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Autore: lithium    01/11/2013    4 recensioni
Fergus Finnigan non può credere alle sue orecchie quando, fresco diplomato dell'Accademia degli Auror, gli viene offerta la posizione di Assistente Personale Temporaneo del Capitano Ronald Weasley. Si imbarcherà in un'avventura roccambolesca, fatta di appunti indecifrabili, auror gelosi, incidenti di percorso e un cattivissimo mago oscuro. E chissà se lungo la strada non troverà anche il tempo per innamorarsi.
Dal primo capitolo: "“Ehi, su, su, ora non fare quella faccia! Dannazione, Hermione mi ha detto un milione di volte che devo essere meno severo con le reclute. Non dirai a nessuno che ti ho spaventato, vero?” Chiese il Capitano, passando in venti secondi netti da minaccioso e terrorizzante all’uomo più sorridente ed accomodante che Fergus avesse mai visto.
Scosse la testa “Nossignore, Signore.”
“Bravo ragazzo! Ci intenderemo alla grande io e te! Certo non hai le gambe che aveva Annette, ma non si può avere tutto. E poi, ripensandoci, credo che siano state proprio le gambe di Annette a causarle quest’increscioso incidente dei gemelli…” disse Ron, pensieroso.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Percy Weasley, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il caso Mackenzie serie'
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Nda Perdonate il ritardo nell'aggiornamento. Sto lavorando come una matta. Mi farebbe piacere sapere se la battaglia è come ve l'eravate immaginata o meno.

Scrivetemelo. Baci L.


CAPITOLO XVII

SHOWDOWN – PRIMA PARTE

Legato come l’arrosto domenicale dalle corde magiche con cui Rednails l’aveva avvolto, l’Auror Royalsafe fissava con un’espressione di assoluto disprezzo negli occhi porcini il Capitano Potter ed Hector, mentre questi discutevano su quale fosse il modo migliore per renderlo, momentaneamente,  inoffensivo, dopo che l’assistente di Robards che era stato sul punto di svelare il loro piano segreto per catturare Diodora.

“Temo che tu debba aspettare, Hector. L’ultimatum della Mackenzie è scaduto da pochi minuti e presto avremo problemi ben più pressanti di questo ficcanaso. Penso che chiuderlo nello sgabuzzino delle scartoffie in fondo al corridoio sia sufficiente, basterà renderlo Imperturbabile e quando l’incantesimo Silencio sarà venuto meno, nessuno – ammesso che ci sia qualcuno che possa prestargli attenzione e temo il contrario, se Diodora entrerà realmente in azione – lo sentirà.” Osservò Harry, scostando frettolosamente una ciocca ribelle dai suoi occhi come faceva spesso quando era teso.

Battendo la bacchetta nervosamente sul palmo della grossa mano, l’altro Auror sospirò. “Ha ragione, Capitano… cioè Harry.” Si vedeva che la prospettiva che la spia se la cavasse così a buon mercato gli dispiaceva, ma sapeva benissimo che era questione di priorità. Al momento occorreva concentrarsi sull’obiettivo Mackenzie, lasciando perdere le vecchie ruggini dell’Accademia tra lui e l’assistente di Robards. Era un vero peccato, ma Rednails avrebbe fatto ciò che doveva.

Mugugnando a bassa voce.“Te la cavi sempre troppo bene, Royalpain.” Hector mosse la bacchetta verso il prigioniero che si sollevò magicamente, con tutta la sedia alla quale era stato assicurato, dal pavimento.

“Capitano, potrebbe verificare se ci sia qualcuno nel corridoio? Non è il caso di dare troppo nell’occhio.”

Harry aprì uno spiraglio di porta, guardandosi circospetto intorno.

“Via libera, Hector. Io controllo il corridoio di destra. Fa presto.” Sussurrò.

“Sissignore.” Con un movimento secco Rednails fece fluttuare alla massima velocità la sedia con legato l’Auror verso lo sgabuzzino dove dovevano nasconderlo. Fortunatamente sembrava che tutti fossero così affaccendati con il caso Mackenzie, chi in via officiosa, chi in via ufficiale, che i corridoi del Dipartimento erano deserti come raramente capitava.

