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Autore: HollyMaster    25/10/2013    4 recensioni
Questa fanficiton si svolge dopo la 4x09 (l’ultima puntata prima della pausa di Natale), quindi niente Silas e tutto il resto, ma comunque è ambientata un tantino dopo…
Elena è stata curata dall’asservimento e altre cose sono successe da quella puntata all’inizio della mia fanfiction ma verrà tutto ben spiegato.
Dal secondo capitolo: "-Cosa? Tu l’hai tolto ricordi?- Elena si era fiondata in piedi e ora urlava contro l’amica.
-Io ho fatto un incantesimo per farti agire e pensare di testa tua. Non ho fatto nulla per impedire al tuo corpo di rispondere in modo positivo agli stimoli che Damon ti manda.- Cercò di spiegarsi Bonnie.
-Cosa significa?- Ora anche Damon era in piedi al fianco della vampira dai capelli cioccolato.
-Che probabilmente hai detto qualcosa tipo: “Potremmo avere un bambino.” E il corpo di Elena ti ha obbedito. [...] -Il problema c’è Elena. Il tuo bambino sarà sotto totale asservimento di Damon. Sempre.- [...] -C’è un modo per riuscire a togliere l’asservimento?- Chiese Damon, lo sguardo che pregava ci fosse una soluzione che non implicasse il dover uccidere il bambino o peggio, Elena.
-Una soluzione c’è.- Disse Bonnie facendo calare ancora più silenzio in quella casa."
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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VIII.

Se elimini l’impossibile, qualunque cosa rimanga, per quanto improbabile, deve essere la verità. Star Trek

 

Love Song Requiem – Trading Yesterday

 

 

 

-Hai fatto ciò che ti ho chiesto?- Chiese una voce femminile nella semioscurità.

-Certo. Klaus ha saputo della cura. E’ già nelle sue mani.- Rispose una bassa voce maschile.

-Spero che almeno l’abbia nascosta.- Commentò con un pizzico di acidità la voce femminile che si era fatta più acuta.

-Ovvio. Di certo però non si aspettava che la cura fosse così…-

-Pericolosa?- Chiese la voce femminile nuovamente acuta interrompendo quella maschile.

-Sicuramente la tua idea di dare alla cura una nuova forma è stata efficace.- Si complimentò lui facendo qualche passo verso di lei e sentendola sorridere soddisfatta.

Quando nessuno dei due parlava l’unico rumore che regnava nell’oscurità di quella notte era il silenzio, nemmeno i respiri dei due potevano sentirsi.
La luce di una candela illuminava un angolo dove nessuno dei due aveva la stoltezza di dirigersi. Nessuno doveva vederli, ancora di più se erano insieme e di certo portarsi davanti al riflesso della luce non era il metodo migliore per non essere scoperti.

-Ci sta portando Caroline, al nascondiglio, le darà la cura e puoi stare certa che finirà nella mani di Damon e lui cercherà in ogni modo di darla al piccolo.

Io ho fatto la mia parte, ho detto a Klaus dove si trovava la cura. Ora, puoi assicurarmi che avrò la mia ricompensa?- Chiese lui. Conosceva bene la ragazza con cui stava parlando ma sapeva altrettanto bene che non poteva fidarsi di nessuno, soprattutto se si trattava di qualcuno che viveva a Mystic Falls.

-Non appena il piccolo asservito diventerà un umano, io ti giuro che avrai ciò che desideri, tutto ciò che mi hai chiesto e nessuno potrà più portatelo via.- Rispose la figura femminile sorridendo malignamente e avvicinandosi all’angolo in cui la candela si stava lentamente consumando.

Avvicinò il viso alla fiamma che illuminò per un solo, breve istante, un ciuffo di capelli neri, dopodiché si spense lasciando i due nell’oscurità più completa.

-Chiamami quando avrai degli aggiornamenti.- Lo esortò lei mentre un nuvolo di fumo le saliva fino a sfiorarle le guance e farle lacrimare gli occhi.

-Puoi starne certa.- Rispose la voce maschile seguita da un rumore di passi che si allontanavano e poi solo silenzio ed oscurità.

 

***

 

Probabilmente andare lì lo faceva solo stare peggio, ma era come se ne avesse bisogno, come se una forza antica e potente come la sua anima lo trasportasse lì ogni volta che usciva di casa. Qualcosa che non poteva fermare, qualcosa che infondo non voleva fermare.

