Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Princess Tutu    10/11/2013    4 recensioni
Dopo molte insistenze, Sansa Stark accetta di uscire con Margaery Tyrell un sabato sera. Indossa un abito di piume e appena entrata nel pub con l'amica nota subito un uomo scuro e solo.
"Lo chiamano il Mastino" Le bisbiglia Margaery... Sansa rabbrividisce, ma non è solo paura, è anche qualcos'altro, qualcosa che la giovane Stark potrà scoprire solo con il tempo e con la conoscenza di quell'uomo spaventoso.
Una semplice storia SanSan in Alternative Universe!
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-INCOMPIUTA-
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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III - Just
 


Correva. La neve scricchiolava appena sotto i cuscinetti delle sue zampe create proprio per cavalcare lungo le distese bianche del Nord e l'aria fredda entrava pizzicando piacevolmente nel naso, tutti i muscoli tesi nello sforzo di sfuggire a coloro che le stavano alle calcagna. Loro non erano fatti per il Nord, ma i loro corpi potenti e dorati riuscivano lo stesso a tenerle dietro e lei, con i suoi sensi di lupo, sentiva la loro presenza dietro di sé. Non era spaventata. Era nel suo territorio, di cui faceva parte e di cui era sovrana. Lì poteva batterli, basta scappare. Si fermò ringhiando e girò su sé stessa, pronta ad affrontarli: eccoli lì, fieri, dorati e dalle lunghe zanne bianche. Si fissarono per un secondo. Nel suo cuore non c'era paura e mentre l'accerchiavano si abbassò, pronta a balzar loro addosso... Poi qualcosa cambiò. La sua pelliccia grigia si trasformò diventando morbida e piumosa, sentiva le sue zampe potenti assottigliarsi e le sue fauci farsi appuntite mentre rimpiccioliva. E quando ringhiò, dalla sua gola uscì solo un lieve cinguettio.

Nel buio della stanza, Sansa spalancò gli occhi azzurri. Era mantida di sudore, attorcigliata nelle lenzuola e di traverso nel letto.
Madre... Che incubo terribile.
Terribile e senza alcun significato, tanto che i particolari stavano già svanendo nella sua memoria e tutto ciò che le rimaneva era un'orribile sensazione di pericolo e paura, sentimenti che aveva provato troppe volte in quegli ultimi mesi. Gettò un'occhiata nel letto di Margaery e trovandolo vuoto ricordò tutto quello che era successo il giorno prima.
Margaery era dovuta scappare urgentemente ad Alto Giardino perché sua nonna, chiamata la Regina di Spine per il suo caratterino, stava male.
 - Non ti preoccupare, mia nonna non la uccide neppure lo Sconosciuto. Le piace però far finta di star per morire per farci preoccupare tutti e quindi devo andare.
Le aveva spiegato la bellissima ragazza castana, mentre faceva le valigie. Sansa aveva sorriso, sapeva bene come erano gli adulti e le aveva detto di non preoccuparsi perché lei sarebbe stata benissimo anche da sola. Con Margy se ne erano andate anche le altre coinquiline (erano tutte amiche di famiglia) e quindi Sansa era veramente sola in quella grande casa, ma non le aveva fatto nessun effetto sino ad ora.
Non fare la bambina, Sansa. Margy ha detto che tornerà tra una settimana, resisterai una settimana senza di lei, no?
Sansa sperava di sì mentre prendeva il cellulare per vedere se Margy le aveva mandato un messaggio, ma niente. Di dormire neanche a parlarne e quindi la ragazza prese il pc ed entrò su Facebook, notando subito una richiesta d'amicizia che l'ultima volta che aveva controllato non c'era.
Chi poteva mai essere? Sansa cliccò sull'icona e quasi urlò dalla felicità: Loras! Loras Tyrell le aveva fatto la richiesta d'amicizia! Non ci poteva credere e in un'attimo tutta la sua paura svanì: chi se ne fregava se aveva fatto un incubo quando Loras Tyrell le chiedeva l'amicizia? Aveva fatto bene a non chiedergliela lei ed aspettare che fosse lui a fare il primo passo, come le diceva sempre sua madre Catelyn. Tremando, cliccò su “Accetta” e subito controllò se era in linea. Chattare con Loras... Un sogno, ma purtroppo lui era offline.
