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Autore: giveherlove    03/11/2013    6 recensioni
'Ever, perché mi hai mentito su questo?'
'mi...dispiace...'
'io voglio sapere perché non potevi dirmelo!?'
'a nessuno piacciono ragazze che hanno delle cicatrici...pensavo che avresti smesso di amarmi'
'io non potrei mai smettere di amarti, mai.'
Genere: Erotico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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‘Ever, mi raccomando!’
mi abbracciò.
 
‘mamma, lo sai che so badare a me stessa!’ sorrisi nervosa, perché dentro di me sapevo che quanto avevo appena dichiarato non era del tutto vero.
 
‘lo sai che non sono tranquilla a saperti da sola in un’altra nazione lontano da me…’
 
‘starò bene!’   mentii di nuovo: ero certa che tutto il dolore che mi stava lacerando il cuore non sarebbe rimasto in Italia, anzi me lo sarei trascinato dietro come un fastidioso peso del quale non potevo liberarmi.
 
‘okay okay, hai ragione, devo smetterla di preoccuparmi!’ sorrise, e mi avvolse nuovamente con le sue braccia tanto stretta da non lasciarmi quasi respirare.
 
Appena mi liberai dalla presa di mia madre, le assicurai:
‘appena arrivo ti messaggio!’
Speravo che così sarebbe stata un po’ più tranquilla, e avevo ragione perché dopo avermi ancora un po’ baciata e abbracciata, lasciò che la hostess –una tipa dai capelli lisci, corti e neri, e dalla corporatura piuttosto esile- mi scortasse fino all’aereo.
 
Mi sedetti dalla parte del finestrino, e attraverso il vetro vedevo persino una parte dell’ala dell’aereo.
Una voce annunciò saremmo decollati entro quindici minuti.
Avevo le mani sudate, così le strofinai sui pantaloncini e respirai profondamente per scacciare la tensione.
Era la prima volta che volavo, avevo sempre sognato di farlo, ma nei miei sogni ad occhi aperti ero con Abby, e non da sola.
 
Prima della malattia di Abby, entrambe avevamo aspettato con ansia che questo giorno arrivasse, ci immaginavamo come sarebbero andate le cose una volta arrivate a Londra: il progetto era quello di dedicare il minimo del tempo allo studio,  -in quanto conoscevamo già l’inglese molto bene-  e spendere tutto il resto della vacanza per divertirci, uscire, fare shopping e magari flirtare con qualche bel ragazzo.
Una delle tante sere in cui lei si era fermata da me a dormire, mi aveva raccontato di come sognava il suo futuro: le sarebbe piaciuto diventare una fotografa di successo, avrebbe viaggiato per il mondo, e personaggi famosi tipo Lady Gaga, Justin Bieber ,Brad Pitt o Johnny Depp avrebbero fatto la fila per venire fotografati da lei; avrebbe immortalato paesaggi magici, di quelli che solo a guardarli ti viene la pelle d’oca, avrebbe avuto una sua galleria dove esporre le foto e sognava che persino i critici più famosi, provenienti da tutto il mondo avrebbero elogiato i suoi scatti, mettendoli sulle copertine delle più note riviste del mondo: Abby era una che sognava in grande.
Desiderava un amore sincero, tipo quelli delle commedie romantiche, dove lui incontra lei per puro caso, i due si innamorano e finiscono col vivere il resto dei loro giorni insieme.
Ovviamente nel suo futuro pianificato rientravo anche io, non solo perché ero sua cugina, ma perché ero la sua migliore amica.
Ero il suo cuore, me lo ripeteva sempre.
Credeva in me, sapeva che un giorno sarei diventata una famosa scrittrice, voleva che scrivessi di lei, di noi, delle nostre avventure.
Diceva che ci saremmo trasferite a Londra appena compiuti i diciotto anni, non importava se la casa fosse stata piccola o grande, se eravamo insieme tutto era OK; voleva frequentare lì l’accademia per fotografi, e voleva che io mi dedicassi alla stesura di un romanzo che narrasse la nostra storia, e che ovviamente nella sua fantasia sarebbe diventato un Best Seller.
Fu proprio lei che mi insegnò a sognare, ad avere degli obbiettivi, a puntare in alto.
Ero certa del fatto che prima o poi avrebbe avuto successo come fotografa: le immagini che immortalava erano impressionanti, ti facevano tremare il cuore.
Il Natale prima che si ammalasse, spesi tutti i miei risparmi per comprarle la macchina fotografica più bella che mi potessi permettere.
Se la meritava, dopo tutto quello che aveva fatto per me.
Era stata il mio angelo custode.
Io avrei dato la mia vita per salvare la sua.
Ancora oggi trovo ingiusto il fatto che sia stata lei ad ammalarsi, e non io.
Abby aveva così tanta di girare il mondo, di esplorare; io invece dopo l’incidente non mi ero mai ripresa del tutto, non avevo più la voglia di vivere che possedevo prima: per questo avrei preferito morire io al suo posto.
Prima che se ne andasse le avevo promesso che avrei vissuto  anche per lei, avrei fatto tutte le esperienze che avevamo progettato di fare assieme e me le sarei godute fino in fondo.
‘io vivrò sempre attraverso di te, solo il mio corpo morirà, ma il mio cuore, il mio amore e la mia anima sono con te e lo saranno sempre, perché io sono parte di te’
Questo era quello che mi aveva detto pochi giorni prima della sua morte, e questo pensiero era anche citato in una lettera che mi aveva scritto quando aveva appena scoperto la sua malattia, ma che mi diede in uno dei suoi ultimi giorni.
 
