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Autore: Evelyn Doyle    21/10/2013    1 recensioni
Avvertenze: la storia contiene un alto tasso di battute ironiche e sarcasmo, si consiglia di dosare attentamente le pagine.
Cosa potrebbe succedere se un giorno qualcuno osasse sfidare Nathalie, quindici anni, mente brillante e sarcasmo alle stelle?
Nessuno lo sa, almeno finché Edoardo non diventa il nuovo alunno della 3^A scientifico del Liceo Statale A. Manzoni, che, da amante della letteratura classica, di World of Warcraft, delle Converse fluo, degli abiti multicolori e di Star Trek, viene ben presto etichettato da Nathalie come "Tizio Luminescente" o "nerd-in-erba".
I loro mondi entreranno presto in collisione, scatenando in un batter d'occhio un conflitto combattuto a colpi di fogli protocollo e matite fluorescenti, anche se, per loro sfortuna, il destino ci metterà; presto lo zampino, facendoli stare troppo spesso vicini.
Senza contare che Nathalie ha da combattere anche un altro conflitto, precisamente con Leonardo, migliore amico del suo migliore amico, dal comportamento più ambiguo di un'incognita elevata all'ennesima potenza.
E poi entra in scena anche Mattia, atletico e affabile con tutti e, tra l'altro, anche fratello maggiore di Tizio Luminescente.
- So far away, and yet so close together -
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo 1: Ancora nulla.


Un lunedì autunnale mi aspettava nel mio carissimo liceo, il Liceo Statale Alessandro Manzoni, con indirizzi linguistico e scientifico.
Io frequentavo il secondo, lo scientifico.
Terzo anno, anche se avevo un anno in meno rispetto ai miei coetanei, ma poco importa.
Era soltanto l’inizio della terza settimana di scuola, ma era già un’agonia doversi alzare alle sei e mezza del mattino e dover prendere un lurido e affollato autobus per poter arrivare nella cara scuola.
Erano, appunto, le sette e dovevo sbrigarmi ad uscire da quel caldo e confortevole edificio, meglio conosciuto come “casa mia”, per andare alla fermata dell’autobus che si trovava a cento metri e attendere il bus.
Mi incamminai così, dopo aver salutato mia madre, con lo zaino sulle spalle che poteva pesare benissimo più di me, a sentirne il peso.
L’autobus era giusto arrivato due secondi prima, così salii immediatamente a prendere posto.
«Ehi, ecco la Mari!» una voce maschile proveniente dagli ultimi posti mi fece alzare le sopracciglia rassegnata.
Sì, era Daniel, avete indovinato.
«Poche storie, il mio posto?» reclamai il mio solito posto con impazienza, dato che non ho mai amato stare in piedi nell’autobus.
«Oggi Manu ti ha fottuto il posto, mi dispiace» mi informò scrollando le spalle e indicando il posto a fianco del suo, nel quale era seduto Emanuele Costanzi, uno dei tanti idioti che popolavano il Manzoni.
«E io dove dovrei stare? In piedi?» chiesi guardando in modo assassino il Costanzi, che non mi calcolava di striscio date le cuffie che indossava con la musica al massimo volume.
Daniel diede una pacca sulle sue gambe per indicarmi la mia nuova postazione e acconsentii, dato che il pullman era partito e, piuttosto che stare in piedi, preferivo sedermi sulle sue – scomode – gambe.
Mi tolsi lo zaino e mi sedetti sulla mia nuova poltrona, sbuffando impercettibilmente.
«Suvvia, meglio che niente, no?» mi chiese, alludendo alla mia comoda postazione.
«Sarebbe meglio che non ci fossi, o che non ci fosse quello là» borbottai a voce bassa, mentre l’autobus partiva.
«Tu invece è meglio che ci sei, piccola, perché devi darmi una mano con chimica... la Mariani mi ha preso di mira e oggi sono certo che alla terza ora mi interrogherà, come minimo» Daniel e la sua passione irrefrenabile per la chimica erano la cosa più assurda che potesse esserci.
Il guaio è che il suddetto interpellava sempre me, come se io avessi voglia di “salvarlo” dalle grinfie della Mariani offrendomi di essere interrogata al posto suo.
