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Autore: pallina90    20/10/2013    3 recensioni
Con quella stretta nel pugno, mi portai la mano al petto, quasi volessi trattenere il cuore che pulsava come un matto: ero agitata, sapevo di stare per infrangere tutte le regole della casa, ma ero anche curiosa. Ero indecisa, non riuscivo a capire cosa era giusto fare, ma se non mi fossi sbrigata a pendere una decisione, loro sarebbero tornati prima che avessi combinato qualcosa.
Con il cuore che mi rimbombava nelle orecchie, decisi di salire quei gradini, e ad ogni passo le gambe sembravano diventare sempre più pesanti; quando arrivai al pianerottolo, mi trovai davanti solo due porte e non sapevo a quali delle due appartenesse la chiave, così mi avvicinai a quella che si trovava di fronte a me.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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NON E’ UNA FAVOLA

< Qualcuno le manca, vero? È scritto a lettere maiuscole nei suoi occhi. > Marc Levy.

 

Era passata una settimana da quell’incidente e le cose sembravano andare meglio. Edward era diventato meno burbero nei miei confronti, sembrava essersi abituato alla mia presenza e io mi sentivo più a mio agio ora, anche se facevo di tutto per non fargli trovare degli appigli che potessero farlo innervosire nuovamente.
Stavo pulendo il salone, quando ad un tratto sentii miagolare; affacciandomi dalla finestra notai subito  che il mio piccolo amico era tornato.
Stavolta andai prima in cucina e riempii un piatto di plastica con un po’ di latte, e poi uscii fuori dal micetto, che mi aspettava sotto l’albero dove avevamo giocato la prima volta.
“ Ciao, sei ritornato. ” Lo salutai, inginocchiandomi ed accarezzandogli la testolina, e lui subito rispose facendomi le fusa.
“ Sei proprio un ruffiano, guarda che ti ho portato. ” Poggiai a terra il piattino e subito lui si avvicinò, e dopo averlo annusato, cominciò a leccare il latte furiosamente.
“ Eri proprio affamato. ” Constatai, continuando ad accarezzare il suo corpicino caldo. Quando finì, si girò sulla schiena e iniziò a giocare con la mia mano, mordicchiando le mie dita.
“ Devo trovarti un gomitolo da qualche parte. ” Risi, vedendo come cercava di separare le mie dita senza riuscirci più di tanto.
Lo presi in braccio e lo poggiai sul mio petto, coccolandolo un po’ e in quel momento sentii nuovamente la sensazione di essere osservata: mi voltai verso la casa e vidi il signor Cullen osservarmi dalla finestra del suo studio. Stavolta quando si accorse del mio sguardo non si nascose, ma rimase a guardarmi con un leggero sorriso sulle labbra; lo ricambiai e lo salutai con un gesto della mano, al quale lui rispose prontamente, per poi tornare alla sua scrivania.
Era stato uno sguardo diverso dall’altra volta, come se si volesse accertare che ci fosse realmente qualcuno nel giardino, e non volesse solo spiarmi.
Dopo aver giocato un altro po’ con il mio amichetto peloso, tornai dentro per terminare i miei lavori.
“ Isabella. ”
Sobbalzai, non avevo sentito Edward avvicinarsi: i tappeti occultavano il rumore della sedia a rotelle ed era facile non accorgersi del suo arrivo.
“ Scusa, non volevo spaventarti. Puoi venire un attimo con me? ”
“ Certo signore. ” Poggiai lo straccio con cui stavo spolverando e lo seguii nel suo studio.
“ William mi ha detto che ti piace leggere, e quindi ho pensato che questa ti potesse interessare. ” Si fece da parte, per lasciarmi osservare meglio quello che c’era alle sue spalle e rimasi completamente scioccata: una libreria enorme si stagliava davanti a me, colma di libri, così tanti che ci sarebbero volute almeno due vite per leggerli tutti.
