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Autore: Jolly J    30/10/2013    1 recensioni
“Il fatto era che le bruciava non aver frequentato la scuola speciale. Non ne sapeva niente di incantesimi e cose varie, cosa avrebbe mai potuto fare in quel mondo nuovo? No. Lei stava bene dove stava, ci aveva messo una pietra sopra...”
Ma Maggie dovrà fare i conti con una parte ben più oscura della magia, perché questa a volte risparmia i suoi seguaci.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fenrir Greyback, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Premessa: dunque, ho deciso di scrivere questa storia per mio diletto personale, perché il personaggio mi ha sempre incuriosita (trovo che si presti bene in un contesto del genere e nell’ultimo libro non é stato mai specificato chiaramente che fine abbia fatto) e perchè ho notato che mancava qualcosa del genere...e forse era meglio non intervenire al riguardo, lo so, come so che il lupacchiotto non va molto a genio xD
Ma ho pensato di imbarcarmi in questo esperimento soprattutto per i lettori che vagano al di fuori del sito, visto che non molto tempo fa ero una di loro ;)
Mi scuso anticipatamente se doveste riscontrare qualche errore sfuggito al mio controllo ossessivo - compulsivo, se in seguito alla lettura doveste accusare un attacco di diabete (giudicherete voi se é troppo zuccherosa, troppo simile alla “Bella e la Bestia”, dato che essendo una persona davvero poco incline alle smancerie, la sottoscritta non é affidabile) o in alcuni momenti il vostro stomaco protesti xD
Per quanto riguarda l’IC/OOC ho cercato di mantenermi il più fedele possibile al carattere originale del personaggio, almeno all’inizio, poi insomma è ovvio che scrivendo ci si deve necessariamente allontanare un pò per far evolvere la situazione, ma non troppo spero.
Ok, finito ;)
 

Quella sera faceva particolarmente freddo. Non le andava affatto di uscire, ma Mona aveva insistito tanto. E a Mona Wolbs non si poteva proprio dire di no. Erano cresciute insieme, vicine di casa, ma praticamente sorelle.
Tuttavia ad occhi estranei la sua amica sarebbe parsa...strana.
Sua madre ad esempio non aveva mai approvato il loro rapporto. Giudicava la famiglia della ragazza quantomeno bizzarra e certamente quella non era gente adatta a sua figlia. Avevano una reputazione da mantenere loro. Ma nonostante questo Maggie continuava a disobbedire e condividere con la sua migliore amica quel grande segreto che le aveva sempre legate.
Mona aveva il potere di farla sognare, mostrarle le cose da una prospettiva diversa, molto diversa. Perché Maggie in effetti sapeva bene che non tutto era come sembrava. C’era un’altra realtà, quasi parallela alla prima, quella considerata normale. Una realtà in cui ad esempio l’acqua poteva essere trasformata in un’ottima bevanda al sapore di zucca.
Le due ragazze infatti avevano trascorso pomeriggi interi sorseggiando quel delizioso liquido all’ombra della veranda di casa Wolbs in cui Maggie si recava furtivamente di tanto in tanto. Ma poi, puntualmente come ogni anno, l’estate terminava e Mona le veniva strappata da quella scuola speciale in cui lei non aveva mai avuto il permesso di andare.
La sua amica le raccontava meraviglie di quel posto, magico a tutti gli effetti. Lì dentro i ragazzi potevano portare degli animali con sé, la posta veniva consegnata dai gufi e la gente indossava vestiti strani che Maggie avrebbe indossato solo ad Halloween o feste a tema, basandosi sulle descrizioni che Mona le aveva fornito. Aveva studiato in un grande castello, mentre Maggie aveva frequentato la scuola che le due ragazze avevano scelto insieme prima che la sua amica ricevesse quella fatidica lettera. Buffo come un pezzetto di carta potesse completamente stravolgere un’esistenza: Mona non era stata più la stessa, ma non per questo avevano cessato di essere amiche. Maggie ricordava ancora come la ragazza fosse tornata un anno dopo definendo lei “babbana”. Non aveva capito all’epoca cosa intendesse, ma certamente non poteva trattarsi di un insulto, non dalla sua Mona che pazientemente, le spiegò che il termine stava ad indicare tutte quelle persone che non possedevano poteri magici.
Ma quell’espressione era stata appunto una battuta perché Maggie li possedeva eccome dei poteri.
