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Autore: Amrita    31/10/2013    1 recensioni
Rivisitazione della fiaba "Il re Bazza di Tordo" dei fratelli Grimm.
"«Nemmeno stasera hai scelto uno sposo, Abigail, eri stata avvertita - mi dice. - Lasciandoti scegliere ti ho lasciato una grande libertà, una libertà che non viene concessa a tutte le donne, ma ora mi trovo costretto a...» sospira stringendomi più forte «Sceglierò io - bisbiglia, deciso. - Anzi, lascerò che decida il fato: sposerai il primo che si presenterà alla nostra porta, chiunque esso sia.»"
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Smette di piovere e mio marito si toglie gli stivali sull'uscio di casa, se così si vuole chiamare quella minuscola baracca di legno vecchio in mezzo al nulla in cui mi aveva portata.
«Abigail - mi chiama (ma come si permette?) - accenderesti il fuoco, per favore?»
Mi avvicino al minuscolo caminetto con passi sicuri, anche se non so assolutamente cosa fare. Mi inginocchio e metto nel focolare alcuni ciocchi di legna, poi mi fermo.
Come diamine si accende questa robaccia?
La casetta mi sembra improvvisamente un'enorme sala piena di silenziose persone che mi stanno giudicando per un esame.
Fürsten mi posa una mano sulla spalla, dicendomi indirettamente di farmi da parte, e così faccio. Lui si accovaccia nel punto in cui stavo pochi secondi fa. Toglie qualche legno dal caminetto, poi fa qualcosa che non riesco a vedere, poi soffia e poi la legna inizia a scricchiolare.
«Visto? Non era poi così difficile» mi dice affabile.
Bocciata in "basi della sopravvivenza".
Fürsten si avvicina allo scrauso tavolo traballante della cucina, lascia il mantello su una sedia, poi prende un panno, che inumidisce con dell'acqua, e inizia a ripulirsi il sangue dei graffi dalla pelle e dai vestiti.
Rabbrividisce un po' «Com'è fredda!»
Forse dovrei aiutarlo. Dopotutto è mio marito e non posso escludere che qualcuno di quei graffi se lo sia procurato allontanando l'orso da me.
Ma io non ho mai aiutato nessuno.
Non sono riuscita nemmeno ad aiutare me stessa.
Fürsten si sfila la maglia e ne controlla il retro. Contrae e rilassa i muscoli della schiena, e così mi accorgo dei graffi un po' meno superficiali che l'attraversano.
E mi sento in colpa. Che diamine, non gliel'ho mica chiesto io di giocare a nascondino con un animale, però. Giusto?
Lui si incurva, cercando di vedersi la schiena, ma appena sfiora uno dei graffi sobbalza con una smorfia di dolore.
Così, il suo sguardo si ferma su di me.
Tentenna un po', probabilmente pensando che io sia un'incapace. Non che non abbia ragione. Infine, porgendomi il panno, mi chiede «Ti spiace?»
Io scuoto la testa piano, e lui si avvicina. Ci sediamo davanti al caminetto (tanto ormai il mio vestito è rovinato) e io seguo il percorso dei graffi con le dita, a un soffio di distanza dalla sua pelle. Poi, inizio a passarci sopra il panno delicatamente. Lui sobbalza leggermente e irrigidisce la schiena.
«Ti ho fatto male?»
Fürsten ridacchia piano con amarezza, e scuote la testa scura.
«Allora, principessa, eh? - dice - Com'è fare la vita da reale?»
«Comodo - sentenzio -, e piuttosto inutile se sei donna. Devi pensare solo a mantenerti bella il più a lungo possibile e sfornare una prole numerosa una volta sposata. Immagino non sia molto diverso dalla vita delle donne del popolo.»
«No, in effetti no. Almeno voi avete la possibilità di studiare, no?»
«Sì, per essere un partito migliore. Non useremo mai le nostre conoscenze se non per intrattenere gli ospiti con conversazioni interessanti.»
Mio marito ride con uno sbuffo, e io borbotto «Tutta questa cultura e poi non riesco nemmeno ad accendere uno stupido fuoco.»
Forse sfrego il panno con troppa foga, perché Fürsten sobbalza, sottraendosi alle mie mani, e vedo qualche goccia di sangue che cade sul pavimento.
Rimango con la mano a mezz'aria, incapace di dire niente. Fürsten si alza piano.
«Io...io...» boccheggio. Lui mi guarda con aspettativa, poi sospira «Tranquilla, non fa niente. Grazie comunque» dice, tornando al tavolo per aggiustare il resto dei suoi vestiti «Se vuoi puoi metterti a dormire, io finisco qui.»
Guardo il piccolo letto di fronte al caminetto. Mentre mi stendo, mi ricordo ancora una volta dell'enorme e soffice letto a baldacchino su cui riposavo al castello. Mi stringo su me stessa, dando le spalle al centro del letto, nel tentativo di tenermi al caldo, e aspetto. Dopo un po' mio marito si sdraia accanto a me. Riesco a sentire il suo sguardo su di me e mi si stringe lo stomaco. La prima notte di nozze è già passata e noi non abbiamo consumato. Che sia arrivato il momento?
Aspetto e aspetto, ma lui non fa niente. Ecco, lo sento avvicinarsi. Mi tocca i capelli piano.
Poi, però, si alza. Afferra una coperta da chissà dove e me la getta addosso. Non è molto, ma meglio di niente. Fürsten si sdraia di nuovo accanto a me, stavolta però mi dà le spalle e dopo qualche minuto un russare leggero riempie la stanza.