La cosa buffa è che io ne beneficiavo, dato che la mia media in scienze era come minimo nove da almeno... tre anni.
Dopo un buono quarto d’ora, l’autobus si fermò finalmente alla fermata della scuola.
Con un po’ di fatica riuscimmo ad uscire, data la calca che si era formata fuori dal pullman, e ci incamminammo all’entrata della scuola, fino ad arrivare in classe.
Susanna era già seduta al banco dietro il mio, mentre altri parlavano allegramente aspettando la prof. entrare.
«No, Daniel, tu non ti siederai qua» sentenziai, indicando il banco a fianco del mio, mentre Daniel tentava inutilmente di sedersi.
«Ed io che ho sacrificato le mie povere gambe per farti stare comoda! Che razza di amica che sei, Nathalie: non vuoi nemmeno aiutare il tuo carissimo amico Daniel?» fece in tono fintamente offeso.
Stavo giusto per rispondergli, quando la Palmieri, italiano, fece il suo ingresso.
«Greco, ancora in piedi? Siediti di fianco a Franchi» ordinò appena entrata a Daniel, notando che era ancora in piedi, il quale imprecò sottovoce – ne sono sicura – e andò a sedersi quindi a fianco di Franchi, meglio conosciuta come Susanna.
La Palmieri andò quindi a sedersi sulla comoda sedia della cattedra e consultò il registro, mentre qualcuno bussava alla porta.
«Avanti, prego» detto questo, entrò un ragazzo.
«Scusi il ritardo, professoressa» disse quello con le gote arrossate, probabilmente per la corsa fatta per arrivare in classe.
Ma, aspettate... Questo ragazzo non l’avevo mai visto, non era della mia classe, ne sono certa.
O, per lo meno, non era ancora della mia classe.
Però... Aveva un volto familiare, ne sono certa.
Capelli castani, un “normale” castano si potrebbe definire, occhi verde acqua e non particolarmente dotato a livello fisico.
Niente di osceno, niente di eclatante, insomma.
Ma... Il suo abbigliamento! Mio Dio, quello fu il momento peggiore di tutta la mia esistenza, avrei potuto giurarlo mille e più volte.
Lui era... Non avevo nemmeno il coraggio di pensarlo.
Insomma, la camicia era un’altra, ma i colori psichedelici c’erano in troppa quantità comunque, questa volta era aperta per mostrare una maglia scura con la già vista scritta Star Trek.
I jeans strappati erano lunghi fino alla caviglia e le scarpe... solo il pensiero mi faceva venire la nausea: giallo fluo! Insomma, vi rendete conto? Era lui.
Era lui, di sicuro.
Nonostante indossasse un paio di occhiali piuttosto grossi di un odioso blu elettrico, era lui.
Era l’obbrobrio ambulante della libreria.
Era il ladruncolo della Divina Commedia.
Odioso essere a cui non avevo dato molta importanza, perché, ovviamente, come caspita potevo pensare che lui avrebbe frequentato il mio stesso liceo, addirittura la mia classe?
«Non c’è problema, è solo l’inizio» rispose comunque la professoressa, con tono pacato.
«Ragazzi, ho il piacere di presentarvi Edoardo De Santis, che sarà il vostro nuovo compagno di classe. Vediamo ora dove sistemarti... ma guarda! C’è un posto libero a fianco di Mari, un’eccellente compagnia per iniziare l’anno. Prego, vai pure a sederti» detto questo, il signorino andò quindi di fianco alla Mari.
Ah! Dimenticavo una cosa: la Mari sono io.
Io, esattamente io, nientemeno che Nathalie Mari in – poca – carne ed ossa.
Qualcuno mi spiega perché non mi ero decisa a far sedere Daniel in fretta?
Almeno avrei evitato un mal di testa per via di quegli psichedelici colori con i quali era vestito quell’orrore... ehm, volevo dire, Edoardo.
Mentre il suddetto stava sistemando il suo zaino, vidi con la coda dell’occhio che Daniel lo stava guardando nel peggiore dei modi e Susanna tratteneva a stento una grassa risata.
Quando finalmente si sedette, mi chiesi se mi avesse riconosciuto, anche se ne dubitavo fortemente.
