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Autore: _Sunshine 27_    01/11/2013    0 recensioni
Mio cugino è sempre stato una delle persone più belle che abbia mai conosciuto. Ho sempre avuto con lui un rapporto stretto, colloquiale e scherzoso.
Questa estate si è ammalato di leucemia.
Dietro le battute divertenti e la comicità, c'era la rabbia nel vederlo sempre più debole e stanco.
Queste pagine sono state scritte in ospedale, tra l'attesa tediosa e i medici che sparavano diagnosi, senza che io ne capissi nulla. Tra il ticchettio inesorabile dell'orologio e il "ping-ping" dei macchinari.
Queste pagine sono per Attilio.
Genere: Comico, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao, scemo! Finalmente mi hanno fatta entrare. Un'infermiera e un dottore mi sbarravano la strada e non volevano che ti vedessi.
Dicevano: "Non bisogna disturbarlo, deve riposare."
Mi sei costato qualche gomitata e qualche finta lacrima, lo sai? Visto come sono altruista?
Poi, tu? Che hai bisogno di riposare? Ma per favore. Non sanno con chi hanno a che fare.
Sei solo un po' stanco.
Eppure fino a poco tempo fa, non avrei mai potuto immaginare che saresti finito qui anche tu. Sei l'unica cosa che mi rimane.
Danilo aveva appena sedici anni quando il padre gli ha comprato il motorino.
Stava andando al campo sportivo per una partita con i suoi amici come si deve. Era tanto che non ne faceva una così.
Ha preso il motorino e ci è salito, si è messo il casco, ti ha salutato, ha salutato anche i suoi e mi ha schioccato un grosso bacio sulla guancia assicurandomi che sarebbe tornato prima di cena.
Non tornò mai più.
Mi sono seduta sul muretto che precede la distesa di papaveri che arriva fino all'orizzonte - il nostro luogo di ritrovo, quello dove ci vedevamo tra noi e con Vania - con Pollyanna in mano, smettendo di leggere e alzando lo sguardo ogni volta che sentivo il rumore di un motore, per correre in braccio a Danilo non appena fosse tornato.
Rimasi per tre ore seduta. Era già buio e faceva freddo. Avevo paura dell'oscurità che mi stava inghiottendo, ma ho cercato di pensare a Danilo e ai nostri momenti bellissimi passati insieme. Rimasi lì ad aspettare, a lottare contro la fame, il buio, il freddo e la solitudine, pur sentendo dentro di me la triste verità che mi avvolgeva lentamente e in silenzio, e le lacrime calde che mi scendevano.
Ho resistito in segno di fedeltà verso di lui su quel muretto improvvisamente scomodo e freddo e sarei rimasta lì anche di più se tu non mi avessi preso in braccio e mi avessi tenuta stretta portandomi a casa quasi senza che io me ne accorgessi.
Faceva freddo quella notte. Mi avevi portato nella tua camera a dormire. Tu eri nel letto vicino alla porta con il viso rivolto verso il muro, io seduta sul mio, accanto alla finestra. Guardavo fuori ancora con un briciolo di speranza.
Avevo cinque anni allora, tu 22. La nostra vita non è stata più la stessa. Le giornate si sono fatte monotone e grigie e niente ci avrebbe restutuito ciò che ci era stato tolto.
Si avvicinò Natale e senza Danilo, faceva solo più freddo e nient'altro. Non c'era quello spirito di unione tipico del Natale.
Per di più avremmo dovuto trasferirci. Era l'ultima cosa che desideravo. Mi sembrava di scappare. Tutti i ricordi più belli di Danilo li conservavo lì.
Abbiamo cominciato ad avvicinarci sempre di più. La distanza tra noi si era accorciata e abbiamo avuto un rapporto stretto come non mai. Dovevamo farci forza, in un modo o nell'altro.
Ricordo che era la sera di Natale, durante la notte aveva nevicato. Non vedevo Vania da quasi un mese. Avevo comprato un regalo anche per lei, ma ultimamente non si era più fatta viva.
Mi mancava molto, era come la mia mamma. Di solito la vedevo quasi tutti i giorni ed era strano non averla vicino quella sera.
Eri con zio a mettere a posto una perdita; zia cucinava; io, nella mia camera, mi sono messa un maglione, calzamaglia e pantaloni, sciarpa, guanti, cappello e scarpe da neve e ho preso il pacchetto che avevo fatto la sera prima per Vania. Dentro c'era una collana bellissima che lei aveva sempre desiderato tanto e che mi era costata tutti i risparmi di una vita. Ero fiera di essere riuscita ad averla, fremevo dalla voglia di darla a Vania, ma quel silenzio insolito, mi ha fatto venire qualche dubbio.
Sono uscita, il pacchetto stretto in mano. Nevicava leggero.
Sapevo dove trovare Vania.
Mi sono diretta verso il muretto, il nostro luogo di ritrovo. C'era lei seduta. Aveva il viso basso e si guardava i piedi. Non riuscivo a vederle la faccia. Sembrava piccola, non era più la mia mamma in quel momento, ma una ragazza sola e senza compagnia.
Era chiusa nelle spalle, in un atteggiamento di rifiuto verso tutto ciò che la circondava. Ho visto una goccia cadere ai suoi piedi e sciogliere la neve.
A quel punto mi sono avvicinata fino a che non ha alzato lo sguardo. Aveva gli occhi rossi di pianto, un pianto arrabbiato, e non si vergognava di farmelo vedere.
Non ho detto una parola. Le ho allungato il pacchetto che tenevo in mano abbozzando un timido sorriso. Lei lo ha guardato con un misto di rabbia, disprezzo e disgusto, e poi ha alzato lo sguardo verso di me mantenendo la stessa espressione.
"Prendilo." le ho detto con un filo di voce. Non era un ordine, ma più una supplica.
Lo ha guardano nuovamente, poi si è alzata e ha lanciato un urlo liberatorio con tutto il fiato che aveva in corpo. Ha preso il mio pacchetto, lo ha buttato a terra violentemente e lo ha fatto a pezzi davanti ai miei occhi.
Io sono rimasta immobile, quasi paralizzata, intimorita. L'ho guardata con gli occhi stravolti, non riuscivo a capire il perché di quell'immensa cattiveria.
E lei non si sarà pentita, ma avrà pensato: "Un giorno magari capiterà anche a me".
Per un attimo, mi è sembrata sul punto di chiedere scusa, ma quell'impressione è svanita presto.
Aveva lo sguardo fisso sull'orizzonte.
Io non respiravo per paura di innervosirla.
Si è girata verso di me e ha sibilato: "Non voglio vederti mai più".
Il giorno dopo, ci siamo trasferiti.
No, non è stata sempre facile la nostra vita, eh, Attilio? No, non lo è stata.
Le grandi difficoltà avvicinano o allontanano le persone. Bisogna scegliere.
Anche se la scelta non è sempre fatta razionalmente e non sempre si è d'accordo.

  
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