Ovvio, sono le tre di notte. L'unica sveglia in tutta Westeros sono io.
Vero, doveva dormire. Il giorno dopo era domenica, ma non voleva di certo avere le occhiaie ora che aveva Loras tra gli amici di Facebook.
Con questo pensiero in mente, si addormentò, il sogno di già dimenticato.

Quando la mattina dopo Sansa si svegliò, il suo prima pensiero fu per Loras e subito entrò su Facebook per vedere se era online, ma di nuovo lui non c'era. Sbuffando si alzò ed andò subito a farsi una bella doccia calda per scacciare gli ultimi rimasugli di sonno che ancora aveva appiccicati addosso. Fu solo quando l'acqua bollente le scorreva addosso che si ricordò del sogno in tutti i suoi minimi particolari e di nuovo si stupì della sua stranezza. Aveva spesso sentito dire che i sogni avevano un significato, ma l'unica cosa che le veniva in mente era che aveva cantato come un uccellino.
Uccellino.
Era il modo in cui la chiamava quell'uomo sfigurato, il Mastino. Uccellino a causa dell'abito di piume che aveva addosso il giorno in cui si erano visti, quando era andata al pub con Margaery e Loras, forse anche perché in confronto a lui era davvero piccola come un uccellino indifeso. Lui aveva visto le sue lacrime e le aveva asciugate, gesto che aveva fatto solo sua madre o suo padre quando era ancora molto piccola. Sansa sospirò, uscendo dalla doccia e iniziando ad asciugarsi i lunghi capelli rossi. Quell'uomo la confondeva.
Gettò un'occhiata fuori dalla finestra e vide con stupore una moltitudine di persone che si accalcavano lungo la via sotto casa, con cartelli, striscioni e microfoni da cui urlavano tra i fischi e il rumore generale. Una vera e propria manifestazione e dai cartelli che Sansa riuscì a leggere si protestava per le tasse messe dai Lannister e dai privilegi che ancora nel mondo moderno le famiglie nobili come la sua avevano. Sansa aveva visto poche manifestazioni nella sua vita perché suo padre aveva sempre amministrato bene il Nord e nessuno dei cittadini di Grande Inverno si era mai potuto lamentare di qualcosa, ma vedeva bene che quella era una manifestazione molto violenta.
Joffrey non ha ferito solo me, ma ferisce anche coloro di cui dovrebbe essere il rappresentante come sindaco.
Storse la bocca. Doveva andare a lezione di canto e non poteva assolutamente mancare, quindi doveva rischiare di rimanere imbottigliata nella calca di gente. Rapidamente si vestì, prese la borsa e uscì.
Il rumore fuori era ancora più forte e subito Sansa fu costretta a schiacciarsi al muro per evitare di essere travolta dalla calca, ma per fortuna nella confusione generale nessuno faceva caso a lei che così poteva cercare di arrivare a casa dell'insegnate di canto, qualche isolato più in là. Strisciò rasente al muro, assordata dalla confusione, mettendo lentamente un piede di fianco all'altro e avanzando pazientemente di centimetro in centimetro. In quel momento desiderava disperatamente la bellissima automobile di suo padre, se avesse avuto quella sicuramente non avrebbe avuto problemi a farsi strada tra le persone che, comunque, avevano il suo completo appoggio.
Sei fossi io il sindaco, mi farei amare. Aiuterei tutti, senza nessuna distinzione e i miei cittadini sarebbero felici, anzi no, sarebbero fieri di me.
Odiava Joffrey e i Lannister ancora di più per questo, ma in quel momento non era il tempo né il luogo adatto per pensare a questioni sociali: era in mezzo ad una manifestazione, era appiccicata ad un muro che le stava graffiando la schiena ed era in ritardo.
Arya si farebbe strada fra le persone sgattaiolando come un topolino, ma di certo io non lo posso fare.
Continuando ad avanzare, notò un gruppo di persone che sembravano i più arrabbiati e violenti di tutta la manifestazione: una decina, tutti uomini, sporchi e vestiti di stracci. Urlavano oscenità e venivano addirittura tenuti a distanza dagli altri manifestanti che erano comunque persone benestanti e più moderate. Si vedeva che quegli uomini erano la feccia della società e Sansa rabbrividì, schiacciandosi ancora di più al muro perché il gruppetto si stava dirigendo proprio verso la sua posizione continuando a gridare, gesticolare e agitare dei bastoni che avevano in mano.