 

 

Hector sussurrò Alohomora e la porta dello sgabuzzino si aprì immediatamente. Guardando negli occhi Royalsafe, fece fluttuare la sedia verso lo stanzino, aumentando la velocità più possibile e… Bang!

Harry si girò di scatto a guardare il suo complice con aria seccata, sussurrando. “Hector, per Merlino, questo tu lo chiami agire in maniera circospetta?”

Stringendosi nelle enormi spalle, l’Auror replicò. “Mi dispiace, davvero Capitano, non ho preso bene le misure.”

Il sorriso a quarantadue denti di Rednails diceva tutt’altro. “Guarda il lato positivo Potter per un po’ non potrà parlare con nessuno, incantesimo imperturbabile o meno.”

Scuotendo la testa Harry evitò di commentare. Certe ruggini non si scalfiscono mai.

La testa di Royalsafe giaceva abbandonata sulla sua spalla, l’impatto con l’architrave della porta gli aveva fatto perdere i sensi.

** * **

“Infermiera, chiami Smith, devo parlare con lui, presto!”

L’addetta all’infermeria l’aveva guardato con una certa apprensione e Duncan non aveva dubbio che quell’espressione fosse più che giustificata.

In fondo era stato privo di coscienza fino a qualche minuto prima ed ora si era alzato a sedere come se il materasso sul quale aveva riposato avesse preso fuoco, cominciando a gridare aiuto.

Il problema era che non c’era nemmeno un secondo da perdere.

 Ciò che aveva visto, ciò che Audrey gli aveva permesso di vedere, era un orrore senza precedenti. Era troppo tardi per fermare quella criminale della Mackenzie prima che potesse mettere in azione il suo piano, questo gli era ormai tristemente chiaro, ma potevano intervenire per cercare di fermarla.

La porta bianca dell’infermeria si aprì, rivelando le fisionomie note di Smith e del Capitano Weasley. Meglio ancora, avrebbe potuto informare direttamente il suo superiore. Ron avrebbe saputo che fare.

La donna che li aveva condotti lì uscì immediatamente dalla stanza, era abituata a curare gli Auror e probabilmente sapeva che alcune informazioni non potevano essere rivelate in presenza di civili. Che ci fosse la massima urgenza sarebbe stato chiaro a chiunque, ma Duncan approvò la prontezza di spirito della sua infermiera.

“Capitano, John, io so dove si trovava la Mackenzie, ma è troppo tardi per intercettarla. Lei … Ho sentito Audrey gridare. L’ho vista, sta venendo qui, vuole riavere quello che è suo. Non so cosa sia, ma non si fermerà davanti a niente per averlo.”

Ron annuì con aria grave. “Il tempo del suo ultimatum è scaduto, purtroppo è passato il tempo in cui potevamo pensare di fermare Diodora prima che potesse sferrare il suo attacco, non ci resta che combatterla. Credo che l’auror Goldielocks e mio fratello siano riusciti ad individuare l’obiettivo della Mackenzie, è un manufatto appartenuto ad un suo antenato. Uno che nelle mani sbagliate può rivelarsi distruttivo quasi quanto la magia pura che Diodora userà per riprenderselo. Sta sicuramente venendo qui. Dobbiamo prepararci per la battaglia. Credi di poter essere dei nostri, Duncan?”

Per quanto ogni uomo a sua disposizione era preziosissimo alla missione, il Capitano Weasley sembrava chiedersi se fosse realmente indispensabile far combattere un auror che gli stava parlando seduto sulla branda dell’infermeria e che aveva riguadagnato da poco i sensi.

“Sissignore! Avete bisogno di me. Credo … Non ne sono sicuro, ma mi sembra di poter sentire ancora la voce di Audrey se mi concentro a sufficienza. Non sono esattamente sicuro di cosa significhi, ma potevo percepire quanto fosse spaventata, Capitano. Per sé e per noi. Non so cosa quella pazza abbia architettato esattamente, ma è qualcosa di terrificante, Audrey era spaventatissima e sappiamo entrambi che è una donna estremamente coraggiosa.”

I suoi due interlocutori avevano un’espressione molto preoccupata e Seymour non poteva che condividere i loro timori.

“Bene, dobbiamo muoverci. Smith, vai a raggruppare tutti. Al primo segnale d’attacco, voglio che siamo pronti a rispondere. Seymour mettiti l’uniforme e fatti trovare con gli altri, non c’è nemmeno un momento da perdere.”

