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Autore: Princess of the Rose    08/11/2013    1 recensioni
Ossia, la storia di come Germania (Ludwig) scoprì cosa effettivamente fosse il ricciolo di Veneziano...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: 2p!Hetalia, Axis Powers/Potenze dell'Asse
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Through the Looking-Glass and what Hetalians found there'
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<< Ve, non è nulla di grave, Ludwig, puoi stare tranquillo. Il coltello ti ha preso solo di striscio. >>
Ludwig non gli rispose, totalmente perso nella propria metabolizzazione di tutto quanto era accaduto quella mattina. Dopo quella scioccante rivelazione tutto sembrava aver perso importanza, anche il fatto di aver quasi perso un occhio “per mano di se stesso.” << Gott, Italien, >> si massaggiò stancamente gli occhi, guardando il suo migliore amico con sguardo mortificato e un intensissimo rossore sulle guance, << es tut mir leid. Mi spiace davvero. >>
<< Ve, Ludi ti ho già detto che non importa, non sono arrabbiato. >> Feliciano arrossì leggermente, mentre sistemava un piccolo cerotto sulla guancia del tedesco, sorridendogli dolcemente.
Ludwig, imbarazzato e dispiaciuto insieme, alternava velocemente lo sguardo dal suo amico al tessuto rosso del tappeto, e cercava di ricordare cosa esattamente fosse successo in quel momento fatidico: aveva sospirato di sollievo credendo di aver evitato una rissa, una speranza svanita non appena aveva visto il coltello del suo alter ego a pochi millimetri dal suo occhio; la punta aveva appena fatto in tempo ad aprire una piccola ferita sulla sua guancia, e il pronto intervento di Jean Baptiste, che fulmineo si era alzato e aveva afferrato il manico del coltello, aveva evitato il peggio, mentre Marco aveva tirato un pugno a George poco sopra la bocca dello stomaco, riuscendo a stordirlo prima che potesse finire quello che la sua arma non aveva completato; George era caduto in ginocchio, tenendosi lo sterno dolorante, mentre l’italiano suo amico lo ricopriva di insulti, e i presenti, stupiti da quel gesto improvviso e totalmente inaspettato per quelli che non provenivano dal mondo di George, rilasciarono infine un sospiro carico di nervosismo; nessuno aveva anche solo provato a dire  una parola per un quarto d’ora buono, che le nazioni passarono a scambiarsi sguardi ora di  compassione, ora di intesa sorpresa e paura, ora di perplessità; poi Alfred aveva pensato di terminare lì la riunione, perché con un George debilitato certo non potevano andare molto lontano – e poi sembrava proprio che quella riunione non potesse svolgersi in modo sereno comunque.
E fu così che rimasero solo loro due nella sala riunioni: Arthur, Alfred e Kiku avevano accompagnato le nazioni dell’altro mondo in albergo, Francis era andato in un locale assieme Matthew e Lorenz – che erano ricomparsi poco dopo il tentativo di George di accecarlo, trafelati e con i vestiti scomposti anche se nessuno li aveva notati fino a quando Ivan non aveva per errore calpestato il piede di Lorenz, scatenando una seconda zuffa – dove poco dopo gli avrebbero raggiunti Gilbert e Antonio,  mentre Ivan era tornato a casa sua per una chiamata d’emergenza da parte del suo capo.