Madre, ti prego...
 - È Sansa Stark! Una Stark!
L'urlo la colse di sorpresa, di scatto girò la testa verso colui che aveva urlato il suo nome e i suoi occhi azzurri incrociarono lo sguardo di dieci paio di orribili occhi neri.
 - Stark! Non bastano i Lannister, adesso quegli stronzi del Nord mandano qui le loro puttane!
 - Leoni, lupi, trote... Chi cazzo se ne frega, devono morire tutti!
 - Prendiamola, ragazzi! Facciamole sentire quanto è caldo il Sud...!
Le frasi arrivarono chiaramente a Sansa, tanto gli uomini erano vicini a lei, ma non stette ad ascoltare il resto: iniziò a scappare. Correva come aveva corso nel sogno, ma questa era la realtà e lei non era un lupo, non era al Nord, era in mezzo ad una manifestazione a Approdo del Re e la gente non le permetteva di passare, tanto erano pigiati tra loro.
 - Fatemi passare, vi prego! Fatemi passare!
Urlava la ragazza, ma nessuno l'ascoltava, la sua voce coperta dalle grida e dai suoni assordanti della manifestazione. Sansa spingeva, spintonava e a fatica cercava di passare mentre sentiva che alle sue spalle gli uomini si avvicinavano inesorabilmente: puzzavano e le loro facce crudeli creavano un vuoto di persone intorno a loro, le stesse persone che però ignoravano la piccola ragazza dai capelli rossi che cercava di farsi strada tra quei corpi che creavano una muraglia impenetrabile. Sembrava che all'improvviso la Barriera fosse diventata di persone invece che di ghiaccio e che fosse proprio lì in mezzo alla via principale di Approdo del Re.
Disperatamente, Sansa notò quella che le sembrava una via d'uscita: una stradina laterale sgombra di persone che collegava quella grande via ad un'altra parallela, se fosse riuscita a infilarsi lì dentro poi avrebbe avuto più spazio per scappare e quegli uomini non l'avrebbero presa.
Avanti! Sono una Stark, una lupa!
Sgusciò tra un grassone e una donna particolarmente arrabbiata, i cui urli le penetrarono dolorosamente nelle orecchie, poi passò dietro a due uomini con dei cartelli e infine, dopo aver superato un gruppetto di studenti, fu all'imbocco della piccola via. Sentiva dietro di sé che quegli uomini la stavano ancora seguendo, ma in campo libero non avevano speranze di prenderla: era una lupa, correre era la sua natura. Le sue gambe scattarono e con rapido balzo Sansa iniziò a correre sul selciato sporco di quella viuzza laterale. Loro rantolavano dietro di lei, ma il suo vantaggio era lungo e quindi non ce l'avrebbero mai fatta a prenderla se solo la via non fosse stata...
Oh, no... no...
...quello che era. Una strada senza uscita.
Era intrappolata e si era infilata in quella situazione con le sue mani. Se fosse rimasta tra le persone forse sarebbe riuscita a scappare, ma adesso era davvero senza scampo e se ne rendeva dolorosamente contro. Gli uomini avanzavano verso di lei e sulle loro facce sporche e brutte Sansa poteva leggere il gusto per la vittoria e la soddisfazione per averla catturata dopo che gli era sfuggita tra la folla, facendoli ammattire con i suoi continui cambi di direzione. La situazione era tutta a loro favore e loro se ne rendevano conto: sebbene senza via d'uscita, la strada era abbastanza lunga e quindi si erano allontanati dalle gente quel tanto che bastava perché nessuno sentisse i suoi urli.
 - Oh, uh, la puttanella si è messa in trappola da sola. Complimenti, ora la corsa è finita, lupetta.
Qualcuno sghignazzò, battendo le mani mentre un altro si leccava le labbra screpolate.
 - Vi prego, state lontani.. Anche io odio i Lannister...
Mormorò la rossa e le sue parole furono accolte da un coro di risate.
