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Autore: Blooming    09/11/2013    2 recensioni
Joe è il tipico ragazzo sfigato, gioca a giochi online e si chiude spesso in casa, a scuola è preso di mira dai bulli, lui è il più semplice obbiettivo su cui si concentrano. A suo favore si schiera Scott, il nuovo arrivato, lui è bello, ha un fisico da urlo e le ragazzine lo guardano ridacchiando in corridoio. I due fanno amicizia e cominciano a dipendere l'uno dall'altro come veri e propri amici. Parte importante della vita dei due è la madre single e trentenne di Scott che si tira dietro gli sguardi d'odio delle altre madri e gli sguardi 'eccitati' dei ragazzi.
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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La mattina del 24 maggio mi svegliai soffocato dall’ansia di dover dare gli ultimi esami dell’anno, avevo studiato letteratura e matematica per settimane. Scott si era fatto dare ripetizioni di chimica da un ragazzo dell’università per giorni interi fino a ora tarda mentre io lo aiutavo con il resto delle materie.
Mi vestii in fretta e corsi giù per le scale inciampando sui miei stessi piedi, afferrai un biscotto dalla credenza e i soldi sotto il contenitore delle chiavi e volai fuori di casa.
Ero in ritardo per passare da Scott e gli mandai un sms confuso dicendogli che non passavo, mi rispose appena fui nel cortile della scuola, diceva che non importava. Solo quello.
Andai verso l’armadietto e presi le mie cose, mancavano dieci minuti all’inizio dell’ora di chimica e per quel che contava, sarei arrivato in ritardo pur di aspettare Scott, ma lui non arrivava, gli mandai un altro sms –Hey dove sei?- mi rispose dopo un secondo –Entra in aula, arrivo. Ti devo raccontare.-
Mi avviai verso la classe e mi incontrai per il corridoio con Janelle, anche lei in ritardo per la lezione
“Ciao Joe.” Sorrise sfilandosi la cuffia dall’orecchio “Tutto bene?” teneva i libri al petto
Indossava i soliti jeans neri rotti sulle ginocchia, gli anfibi e la maglietta dei Cure, sembrava non essersi pettinata quella mattina perché aveva i capelli tutti crespi ed arruffati
“In ritardo, tu?”
“Non ho dormito niente, ho dovuto studiare arte per tutta la notte. Si vede?” chiese con un sorriso
“Un po’.” Gli indicai i capelli e lei cercò di sistemarseli
“Sei pronto per questo mese stressante? Ho parlato con quelli degli altri anni e dicono che l’ultimo mese o comunque le ultime settimane sono le più stressanti.” Parlava veloce e parlava tanto “O’ Connelly del terzo mi ha detto che mettono tutti i compiti nella stessa settimana.”
“O’ Connelly?” chiesi perplesso aumentando il passo prima di essere in ritardo sul serio
“Sì, sai quel ragazzo… no okay, non si vede molto in giro. Capelli scuri abbastanza lunghi, alto, si veste un po’ alla Kurt Cobain…” elencava le caratteristiche di questo ragazzo che non avevo mai visto “Sta sempre dietro la scuola a fumare canne.” Disse infine e mi si accese la lampadina
“AH! Oddio! Ho capito! Chris O’ Connelly!” risi “Certo che so chi è, mi pare sia stato bocciato l’altro anno. È l’unico che mi abbia mai salutato da quando sono qui, forse per vendermi roba o non so.”
Janelle sorrise e arrossì
“È carino vero?” divenne ancora più rossa, ed essendo lei di carnagione chiara, il rossore sembrava più accentuato
“Non lo so Jan, non mi piacciono i ragazzi.” Risi nervoso “Non mi dirai che ti piace?” avevamo iniziato a frequentare Janelle da qualche giorno dopo il mio compleanno ed eravamo diventati subito amici
“Non lo so, è dolce. Siamo usciti venerdì sera, al cinema e mi ha messo il braccio intorno alle spalle.” Era ancora più rossa
Finalmente entrammo in classe e il professore non era ancora entrato, ci sedemmo ai rispettivi posti e rimandammo la conversazione a più tardi.