Le avevo promesso che avrei vissuto anche per lei, invece quello che avevo fatto fino ad allora era buttare via la mia vita e sprecare ogni singolo giorno che avevo a disposizione desiderando di poter raggiungere Abby molto presto.
Mi sentivo in colpa, ma non riuscivo a controllare la mia mente e non potevo impedirle di formulare certi pensieri.
 
Tutti quei ricordi mi fecero venire quel senso di nostalgia opprimente che ti rimane su in gola, tanto quanto basta per toglierti il respiro e per ricordarti costantemente di chi hai bisogno.
Mi passai le mani sul viso, e tirai fuori dalla tasca dei pantaloni il mio ipod.
 
La musica era la mia via d’uscita da un mondo per cui io ero sbagliata.
 
Dopo aver selezionato ‘riproduzione casuale’ premetti ‘play’ e il mio cuore tremò quando mi risuonarono nelle orecchie le note di ‘Moments’, la canzone che avevo cantato per Abby quando era ricoverata in ospedale: il mio ipod non avrebbe potuto scegliere canzone più azzeccata.
 
 
 
 
Mentre volavo sopra il mare, con la musica che mi rimbombava piacevolmente in testa, i miei occhi scrutavano tutto quello al di fuori del finestrino.
Le nuvole sembravano fatte di cotone, rimasi incantata a fissarle per non so quanto tempo; pure il mare sembrava più immenso visto da quella prospettiva, sorvolarlo mi metteva un po’ di paura ma mi piaceva: più mi allontanavo da casa più mi sentivo libera.
Scattai qualche foto con l’ipod, non erano niente scatti bellissimi, ma rimanevano pur sempre ricordi del mio primo viaggio in aereo, e li avrei conservati.
 
 
 
Durante l’atterraggio le orecchie mi facevano davvero male e mi girava la testa, ma la situazione si stabilì non appena il velivolo toccò terra.
 
Quando uscii di lì con la borsa sulla spalla, per andare a recuperare la chitarra e la valigia rimasi impressionata ed intimidita dalla moltitudine di persone che si aggiravano per l’aeroporto.
Mi sentivo come un cucciolo abbandonato in autostrada.
Trasalii, ma appena vidi i cartelli e riconobbi tra le indicazioni dove potevo andare a prendere le mie cose, mi avviai di fretta, facendo lo slalom tra la gente per raggiungere la meta.
 