L’appartamento di Alarick non aveva nulla che assomigliava alla lussuosa tenuta dei Salvatore. Arroccato alla fine di una lunga scala, al fianco di un altro appartamento altrettanto inadeguato alla vita di chiunque. Chiunque che non fosse Alarick, perché lui ci era sempre stato bene. Non che ci avesse mai fatto qualcosa di più che dormire e mangiare ogni tanto una pizza da asporto, ma era casa; tutta quella proprietà urlava il nome di quell’uomo, dal letto ancora sfatto e che probabilmente era ridotto in quel modo la maggior parte del tempo, all’armadio colmo di vestiti indossabili, almeno secondo Damon, che nascondeva un piccolo cassettone strapieno di armi che si sarebbero rivelate letali se usate contro un vampiro.

Era tutto rimasto così come lui lo aveva lasciato. Damon non si era mai preso la libertà di toccare nulla.
Semplicemente entrava e si sedeva contro la porta osservando la stanza e immaginandosi l’amico che correva avanti e indietro al telefono, intento a trovare un  modo per calmare Elena, che riteneva quasi come una figlia, o disteso sul letto, ancora con i vestiti addosso, dopo che lo aveva diligentemente riportato a casa invece che lasciarlo marcire in un bar dove si stava crogiolando sui problemi con la ragazza che amava.
Pensava a Jenna e alla possibilità che se un paradiso doveva esistere, beh allora doveva esistere per loro due, solo per farli rincontrare, perché se Damon non avesse avuto un’eternità da vivere con Elena sulla terra, allora avrebbe voluto vederla almeno dopo la morte, perché Jenna era l’Elena di Alarick.
Così anche quel pomeriggio si era ritrovato seduto sul pavimento di quel appartamento che non vedeva una finestra aperta da fin troppo tempo. L’odore ristagnante del chiuso si mischiava al profumo di lui, che ancora aleggiava nell’aria. Spesso Damon si chiedeva come fosse possibile, ricordava a stento i tratti di quel viso che troppo spesso aveva visto sfuocato dall’alcool, ma il suo odore non aveva ancora lasciato l’appartamento.
Non sapeva per quale ragione ma faticava a dire a Elena dove passava gran parte dei suoi pomeriggi. Non voleva che lei potesse vedere le sue debolezze e Alarick era stata una di queste e nonostante tutto continuava ad esserlo.

Passava gli occhi da un mobile ad un altro, tentando di catturarne ogni minimo dettaglio, ogni minima scalfittura nel legno o qualche segno che potesse farlo concentrare su come si fosse formato cercando così di immaginarsi un Alarick maldestro che rovinava involontariamente il suo stesso mobilio.
Ancora non aveva mai parlato alla stanza vuota. Lo aveva fatto, in passato. Ora gli sembrava solo di essere uno stupido e il non ricevere nessuna risposta lo faceva solamente stare peggio, gli riconfermava ogni volta ciò che già sapeva, che il suo amico non sarebbe mai più tornato, che non avrebbe mai visto suo figlio crescere. Glielo avrebbe voluto dire, della gravidanza di Elena, si sarebbe voluto godere la sua reazione. Sarebbe certamente stato sorpreso, all’inizio, ma poi gli avrebbe fatto i complimenti e sarebbe partito senza fare domande alla ricerca della cura, compito che era stato affidato a Caroline, ma che, Damon ne era sicuro, Alarick avrebbe svolto molto meglio e senza vendersi a Klaus in nessun modo.

Si sedeva lì e semplicemente osservava una stanza vuota.

 

***

 

Camminavano già da un po’, da molto più di quanto Caroline volesse ammettere. I suoi muscoli stavano cominciando a indolenzirsi e dato che lei era una vampira, significava solamente una cosa: erano in viaggio da veramente tanto.

Continuava a seguirlo, stando qualche passo dietro di lui. Non si erano rivolti parola per l’intero viaggio. Dopo quel fatidico bacio fra loro era caduto un silenzio imbarazzante che sembrava nessuno dei due volesse rompere.

