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Autore: justinlove    01/11/2013    1 recensioni
Allison, una ragazzina di solo diciassette anni che cerca con tutte le sue forze di fermare la mafia che, ormai da anni, si è introdotta nella sua piccola città: Stratford.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Justin Bieber, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Era un dolore lancinante da sopportare per il mio piccolo e fragile corpo."

Lil scese dalla macchina sbattendo, con tutta la forza che aveva in corpo, la portiera della propria macchina.

“Non è possibile che adesso anche le ragazzine si mettano in mezzo!” –borbottò entrando.

Garret, il boss, si mise subito su due piedi portando i polsi sui suoi immensi larghi e grassi fianchi; poggiando con freddezza il suo solito abituale mattutino bicchiere di Whisky sulla scrivania del suo “ufficio-affari”.

“Che succede Twist?” –quasi lamentò.
“Questa mattina, quando sono andando da Simon quel figlio di buona madre, una ragazzina; avrà avuto sì e no 17/18 anni, mi ha fermato” –lamentò.
“Twist, ti sei fatto battere da una ragazzina?” –derise Justin.

Lil –senza pensarci due volte- prese Justin dal colletto della maglia sbattendolo, di seguito, contro il muro.

“Fermi, fermi!” –s’affrettò Garret “cosa ti ha detto questa ragazzina?” –continuò.
“E’ venuta verso di me con aria: io sono l’angelo della pace” –tolse le mani dal colletto di Justin “ed ha iniziato a borbottare cose del tipo, ti denuncio perché ti ho sentito e visto” –alzò le mani al cielo.
“Chi è questa stupida?” –sbottò Justin, buttandosi a tonfo sul divano.
“Non ne ho idea. Era bionda, occhi azzurri e non tanto alta di statura”.
“Stewart” –Garret disse “la figlia del proprietario della biblioteca”.

Entrambi aggrottarono la fronte. 

“Lo sfigato rimasto senza moglie e figlio. Morti in un incidente stradale l’anno scorso. Lui e la figlia né sono usciti vivi per miracolo. Ricordate? I giorni locali erano ovunque con questa notizia” –spiegò Garret.
“Oh si!” –entrambi esclamarono.
“Lei, credo, è all’ultimo anno alla St. Ambrose School” –continuò Lil.
“Esatto!” –accordò Garret “ha detto, o fatto, altro poi?” –continuò.
“No, l’ho presa dal braccio e le ho detto che se avrebbe detto e fatto qualcosa, se la sarebbe vista male con noi” –ridacchiò.
“Che cosa hai fatto?” –gridò immediatamente Garret.
“Non dovevo?”
“No dannazione!” –lamentò Garret.
“Ma è quello che facciamo di solito, è la prassi” –giustificò.
“Sì, ma lei è la nipote del capo distrettuale del FBI. E’ un grosso pericolo Lil” –spiegò.
“Quindi ora, siamo nella merda?” –interruppe Justin.
“Spero di no, metterci contro quelle persone non è l’ideale” –sospirò Garret “dobbiamo solo sperare che la minaccia di Lil, le ha fatto spavento e che si tenga tutto per se” –continuò.
“Sembrava abbastanza spaventata dopo che le ho parlato” –assicurò “ad ogni modo, con l’avvocato cosa dobbiamo fare?” –continuò Lil, cambiando discorso.
“Dobbiamo farlo fuori, sappiamo quanto potente sia lui e la sua squadra” –borbottò “troveranno sicuramente qualcosa che ci renderà colpevoli. Siamo i primi della lista”
“Dobbiamo eliminare ancora il corpo” –disse Justin passandosi la mano fra i capelli.
“Harry e Puck se né stanno già occupando” –rassicurò Lil.

***
Con i propri libri poggiati sul suo piccolo petto, Allison, percorse il lungo corridoio della sua scuola prima di poter entrare nell’aula di scienze.

“Scusate il ritardo Miss Watts, l’autobus ha fatto tardi, oggi” –bisbigliò.
“Non preoccuparti Stewart, accomodati pure. Avevamo appena iniziato” –sorrise.

