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Autore: Robertaddict    21/10/2013    2 recensioni
Arwen è sempre stata etichettata dagli altri come una ragazza strana. Ma lei non ci fa molto caso, cerca di vivere una vita tranquilla, con il suo gatto, nella sua adorabile casa, con il pensiero di un amore ormai finito. Eppure un giorno qualcuno arriverà a sconvolgerle la vita. Due fratelli, i suoi due nuovi vicini. Cercherà di comporre i tasselli del passato dei Jones e scoprirà qualcosa che non le farà affatto piacere...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 1 
 

"La vita è fatta di piccole solitudini." 
Roland Barthes - La camera chiara, 1980


Una giornata come tutte le altre, si sforzava di pensare.
Anzi cercava di non pensare a nulla, perché sapeva che non appena avesse pensato una qualsiasi cosa, sarebbe ricaduta in quell’oblio.
Alzarsi dal letto era sempre stata un’impresa per lei, non era diverso quel giorno.
Diede da mangiare al suo gatto e alzò lo sguardo verso la finestra.
Dopo due settimane di nuvole tetre e pioggia improvvisa, quel giorno regnava un sole bellissimo.
Sorrise.
Nonostante amasse la pioggia, ci voleva un po’ di sole per rallegrare la giornata.
Infilò di fretta i suoi jeans preferiti e scese le scale, saltando alcuni gradini.
Afferrò le chiavi di casa e si diresse a passo spedito verso il suo luogo di lavoro.
Aprì il cancelletto per uscire e solo allora notò qualcuno che entrava e usciva dalla porta accanto a lei.
Davanti alla piazzola, infatti, c’era un uomo abbastanza alto che portava alcuni scatoloni dentro la casa.
Si perse ad osservare quel movimento fin quando l’uomo non appoggiò a terra gli scatoloni pesanti e urlò qualcosa in direzione della casa.
Lo vide voltarsi verso di lei, ma non fece in tempo a fingersi disinteressata che gli occhi verdi penetranti dell’uomo la travolsero.
Due occhi verde brillante contornati da una corta chioma riccia.
Le labbra sottili e il naso dritto.
Attorno al collo era avvolta una collana con appeso un ciondolo, come quello portato dai Marines.
Le spalle possenti e le mani grandi erano distese lungo i fianchi.
Era alto quasi il doppio di lei.
Le sorrise.
Semplicemente pensò che il suo sorriso era bellissimo.
Una donna, dai lunghi capelli biondo cenere e dagli occhi azzurri uscì dalla casa e raggiunse in pochi passi l’uomo sferrandogli uno schiaffo sul collo.
L’uomo mormorò qualcosa non ben decifrabile, mentre la donna sorridendo le si avvicinò sinuosa.
“Irina, Irina Jones.” Replicò con un tono di voce suadente, mentre le porgeva una mano.
Prontamente l’afferrò stringendola.
“Arwen. Arwen White.” Rispose, continuando a osservare l’uomo.
“Lui è mio fratello, Nathan Jones. Siamo i nuovi vicini.” Aggiunse la donna, facendole un occhiolino malizioso.
Arrossì leggermente e sciolse la presa.
“Mi vogliate scusare, ma devo recarmi a lavoro. Spero di incontrarvi di nuovo quando tornerò a casa.” Affermò allontanandosi non prima di aver lanciato un sorriso imbarazzato all’uomo.