Ero preoccupato per Scott, non era da lui arrivare in ritardo, soprattutto per la lezione di chimica perché sapeva quanto il professor Sunseri non lo sopportasse. Passarono cinque minuti da quando il professore entrò in classe e di Scott neanche l’ombra, il Sunseri abbassò gli occhiali rettangolari e fissò il posto vuoto accanto al mio
“Scott non sarà dei nostri oggi a quanto vedo.” Disse acidamente e quasi con gioia ma prima che la penna potesse segnarlo assente sul registro, Scott entrò trafelato in classe
Sbattè lo zaino sul banco e si accasciò sulla sedia. Il professore lo fissò allibito
“Giustificazione William?”
“Sì, certo.” Aveva la voce apatica e frugò nello zaino prima di tirare fuori un foglio con il permesso firmato dalla madre per giustificare il suo ritardo
Tornando al posto lo vidi più agitato del solito, non aveva i soliti capelli raccolti nel mezzo codino dietro la nuca, erano spettinati e gli ricadevano sulla fronte. Gli toccai una spalla e sussurrai un come va, lui si voltò e mi guardò con gli occhi lucidi e arrossati
“Dopo ti dico Joe.” Tirò fuori dallo zaino il quaderno degli appunti e l’astuccio con dentro un mucchio di penne, matite e una quantità indefinita dei bigliettini che ci passavamo tutti accartocciati
Li teneva sempre per ricordo e mi faceva piacere. Tirò fuori anche il cellulare, non lo faceva mai durante le lezioni e lo teneva sempre infilato nelle profondità dello zaino senza curarsene troppo, ma quella volta lo tirò fuori e cominciò a mandare messaggi, lo vedevo che si nascondeva alla vista del professore dietro la testa di Evan davanti al nostro banco.
Ad un tratto, verso la fine della lezione, lo sentii mormorare un’imprecazione e cominciare ad agitarsi, si mise le mani tra i capelli e tamburellava freneticamente il piede sul pavimento, mi piegai verso di lui
“Scotty, hey! Amico!” mi stavo veramente preoccupando per quell’amico che per me c’era sempre stato
Si voltò ancora e mi strinse la mano, scosse la testa e appoggiò la fronte al tavolo. Rimasi a guardarlo impotente davanti a quella reazione dovuta a non so cosa, volevo fare qualcosa ma non riuscivo a fare niente in quel momento. Avevamo ancora due ore prima della pausa mensa e non sapevo che scusa inventarmi per trascinarlo via dall’aula e parlare faccia a faccia di cosa era successo in quell’ora, lo vedevo che stava male ma non capivo il perché  e  mi importava saperlo perché lui era mio amico, come un fratello, e occuparmi di lui era un mio problema.
Appena suonato il cambio d’ora lo portai in una parte della scuola dove non ci avrebbe disturbato, l’infermeria, e chiesi a Janelle di dire alla professoressa Freemont che Scotty non si sentiva bene.
Entrammo nella stanza dell’infermeria che aveva un lettino di quelli che hanno i medici generici nei loro studi, lo obbligai a sedersi e mi misi davanti a lui. Non l’avevo mai visto in quello stato e volevo riuscire a fargli passare qualsiasi cosa avesse.