Caroline orgogliosa com’era l’aveva presa come una sfida e di certo non avrebbe nemmeno nominato i crampi che stavano cominciando a farle urlare i polpacci coperti da un paio di stivali alti fino al ginocchio, neri e dal tacco spropositato, che di certo non erano stati ideati per partire alla ricerca di una cura che sembrava essere ben nascosta.

-Non ti lamentare!- La ammonì lui. A volte sembrava che riuscisse a leggerle nel pensiero.

-Io non ho detto niente.- Le ricordò lei felice di poter interrompere quel silenzio che si era protratto anche troppo, senza perdere la sfida.

-Giusto, ma i tuoi sbuffi non sono stati altrettanto silenziosi.- Non le era sembrato di aver sbuffato. -E penso che gli sbuffi valgano come “interruzione del rumore”. Mi dispiace cara, ma questa sfida l’ho vinta io e direi che come premio un bel bacio non me lo toglie nessuno.- Era imbarazzante il modo in cui lui riusciva a leggerle dentro. Era come se avesse letto il manuale “Come capire Caroline Forbes”. Se lo immaginava durante una solitaria nottata insonne che aveva passato a sfogliare le pagine del manuale davanti ad un camino acceso.

Scrollò le spalle e con un passo più lungo, al quale le sue gambe le ricordarono dei crampi, lo raggiunse.

Negare che nella sua testa si stesse svolgendo quella sfida era ridicolo. Lui sapeva di avere ragione.

-Quanto manca ancora?- Gli chiese, questa volta sbuffando sonoramente, facendo apparire sul suo volto un sorriso.

-Non molto. Ma preferirei che tu smettessi di lamentarti. Non sono di piacevole compagnia quando sono innervosito, e i tuoi continui sbuffi mi infastidiscono.- Le spiegò lui mentre il sorriso scompariva dalle sue labbra.

Caroline scosse la testa e tornò a rallentare il passo finendo nuovamente a dovergli arrancare dietro. Quando mai era stato di buona compagnia durante quel viaggio?

-Posso capire perché tu voglia salvare il piccolo dall’asservimento, ti senti vicina a quel bambino, ti senti come una sua seconda madre per lui. Sai che non potrai mai esserlo, questa è la tua possibilità.- Aveva continuato a camminare, spostando lo sguardo dalle sue scarpe all’orizzonte che si prospettava davanti a loro.

-Come lo sai?- Caroline voleva proprio conoscere l’autore di quel manuale. Nemmeno la sua stessa madre l’avrebbe capita così profondamente. Era sempre andata fiera della sua capacità di apparire superficiale e priva di emozioni umane davanti a chiunque, ma ora si trovava a davanti a l’unico che aveva, evidentemente, letto questa enciclopedia di cui lei era totalmente all’oscuro. Ora si trovava completamente priva di quel muro che si era costruita, quello che nessuno aveva mai oltrepassato, non Matt; Tyler era riuscito solo a scalfirlo, ma Klaus, lui aveva rimosso con facilità un mattone e tutto era crollato.

-Anche io mi sento così, a volte. Ovviamente se qualcuno dovesse chiedermi qualcosa negherei fino a strappare il cuore dal petto del povero malcapitato, ma, a volte, ci penso anche io. Sai, a come sarebbe avere un figlio, anche se so benissimo che non succederà mai.-

Caroline lo ascoltò attentamente e pensò molto prima di parlare. Non voleva risultare stupida oltre che incapace di trattenersi dal lamentarsi.

-Tu sei un ibrido. Tu puoi avere figli, come Tyler.- Il problema era lei, non il mondo che la circondava. Era lei a non poter diventare madre, e come al solito era stata Elena ad essere graziata da questa specie di maledizione.

-Ma ho il suo stesso problema…- La sorprese lui voltandosi improvvisamente per poter perdere il suo sguardo negli occhi di lei.

-Quale? Quale problema?-
-L’unica donna che ritengo degna di diventare la madre dei miei figli non può avene. Sai, lei è una vampira.- Le riservò un sorriso sghembo per voi voltarsi nuovamente incamminandosi verso l’orizzonte.

-Un’ultima cosa.- La spiazzò lui. Si era aspettata che dopo quella rivelazione lui non le parlasse per il restante viaggio, ma evidentemente, era stata solo lei ad arrossire e imbarazzarsi al punto di volersi sotterrare a quelle parole.