Le persone arrivavano e andavano via come un fiume in piena.
Sorrisi, lacrime, speranze e sogni entravano da quella piccola porta a vetro e uscivano senza essere ricompensati in alcun modo.
Molti definivano il bar un locale dove si beveva qualcosa o al massimo si potevano scambiare due parole con il vicino al tavolo.
Ma il bar era tutt’altro.
La gente, di ogni cultura, di ogni religione e lingua, entrava da quella porta e si sedeva ai tavolini del bar.
C’era la ragazza bionda che guardava fuori dalla finestra sospirando, magari pensando a un amore ormai finito.
C’era il ragazzo bruno che messaggiava al telefono, mentre sua madre lo rimproverava perché non le prestava attenzione.
C’era l’uomo di affari, seduto davanti al pc con una cioccolata in mano, che leggeva attentamente le ultime notizie di borsa.
E poi c’era lei, posta dietro al bancone, che osservava tutti senza giudicare, solo provando una grande empatia per quelle persone.
Molte volte si era rimproverata il suo essere così troppo emotiva, anche per questioni che non la riguardavano personalmente, ma lei era fatta così e nessuno sarebbe riuscito a cambiarla.
Il filo conduttore dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce squillante di una donna che la richiamava.
Abbandonò la sua postazione e si diresse sorridendo alla cassa.
“Mi dica. Cosa desidera?” Chiese gentilmente.
Una signora grassoccia, dai capelli neri legati in una coda e dalle mani ingioiellate le rispose con voce squillante.
“Cosa desidero? Desidero che il proprietario di questa baracca si faccia avanti. Non mi paga l’affitto da due mesi!” Replicò con voce quasi stridula.
Non volendo, esibì una smorfia sul volto degna di Damon Salvatore.
“Certo signora, glielo chiamo subito.” Si allontanò dalla postazione raggiungendo le cucine, dove il proprietario del “Holiday’s Cafe” risiedeva.
“Mr. Habbinton c’è una signora qui fuori che chiede di lei.”
Un uomo alto e magro, con un paio di baffi neri e due occhi grigi da far paura, uscì dalla cucina dirigendosi al bancone.
“Grazie Arwen, qui ci penso io. Continua a servire gli altri clienti.” Le rispose accompagnando la donna nel suo ufficio.
Annuì dirigendosi alla cassa e continuando a prendere le ordinazioni, mentre osservava con la coda dell’occhio la donna che discuteva animatamente con Mr. Habbinton nel suo studio.
La donna, palesemente innervosita, come mostravano le sue grasse gote rosse, arrancò verso la porta e ne uscì sbattendola.
Sussultò nonostante si aspettasse una simile reazione.
Il suo capo uscì silenziosamente dallo studio senza rivolgerle la parola e tornò in cucina.
Se lui ne avesse voluto parlare l’avrebbe fatto, quindi non chiese nulla e tornò al suo lavoro.




La giornata terminò normalmente, fu l’ultima a uscire.
Salutò l’uomo nello studio che però, evidentemente in sovrappensiero, non la sentì.
Uscì piano dal locale e si diresse a casa, pensando a cosa si sarebbe potuta cucinare quella sera.
In meno di dieci minuti arrivò davanti all'abitazione e vide le luci della casa accanto accese. Ricordò l’incontro della mattina.
Gli occhi verdi dell’uomo le tornarono in mente e arrossì quando si accorse di star pensando a lui.
Nathan , aveva detto la sorella.
Era un nome strano quello della bionda, Irina, lo aveva letto e sentito l’ultima volta che aveva visto Twilight.
Rabbrividì al pensiero di aver letto quel libro.
Ogni volta cercava di scusarsi affermando che era un'adolescente in piena crisi “vampiresca” e che a 13 anni poteva anche credere che un vampiro luccicasse come una palla da discoteca.
Il rumore di una porta che si apriva la fece ridestare e si nascose sotto il portico della sua casa.
Un paio di uomini in divisa uscirono dalla porta, seguiti da Nathan.
I due portavano una divisa della Marina, mentre il proprietario della casa indossava un paio di pantaloni mimetici e una maglietta verde chiaro.
I tre si salutarono con il gesto militare e si congedarono salendo su un auto e scomparendo dietro il vicolo.
L’uomo si guardò intorno prima di rientrare.
Lei si appoggiò alla porta riflettendo sull’incontro strano dell’uomo.
Cosa nascondevano i nuovi vicini?   








ANGOLO AUTRICE 

Sono tornata, scusate il ritardo ma la scuola mi impegna parecchio.
Qui abbiamo Nathan e Irina i nuovi vicini di Arwen.
Lei rimane parecchio colpita dall'aspetto dell'uomo.
Mr. Habbinton tornerà in qualche episodio, si scoprirà di più sull'incontro, non temete.
Cosa ci facevano due militari della Marina davanti casa dei Jones?
Avrete risposte presto, lo prometto.
A presto. Un bacio a tutte.
Alla prossima. 
  
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