** * **

Gli occhi castani di Hermione incontrarono quelli di Neville, la sua espressione incuriosita che si rifletteva in quella del suo amico Grifondoro, entrambi afferrarono la bacchetta. Quello che sentivano era qualcosa di portentoso e sinistro insieme. Il Ministero della Magia si estendeva sottoterra per diversi piani ed una vibrazione tellurica avrebbe potuto provocare quella scossa che sembrava scuoterlo come un sacchetto di patatine nelle mani di un bimbo troppo vivace. Ma la Gran Bretagna era un luogo a basso rischio sismico e mai prima di allora i due avevano sentito parlare di un terremoto che era accompagnato da musica sinfonica. No, quello che i due amici d’infanzia percepivano non poteva essere una coincidenza. Stava succedendo qualcosa di estremamente sinistro.

La porta dell’ufficio di Ron si spalancò, sbattendo contro la parete alle sue spalle.

Il rosso apparve bacchetta in pugno. “Presto, venite con me, dobbiamo raggiungere gli altri. Hermione, tu stai con me, sono stato chiaro? Non voglio perderti di vista nemmeno un attimo.”

Il cuore della donna cominciò a sobbalzare a ritmo con la musica che sempre più forte penetrava attraverso il terreno circostanza sin dentro l’ufficio.

Le battaglie della loro adolescenza avevano insegnato a Neville e alla donna a non discutere gli ordini, perdere tempo non era indicato, specie quando stavi giocando al gatto ed al topo con un mago oscuro o una perfida criminale.

I tre uscirono insieme a grandi passi dalla stanza.

** * **

 

 

Era la sensazione più curiosa del mondo, come sentirsi bruciare dall’interno per l’enorme potenziale della magia che albergava nel suo corpo ed allo stesso tempo essere assoggettata ad altri, completamente sotto il controllo della strega che l’usava come una bambolina vodoo.

L’orrore annebbiava il suo cervello eppure la sua mano, fosforescente come se fosse coperta di piccole lucciole che tutte insieme sprigionassero la loro luminescenza era la cosa più straordinaria che Audrey avesse mai visto.

 

 

Poteva sentire la voce di Diodora risuonare nel suo cervello, eppure la strega non aveva pronunciato nemmeno una parola. Era come se tutto le fosse possibile nel momento in cui tutto le era proibito. Lottare contro quella forza era estenuante, opporvisi inutile come essere sottoposte in un unico momento a mille maledizioni Imperio.

Sentiva il suo terrore ed al tempo stesso era come se quella sensazione le fosse aliena, lontana da sé, relegata in un luogo diverso non più collegata causalmente a quello in cui si trovava. La musica intorno a lei si fece tonante. Erano giunte di fronte al vecchio magazzino con i brutti manichini che camuffava all’occhio Babbano il Ministero della Magia.

La vita di Londra scorreva frenetica alle loro spalle, ignara dell’orrore che la donna dai capelli rossi con lo strano vestito bianco e la piccola moretta dietro di lei stavano per scatenare. Gli occhi dei passanti si fermavano poco più che un momento su di loro, troppo disinteressati per lanciare più di uno sguardo stranito prima di ritornare tra i volti anonimi di altre centinaia di persone perse nelle proprie occupazioni.

Sembrava che i Babbani non potessero percepire l’orchestra che suonava stentorea. L’origine magica di quel suono persa per coloro che tale abilità non avevano.

Sentì Diodora scandire “Ora!” nella sua testa e Audrey vide la sua mano compiere un gesto simile a quello di un pianista su una tastiera immaginaria.

Poi successe qualcosa che sarebbe stato incomprensibile se l’Auror non avesse potuto percepire il riverbero della magia in tutto il suo essere. Una specie di vortice si formò nel suo ventre attraversandole le ossa, la carne, ogni centimetro della sua pelle, incandescente come un ferro estratto dalla cucina ed Audrey vide l’asfalto di fronte ai suoi piedi liquefarsi come se le note che la sua mano disegnava sul pianoforte immaginario si trasformassero in un’immensa onda sonica in grado di scavare la roccia.

Sentì Diodora esultare, mentre la terra rimbombava sotto i suoi piedi.

** * **

Il soffitto tremava.

Il pavimento tremava.