“ Non ci posso credere, non ho mai visto tanti libri in vita mia. ” Dissi, completamente incantata da quello che i miei occhi stavano vedendo.
“ Ti piace? ” Mi chiese Edward.
“ E’ meraviglioso! ”
“ Sono tutti tuoi, quando vorrai leggere qualcosa, qui sei la benvenuta. ”
Mi voltai sconvolta verso di lui, non potevo credere che mi stesse davvero dando la possibilità di attingere a quella meraviglia.
“ Grazie signore, davvero, io non so cosa dire. ” Lo guardai grata, quasi con le lacrime agli occhi.
“ Puoi cominciare con il darmi del tu. ”
“ Come? ” Quello si stava rivelando un pomeriggio parecchio strano, non sapevo più cosa aspettarmi.
“ Sai, io non sono poi così tanto più vecchio di te: direi che dopo tutto questo tempo, e visto quello che è successo in passato, è arrivato il momento di abbandonare questi toni formali. ”
“ Per me non ci sono problemi se è quello che tu desideri. ”
“ Perfetto. ” Sorrise.
“ Ma William non ci rimarrà male per questa nostra confidenza? ” Mi preoccupai, in fondo lui lavorava per Edward da molto più tempo di me.
“ William è un testardo: lavora per la mia famiglia da tempo immemore, mi ha conosciuto che io avevo solo cinque anni ed ero una piccola peste, ma ciò non gli ha impedito di continuare a darmi del lei o addirittura del voi nonostante io gli abbia specificatamente chiesto di non farlo. ” Scosse la testa fintamente esasperato.
“ Strano, con me ha accettato subito di darmi del tu. ” Constatai.
“ Perché voi siete entrambi alle mie dipendenze. ”
La sua frase mi risvegliò da quella sorta di sogno ad occhi aperti che stavo vivendo nella mia testa: questa era la vita reale, non uno stupido cartone in cui la Bestia si innamora della Bella; non che io fossi innamorata di lui, ma pensavo che potessimo considerarci amici ora, invece che serva e padrone, ma, a quanto sembrava, avevo frainteso la sua gentilezza.
Forse era solo un modo per ringraziarmi per essere rimasta dopo quello che era successo.
“ Giusto, infatti è ora di tornare a lavoro o rimarrò indietro. ” Dissi, allontanandomi dalla libreria e uscendo dalla stanza senza neppure guardarlo negli occhi.
“ Isabella, va tutto bene? ” Mi chiese: era incredibile come riuscisse a capirmi così in fretta.
“ Sì, certo. Ti ringrazio ancora per questa meravigliosa opportunità che mi hai dato, ne farò buon uso. ” Lo ringraziai e lasciai la stanza, chiudendomi la porta alle spalle.
Lavorai nervosa per il resto della giornata, rispondendo a monosillabi anche a quel poverino di William che non c’entrava nulla; mi aveva visto uscire parecchio tesa dallo studio di Edward e pensava che lui mi avesse nuovamente richiamato per qualcosa, ma gli avevo spiegato che ero stata io a fraintendere tutto, che stavolta il padrone non aveva nessuna colpa.
“ Bella, vedi, la famiglia Cullen ha sempre trattato tutti i suoi dipendenti con grande umanità: il fatto che loro fossero nati privilegiati rispetto le altre persone, ha fatto sì che prendessero pienamente coscienza dell’opportunità che la vita ha dato loro, rendendoli molto più magnanimi e gentili di quanto non debbano essere. Questo però non ci autorizza a farci castelli in aria, non dobbiamo dimenticare che comunque siamo dei sottoposti e dobbiamo quindi rispettarli e trattarli come il loro ruolo merita, anche se ci fanno sentire parte della famiglia. ” Mi spiegò William, non lasciandosi intimidire dai miei modi poco educati in quel momento.
“ Questo lo so, non sono nata ieri. ” Precisai stizzita.
“ Desidero solo che tu non ti faccia male, proteggiti finché sei in tempo. ”  E se ne andò a sbrigare delle commissioni in paese con questa frase, lasciandomi in uno stato di totale confusione: cosa aveva voluto dire? Avrei dovuto proteggermi da Edward?