È passata una settimana circa e sono riuscita ad imparare come fare qualche lavoro per la casa, accendere il fuoco, pulire il pavimento, rifare il letto (non che sia così difficile con una coperta sola), eppure qualsiasi azione io stia facendo non riesco a non chiedermi: Dio, perché a me?
Mentre mi affaccio dalla porta per gettare la cenere, riporto la mente alla conversazione che ho avuto con mio marito un paio di giorni fa e penso che forse mi sarebbe potuta andare peggio.
«Perché non ti avvicini mai? - gli avevo chiesto – Forse non ti piaccio?»
Dopo tre giorni di convivenza, ancora non aveva accennato a voler consumare il matrimonio, e io stavo incominciando a preoccuparmi.
Lui aveva riso «Se mi piace la principessa Abigail? No, direi di no.»
Inizialmente ci ero rimasta malissimo, ma poi ho pensato meglio così, voglio avere a che fare il meno possibile con quel pezzente.
Peccato solo che adesso anch'io sono una pezzente come lui.
Di nuovo, Dio, perché a me?

Fürsten entra in casa chiamandomi.
«Ascolta – mi dice –, è vero che il re ci ha dato una buona somma di denaro al castello, ma non durerà per sempre, e io non riesco a badare a entrambi economicamente. Devi lavorare.»
Rimango immobile per un momento «Devo cosa?»
«Lavorare - ripete, senza batter ciglio. - Ora, il problema è che non sai fare niente, ma troveremo qualcosa. Per adesso ho preso questi, ci puoi fare dei canestri da vendere» continua, porgendomi dei giunchi tagliati, che fisso in silenzio.
Lavorare? Sul serio?
Ed eccomi una decina di minuti più tardi con i giunchi tra le mani e Fürsten accanto a me che cerca di insegnarmi come intrecciarli. Ci lavoriamo su per un po'.
Sopra, sotto, intreccia, sopra, sotto...
Non è così difficile dopo tutto.
Sotto, sopra, intreccia, sotto, sopra...
Le dita mi fanno malissimo, ma continuo a lavorare in silenzio.
Intreccia, sopra, sotto, sopra, intreccia...
Non so per quanto potrò resistere ancora.
Sopra, sotto, intreccia, sopra...
«Ahi!»
«Che succede?» chiede mio marito, guardandomi allarmato. Poi, posa gli occhi sulle mie mani. La pelle è arrossata, lacerata in certi punti, sanguinante. Lui allontana i canestri e mi posa velocemente un panno bagnato sulle mani.
«Va bene, per oggi basta - mi dice - troveremo qualcos'altro.»
   
 
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