Con un tonfo sordo la schiena di Sansa sbatté contro il maledetto muro che chiudeva la strada e la giovane gemette, la mente che cercava una soluzione per cercava di scappare, ma il muro era lato almeno quattro metri e le case intorno avevano tutte le finestre chiuse. Il rumore della manifestazione, sebbene lontana, avrebbe coperto qualsiasi suono e quindi anche urlare sarebbe stato inutile. Sansa tremava, cercava di farsi il più piccola possibile schiacciandosi contro il muro.
 - Avanti, piccola, non avere paura. Siamo persone socievoli, noi, abbiamo altri dieci piccoli amici da farti conoscere.
Disse uno, quello che sembrava il capo. Aveva la testa pelata e la pancia usciva dalla camicia sporca.
 - Voglio essere il primo!
Gridò un segaligno, ma Testa Pelata lo fulminò con lo sguardo.
 - Non essere coglione, Pip. Io sono il primo, ovviamente.
Pip non sembrava contento della cosa, ma un tipo con solo cinque dita alla mano destra intervenne:
 - Sei tu il coglione. Questa qui è vergine, ci scommetto le palle, quindi è compito mio.
Tutti iniziarono a ridere e le loro risate erano come lame nelle orecchie di Sansa.
 - Oh, eccolo qui, lo Scopa Vergini!
 - Signoria, vuole il cavalierato?
 - Inchiniamoci, il tuo stemma sarà...
 - Piantatela con questa cazzate.
Quest'ultima voce, così gelida e tagliente, bloccò il flusso delle battute e Sansa alzò la testa come se fosse stata schiaffeggiata. Il tremore aumentò mentre le sia accapponava la pelle. Chi poteva avere una voce come quella? Tutti si girarono verso l'uomo che aveva parlato e che fino a quel momento se ne era rimasto in disparte senza aprire bocca, appoggiato al muro con una sigaretta in bocca. Era alto e non era neanche così tanto brutto: capelli color paglia sporca, corporatura magra e scattante e gli occhi più assurdi che Sansa avesse mai visto. Erano verde chiarissimo, quasi giallo ed erano fissati su di lei, sembravano spogliarla e violarla senza neanche toccarla.
 - È la sua prima volta, ragazzi, pensiamo a qualcosa di speciale.
Inclinò un'attimo la testa, gettò la sigaretta in terra e la schiacciò con la punta del piede. Cinque dita, Testa Pelata, Pip e tutti pendevano dalle sue labbra e Sansa si odiava per la sua stupidità, per il suo non riuscire a reagire, per il suo corpo che sembrava diventato di marmo. Possibile che fosse sempre in attesa di essere salvata e non riuscisse a fare niente da sola?
Oh, Madre...
 
- Tutti insieme!
Il grido di Occhi Gialli fu seguito dalle acclamazioni di tutti gli altri e in un'attimo Sansa si trovò dieci uomini che le saltavano letteralmente addosso. Gridò, scattando in piedi e cercando di fuggire, ma una mano sporca si allungò afferrandola per la maglietta: un rumore di stoffa strappata e la giovane si ritrovò di nuovo in terra, la maglietta a brandelli che rivelava il semplice reggiseno nero. Disperatamente cercò di coprirsi con i lembi di stoffa di ciò che rimaneva della T-Shirt e i suoi tentativi furono accolti da un ululato di risate sguaiate. Sansa cominciò a piangere.
 - Vi prego... Vi prego...
Qualcuno l'afferrò per il polso sinistro tirandola su e iniziò a palparle un seno, le dita adunche che scivolavano sotto l'elastico del reggiseno violando la carne bianca. I singhiozzi di Sansa si fecero più forti, il suo istinto lupesco si risvegliò e cercò di liberarsi divincolandosi, poi mise la mano ad artiglio e con un grido graffiò la faccia dell'uomo. Lui gridò, le rifilò un manrovescio con tutta la sua forza e Sansa cadde di nuovo a terra mentre la bocca le si riempiva di sangue che cominciò a colare lentamente anche dal naso.
 - Questa puttana mi ha graffiato!
Gridò l'uomo e gli altri iniziarono a ridere.
 - Ha gli artigli affiliati, questa lupetta del cazzo!