Aveva ricevuto quella lettera proprio come la sua vicina, ma a differenza dei genitori della ragazza, i suoi non avevano voluto saperne. Stando a quanto diceva sua madre infatti, lei avrebbe dovuto costruirsi da sé un futuro solido e luminoso. Non come quella svampita di Mona. Ma Maggie voleva andare, voleva vedere con i propri occhi la famosa “Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts”. Era stato tutto calcolato, sarebbero partite tra una settimana, insieme come sempre, alla volta dell’ignoto. Una nuova avventura le attendeva.
E invece proprio tre giorni prima della partenza, suo padre era morto. Incidente d’auto.
Non poteva lasciare sola la mamma.
Non sarebbe partita mai.
Mai avrebbe acquistato i libri presenti nella lista, mai avrebbe portato con sé “un gufo, o un gatto o un rospo”, mai avrebbe varcato la soglia del castello, mai avrebbe avuto la sua bacchetta magica e Mona non avrebbe più dovuto tenerle un posto accanto a sé sul treno che sarebbe partito da quell’assurdo binario 9 e ¾ .
Maggie aveva intuito di non essere come gli altri già in tenera età, quando involontariamente faceva cadere degli oggetti dal tavolo con la sola forza del pensiero. Ma la mamma giustificava tutto con le vibrazioni causate dal cantiere accanto. Si, non c’era dubbio: erano le scosse a far cadere quei dannati oggetti.
Ma neanche sua madre aveva potuto ignorare il suo vaso in terracotta preferito, ricordo del viaggio di nozze, che vagava per conto proprio, fluttuando per il salone quando Meggie compì 8 anni. Era evidente che qualcosa non andava e come ogni problema, anche quello andava risolto.
Dal pediatra.
Ma durante la visita non successe proprio un bel niente, quindi a sua madre non era rimasto che chiudere un occhio su tutta quella faccenda. Anche due.
Fu una gioia travolgente scoprire che anche Mona denotava abilità dello stesso tipo. Entrambe infatti, pur conoscendosi da sempre, avevano taciuto la cosa fino ai 6 anni di età per paura della reazione dell’altra. Da quel momento in poi, capirono che non avrebbero mai più avuto segreti tra loro.
La differenza però, era che ogni anno lei l’aveva trascorso ad Hogwarts, circondata probabilmente da gente fantastica e impegnata a riuscire in incantesimi potenti, mentre Maggie aveva continuato a subire equazioni e biologia. Già dopo la partenza di Mona aveva intuito, nel giro di tre giorni, che la sua vita sarebbe stata condannata alla ripetizione di quell’unica domanda: come sarebbe andata se...?
Ma ormai Maggie aveva compiuto 23 anni e le cose stavano come stavano. Ormai era andata così, non c’era più niente da fare, se non accettare quella realtà.
Mona aveva trovato un impiego al ministero, ma non il ministero che Maggie conosceva: era quello che in teoria, a quanto aveva capito, regolava il mondo che la sua amica definiva “magico”. Si occupava di qualcosa che aveva a che fare con il trasporto di quella che ormai era la sua gente. Lei invece aveva dovuto accontentarsi di un misero impiego come cassiera in un supermercato. Ammetteva di provare una punta di invidia a volte nei confronti di Mona, ma era sua amica e come tale, aveva più volte incoraggiato Maggie ad abbandonare tutto ciò che lei conosceva e aveva di più caro al mondo per seguirla nell’altra realtà.
Ma Maggie non se la sentiva e dopo varie occasioni in cui scoccava alla ragazza un’occhiataccia ogni volta che si entrava in argomento, quella smise di sollecitarla in tal senso. Il fatto era che le bruciava non aver frequentato la scuola speciale. Non ne sapeva niente di incantesimi e cose varie, cosa avrebbe mai potuto fare in quel mondo nuovo? No. Lei stava bene dove stava, ci aveva messo una pietra sopra e Mona avrebbe dovuto mettersi l’anima in pace.
L’amica non sapeva però che in realtà Maggie conservava ancora la lettera che provava le sue straordinarie doti. L’aveva messa lì, schiacciata sul fondo del suo portagioie. Mai dimenticata del tutto.
 
Cercava di riordinare in fretta le sue cose, mentre la mamma continuava a gridarle come un’ossessa che Mona era alla porta.
"Arrivo!" sbuffò la ragazza irritata.
Ma perché quella donna urlava sempre? Ormai era sorda, ma non lo avrebbe mai ammesso.
Andò in salone.
"Senti, ci vediamo la settimana prossima. Ora me ne torno a casa." le disse la mamma distrattamente, mentre raccoglieva i capelli nel solito chignon.