Rimase a fissare le sue gambe coperte dai blue jeans e le gambe a penzoloni per qualche secondo, teneva le mani sulle cosce chiuse in un pugno poi alzò gli occhi e venni invaso da quell’azzurro velato di lacrime. Mi piegai verso di lui per chiedergli come andasse e mi chiese di sedermi al suo fianco, lo feci senza chiedere niente aspettando che fosse lui a voler parlarne e così fu
“Ho…” respirò a fondo “Ho chiesto,” aveva la voce tremante “alla mamma di Aidan.” Mi guardò ancora
Io non sapevo cosa dire e rimasi a fissarlo a bocca aperta ma lui continuò a parlare
“Ha detto cosa volevo sapere, litighiamo da ieri sera. Le ho risposto che volevo sapere tutto di lui, dove abitasse, se aveva un contatto, che mi sarebbe piaciuto conoscerlo. Ma lei, prima ha ignorato quello che dicevo e poi, quando ho iniziato a insistere, mi ha detto di smetterla di fare domande idiote a cui lei non voleva rispondere. Poi mi ha chiesto come sapevo di Aidan e le ho detto dei diari, le ho detto che sapevo che aveva pensato di…” fece un sorriso nervoso “Pensato di abortire.” Sapevo benissimo che aveva un nodo in gola “Mi ha tirato uno schiaffo ed è rimasta a guardarmi con certi occhi, la bocca aperta e mi guardava sconvolta. Io l’ho guardata e me ne sono andato in camera mia.” Gli misi un braccio intorno alla spalla, rimanevo senza sapere cosa dire e così mi limitavo ad ascoltare “Questa mattina non le ho rivolto neanche una parola ma abbiamo ricominciato a litigare quando lei mi ha chiesto perché volessi sapere di Aidan, gliel’ho detto e abbiamo litigato ancora.” Respirò a fondo di nuovo “Poi in classe, quegli sms, era mamma che ha detto che ce l’ha un contatto…” mi guardò
Non sapendo bene cosa dire provai a dire qualcosa
“Non sei felice di avere il numero?” ovviamente non era la cosa giusta
Lui fece un sorriso nervoso
“Ha detto che mi darà il contatto ma che se parlo con Aidan, tra me e lei tutto cambierà perché lui l’ha abbandonata e sa com’è fatto. Sa che mi farà del male. Io non voglio che cambi il rapporto che ho con mia mamma ma voglio anche conoscere mio padre.”
Mi passò il cellulare e lessi quel sms che Fiona, in modo crudele, gli aveva scritto. Saltai giù dal lettino e mi misi davanti a Scott
“Risolveremo anche questa faccenda amico!” gli strinsi la spalla muscolosa con la mano “Ti aiuto io.”
Scott mi guardò e sorrise dolce poi si sporse verso di me e mi abbracciò stretto, quasi a stritolarmi. Teneva il volto sulla mia spalla e non mi lasciava andare, probabilmente piangeva perché sentivo la maglietta inumidirsi. Non mi importava che Scott piangesse, questo non lo rendeva meno ‘uomo’ sicuramente, riusciva a esternare le sue emozioni e le esternava con me, si confidava e io volevo veramente aiutarlo e mentre ricambiavo il suo abbraccio pensavo a mille modi per farlo.
Sentii la porta aprirsi e comparve la professoressa Freemont che ci guardò, eravamo fuori da un bel po’ e probabilmente si era preoccupata, poi vide Scott e si avvicinò
“Tutto bene?” chiese gentile, capivo dalla sua voce che le importava veramente
Scott sollevò lo sguardo
“S-sì.” Bisbigliò “Ora torniamo in classe.”
“Prendetevi tutto il tempo ragazzi.” Uscì e tornò in aula
La seguimmo qualche minuto dopo.
Le ultime ore furono terribili, Scott non parlava e a mensa non aveva mangiato niente, saltò gli allenamenti di pallanuoto e mi chiese se poteva dormire da me e rimase da me per tutta la settimana. Venerdì pomeriggio tornò a casa e venni a sapere che ci fu un’altra litigata con Fiona, meno devastante sicuramente e si raggiunse un accordo: Scott poteva chiamare e incontrare Aidan basta che lui non vedesse Fiona perché lei non avrebbe sopportato di vederlo.