 - Oh, Joe, pensi di farcela oppure una ragazzina è troppo per te?
Quest'ultima frase sembrò colpire Joe che con un ringhio si gettò di nuovo su Sansa, bloccandola a terra col suo peso e fermandole i polsi con la mano sinistra. Il bisbiglio fu lascivo, sporco e crudele.
 - I giochi sono finiti, bimba, Ora arriva il piatto forte.
 - No!!
Gridò Sansa, ma la mano destra dell'uomo corse ai bottoni dei suoi jeans, strappandoli con un solo gesto per poi aprire velocemente anche i suoi.
La mia prima volta... Come l'avevo immaginata, con Loras, in un castello da favola. Il letto a baldacchino ricoperto di petali di rosa rossi e lui che con delicatezza mi insegnava i più piacevoli segreti. Invece sono qui. Madre, abbi pietà.
La mano dell'uomo era adesso alle sue mutandine. Sansa chiuse gli occhi. Una lacrima scivolò tra le sue ciglia nere.
Madre, abbi pietà. Fai che finisca tutto velocemente.
Poi accadde qualcosa. Qualcosa che nessuno, né i dieci uomini né tanto meno Sansa, si sarebbe immaginato.
Nel vicolo rimbombò uno sparo.
Sansa aprì gli occhi di scatto. I suoi azzurri incontrarono quelli fissi e inespressivi dell'uomo sopra di lei, ma un terzo occhio (rosso e sanguinante) gli era apparso nella fonte. Per un'istante rimase a sedere su Sansa, come era prima, poi crollò su di lei, morto.
 - Che caz...!
Un altro sparo, poi un altro e un altro ancora. Gli uomini cadevano a terra e chi non era stato colpito iniziò a scappare, ma gli spari non si interrompevano e Sansa, con il cadavere dell'uomo ancora steso sopra di lei, capì che non avevano speranze di uscire vivi. Come lei era rimasta intrappolata, lo erano anche loro: da una parte il muro, dall'altra chi stava sparando.
Non avevano possibilità.
La giovane Stark contò otto spari, poi anche essi si fermarono. Rimase immobile senza osare neanche respirare: non sapeva ancora se chi aveva ucciso quegli uomini la voleva salvare oppure se era passata dalla padella alla brace.
 - Avanti, uccellino. Ora sei salva.
Quella voce, quella voce Sansa la conosceva.
Il Mastino.
Senza alcuno sforzo il Mastino afferrò per la cintura il cadavere riverso su Sansa e lo gettò di lato, liberandola di quel peso indesiderato. Lei lo guardò e aprì la bocca, cercando di ringraziarlo, ma le parole non le uscivano dalle labbra: le corde vocali erano bloccate, come tutto il corpo, dal terrore che ancora l'attanaglia. Aveva freddo, sentiva ancora le mani di quegli uomini addosso e fu solo quando concentrò tutte le sue energie sulla voce riuscì a spiccicare qualche parola:
 - F...Freddo.
Il Mastino sospirò, scuotendo la testa.
 - Hanno tolto la voce al piccolo uccellino, figli di puttana. Non ti faranno alcun male, comunque, non più e sopratutto mai più.
La fissò, stava per aggiungere qualcosa, ma poi richiuse la bocca. Sopirò di nuovo, spazientito perché Sansa non riusciva a muoversi e le si avvicinò, infilando nella fondina la pistola ancora fumante che stringeva in pugno. Senza farsi problemi, prima che lei potesse dire (o cercare di dire) qualsiasi cosa, l'afferrò per la vita e se la caricò in spalla come un sacco di patate.
 - Avanti, uccellino. Ti riporto nella tua bella gabbietta dorata.
Sansa non riusciva neanche a pensare. Chiuse gli occhi godendosi il calore corporeo che filtrava dalla pelle del pastrano del Mastino e affidandosi completamente a lui.

Mani, mani da tutte le parti, mani che la toccavano, mani che la palpavano, mani che la graffiavano, mani che l'afferravano...
“Tutti insieme!”
Mani sotto i suoi vestiti, mani sporche, mani insanguinate, mani voraci...
“Tutti insieme!”
Mani cattive, mani violente, mani tra i suoi capelli...
“Tutti insieme!”
“Tutti insieme!”