«Direi che è ora di iniziare la lezione. Prima di tutto, quanti di voi sono riusciti a reperire la Divina Commedia?» chiese la Palmieri curiosa.
Ottimo, davvero, io non ci ero riuscita e la causa era di fianco a me.
Va bene, va bene... Ero stata anche io negligente, lo ammetto.
In ogni caso, molti alzarono la mano, tra cui lo pseudo-camaleonte impazzito che avevo a fianco.
«Direi che coloro che non hanno alzato la mano potrebbero stare in coppia con qualcuno che ha già il libro. In più faremo diverse ricerche sui temi principali della commedia, per cui metterò tutti in coppia» detto questo iniziò ad analizzare le possibili coppie, mentre io per la prima volta nella mia vita speravo che mi avrebbe messo in coppia con Susanna o addirittura quello scansafatiche di Daniel, piuttosto che con... beh, piuttosto che con quell’individuo seduto di fianco a me.
Insomma, sarebbe stato il colmo, se ciò fosse accaduto, non credete?
Era già successo l’inimmaginabile, per cui le mie speranze erano andate bellamente a quel paese.
«...Franchi con Costanzi, Marcori con Rossi... Direi che Greco è meglio che stia con Mari e...» esultai mentalmente, all’affermazione della prof.
Insomma, forse questa volta avevo davvero avuto quello che si chiama colpo di fortuna!
Badate bene: ho detto forse.
Perché? Perché mancava soltanto il “camaleonte” all’appello e, probabilmente, avrei dovuto ricredermi per quanto riguarda il colpo di fortuna.
«... De Santis, con te siamo dispari in classe» affermò la Palmieri stupita.
Ecco, avete visto? Lui aveva rovinato tutto, lui non doveva esserci!
Cercai di calmare i miei nervi, dopotutto non avevo motivo di incazzarmi in questo modo con un tipo che non conoscevo nemmeno.
Eppure, la sua presenza mi irritava in modo atroce, non capivo il motivo di questa ostilità senza giustificazione, però.
«Bene, non credo che vorremo lasciare il nuovo arrivato da solo, giusto ragazzi? De Santis e Mari assieme»
Guardai di sbieco la prof. scuotendo impercettibilmente la testa.
Tutto ciò era uno scherzo, non poteva essere altrimenti.
Prima la libreria e poi fare coppia fissa per italiano? No, ma stiamo scherzando?

I miei pensieri vennero interrotti dal suono della campanella.
Già finita l’ora? Che velocità!
Non mi ero accorta di quanto tempo fosse passato, ma per una volta meglio così, dovevo ancora rendermi bene conto di ciò che era accaduto.
«Wow, non so chi dei due è più sfigato» sbuffò Daniel sedendosi sul mio banco senza complimenti.
«Sssh, non so se hai notato, ma è qua» lo rimproverai sottovoce per il suo commento, dato che Edoardo era ancora seduto al suo posto di fianco a me, con le braccia incrociate e un’espressione alquanto annoiata.
«Non hai idea di quanto me ne possa fregare, Nathalie. Mi ha fottuto il posto e addirittura un buon voto assicurato, cosa dovrei fare? Stare zitto?» rispose irritato.
«Non vorrei intromettermi in una conversazione tanto intima, ma, non so se hai presente che è stata la prof. a decidere le coppie» Edoardo prese parola, con un tono sfacciato e più saccente del dovuto.
Daniel alzò le sopracciglia, le pupille dei suoi occhi si dilatarono, lasciando intravedere solo un sottile anello verde delle sue iridi.
«Tu. Se vuoi sopravvivere qua vedi di stare il più muto possibile» rispose Daniel, mentre io trattenevo a stento quattro risate.
«Oh, beh, sto tremando, giuro» alzò le mani in segno di resa, ovviamente palesemente finta, con un tono fin troppo ironico.
Daniel mi guardò, come per dirmi: “Lo gonfio ora o più tardi?” mentre io dissentivo continuamente con la testa, soffocando come sempre una risata.
«Ti salvi solo perché tra poco arriva la prof. di inglese» lo fulminò e scostò lo sguardo dalla sua figura, forse per evitare il mal di testa per i colori psichedelici della camicetta di Edoardo.
«Che razza di personaggio» si rivolse a me Daniel, a bassa voce però.