Ludwig, scaricata l’adrenalina, era praticamente caduto su una poltroncina, sconvolto; Feliciano gli si era avvicinato con un kit di pronto-soccorso, mentre la sala si svuotava velocemente, con Marco che trascinava George per un orecchio senza smettere di tempestarlo di improperi  - il vocabolario di Romano impallidiva al confronto.
E, dopo un quarto d’ora, Ludwig non si sentiva ancora completamente in sé. Non tanto per la paura, anche se ritrovarsi un coltello praticamente in faccia certo non era una bella esperienza: era per vergogna, perché era conosciuto in tutto il mondo per la sua intelligenza ed intuitività, eppure non era stato capace di comprendere una cosa così dannatamente ovvia come la vera essenza di quel ricciolo castano, già strano di per sé per come sfidava apertamente qualunque legge fisica sulla gravità e che da decenni destava la sua curiosità. Verdammdt, oltre ad aver fatto una figuraccia, su di lui era ricaduta la responsabilità di decenni di molestie – intenzionali, ma sempre molestie erano – ai danni del suo migliore amico, per di più!
Sospirò amaramente, lanciando brevi occhiate verso Feliciano, che si era seduto vicino a lui e aveva iniziato a canticchiare qualche motivetto del suo paese per non far regnare il silenzio. << Mi dispiace. >> ripeté, sempre più rosso in volto.
<< Ancora Ludwig? Ti ho detto che non sono arrabbiato, smettila di scusarti. Infondo non lo sapevi che cosa faceva, no? >> disse l’italiano con la sua solita allegria, anche se si poteva cogliere una cerca nota di stanchezza nella sua voce.
<< Però, insomma… A-Avresti potuto dirmelo. >>
<< Ve, Ludi, ero convinto che lo sapessi. >>
<< Ma allora- >> il tedesco gli lanciò un’occhiata confusa, << p-perché non mi hai fermato comunque? Anche nel caso io avessi saputo cosa quel ricciolo fosse – e ti giuro non lo sapevo – ecco… insomma- era comunque una sorta di m-molestia e-e… D-Dovevi d-dirmelo comunque p-perché… S-Se lo avessi saputo n-non l-l’avrei mai p-più fatto e… E ti a-avrà s-sicuramente dato f-fastidio e-e… Ecco… >>
Sentiva distintamente le sue guance andare in fiamme come poche volte era successo in vita sua – e guarda caso, in ognuna di queste era sempre in qualche modo coinvolto anche Feliciano: stava davvero iniziando a pensare che la nazione italica gli portasse in qualche modo sfortuna – e la lieve risata che gli arrivò all’orecchio certo non aiutò a calmarlo: << Non ridere! >>
<< Ve, scusa, ma sei così buffo. >> Feliciano sorrise allegramente, per poi dargli una pacca sulla spalla e alzarsi. << Dai Ludi, non sono arrabbiato. >>
<< Ma non mi hai risposto, però. P-Perché non mi hai mai fermato? >>
Feliciano fissò lo sguardo ambrato nel suo per un lungo istante, senza proferire parola. Ludwig deglutì leggermente, e per la prima volta si sentì in qualche modo messo in soggezione da quelle iridi color miele che in quel momento non esprimevano alcuna emozione se non un sincero divertimento. Ed era una sua impressione, o le guance di Feliciano si erano fatte più rosee?
<< Ve, andiamo a cena insieme dopo? >>
Ludwig aprì e chiuse la bocca, stupito da quella domanda-risposta che aveva l’ovvio obbiettivo di sviare l’argomento. Si alzò rapidamente cercando di fermarlo, e Feliciano rise civettuolo per poi sbrigarsi ad uscire dalla sala, mentre il tedesco lo seguiva camminando e con la testa piena di quesiti che sapeva non avrebbero mai trovato risposta.
 