"Ok, ma sta attenta in metro, c’é brutta gente in giro. Ti chiamo domattina, ora vado." riprese Maggie, baciando sua madre sulla guancia e affrettandosi verso la porta.
Poco dopo, aprì la porta ad un’impaziente Mona.
"Ce l’hai fatta" la accolse.
"Si, scusa...mia madre." disse lei, come se quello fosse più che sufficiente a spiegare tutto.
Mona ridacchiò, poi la prese sottobraccio e insieme si avviarono nella direzione da cui proveniva la musica.
"Stasera voglio solo rilassarmi. Oggi è stata una giornata davvero pesante."
"Davvero? Da me è andato tutto bene, a parte la solita coppia pignola." sorrise Maggie.
"Contestano ancora i prezzi dei prodotti?" chiese Mona con sguardo sbalordito.
La ragazza annuì, alzando gli occhi al cielo.
"Sempre meglio dei babbani che incappano nelle passaporte."
"Le cosa?"
"Niente, lascia stare." rise Mona. "Diciamo che anch'io ho il mio bel da fare."
"Ancora per la storia di quel dittatore?"
"No, no. Ormai colui-che-non-deve-essere-nominato é caduto grazie ad Harry Potter e niente lo farà tornare stavolta. Però diciamo che la caccia ai Mangiamorte é ancora aperta."
"Ma questo qui non era già caduto una volta? Mi avevi detto..."
"Si. Ma poi é tornato." 
"Appunto. Allora come fate ad essere sicuri che non torni di nuovo? In fondo Potter é solo un ragazzino, no?"
"Perché il ragazzo l'ha ucciso proprio davanti a dei testimoni sembra. E' successo ad Hogwarts. Credo che quel giorno diverrà presto festa commemorativa nel mondo magico," rispose Mona con occhi sognanti.
"E ora? Come farete a trovare i suoi amici?"
"Seguaci." la corresse la ragazza incupendosi.
"Si."
"Le squadre di Auror sono già in circolazione."
"A...cosa?" chiese Maggie sempre più confusa.
Era così difficile starle dietro! Ma perché doveva usare parole tanto strane?
"Auror, sarebbero la nostra polizia."
"Oh. E li catturerai anche tu?"
"Io non sono un Auror Maggie."
"Ah, già. Ma come li cattureranno? Però tu ne hai mai visto uno?"
"Vedo che l'argomento ti interessa eh?"
"Sai che adoro i thriller." si strinse nelle spalle Maggie ed entrambe scoppiarono a ridere.
"Beh, no. Fortunatamente non mi é mai capitato di incontrarne e spero che la cosa continui così perché non ci tengo affatto. Ho visto solo un paio di manifesti in giro, ma cerco di tenermene alla larga. Poi sai che ho scarsa memoria per i volti. Per rispondere all'altra domanda: a parte il fatto che qualsiasi persona nel mondo magico commetta un reato, viene subito segnalata ed entra a far parte di una lista precisa, la maggior parte dei Mangiamorte che cerchiamo ora, é la stessa che servì l'Oscuro Signore già durante la prima battaglia magica. E per finire...c'é il marchio nero."
"Il cosa?"
"Una specie di tatuaggio sul braccio attraverso cui i Mangiamorte comunicavano col loro padrone. Se una persona ce l'ha, é sicuramente un Mangiamorte."
"Wow, Mona sembra la trama di un film."
"Già e invece troppa gente é morta sul serio per questo."
Maggie tacque.
Quello era uno di quei momenti in cui si sentiva inadeguata e fuori posto. Lei diceva qualcosa, che poi magari veniva subito smentito dall’amica, ovviamente molto più competente e informata dei fatti.
Pensò però che fosse una fortuna che il mondo magico esistesse in ogni caso. Mona le aveva detto che questo “Oscuro Signore” come lo chiamava lei, avrebbe fatto del male anche ai babbani, voleva schiacciarli e istituire la supremazia dei maghi nel mondo. I maghi “purosangue” per l’esattezza le aveva riferito la sua amica: cioè quelle persone che non hanno babbani in famiglia.
Quindi praticamente con quella storia, una cosa Maggie aveva compreso: i babbani erano dannatamente inutili. La sua gente non avrebbe avuto la minima possibilità e se viveva, era grazie ai maghi.
Si sentiva perciò ancora una volta inadeguata e inutile: né strega, né babbana. Cos’era lei? Anormale per la sua gente e non abbastanza per quella di Mona.
Intrappolata tra due mondi.

 

  
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