Caro diario, 

mi sento totalmente stupida a scrivere ad un'entità immaginaria solo per parlare con qualcuno che non mi giudichi a priori. 

La gente mi crede totalmente fuori di zucca. Poveri illusi che considerano un po' di sana autoironia un male.

Sono sempre stata la persona il cui aggettivo di descrizione affibbiato era "pazza". 

Qualche giorno fa, giusto perché non ho proprio nulla da fare, sono andata a rileggermi dediche delle medie e delle superiori. La frase ricorrente era "che pazza che sei". Ma che poi, proprio non capisco in base a cosa la gente definisca un pazzo. Se io sono pazza, quelli dentro ai "manicomi" cosa sono?

Non posso parlare con nessuno perché le mie paranoie spaventano tutti. 

Non sono mai stata una ragazza con una buona autostima, ma, in compenso, ho sviluppato un'ottima autocritica.

Non mi sento all'altezza di parecchie situazioni e persone; e, così, è anche con A.

Ormai, i giorni passano: siamo a metà marzo e gli incontri con A. sono sempre più discontinui e rapidi, anche se i suoi sguardi continuano la loro azione ipnotica.

Mi sento come sotto l'effetto di una bellissima magia. Non conosco nulla di lui, per me A. è uno sconosciuto. Eppure, il solo potere dei suoi occhi dentro ai miei riesce a capovolgere ogni logica, estirpare ogni pensiero. Mi ritrovo a cercare il suo sguardo negli occhi della gente comune che mi passeggia accanto, a cercare il suo dannato giubbotto figo addosso ad ogni corpo maschile e, quando non li trovo, a sospirare come vento leggero che accarezza i campi in fiore in primavera. 

Non so cosa veda la gente di me quando sono sovvrapensiero, il che, ormai, è una cosa frequente. Ma, sopratutto, non so cosa ci veda lui, o tutti gli altri ragazzi che mi fissano, in me. Ogni tanto penso che siano tutti strabici o che, forse, guardavano attraverso, oltre me.

Probabilmente, è come se facessi parte della tapezzeria: loro mi guardano ma non mi guardano veramente. E io, sono la povera stupida scema che si illude per degli sguardi buttati nello spazio per noia. 

A. è troppo bello e popolare per una come me. Io non sono nulla al confronto: io sono polvere soffiata via durante le pulizie stagionali, sono terra arida calpestata dalle zampette dei conigli che corrono verso la loro tana sicura, sono un ponte di connessione verso la terra promessa. 

Sono nulla, sì, ma la situazione non si spiega comunque. E' possibile che ogni volta non stia guardando me? E' possibile che mi stia sbagliando e che, alla fine, ci sia anche solo una piccola possibilità che io possa essere sotto i riflettori, oggetto, o meglio, soggetto, di attenzioni particolari?

Quando espongo i miei dilemmi le reazioni sono sempre le stesse. Alcuni dicono che mi sottostimo e dovrei credere in me e nelle mie potenzialità, altri affermano che mi faccio troppi viaggi in situazioni improbabili ed immaginarie e dovrei correre meno verso lande assolate in cui tutto è possibile. La verità qual è? 

La verità è che lo scoprirò solo affrontando la realtà passo dopo passo, paranoia dopo paranoia, sguardo dopo sguardo. Non posso fare altro. 

Tua,

M.