 

 

Ero in salone in attesa che Edward scendesse per la colazione e ne stavo approfittando per osservare l’alba: era incredibile come il cielo passasse, nel giro di pochissimo, dal blu scuro della notte all’azzurro limpido della mattina. Anche se io, da sempre, preferivo i tramonti: li trovavo molto più magici.
Oggi si prospettava una bellissima giornata, non c’era una sola nuvola in cielo e finalmente sembrava volesse arrivare la primavera.
“ C’è nessuno? ” La voce di Edward mi risvegliò dai miei pensieri.
“ Eccomi, buongiorno. ” Lo salutai, uscendo da dietro le tende.
“ Cosa ci facevi nascosta dietro la tenda? ”
“ Osservavo l’alba. Sistemati che vado a prenderti la colazione. ” Gli dissi per poi correre in cucina.
“ Tu hai fatto colazione, vero? ” Mi chiese mentre poggiavo il vassoio davanti a lui.
“ Sì, giuro. ” Sorrisi per quella sua preoccupazione, me lo chiedeva quasi ogni mattina da quando era capitato che l’avessi saltata.
“ E’ una bella giornata fuori? ” La sua domanda mi sorprese parecchio, credevo che quando fosse da solo tenesse le tende aperte o comunque desse un’occhiata fuori, almeno la mattina appena sveglio, e invece lui sembrava proprio voler scappare dalla luce. Fu in quel momento che mi venne in mente un modo per farglielo scoprire, mi sarei giocata il tutto per tutto, ma forse ne valeva la pena.
“ Dimmelo tu stesso. ” Gli risposi e andai ad aprire la tenda. Nella stanza calò il silenzio e io non avevo il coraggio di guardare in faccia Edward, così mi limitai a guardare i miei piedi, in attesa di una sua sfuriata; quando sentii il rumore della sedia che veniva sospinta e la suo ombra avvicinarsi, chiusi istintivamente gli occhi, il ricordo di quella volta era ancora vivido in me, e anche se lui aveva giurato che non si sarebbe più comportato così, non potevo sapere se fosse riuscito a tenere a freno la rabbia a causa della mia sfrontatezza.
“ Sì, è veramente una bella giornata. ” Disse, sfiorandomi con le dite il dorso della mano. Aprii gli occhi e mi mancò il respiro quando incrociai il suo sguardo e vidi le sue iridi brillare come smeraldi, erano bellissime, sembravano finte per quanto erano luminose. Rimanemmo in silenzio a guardarci negli occhi per attimi interminabili, lui non smise mai di carezzarmi la mano, anzi, aumentò leggermente la pressione delle dita, quasi a volermela stringere.
“ Era da tanto che non sentivo il calore del sole sulla mia pelle in maniera così diretta. ” Ammise, gustandosi quel raggio di sole che lo colpiva in pieno viso.
“ Vieni con me allora. ” Mi posizionai dietro la sedia a rotelle e presi a spingerlo verso l’ingresso, non curandomi delle sue lamentele, ed entrambi uscimmo in giardino.
I raggi ci colpirono in pieno, senza nemmeno la schermatura dovuta al vetro della finestra, e sia io che lui rilasciammo un sospiro di beatitudine. Edward intrecciò le sue dita alle mie, stringendole forte, e godendosi quella sensazione ad occhi chiusi; io mi girai a guardarlo, sorridendo contenta quando notai le sue labbra incurvate in un leggero sorriso.
“ Che c’è? ” Quasi sussultai sentendo la sua voce, non mi ero accorta avesse aperto gli occhi e mi avesse colto in fallo a contemplarlo.
“ Nulla. ” Distolsi subito lo sguardo, puntandolo su un cespuglio di rose.
“ Provi ribrezzo a guardarmi, vero? ” Puntai nuovamente gli occhi su di lui, non potevo pensare che credesse che io alla luce non riuscissi a guardarlo in faccia. Forse era per questo che, nonostante oramai lo conoscessi, non mi aveva dato l’ordine esplicito di tenere le tende aperte e le luci accese.