La piccola mano con lo smalto dalle mezzalune tremava intorno alla bacchetta a pochi passi da lui.

Non aveva mai avuto tanto paura in vita sua eppure Fergus Finnigan non si era mai sentito tanto sicuro di quello che stava facendo. Avrebbe combattuto fino all’ultimo respiro. Per sé e per Thabatha. Per il Capitano Weasley che sbraitava ordine qualche passo più in là, erto in tutta la sua altezza di fronte a sua moglie.

Il manufatto che la Mackenzie voleva riprendersi era stato sigillato all’interno di un campo di forza alle loro spalle. Thabatha e Percy Weasley aveva dedicato tutti i loro sforzi a trovare degli incantesimi sufficientemente forti per proteggerlo. Quella che a prima vista poteva sembrare una pietra ovale, liscia come mai Fergus ne aveva vedute, era in realtà un terribile strumento di morte.

Il dipartimento dei Misteri l’aveva studiato per anni e sebbene la sua origine continuava ad essere ammantata nelle nebbie della più antica Magia Oscura, pareva che quell’oggetto apparentemente innocuo fosse in grado di catalizzare la potenza della maledizione Fiendfyre, consentendo a chi scagliava l’incantesimo non solo di controllarlo a proprio piacimento, ma di modificarne le caratteristiche. Nonostante il suo enorme potenziale distruttivo l’incanto del Fiendfyre era sempre stato ritenuto troppo incontrollabile per essere utilizzato in maniera efficace. Pareva che la famiglia Mackenzie avesse già nel ‘600 trovato il modo di superare tale difetto della maledizione, utilizzando come base per la creazione del Catalizzatore le teoria sulla inversione degli opposti, legati alle leggende sull’utilizzo della magia pura.

Con quello che aveva scoperto nel tentativo di riprendersi il manufatto del proprio antenato se Diodora fosse entrata in possesso di quell’oggetto le conseguenze sarebbero state irreparabili.

“Ok, tutti pronti, il muro si sta liquefacendo. Smith, Harry, Seymour pronti a lanciare lo Scudo.” Ron urlava per farsi sentire oltre la musica sinfonica che cominciava a diventare una tortura in sé. Fergus la poteva sentire rimbombare nella pelle, nella cassa toracica, come se minacciasse di distruggere i suoi organi come stava facendo con il muro del Dipartimento.

Poteva percepire al di là della sua concentrazione lo scalpitio di passi che si susseguivano nei corridoi, le grida spaventate degli impiegati del Ministero che correvano verso le uscite di emergenza attraverso i gabinetti nel tentativo di raggiungere l’esterno. Nessuno aveva dato l’ordinato ordine di evacuazione del Ministero che avrebbe dovuto essere dato in questi momenti: Robards aveva sottovalutato la minaccia, il Ministro aveva puntato sul Direttore del Dipartimento degli Auror, un eroe della prima guerra magica per valutare la pericolosità della criminale con cui avevano a che fare ed entrambi avevano preso una cantonata.

Il muro di fronte ai suoi occhi si trasformò in acqua corrente e Fergus assisté allo spettacolo più particolare al quale avesse mai partecipato: di fronte a lui c’era una donna sfolgorante, la sua pelle luminescente come se fosse cosparsa di fosforo. Sembrava circondata da una sorta di campo di forza, come se l’aria intorno a sé fosse rarefatta eppure la veste bianca si gonfiava e volava come mossa da un vento enorme.

 

 

Non pareva una creatura umana, ma una specie di etereo fantasma. Niente l’aveva mai atterrito ed al tempo stesso affascinato tanto in vita sua. Le sue forme erano dolci, tonde e materne. E poi proprio, mentre Fergus si chiedeva chi fosse quell’essere terrorizzante, sentì la voce di Percy Weasley rantolare in un’agonia che ricordava quello di un uomo colpito dalla Maledizione Cruciatus.

“Noooooo, Audrey!”

Fu un attimo. Il tempo di rendersi conto che quella che vedeva non era altro che la sua collega di lavoro e poi tutto esplose di fronte ai suoi occhi e Fergus si trovò a volare nell’aria, il pavimento della stanza catapultato in un’altra posizione, il piano del suo orizzonte finito in un enorme caleidoscopio di fiamme e pezzi di vetro.

   
 
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