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Autore: Jean Fire    05/11/2013    1 recensioni
Un omicidio che ha segnato la vita di Giulia, mettendola sulla strana della povertà, costringendola a rubare per vivere. Un giorno un colpo troppo grande per lei. Voleva rubare al Vaticano, ma qualcosa e andò storto e gli occhi verdi di Giulia incontrarono quelli azzurro ghiaccio del figlio del Papa, Cesare Borgia...
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cesare Borgia, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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La mattina all'alba avevo già il sedere sulla sella di un cavallo, pronta ad andare verso Firenze, dove Machiavelli avrebbe accolto Cesare nella sua casa. Anche lui era preoccupato per Firenze. Savonarola stava mettendo tutto in subbuglio e presto tutti si sarebbero ribellati. Cesare marciava in testa alla fila, lo sguardo dritto davanti a se, fiero, l'andatura del suo cavallo possente e nero come la notte era fiera e aggraziata. Non eravamo in tanti ad accompagnarlo in quel viaggio; solamente una decina di uomini armati a cavallo e due esploratori che procedevano la carovana, niente di più. Cesare non voleva farsi notare, voleva passare inosservato e aveva rifiutato la scorta che suo padre, il Papa, gli aveva messo a disposizione. La marcia era stata lunga, i cavalli erano stremati, così come i soldati, appesantiti da pesanti armature e cotte di ferro. Ci fermammo solamente quando il sole era calato da un pezzo, tutti scesero dagli animali e cominciarono ad allestire il campo, mentre Cesare parlava con gli esploratori. Mi avviai verso di lui, camminando in maniera furtiva e senza provocare nessun suono
- Cosa volete che faccia? - 
chiesi guardandomi attorno. Gli sguardo dei soldati erano su di me, tutti, ma avevo imparato ad ignorarli. Non avevo mai ricevuto sguardi carini, non avevo mai avuto tanta comprensione da parte di quei soldati che vedevano in me forse una minaccia per il loro comandante. Cesare si girò il viso un pò sudato e provato per la lunga cavalcata. I suoi occhi chiari brillavano alla luce del fuoco che era appena stato acceso.
- Tra poco ti voglio nella mia tenda - 
disse senza fare troppi complimenti. Mi bloccai per qualche secondo, sentendomi nuda. Annuii girandomi, andandomene. Passai tutto l'accampamento fino a che non arrivai ad un ruscello. Immersi la le mani, facendole quasi ghiacciare. Ero tesa, come ogni volta che Cesare chiedeva di me io andavo in paranoia. Mi alzai e asciugai le mani sui pantaloni, per poi riattraversare l'accampamento fino alla grande tenda del cardinale. Entrai di soppiatto e vidi la schiena ampia di lui. 
- Mio Signore... - 
mormorai fermandomi quasi alla soglia. Cesare si girò e sorrise appena, scoprendo una lunga fila di denti perfetti e bianchissimi. 
- Ci hai messo molto -
mormorò lui. Aprii la bocca più volte, cercando parole da dire, ma non riuscii a dire niente. Lui rise e versò ancora una volta del vino dentro un bicchiere, facendomi segno di bere. Mi avvicinai e bevvi un sorso, ridandogli la coppa. Lui aspettò e guardò ogni mia reazione
- Per fortuna nessuno mi vuole avvelenare... -
mormorò lui, finendo di bere il vino che era rimasto nel bicchiere
- Altrimenti non saprei come fare senza di te -
aggiunse sorridendo, posando il bicchiere sul tavolo. Lo guardai, non sapendo cosa volesse da me. Era passato tempo da quando lui mi aveva concesso il perdono. 
- Avete altre notizie su Savonarola? -
chiese Cesare, voltandosi. 
- No... - 
sussurrai, seguendolo, portando lentamente le mani alla schiena, arrivando ai lacci del corpetto che tirai, allentandolo in un solo colpo. Subito portai una mano a tenere il corpetto. Cesare si girò e mi squadrò, il suo sguardo di ghiaccio era su di me
- Cosa stai facendo? -
chiese avvicinandosi lentamente, lo sguardo sempre su di me. Rimasi spiazzata. 