Passò le ultime settimane di scuola a martellarsi per quel numero che aveva in rubrica e non sapeva mai se chiamare o no, poi decise di concentrarsi sugli ultimi compiti e sugli amici.
Aiutammo Janelle con il suo problemino del controllo. E ci fu da ridere, lei sosteneva che Chris O’Connelly non ci provasse con lei e quindi doveva fare lei la prima mossa comportandosi come con tutti gli altri ragazzi, attirando insistentemente la sua attenzione. Riuscimmo a fermare la sua follia appena in tempo, era strano ma c’eravamo affezionati a lei da subito ed era diventata una buona amica, un po’ fuori di testa che cantava ogni cosa che facesse. Che quando scoprì finalmente di piacere a Chris, saltò sul posto lanciando all’aria la cartella e la merendina che aveva in mano.
Capì di piacere a Chris grazie a Scott, lui aveva bisogno di distrarsi e andò da O’Connelly con la scusa di ‘comprare roba’, non voleva comprarla solo scoprire di più su di lui. Così si incontrarono e mentre Chris si rollava una canna, Scott indagò e tornò vittorioso. Ci riportò le parole
“Ha detto –È carina la tua amica, quella con i capelli neri e gli occhi belli.- Mi ha guardato, ha acceso la canna e ha aggiunto –Parliamo sempre io e lei, mi piace parlare con lei.- Sicuramente era già fattissimo ma le sue parole erano sincere.” Guardò Janelle che aveva urlato dalla felicità “Ora devi solo buttarti.” E lei si buttò a pesce.
Si misero insieme l’ultima settimana di scuola, quella in cui non si fa niente di niente e sei libero di vagare per i corridoi senza che nessuno di dica di tornare in classe, li vedevamo passare. Lei stretta accanto a lui e lui che le teneva un braccio sulla spalla e la stringeva a sé. Non c’era coppia più dolce in tutta la scuola. Chris era divertentissimo come ragazzo, parlavamo spesso con lui quando veniva anche Janelle, era abbastanza geloso del rapporto che avevamo costruito con lei ma poi gli spiegammo che non c’era niente tra noi, solo amicizia e così entrò nel nostro gruppo di amici.
Finalmente avevo degli amici. Certo erano quelli più strani ma mi piaceva così. Ovviamente, non c’è bisogno neanche di dirlo, Scott era quello che contava di più e quello che sarebbe rimasto per sempre.


Scott aspettò l’inizio delle vacanze per chiamare Aidan e quando lo fece io ero lì con lui. Eravamo al parco e guardavamo il cielo blu sdraiati sull’erba. Le mani dietro la testa e le gambe accavallate. Era il 23 giugno, Janelle  era già partita con i genitori per il New Mexico ma sarebbe tornata entro una settimana, Chris era disperso ai corsi di recupero estivi e gli unici eravamo noi due.