“ Non dirlo neppure per scherzo Edward. Tu non fai ribrezzo, il tuo viso non è meno bello perché ci sono delle cicatrici, io neppure le vedo se mi soffermo ad osservare i tuoi occhi. Sono così luminosi, così vivi e pieni di vita che è difficile non notarli, anche se c’è sempre un velo di malinconia a coprirli, a renderli più foschi, ma non per questo meno interessanti. C’è un mondo dietro che ti tormenta, ma tu sei una bellissima persona Edward, ho avuto modo di vederlo in questi mesi, e le cicatrici non cambiano quello che sei. Se qualcuno ti fa pesare ciò, non sei tu ad avere problemi, ma loro. Non c’è nulla che possa farmi provare ribrezzo nei tuoi confronti. ” Gli risposi sincera, senza smettere per un attimo di guardarlo negli occhi, inginocchiandomi per arrivare alla sua altezza; non so cosa mi spinse a farlo, ma come se fosse dotata di vita propria, sollevai la mano che non stringeva la sua e con estrema lentezza, così che lui capisse cosa volessi fare e avesse, in caso, il tempo di bloccarmi, la poggiai sulla guancia lesa.
All’inizio il tocco era appena percepibile, non volevo forzarlo, notavo la paura nei suoi occhi, così gli strinsi più forte la mano e non staccai mai lo sguardo da lui, per cercare di infondergli quanto più coraggio potessi. Quando intensificai il tocco, poggiando completamente la mano sulla sua guancia, fu strano sentire quegli avvallamenti sotto le mie dita, ma non provai ribrezzo; Edward dopo un attimo di tensione, si poggiò completamente sulla mia mano e chiuse gli occhi, liberando un sospiro, e a quel punto feci anche io lo stesso, non rendendomi conto che durante tutto quel tempo lo avessi trattenuto.
Quando li riaprì, sorrise felice, un sorriso che finalmente arrivò anche ai suoi occhi, facendoli brillare, un sorriso che mostrò tutta la giovane età e la spensieratezza di quell’uomo che la vita aveva provato più di quanto meritasse.
“ Ciao. ” Disse senza un motivo.
“ Ciao. ” Risposi io a mia volta.
E poi accadde.
Lentamente Edward avvicinò il suo viso al mio, cercando un segno di rifiuto nei miei occhi, ma non ve ne trovò, perché in quel momento lo volevo anche io, volevo sentire il suo sapore sulle mie labbra; quando i nostri nasi si sfiorarono e il suo respiro s’infranse sul mio viso, chiusi gli occhi per gustare meglio quegli attimi e per evitare di rovinare tutto accelerando le cose e avvicinandomi a lui con impeto.
Schiusi le labbra nell’attimo in cui Edward giocò con i nostri nasi, come in una sorta di bacio all’eschimese, e poi…
Poi lo sentii irrigidirsi e tirarsi indietro.
“ Scusami, non posso. ” Mormorò, e poi si allontanò, utilizzando tutta la forza nelle sue braccia per spingere indietro la carrozzella e rientrare quanto più velocemente possibile in casa, lasciandomi lì, con la voglia di sentire le sue labbra sulle mie, la delusione di essere stata respinta e la consapevolezza che chiunque fosse quella ragazza che aveva sognato quella notte, era una presenza ancora importante per lui.
E adesso capii cosa volesse dire William.
Avevo iniziato a farmi male.

Scusate, posto di corsa e non ho tempo per inserire la copertina o rispondere alla recensioni, ma lo farò. Vi avevo promesso un aggiornamento più rapido, ma non mi è stato possibile. Grazie a chi continua a seguirmi, siete magnifiche e un benvenuto ai nuovi arrrivati. Alla prossima, Paola

   
 
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