- In che senso? Pensavo che...voi... - 
mormorai guardandomi intorno. Non sapevo cosa aspettarmi adesso. Solitamente quando mi richiamava in quel modo voleva dire solamente una cosa e avevo imparato a capirlo, ma adesso tutto stava cambiando. Stavo per ribattere ancora, aprii la bocca e la richiusi, tenendo una mano sul corpetto completamente slacciato, che rischiava di cadere da un momento all'altro. Ero imbarazzata, tanto, ma poi le sue labbra si avventarono sulle mie. Lasciai cadere il corpetto e premetti il mio seno contro il petto nudo,  mentre le mani andavano a stringere i suo capelli neri. Continuai a baciarlo, succube delle sue labbra, mentre lui mi stringeva i glutei con le sue mani grandi e forti. Sospirai sulle sue labbra, camminando fino al letto. Lui mi prese in braccio e mi buttò sul letto, salendo sopra di me, facendo scendere le mani fino ai pantaloni che tolse in pochi secondi. Alzai il bacino, andando ad incontrare il suo. Sentii Cesare sospirare sulle mie labbra e questo non potè non farmi sorridere. Gli abbassai l'intimo, andando a stimolare la sua virilità. Sorrisi sulle sue labbra, baciandolo con passione. Improvvisamente sentii la sua mano afferrare il mio polso e portarlo in alto, sopra la mia testa. Lo guardai alzando appena un sopracciglio, facendolo sorridere. Non appena capii le sue intenzioni mi morsi un labbro, sentendo una punta di dolore. Cercai di muovere le mani, ma mi era impossibile liberarmi dalla sua presa di ferro sui miei polsi. Cercai di divincolarmi un poco, per poi soccombere alla sua forza. Continuai a mordermi il labbro e sentii le lacrime agli occhi.
- Così impari a stare al tuo posto.... - 
mormorò affondando ancora in me, facendomi venire le lacrime dal dolore. Lo sentivo muoversi su di me continuamente e con rabbia, una mano che stringeva con forza i miei polsi, lasciandomi quasi sicuramente i lividi. Gemetti di dolore. Il modo in cui mi stava possedendo era incredibilmente doloroso. Non aveva neanche minimamente pensato al prepararmi a quella specie di intrusione continua mi stava procurando non pochi dolori. Lo sentii irrigidirsi e  dopo qualche secondo si accasciò al mio fianco, il fiato corto. Mi asciugai le lacrime e guardai i polsi arrossati. Lo vidi entrare nel mio campo visivo. Si chinò e posò le sue labbra calde sulla guancia
- Non dirmi mai più cosa fare o cosa non fare... -
mormorò lui, accarezzandomi i capelli
- Non costringermi a farti del male - 
continuò prendendo una vestaglia, infilandosela velocemente. 
- Ora va - 
disse senza neanche guardarmi. Mi vestii velocemente, sentendo dolore ad ogni passo. Non dissi niente e mi diressi fuori dalla tenda, camminando lentamente a gambe aperte per quanto dolore mi faceva unirle. Gli uomini mi guardavano sorridendo, sapendo cosa era successo dentro quella tenda. Mi sentii umiliata. Rare volte mi aveva sbattuta fuori dalla sua tenda, solitamente mi consentiva di dormire con lui, evitandomi quell'imbarazzo. Entrai nella mia tenda e mi sdraiai nella brandina, non riuscendo a dormire per tutta la notte.

Mi svegliai di buon'ora e uscii dalla tenda, smontandola velocemente. Bene o male si erano svegliati tutti e tutti stavano lavorando. Cesare non lo vedevo all'accampamento e non avrei neanche voluto vederlo, se non fosse che doveva andare da lui. Avevamo macinato molti kilometri e magari avrebbe voluto che andassi da Machiavelli per avvertirlo che stava andando da lui. 
- Signor Borgia - 
chiamai, pochi secondi prima di entrare nella tenda. Lo trovai già vestito con un paio di pantaloni di pelle nera e una camicia bianca forse un pò troppo grande per lui. I suoi occhi chiari si alzarono su di me
- Avete istruzioni? -
chiesi abbassando lo sguardo. Sentii il letto cigolare e presto i suoi piedi fecero capolino nel mio campo visivo. Un suo dito andò a posarsi sotto il mio mento, alzandolo delicatamente
- Avete dormito? -
chiese, studiando il mio viso. Non avevo idea in che modo fossi conciata, probabilmente il mio incarnato già pallido doveva essere spento e le occhiaie scure dovevano dare una visione quasi spaventosa. 
- No, mio Signore - 
mormorai guardandolo negli occhi. Potevo ancora sentire sui miei polsi la pressione delle sue mani, il suo continuare a muoversi provocarmi dolore invece che piacere. Lui mi lasciò il mento e si spostò
- Andrai avanti, andrai da Machiavelli, dicendogli che il nostro arrivo sarà al più tardi domani pomeriggio -
disse guardandomi negli occhi. Annuii, girandomi, facendo per andare fuori dalla tenda
- Giulia -
mi chiamò Cesare. Mi bloccai e mi girai lentamente, trovando il suo sguardo di ghiaccio. 
- Quando arrivo ti voglio nella mia camera con una tinozza di acqua calda...E vedi di essere più presentabile -
disse prima di farmi cenno di andare via. Mi inchinai appena e uscii dalla tenda. E io che avevo sperato che mi chiedesse scusa...ci avevo sperato troppo. Salii sul mio cavallo e subito partii alla volta di Firenze e di Machiavelli
  
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