“Tutti insieme!”

Con un grido, Sansa aprì gli occhi, tremando come una foglia. Era nella sua stanza, aveva freddo e era sola.
Dov'è il Mastino?
Lui l'aveva salvata, era un assassino, ma Sansa sentiva chiaramente che la cosa non la turbava molto. Adesso aveva ancora più paura di lui, ma era una paura strana perché sapeva che lui non le avrebbe mai fatto del male altrimenti non l'avrebbe neanche salvata quella mattina. Sentiva che lui non l'avrebbe mai ferita, era una sensazione viscerale che non riusciva a spiegarsi e che non aveva nessun fondamento logico.
All'improvviso Sansa si sentì sporca. Il ricordo di tutto quello che era successo le piombò addosso come un macigno e con un grido si strappò di dosso i jeans, la maglia lacera e l'intimo. Corse in bagno, aprì l'acqua della doccia, si infilò sotto il getto bollente e fu solo quando l'acqua caldissima iniziò a scorrerle sul corpo che si calmò. Piano piano i brividi di paura sparirono e Sansa riprese controllo delle proprie emozioni.
Ok, basta. Ora sono al sicuro.
Stette ancora sotto il flusso caldo dell'acqua, senza pensare a niente e lasciando che che l'acqua la ripulisse anche dai cattivi pensieri. Quando sentì che si era calma abbastanza uscì e si avvolse nel suo morbido accappatoio bianco, sospirando.
Vorrei che Margaery fosse qui.
Lei avrebbe saputo cosa fare e l'avrebbe calmata, rassicurandola e facendola ridere. Un sorriso comparse sulle labbra di Sansa pensando all'amica, ma Margy era lontana e non poteva fare assolutamente niente per lei.
Era sola.
Il pensiero la colpì: non c'era nessuno lì con lei, in quel bel palazzo dato che anche le loro coinquiline avevano seguito la giovane Tyrell ad Alto Giardino. Era completamente in balia di chiunque fosse riuscito ad entrare e all'improvviso Sansa cominciò a tremare di nuovo, le sembrava che le ombre avessero occhi e che ridessero di lei allungando le loro mani oscure. Il panico l'attanagliò di nuovo e corse ad accendere tutte le luci delle stanze dell'appartamentino: non voleva nessuna ombra, nessun luogo oscuro in cui chiunque avrebbe potuto nascondersi per poi aggredirla di nuovo.
Respirando affannosamente, si fermò al centro della camera da letto. Ora tutte le luci erano accese, ma era se possibile ancora peggio perché adesso quei faretti le sembravano quegli assurdi occhi di quell'uomo, di Occhi Gialli. La fissavano come l'avevano fissata nel vicolo, spogliandola e stuprandola con solo gli occhi.
“Tutti insieme!”
“Tutti insieme!”
“Tutti ins...
 - Basta!!
Gridò Sansa, crollando in ginocchio e coprendosi le orecchie con le mani tremanti. Stava impazzendo e se non avesse fatto qualcosa avrebbe davvero perso il controllo.
So cosa devo fare.
Con gesti scattanti si tolse l'accappatoio e afferrò due cose a caso dall'armadio che indossò rapidamente, poi si mise le sue All Stars e uscì di casa.

Sapeva dove l'avrebbe trovato. L'avrebbe trovato nel luogo del loro primo incontro, dove, Sansa era sicura, lui passava tutte le sere. Tutte le volte che gli era stata vicina gli aveva sentito addosso l'odore di alcool, un odore che non le dispiaceva e che le sembrava così maschile sopratutto quando era mischiato all'odore della pelle del pastrano: aveva sentito quei due odori mescolati quando lui l'aveva riportata a casa e l'avevano cullata trasmettendole sicurezza.
Aprì la porta del pub ed entrò in quel locale che ricordava così bene, ovvio, era stato il suo primo appuntamento con Loras. C'era anche Margaery, ma non importava, nella sua mente c'erano solo loro due... E il Mastino, che con la sua rudezza l'aveva avvertita di un pericolo leonesco.