Mio malgrado, non potevo che dare ragione a lui, ma allo stesso tempo essere in qualche modo imparziale.
Insomma, per quanto questo tizio potesse starmi veramente in mezzo alle palle, che, grazie al Cielo, non ho, non potevo mostrarmi subito restia, come aveva fatto quel geniaccio di Daniel, nei suoi confronti.
Senza contare il fatto che non lo conoscevo, magari aveva un carattere migliore del suo modo di vestire, chissà.
O magari no.
In ogni caso, non potevo fare nulla contro la mia sorte appena segnata.
Contro il mio incubo appena iniziato, la mia barzelletta ancora agli esordi.
«Il tuo fidanzato è sempre così suscettibile?» mi chiese sottovoce, una volta che Daniel se ne tornò alla propria postazione.
Un riso breve mi sfuggì.
Lui, Daniel Greco, il mio... fidanzato?
Non potei fare altro che chiedermi quante incantevoli canne si potesse essere fatto stamattina quel ragazzo.
Insomma, Daniel sarà anche bello (a detta di Susanna è così, ma, diciamocelo, quanta capacità di intendere e di volere ha quella ragazza?), simpatico e tutto ciò che volete, ma, suvvia, una cosa del genere è semplicemente inconcepibile.
Daniel è un amico, al massimo, se proprio vogliamo esagerare.
Oh, beh, va bene, lo ammetto! È il mio migliore amico, anche se litighiamo più spesso di due fratelli.
«Daniel non è il mio fidanzato» risposi semplicemente, guardandolo come per dirgli: “Insomma, la figura di merda l’hai fatta”.
«Beh, scusami, il fatto che gli abbia fottuto il posto di fianco a te mi ha fatto volare la fantasia» a quel punto non sapevo se prenderlo a schiaffi o ridere assurdamente.
Che cazzo vuol dire che “gli ha fatto volare la fantasia”?!
Oltre che vestirsi peggio di un clown, parlava anche in modo assurdo, con le sue espressioni di dubbio gusto e di dubbio senso.
«Mi spiace per la tua fantasia, ma il solo pensiero di Daniel come “fidanzato” mi fa venire la pelle d’oca. E, fidati, è così» risposi, cercando di essere abbastanza gentile, giusto per non farmene una spina nel fianco già al suo primo giorno.
«Oh, beh, in ogni caso s’è incazzato in modo assurdo il tuo amico» disse, cercando di cambiare in qualche modo discorso.
«Daniel è piuttosto irritabile e irritante, aggiungerei leggermente lunatico e, fidati, non perderà occasione di sfotterti » scrollai le spalle, insomma, io cosa potevo farci? Se Daniel era un tipo altamente irritabile, di certo colpa mia non era.
O forse in parte sì, dato che spesso lo provocavo con battutine sarcastiche e ciò non faceva altro che accrescere la sua irritabilità.
Edoardo alzò le sopracciglia e non proseguì ulteriormente il discorso, anche perché la cara prof. di inglese era appena entrata.
Insomma, la mia “allegra vita” era appena iniziata.

L’ora successiva passò in fretta, e, finalmente arrivò la ricreazione.
Anzi, dovrei dire “purtroppo” più che “finalmente”.
Perché? Oh, beh, l’intervallo era una specie di avventura nella giungla nera, per me.
Rischiare di essere tranciata viva ogni due secondi , data la mia penosa altezza e minutezza, non era per niente piacevole.
Uscii comunque dalla classe, anche se sapevo che non sarebbe stato facile farsi strada tra quei corridoi e scale sovraffollati.
Avevo appena sceso le scale quando mi accorsi che Daniel e la sua cricca erano a circa due metri.
«Oh, la Mari da queste parti? Non sa che è pericoloso scendere le scale?» questo era Leonardo, uno degli amici di Daniel e, forse, il più odiato da me.
«Su, Leo, non sfottere Nathalie, che ti fa nero poi» disse Daniel ironico.
«Ma io stavo solo scherzando, vero piccola?» mi diede un buffetto sulla guancia, come spesso faceva per farmi irritare.
Il fatto che usasse quell’appellativo su di me, poi, mi faceva diventare isterica.