Non appena ebbi tutto i miei bagagli, mi sentii più serena e andai all’uscita un po’ tremante per l’emozione.
 
 
Arrivai fino a due porte in vetro scorrevoli, che si aprirono alla mia presenza.
Non so se mi resi conto subito che ero ufficialmente in Inghilterra, più precisamente a Londra, ma quando varcai la soglia ed uscii dall’aeroporto, sentivo che era come se un capitolo della mia vita si fosse chiuso, e se ne stesse riaprendo uno nuovo.
Tutto aveva l’aria di un nuovo inizio, e io avevo paura, ma volevo provare a ricominciare a vivere davvero.
Respirai intensamente, più volte.
Scorgevo ogni singolo particolare, e cercavo di imprimermi nella memoria tutto: gli odori di patatine fritte e di hot dog che provenivano dai carretti sui marciapiedi, l’assordante rumore dei taxi che sembravano risuonare incessantemente nell’atmosfera, le urla dei venditori ambulanti che cercavano di invogliare i passanti a comprare la loro merce.
I miei occhi ammiravano tutto questo, ed io ero completamente affascinata da cose che prima di quel momento avevo potuto solo vedere nelle riviste, alla TV o immaginare.
I palazzi erano altissimi, le luci delle insegne che ornavano i negozi erano abbaglianti, nei marciapiedi c’erano così tante persone che di stento si riusciva a passare, io ero completamente ammagliata dal fascino di una città così caotica e grande.
Desideravo  ricominciare tutto da capo, sentivo di averne l’occasione e sapevo che non avrei dovuto sprecarla.
Per la prima volta dopo tanto tempo, sentivo che forse ero nel posto giusto per me.
Un brivido mi attraversò la schiena e trasalii.
 
Il rumore fastidioso di un clacson risuonò vicino alle mie orecchie tanto da farmi sobbalzare, scrutai il veicolo e vidi che era il taxi di cui mi aveva parlato mia madre prima di partire: quello che avrebbe portata dritta al college una volta arrivata all’aeroporto.
 
‘è lei la signorina Ever James, giusto?’ chiese l’autista abbassando il finestrino.
 
‘si, sono io’ affermai avvicinandomi alla macchina.
 
‘molto bene’ sorrise, uscendo dall’auto.
Era un signore di circa sessant’anni, abbastanza alto ma non particolarmente robusto, dopo essersi presentato mi aiutò a riporre i bagagli nel retro della macchina, dopo di che mi aprì la portiera e mi fece accomodare.
 
 
Il viaggio fu abbastanza silenzioso salvo per qualche domanda formale e qualche sorriso di cortesia.
Non volevo parlare con quell’estraneo, ero abbastanza introversa, e poi c’erano così tante cose da osservare durante il tragitto, ed ero così concentrata ad ammirare ciò che scorgevo fuori dal finestrino che non riuscivo a spiccicare parola, tranne qualche gemito di stupore.
 
Tutto mi sembrava così surreale che non potevo fare a meno di chiedermi se stessi sognando.
 
A distogliermi dai miei pensieri, fu la brusca frenata dell’autista, che fermò il taxi proprio di fronte al college.















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SPAZIO AUTRICE:
ciaooo lettori! <3 ;)
rieccomi qui con il terzo capitolo!
spero che non vi abbia deluso e in settimana pubblicherò anche il quarto! ;)
voglio ringraziare tutte le persone cheggono la mia ff, la seguono e la recensiscono <3
scrivere è la mia grande passione e sapere che c'è qualcuno che apprezza ciò che faccio signfica tutto per me! ;)
ho deciso di pubblicare oggi questo capitolo perchè me l'ha chiesto una ragazza che ho conosciuto su twitter (Margherita) alla quale piace molto la mia storia jhsfhnzda 
spero che la mia storia vi stia continuando ad appassinare e spero che continuerete a seguirla perchè già nel prossimo capitolo ci saranno cmbiamenti importanti!
se volete cercarmi su twitter sono @itdemisforce
un bacio <3
-Giù
  
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