Poggiò il proprio zaino al fianco del banco scolastico, per poi sedersi con il suo blocco-note e il libro di scienze.
Poggiò la mano a pugno sotto la sua morbida guancia, i suoi occhi erano fissi sulla lavagna e sullo schema che la signorina Watts stava facendo per i primi appunti.
La mente di Allison era completamente esonerata da quelle quattro mura. L’immagine di Lil, continuava a essere fissa nella propria mente; quasi come se fosse un obbligo avere quel pensiero (…) guardò il suo piccolo, magro polso notando che aveva qualche segno che le lasciò. Le strinse talmente tanto forte il polso, che le lasciò qualche livido che per il momento era color bordò. Lo coprii subito, abbassando la manica del suo maglione nero, non poteva farlo vedere a nessuno. Doveva dare ascolto, per forza, a ciò che le disse Lil qualche minuto prima.

“Stewart!”

Sarebbe stata disposta a tutto Allison, pur di essere forte. Di sopportare tutto. Avrebbe fatto di tutto per stare al suo posto. Senza dare fastidio. Senza creare equivoci o guai che, molto probabilmente, avrebbero compromesso la sua vita e quella del padre.

“Stewart!” –esclamò per la sesta volta.

Allison scosse il capo, poggiando entrambe le braccia sul proprio banco.

“Mi scusi ancora” –giustificò.

La signorina Watts si limitò a sorriderle. Era una di quelle insegnanti che cercava di dare il possibile, appoggio agli studenti, ma solo per il semplice fatto che era davvero giovane e poteva capirli.

“Studiate il paragrafo 27 per la prossima volta” –disse non appena dopo il suono della campanella.

Allison chiuse i libri e li riportò al suo petto. Le piaceva tenere i libri in quel modo, le dava sicurezza in se stessa. Come se dava l’impressione di una brava e intelligente persona.

“Ehi Allison!” –gridò Hope dal corridoio.

Allison si girò, sorridendole. Hope corse verso di lei.

“Pranzo insieme?”

Allison si limitò ad annuire, facendo spallucce. Le sorrise, ancora. Spostò le ciocche dei suoi biondi capelli dietro le sue orecchie, continuando a camminare.

“Tutto bene Ali?” –sbottò l’amica.
“Si certo” –girò il viso verso di lei “sono solo un po’ stanca, tutto qui” –le sorrise ancora, non voleva farle capire che, effettivamente, ciò che la turbava e la rendeva così distaccata, non era -di certo- la stanchezza.
“Ci vediamo a pranzo, allora” –interruppe i suoi pensieri.
“Si certo!”.

Hope andò nell’aula della sua prossima lezione, mentre Allison andò in bagno. Poggiò i libri vicino al lavandino, iniziò a guardarsi allo specchio con gli occhi pieni di lacrime. Ma non le solite lacrime, li aveva pieni ma non le scendeva nemmeno una lacrima (…) persino un cieco avrebbe notato la sua preoccupazione. 
Si lavò le mani, buttandosi un po’ d’acqua anche sul viso. Si asciugò, riprese i suoi libri dirigendosi, di seguito, al suo armadietto facendo il cambio dei libri per l’ora successiva.

***
“Ho visto tua figlia stamattina, Mark” –gli sorrise la signora Perkis.

Una deliziosa signora anziana, ben amata da tutta la città e dolce come il miele immerso nella fonduta di cioccolato e ricoperta di zucchero. Era stata sempre abbastanza presente in questo tragico anno per Mark e Allison. Ogni tanto li andava a trovare portandogli qualche torta e persino qualche pranzo o cena. Purtroppo Allison non aveva molti parenti in città, solo i suoi zii. La signora Perkis aveva sempre visto Allison come la nipote che non ebbe, purtroppo, mai avuto. Voleva farle avere una figura materna che non aveva più.

“E’ sempre così dolce, e silenziosa. E’ proprio una brava ragazza”.

Mark si limitò a sorriderle, facendola accomodare sulla sua solita poltrona, dove passava quasi tutte le giornate a leggere i libri di cucina.

“Ecco a te Maria, il suo solito thè offerto dalla casa” –le porse Mark.
“Grazie caro” –sbattendogli dolcemente la mano sulla guancia

***
“Poca fame oggi, Ali?” –sbottò Hope.
“Sì, non è giornata oggi”.
“Sicura che è solo stanchezza?” –sii preoccupò.

Ci furono minuti di silenzio prima che Allison si limitò a un “si” detto per forza. Avrebbe tanto voluto buttare fuori tutto e farsi proteggere da qualcuno. Ma non poteva, non poteva e non poteva. Il mondo stava diventando un posto crudele, per tutti.

 
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