Parlavamo di quanto odiassimo i professori e di come pensassimo di passare quelle vacanze dato che nessuno di noi due partiva. Pensavamo di andare al lago, con il treno ci si metteva poco e stare lì fino a sera, ci portavamo i costumi, da mangiare e tutto il necessario e passavamo lì la giornata. Mentre stavo ciarlando per conto mio vidi Scott sfilare dagli shorts beige che gli arrivavano al ginocchio, il cellulare e guardare lo schermo poi rise
“O lo chiamo adesso o dovrò aspettare un altro mese per convincermi, scusami Joe.” Si sedette contro l’albero sotto il quale stavamo
Io lo guardavo rimanendo sdraiato e piegando la testa all’indietro per vederlo, rimase a fissare quel numero per dieci minuti buoni, poi mi sorrise
“Potresti schiacciare l’invio di chiamata per me?” era nervoso e mi passò il telefono con le mani tremanti
Mi alzai e mi sedetti accanto a lui, respirai a fondo e schiacciai il tasto poi gli passai con un sorriso il telefono, sentii i TU-TU dell’altro apparecchio che squillava, probabilmente io e Scott stavamo pensando la stessa cosa, che quel numero non era niente e che forse l’aveva cambiato, insomma, Fiona non l’aveva più sentito da una vita…
D’un tratto sentimmo il telefono dell’altro e la voce profonda e un po’ incrinata dal suono meccanico del cellulare
“Pronto?” sembrava un po’ distaccato, ma uno cosa deve fare quando vede un numero sconosciuto, mica può saltare dalla felicità
Scott sbiancò e cominciò ad aumentare il respiro
“Emh, lei è Aidan Walsh?” chiese quasi sussurrando
“Sì, con chi parlo?” era sempre più diffidente
Scott rimase muto per qualche secondo, gli misi una mano sul ginocchio e con lo sguardo lo incitai ad andare avanti. Quello che sapevo per certo di Scott era che aveva la faccia tosta più grande di tutto il Connecticut e se c’era uno che poteva avere una conversazione così, quello era lui. Lo vidi respirare a fondo ancora una volta, passarsi una mano sui capelli e sorridere nervoso
“Beh…” sbuffò per scaricare la tensione “Probabilmente lei non mi ha mai visto ma conosce Fiona William.”
“Fiona? La ragazzina del Mississippi che abitava a due isolati di distanza da me?”
“Credo di sì, stavate insieme al liceo.” Buttò lì Scott
La voce di Aidan si fece ancora più sospettosa
“Cosa c’entra tutto questo con te, non mi hai ancora detto come ti chiami.”
Guardavo il cielo davanti a me e osservavo le forme confuse delle nuvole poi sentii Scott
“Io…” balbettava “Io sono suo figlio, Scott.”
Mi voltai a guardarlo sgranando gli occhi, dall’altro capo del telefono non rispondeva nessuno poi sentii una voce che rideva nervosamente
“Allora sei tu! Sapevo che aveva tenuto il bambino, sono stato uno stronzo con lei.”
“Sì lo sei stato.” Disse Scott sinceramente
“E come sta Fiona?”
“Non vuole parlare con te, in realtà mi voleva far cambiare idea sul fatto di chiamarti, ma ho letto i suoi diari e si parlava molto di te.”
“Non hai paura di dire le cose in faccia eh?” vedevo Scott sorridere
“In effetti no, chiedilo a chiunque.” Aveva lasciato da parte la formalità
“Beh… so che ci sono le vacanze in questi mesi, ti va se ci incontriamo? Dove vivete adesso?”
“Preferirei venire io da te se non è un problema, sai mamma…”
“Certo! Lo so che è tutto frettoloso ma potresti passare da me qualche giorno di vacanza, sempre se Fiona vuole.”
Scott appoggiò il cellulare alla spalla e mi fissò
“Non ci vado da solo. Vieni con me.” Mi bisbigliò
“Ma i miei non mi fanno venire…”
“Ti prego!” mi fece gli occhi da cucciolo poi riprese il telefono “Scusa  un secondo.” Disse ad Aidan poi si rivolse a me “Non mi lasciare da solo, ti prego! Ti prego!”
Sospirai e scossi la testa
“D’accordo! Farò il possibile.” Sorrisi
Scott fece un largo sorriso e riprese a parlare
“Posso portare un paio di amici?” ovviamente non avrebbe mai lasciato Janelle e Chris in Connecticut durante le vacanze
“Certo.”
Parlarono ancora per qualche minuto, scambiandosi le mail e i contatti di Facebook e chiusa la telefonata si girò
“Sei pronto per il viaggio?” Si alzò e fece qualche passo in là
“E dove si va di grazia?” chiesi ridendo per la situazione che si era creata
Scott si mise una mano sopra gli occhi per coprirsi dalla luce del sole
“Alabama baby!” esclamò e sorrise felice
   
 
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