 
<< Sei un coglione! >>
<< Uhm. >>
<< Sei la persona più stupida che abbia mai conosciuto! >>
<< Uhm. >>
<< Si via de testa, ti se scapea?!* >>
<< Marco non parlare in dialetto, non ti capisco- >>
<< Fai silenzio! Deficiente decerebrato, questo lo capisci?! Ma che ti è saltato in mente?! Metterti a lanciare coltelli alla gente, cazzo! >>
George sospirò pesantemente, spostando lo sguardo dal suo amico alla finestra che dava direttamente su parco,  osservando con monotono interesse il via vai di adulti, bambini, vecchi e animali. Sapeva che quella ramanzina sarebbe durata parecchio, e che Marco non ci sarebbe andato leggero col suo repertorio di insulti e ed elencazione di motivi per cui quello che aveva fatto era sbagliato e su perché fosse una persona di poca intelligenza. Ci era abituato, dopo tutto – era dalla prima volta che si erano conosciuti che Marco non faceva che ripetergli che era un idiota patentato a pieni voti.
<< Non ti azzardare a guardare altrove, deficiente! Ascoltami bene maledizione! Non puoi fare come ti pare ogni volta! Già la situazione è delicata e instaurare rapporti diplomatici con questo mondo è difficile, se ti metti anche ad aggredire le altre nazioni non riusciremo mai neanche a farceli conoscenti! Sai che ci servono, maledizione! >>
<< Lo so lo so, Frankreich mi ha già fatto il cazziatone lie- >>
<< Non ti azzardare a chiamarmi amore! >> urlò Marco, lanciandogli un coltello che si andò a conficcare vicino alla tempia del tedesco, il quale non ebbe la ben che minima reazione se non quella di un lieve sospiro.
<< Ma perché? Infondo è vero tu sei il mio amore. >>
<< George! >> ruggì l’italiano, come per avvertirlo che una sola parola di troppo avrebbe portato a gravi conseguenze. Il tedesco espirò violentemente, per poi portare le mani dietro la testa e sistemarsi meglio che poté sul divanetto della camera d’albergo dove alloggiavano.
<< Io proprio non ti capisco: se non ti difendo dici che non ti dò attenzioni, se ti difendo dici che esagero. Sembra che faccia uno sbaglio indipendentemente da quello che faccio. >>
<< Il tuo problema è che passi da un estremo all’altro. Ti è così difficile trovare un giusto equilibrio tra l’essere infastidito e l’ammazzare la gente? Magari potresti parlare come fanno tutte le persone civili! >>
<< Noi non siamo civili, Italien. >> replico George con una semplicità disarmante, continuando ad adocchiare la finestra per vedere se il quel parco stesse succedendo qualcosa di interessante a cui assistere per poter vincere la noia. Sussultò quando si ritrovò improvvisamente il volto di Marco a pochi centimetri dal volto, i suoi occhi violetti splendenti d’ira e fastidio.
<< Tu. Domani. Chiederai. Scusa. A. Ludwig. E. Contribuirai. Alla. Firma. Di. Quei. Fottuti. Trattati. Per. Il. Commercio. C-h-i-a-r-o? >> scandì lentamente l’italiano, praticamente digrignando i denti, senza interrompere il contatto visivo tra loro. George rimase in silenzio per qualche attimo, per poi sporgersi in avanti e posare le labbra su quelle di Marco, tirando al col tempo contro di lui per un braccio; quest’ultimo, non aspettandosi quel gesto, cadde praticamente su di lui, e nel breve tempo che impiegò a capire cosa fosse successo il tedesco lo aveva già imprigionato con un braccio attorno alla sua vita e tenendo la sua testa ferma con una mano; Marco arrossì violentemente, e con molta fatica riuscì a districarsi da quella presa ferrea per poi urlare imbarazzato: << Ma sei impazzito!? >>
George si leccò le labbra prima di rispondergli: << Avevi il suo sapore sulle labbra. >>
<< Eh? Santo Iddio George il Romanticismo* ha avuto un bruttissimo effetto su di te. Che diavolo vogliono dire queste cazzate!? >>
George fece spallucce, sporgendosi per rubare all’italiano un altro bacio, ma questi frappose la propria mano tra le loro bocce: << Non pensarci neanche, George. >>
<< Abbiamo libera tutta la serata ormai e sei venuto nella mia stanza consapevole che saremmo stati solo noi due. Come pensavi sarebbe andata a finire? >>
<< Con te che andavi chiedere scusa al tuo alter ego? >>
<< Nein, con noi che ci baciavamo ovvio. >>
<< George, >> Marco sospirò, esasperato, per poi lanciargli un’occhiata derisoria, << sei almeno consapevole che se io avevo “il suo sapore sulle labbra” come dici, adesso ce lo hai anche tu, si? >>
George sussultò leggermente, per poi arricciare il naso disgustato: << Sai sempre come rovinare un momento romantico, eh Liebling? >>
<< Se spari cazzate è giusto che uno ti risponda con cazzate ancora più grosse, no? >> Marco rise leggermente, si allungò per prendere il telecomando dal tavolino e accendere la televisione, e infine si sistemò meglio  che poté sulle gambe del tedesco, << e poi te l’ho già detto almeno un miliardo di volte: non chiamarmi MAI liebe, o liebling, o qualche altra cavolata simile, specialmente davanti agli altri, chiaro? Sai che mi da fastidio. >>
 << Ja ja, >> George sospirò e poggiò il mento sulla spalla dell’altro, ancora infastidito per quell’uscita infelice; qualunque sentimento negativo, evaporò quando la mano dell’italiano si intrecciò con la sua, portandola sul suo petto, << come va la testa? Passato tutto? >>
<< Si si. Sarà stata stanchezza, attraversare quei cerchi temporali stanca parecchio. >>
George annuì, cercando di capire qualcosa del programma televisivo che stavano guardando, dove due ragazzi palestrati sembrava sul punto di picchiarsi per una donna – il più classico dei triangoli: le persone di questo mondo  mancavano di creatività. Poi ghignò un po’ malignamente, e poggiò la bocca contro l’orecchio dell’altro, aumentando di poco la stratta attorno alla sua mano: << Comunque, parlando seriamente, quand’è che vieni a ripararmi il lavandino a casa? >>

 
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*Dialetto veneto: 
Si via de testa = Sei impazzito
Ti se scapea = Sei fesso?

*Avete presente quelle frasi zuccherose che si dicono gli amanti che al solo sentirle sembra di venire colpiti da un diabete terminale? Indovinate che periodo letterario le ha ispirate...

Oilà. Fic completata finalmente - l'unica cosa che riesco a finire in questio giorni, ma vabbé, .-.
Spero che la fic vi sia piaciuta!
Per vostra sfortuna, ho deciso che la storia sarà l'inizio di una serie dedicata agli incontri tra i 2p e gli 1p. Giusto per dire che non ho nulla da fare ç_ç

Alla prossima!

 
   
 
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