All’improvviso, senza un apparente motivo, si ritrovò a correre in un bosco nero, pieno di alberi spogli, dai rami secchi.
Anche il cielo era nero, ma il sole era bianco e brillante e
ogni tanto lanciava onde di luce , come un faro fuori dal controllo del suo
guardiano. E allora tutto diventava brillante, chiarissimo, così tanto da
costringerla a ripararsi il viso con un braccio mentre non smetteva di correre,
per paura di rimanere abbagliata.
“Perché sto correndo?” si chiedeva mentre le sue gambe
scattavano da sole e i polmoni sembravano darle all’infinito il fiato di cui
aveva bisogno.
“Lo devi cercare fino alla fine del cielo, al di là delle nuvole e
oltre l’universo…”
Sì, glielo aveva assicurato: lo avrebbe trovato e sarebbe
stata felice e contenta per sempre, come le principesse delle favole.
Sembrava fragile, ma volteggiava in quel vento impetuoso con
grazia, senza impigliarsi da nessuna parte. E soprattutto, era velocissima
La rincorreva con una determinazione infondata, senza
neanche sapere il perché.
Ma le parole di sua nonna le risuonavano nella testa e non
poteva ignorarle.
Mentre correva, saltò con il braccio proteso in avanti e l’assenza
di gravità quasi la spaventò: non stava più toccando terra, quel salto sembrava
non finire più.
Proprio mentre l’orlo della sua lunga gonna nera stava per
toccare nuovamente il suolo, la sua mano riuscì ad afferrare la foglia.
Non vedeva niente, non sentiva niente, rotolava giù come un
sasso, tenendo stretta quella foglia che sembrava trascinarla con una forza
inaudita.
Quando finalmente quel caos terminò, smise di rotolare, si
ritrovò rannicchiata da qualche parte.
Non sapeva dove, perché aveva tenuto gli occhi chiusi per
tutto il tempo. Inoltre, aveva il fiatone.
Era spaventata.
Il sole filtrava potentissimo attraverso i rami rigogliosi
di centinaia di alberi altissimi pieni di foglie, tutte rosse e grandi, come
quella che aveva rincorso.
Erano platani.
Centinaia di platani intorno a lei.
E tutti facevano cadere silenziosamente le loro foglie
rosse, senza che mai si esaurissero sui rami.
Cominciò a camminare in quel mare di foglie, non si curò neanche di sollevarsi la gonna, e all’improvviso la voce di sua nonna era sparita dalla sua mente, come il senso di ansia che aveva prima, in quel bosco oscuro.
Continuò a camminare con il naso all’insù, divertendosi a guardare il colore delle foglie che si intensificava sotto i raggi di quel sole bizzarro che giocava a nascondino: si nascondeva dietro qualche nuvola grigia per poi spuntare fuori e riscaldarla.
Sentiva la brezza soffiare piano sulle sue spalle scoperte e rinfrescarla, visto che il sole, attirato dal suo abbigliamento nero, puntava i raggi sui suoi vestiti, accaldandola un po’.
Grosse nuvole grigio scuro si stavano accumulando intorno al sole, soffocandolo, e lei se ne accorse troppo tardi.
Si fermò dopo pochi secondi.
Non era bagnata, neanche un po’.
Perché c’era quella pioggia all’improvviso?
E perché la pioggia non la stava bagnando?
Irene spalancò gli occhi, mettendosi una mano davanti alla bocca.
Lei ricambiò il sorriso e disse, emozionata: “Non credevo
fossi tu…”
“Io lo sapevo… Finalmente…” ribatté lui, sospirando. Il suo
respiro era gelido, ma Irene era troppo presa dalla sua vicinanza per notarlo.
Si accontentò di quella che risposta, nonostante non le
sembrasse molto sensata, e strinse la mano che stava sulla sua spalla,
sentendola fredda, gelida.
Non riuscì a trattenersi dal fare un’altra domanda…
“Hai la mano fredda! Ma stai male?”
Il ragazzo le sorrise ancora una volta con dolcezza e le
prese le mani per baciargliele; dopodiché rispose: “Come posso stare male se
adesso ci sei tu con me?”.
Le sue parole la fecero arrossire, gli sorrise e non disse
nulla, piena d’imbarazzo.
Senza lasciarle le mani, lui continuò: “Ti ho aspettato qui
per tutto questo tempo… questo è il giorno più felice per me, sai?”
Quasi mortificata, lei ribatté: “Io non… non sapevo che
fossi tu, non sapevo come cercarti… io non… pensavo neanche di poterti
raggiungere, perché…”
La interruppe dandole un bacio e l’abbracciò, lasciandola
quasi senza fiato per la sorpresa.
Gli prese il viso tra le mani, cercando di memorizzare i
lineamenti del suo viso delicato con l’aiuto delle dita, poi lui si staccò con
lentezza dalle sue labbra e le disse: “Non importa, non importa… adesso sei qui
e non m’importa più di nient’altro, solo di te!”
Sorrisero entrambi, lei confusa e felice, lui estasiato.
Nessuno l’aveva mai fatta innamorare così tanto.
La prese per mano e insieme iniziarono a correre, lui che
guidava lei chissà dove.
E si misero a ridere all’improvviso, come due bambini, con
il vento che li spettinava e la pioggia che cadeva senza sfiorarli.
Lo vedeva ridere come un ragazzo qualsiasi.
Anzi, no.
Come il suo principe.