e poi si
allontanò, utilizzando tutta la forza nelle sue
braccia per spingere indietro la carrozzella e rientrare quanto
più velocemente
possibile in casa, lasciandomi lì, con la voglia di sentire
le sue labbra sulle
mie, la delusione di essere stata respinta e la consapevolezza che
chiunque
fosse quella ragazza che aveva sognato quella notte, era una presenza
ancora
importante per lui.
E adesso
capii cosa volesse dire William.
Avevo
iniziato a farmi male.
Scusate,
posto di corsa e non ho tempo per inserire la copertina o rispondere
alla recensioni, ma lo farò. Vi avevo promesso un
aggiornamento più rapido, ma non mi è stato
possibile. Grazie a chi continua a seguirmi, siete magnifiche e un
benvenuto ai nuovi arrrivati. Alla prossima, Paola