«Leonardo, quante volte ti ho detto di tenere le mani a posto?» lo fulminai, sotto lo sguardo divertito degli altri.
«Oggi sei peggio del solito, sempre che questo sia possibile, che è successo? Svegliata male?» questa volta intervenne il già citato Emanuele, un altro grande amico di Daniel.
«Magari ti è venuto il mal di testa a forza di fissare la camicetta di quel coglione che ti ritrovi di fianco» commentò Daniel con una punta di disprezzo.
«Aspetta, intendi quel tipo di cui ci stavi parlando?» chiese Leonardo.
«Sì, Leo. E dovresti vederlo! Si farà più canne di te per vestirsi in quel modo» rispose Daniel ridendo.
«Divertente, Dani, ma qui l’unico che è più fumato del dovuto sei tu» lo canzonò Leonardo.
Insomma, era in corso una conversazione altamente intellettuale, non credete?
«Oh, mai quanto te. Per caso sono io quel disperato che va dietro alla Simonetti di 4^C?» rispose Daniel di rimando.
Leonardo lo fulminò, mentre io scoppiai in una risata silenziosa, giusto per non ricordare loro che ero presente anche io, insomma, a volte essere più minuti della norma ha i suoi vantaggi.
In ogni caso la citata ragazza era una certa Arianna Simonetti, di 4^C, con cui rare volte avevo parlato ed ero giunta alla scientifica conclusione che sotto a quella massa di capelli biondi (non per mettere il dito nella piaga, ma palesemente ossigenati), di materia grigia ce n’era ben poca
«Finiscila Daniel, pensa per te, che vai dietro alla Scampi di 3^E» gli rispose beffardo l’altro.
«Sabrina Scampi? Leo, non sparare cazzate, lui va dietro alla Mari, lo sanno tutti» aggiunse Emanuele, facendomi storcere il naso.
Avrei voluto tirargli uno schiaffo o qualcosa del genere, ma decisi di rimanere nel mio mondo silenzioso e non ricordare a quei tre che io, Nathalie Mari, ero presente, giusto per ascoltare qualche altra idiozia di quei tre.
«Nathalie? Dani, come sei caduto in basso...» lo canzonò Leonardo, con evidente allusione alla mia altezza.
«Manu, non mettere in mezzo Nathalie. È già tanto che non le ho detto della cotta che hai per lei dalla prima» disse Daniel dando una pacca compassionevole ad Emanuele.
Io, intanto, ridevo silenziosamente.
Insomma, com’è possibile non accorgersi della presenza di una persona?
Il fatto che stessero parlando di me, però, non mi rallegrava più di tanto.
«Ti ho detto solo che era carina, non che mi piaceva, idiota» si difese Emanuele, mentre Daniel annuiva sarcastico.
«Carina? Scherzi, Manu? Quella sì che è una bomba, perbacco. Me la farei due volte se potessi, giuro» rispose Leonardo, con un tono che io reputai sarcastico.
O, almeno, speravo fosse sarcastico.
A quel punto decisi che era meglio ricordare la mia presenza ai tre: già ridevo immaginandomi la faccia che avrebbe fatto Leonardo, o anche Emanuele.
Non che quello che pensassero di me mi importasse, dopotutto non sono nulla, io.
Sono una piccola pulce, un punto bianco su sfondo nero.
Non mi diverto come i ragazzi della mia età, non penso come i ragazzi della mia età, non sembro una ragazza della mia età.
Non sono alta, ma non è semplicemente questo, il fatto è che ho proprio la faccia di una più piccola di almeno tre anni.
Nonostante ciò, non mi sono mai fatta crucci su questo, alla fin fine ciò che conta è la tua materia grigia, non il tuo aspetto.
«Ehm – cercai di attirare la loro attenzione – tutto molto interessante, davvero» conclusi la frase, mentre Daniel mi sorrise.
Lui non si era dimenticato di me, lui aveva fatto andare avanti in quella direzione il discorso, mentre gli altri due non si curavano di me.
Furbo, il ragazzo.
Noi eravamo complici in tutto, anche se litigavamo assiduamente e vedevamo le cose in modo completamente differente, dovevo ammettere che c’era qualcosa che univa i nostri modi di pensare.