-Quando la vedrai promettimi di non dare di matto.- All’inizio Caroline pensava ad uno scherzo ma dopo averlo visto fermarsi e voltarsi verso di lei con lo sguardo fisso, capì che non lo era.

-Dovrei dare di matto?- Chiese senza capirlo, fermandosi a sua volta.

-Diciamo che non immagineresti mai la cura in questo modo.- Si limitò a dire lui senza distogliere lo sguardo da lei.

-Tu che ne sai di cosa mi immagino io?-

Klaus si limitò ad alzare un sopracciglio per poi decidersi a parlare. -Non ti ho ancora dato abbastanza prova di capirti, cara?-

Caroline ripensò alle parole che Klaus le aveva rivolto poco prima. Lui la capiva come nessuno era mai riuscito prima e lei sapeva che il merito non era di nessun manuale, perché nessuno sarebbe mai riuscito a scriverlo. Nessuno tranne lui.

-Quindi niente pozione verdeggiante, puzzolente e piena di bolle?-  Chiese lei facendolo sorridere nuovamente. Non avrebbe mai ammesso davanti a Klaus che lui la conoscesse così bene da percepire i suoi pensieri ancora prima che si formassero nella sua mente.

L’ibrido ricominciò il suo percorso con la vampira subito dietro.

-No, niente pozione verdeggiante, puzzolente e piena di bolle.-

 

***


Da quando avevano dipinto le pareti della stanza Elena era uscita solo per comprare oggetti da buttarci dentro. Ogni giorno entrava e vedendone la disposizione decideva di cambiarla; la culla era troppo vicina alla finestra, il piccolo avrebbe preso freddo; il fasciatoio era troppo vicino alla porta e la puzza dei pannolini pieni avrebbe raggiunto il soggiorno o semplicemente il quadro appeso il giorno prima era improvvisamente diventato inabbinabile con le pareti.

Correva fuori e dentro come una trottola trasportando ogni tipo di oggetto e ogni volta, dopo aver nuovamente sistemato la stanza chiamava Damon per mostrargli gli ultimi progressi.

All’inizio era stato ben felice di quel ruolo, di vedere l’allegria nel volto di Elena, ma giorno dopo giorno aveva capito che quella specie di passatempo era diventata un’ossessione per la vampira. Non avrebbe mai creduto che ci fossero così tante possibilità di inter cambiare quei pochi mobili che potevano servire ad un neonato.

Damon aveva capito che tutto quel lavorare serviva a Elena per tenere a freno i suoi pensieri, che, altrimenti, si sarebbero sempre rivolti a Caroline e al suo viaggio verso la cura.

Il tempo stava per finire ed era facile capirlo; la pancia della ragazza era così gonfia che sembrava fosse sul punto di scoppiare e la pelle in quella zone era tesa e tirata e mostrava le sottili vene bluastre. Quasi stonava con la sottigliezza delle gambe della ragazza e con la sua figura, altrimenti, asciutta.

Quando, dopo la decima volta in quel giorno che lei lo chiamava al piano superiore per mostrargli nuovamente la stanza, Damon decise che aveva visto già abbastanza.
Si precipitò su per le scale e non appena arrivato nella camera la prese in braccio, come era solito fare quando voleva trasportarla contro la sua volontà. Con un braccio le cingeva le spalle mentre l’altro sorreggeva le sue gambe all’altezza delle ginocchia.

Il suo petto fu colpito diverse volte dalle mani di Elena che tentava di divincolarsi da quella stretta, ma nemmeno le sue urla di disapprovazione lo fermarono. La sistemò nel sedile dell’auto per poi sedersi al posto di guida e mettere in moto.
-Cosa stai facendo?- Chiese lei con un tono acuto di rimprovero.
-Ti porto via da quella stanza. Tra poco tornerai alla disposizione originale e potrei finire con il buttare giù dalla finestra quella bellissima culla.- Si chiarì lui mentre guidava sulla strada deserta.
-Ero già tornata alla disposizione originale. Più di una volta.- Elena fece una smorfia al sorriso di Damon, che continuava a guidare come se nella sua mente fosse ben definita una meta precisa.

Girò il viso per poterla guardare in volto per qualche secondo per poi rimettere gli occhi sulla strada -Allora ho fatto bene a portati via.-

-Diciamo di si.- Sbuffò lei poggiandosi una mano sulla pancia e cominciando ad accarezzarla leggermente. –Ma dove andiamo di preciso?- Chiese mentre cominciava a sentire qualche piccolo calcio di Rick.
-In Georgia c’è un bar che ci aspetta. Penso proprio che dovremmo fermarci lì.- Le sorrise lui ricordandole del primo viaggio in macchina che avevano fatto insieme. Lei non aveva quella pancia enorme, ma lui, allora come adesso, l’aveva salvata, perché era questo che faceva Damon: la tirava fuori dai problemi ogni volta che se ne presentava uno nella sua vita, piccolo o grande che fosse, lui avrebbe fatto qualunque cosa per aiutarla, come aveva fatto quella volta facendola uscire da ciò che era rimasto della sua auto dopo l’incidente.

-Speriamo di non uccidere la proprietaria come l’ultima volta.- Ironizzò lei mentre cominciava a sentire lo stomaco in subbuglio, come se qualcuno lo avesse preso per mano per fargli ballare un tango con tanto di casquè finale.
Damon sorrise scuotendo la testa. –Non penso che si ripresenterà una mia vecchia fiamma. E anche se dovesse accadere penso che tu e Rick facciate abbastanza scena da tenerle tutte lontane.- Elena rispose colpendo la spalla di Damon, mentre la sensazione del vomito cominciava a presentarsi al suo esofago.

-Qualcosa non va?- Chiese lui, visibilmente preoccupato, dopo averle rivolto uno sguardo.

-Ferma la macchina!- Si limitò a dire Elena, una mano già sulla maniglia pronta ad aprire la portiera e scendere alla velocità della luce per non imbrattare i sedili della tanto amata macchina di Damon.

-Mi sembra di vivere un déjà-vu.- Sorrise lui scendendo a sua volta e raggiungendola.

-Io…mi dispia…- Cercò di scusarsi lei, prima di essere investita dal suo abbraccio.

-Ora torniamo indietro, ma tu promettimi di chiedere la porta di quella camera e non riaprirla fino a che non dovrai mettere a dormire Rick lì.- Le sussurrò all’orecchio per poi sciogliere l’abbraccio e guardarla dritta negli occhi in attesa di una risposta.

-Sai che succederà presto, vero?- Lo guardò negli occhi, dritto in quell’azzurro sconfinato per perdercisi ancora una volta.

-Spero proprio perché non ne posso più di questi abbracci a tre.- Sorrise lui guardando verso il basso la grande pancia di Elena che impediva ai loro di corpi di aderire l’uno all’altro.

Lei lo imitò guardando in basso e sorrise.

Era felice.

 

***

 

Si rigirava la cura fra le dita mostrandola a Caroline continuando a guardarle il volto alla ricerca di una sua qualche reazione. Temeva che si sarebbe infuriata, che avrebbe buttato tutto all’aria, che avrebbe cercato di distruggere in tutti i modi possibili la cura. Ma per la prima volta durante quella giornata si trovava ad aver torto su di lei.
Caroline continuava a fissare le mani di Klaus mentre stupore e delusione si mescolavano sul suo volto creando un’unica maschera dura.

-N-non può essere! Come…?- Questa volta aveva subito afferrato il suo pensiero, sebbene lei non fosse in grado di pronunciarlo.

-Non lo so. Spero solo che la vostra streghetta abbia qualche asso nella manica.-

 

 

 

 

Buongiono :)

Finalmente sono riuscita a pubblicare questo nuovo capitolo. Spero che vi piaccia come gli altri e soprattutto di avervi messo un po’ di dubbi addosso. Chi c’è dietro tutta questa storia? Cosa hanno trovato Klaus e Caroline?

I momenti Delena in questo momento più che essere importanti per la trama sono solo molto fluffosi :D

E per concludere penso che ormai il personaggio di Alarick diventi sempre più importante, nonostante sia effettivamente morto.

Come al solito voglio ringraziare tutti quelli che mi stanno seguendo e soprattutto coloro che hanno lasciato una recensione, anche solo per dirmi ciò che pensano.

Un bacione a tutti :)

HollyMaster

 

P.S. So che sono indietro con il rispondere alle recensioni vecchie, ma prometto che domani provverderò :)

 

   
 
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