Intanto Emanuele era lievemente arrossito, mentre Leonardo aveva un’espressione alquanto indefinibile per me.
«Allora, Leo, due volte, dici? Non è che poi ti consumi?» sapevo di star usando un tono odioso unito ad uno di quei ghigni sarcastici che mi venivano tanto bene e vedere la faccia di Leonardo che sbiancava mi riempiva di una malsana gioia.
Ma, no, evidentemente era solo sorpreso di essersi dimenticato della mia presenza, perché si riprese in fretta e si mise addirittura a ridere.
Alzai un sopracciglio.
Insomma, il tutto è comico, molto comico.
Per me, almeno.
«Ma guarda un po’, come ho fatto a dimenticarmi della presenza della cara Nathalie? Daniel, tu ne sapevi qualcosa, per caso?» chiese ironico, mentre continuava a tenermi gli occhi addosso.
«Suvvia, Leo, che interesse dovrei avere a fare una cosa del genere?» si giustificò Daniel con nonchalance.

La campanella suonò, finalmente.
Un intervallo così, sì che è costruttivo, non pensate?
«Oh, beh, io mi dirigerei in classe, non vorrei arrivare in ritardo» sentenziai, facendo per andarmene.
Daniel mi seguì a ruota, salutando Leonardo e un Emanuele un po’ frastornato.
«Allora, divertente conversazione, eh?» disse, mentre salivamo le scale per arrivare in classe.
«Non sai quanto. Dimmi che era tutto uno scherzo, però» risposi ridendo.
«No, Manu è diventato rosso fino alla punta dei capelli, non l’hai visto? Anche se è strano, di solito a lui piacciono quelle... Ehm, quelle con più roba, non so se mi spiego...» disse Daniel gesticolando, anche se avevo capito benissimo cosa intendeva.
Insomma, mi sorpresi parecchio della delicatezza con cui lo aveva detto, dato che per quanto riguarda il linguaggio lui e i suoi compari non si preoccupavano più di tanto di sembrare inoffensivi.
«Capisco benissimo, non c‘è bisogno che usi le parole col contagocce» sibilai fulminandolo.
«In ogni caso... Credo ti trovi interessante, nient’altro... Ma ormai li conosci, sono dei coglioni e, soprattutto Leo, ci proverebbero con ogni ragazza» rispose, alzando le spalle.
Certo, come se lui non facesse lo stesso, pensai.
In ogni caso, la nostra allegra conversazione venne interrotta, poiché eravamo arrivati in classe.
Andai a sedermi al mio posto, notando con disgusto che il mio caro amico Pappagallo era già al suo posto, intento a dare una pulita ai suoi deliziosi occhiali blu elettrici.
La prof. entrò in fretta, avevamo filosofia.
Scoprii presto che la prof. aveva una strana ammirazione per Edoardo, cosa che, per qualche strano motivo, non mi sorprese granché.

Per fortuna passò abbastanza in fretta l’ora e ci ritrovammo fuori dal cancello della scuola in poco tempo.
«Ehi!» eravamo poco fuori dal cancello, mi stavo dirigendo alla fermata del bus, quando qualcuno mi chiamò.
Mi voltai.
Era il Pappagallo, il Ladro di Commedie, il Signorino Star Trek, meglio conosciuto come Edoardo De Santis.
«Cosa c’è?» mi fermai, attendendo che mi raggiungesse.
Cosa voleva adesso?
Quando mi raggiunse, riprese un attimo il fiato e parlò:
«Per la ricerca di letteratura. Come facciamo?»
Accidenti! La ricerca! Me n’ero completamente scordata!
«Non so, tu cosa proponi?» chiesi, cercando di calmare i miei nervi.
«Puoi venire da me, se non è un problema. Ho un Mac da paura, te lo assicuro» rispose, con un tono fin troppo esaltato per i miei gusti.
Detto questo, non mi lasciò nemmeno il tempo di rispondere, che prese un foglietto e scrisse il nome di una via.
«Tieni. Oggi alle quatto. E vedi di non perderti!» scappò via, porgendomi il foglietto.
Va bene, tutto ciò era molto interessante.
Tutto ciò era appena l’esordio della barzelletta.
Non era ancora nulla, quello.
Ancora nulla.
   
 
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