Lui ancora non l'aveva vista, ma lei l'aveva già individuato. Era seduto nello stesso posto in cui stava la prima volta in cui si erano parlati, un posto nascosto, ma da cui si poteva osservare tutta la sala. Sansa prese un respiro profondo, poi andò verso di lui. Non sapeva cosa gli avrebbe detto per convincerlo, ma doveva riuscirci ad ogni costo.
 - Grazie.
Il Mastino si girò di scatto e quando la vide in piedi dietro di lui i suoi occhi espressero tutta la sua sorpresa. Sansa stava ritta davanti a lui, i capelli bagnati, i vestiti presi a caso dall'armadio, ma il viso fiero e serio. Lui si girò di nuovo e borbottò:
 - Grazie dillo ai tuoi cavalieri delle favole, uccellino, non a un mastino.
Ma Sansa non aveva nessuna intenzione di arrendersi, almeno fino a che non avesse davvero capito che lui non la voleva intorno.
 - I miei cavalieri non mi hanno salvato, lei invece sì.
E quando pronunciò quelle parole, si rese conto che era così. Nessuno, nessun principe azzurro, nessun eroe mascherato era corso in suo aiuto e solo il Mastino era andato a salvarla uccidendo dieci uomini solo perché non la stuprassero. Nessuno, nessuno...
Nemmeno Loras...
Il pensiero la colpì, ma poi si affrettò a pensare che lui aveva altre cose a cui pensare oltre a salvare lei e poi era ad Alto Giardino insieme a Margaery. Se avesse potuto l'avrebbe fatto sicuramente, giusto?
Ma non l'ha fatto.
Sansa preferì accantonare questa questione spinosa e concentrarsi sull'uomo di fronte a lei che la fissava con aria torva.
 - Ho ucciso nove uomini, non ti crea ness...
 - Quanti?
Sansa era sbiancata e nella sua mentre conti e calcoli si sovrapponevano. Aveva sentito otto spari mentre era sotto il cadavere di Joe, quindi compreso lui il Mastino aveva davvero ucciso nove persone.
E il decimo?
Sansa non aveva dubbi su chi fosse l'unico che fosse riuscito a sopravvivere alla macellazione del Mastino.
Occhi Gialli.
Solo lui poteva essere capace di una cosa del genere, lui che era un demone o una creatura nata dall'odio dei Sette Dei verso il genere umano.
 - Tutti insieme...
 - Cosa?
Il Mastino si sporse verso di lei, non aveva sentito le due parole che Sansa aveva mormorato.
 - Cosa hai detto, uccellino?
Sansa fissava in terra, ma alle sue parole alzò di scatto la testa piantando i suoi occhi azzurri in quelli neri del Mastino, azzurri occhi stravolti dal terrore e spalancati per la paura.
 - Tornerà a prendermi e quando mi prenderà mi ucciderà.
L'espressione sul viso del Mastino si fece di pietra, ma i suoi occhi fiammeggiavamo. Sporse in fuori la mascella, scoprendo lievemente i denti.
 - Nessuno ti torcerà una piuma, uccellino. Ora siediti e dimmi tutto.
Prese una sedia e la mise vicina alla sua, poi si sedette e attese che anche Sansa lo facesse. Lei esitò un'attimo, poi si accomodò e gli raccontò tutto, tutto quello che era successo e tutto ciò che pensava quindi alzò lo sguardo verso di lui e mormorò:
 - Io... Io ho paura. Posso stare da te?
Il Mastino scoppiò in una risata sguaiata, battendo il palmo della mano sul povero tavolino.
 - Cosa?! Tu, una nobildonna, in casa di uno come me? Non pensi alla tua virtù, al tuo onore e alla tua reputazione?
Sputò quelle tre parole come se gli facessero schifo e poi guardò Sansa con occhi derisori.
 - Non essere idiota, uccellino, non sono mica una tua balia del cazzo.
Sansa chiuse gli occhi, arrossendo.
Cosa pensavo? È ovvio che non mi vuole tra i piedi, sono solo una stupida ragazzina.
Strinse i pugni e con lo sguardo a terra fece il gesto di alzarsi in piedi: ci aveva provato, ma aveva fallito ed era andata come avrebbe dovuto immaginare che sarebbe andata. L'idea di tornare in quella grande e buia casa da sola, del gelo che avrebbe trovato in quelle stanze insieme ai fantasmi di quei dieci uomini le fece venire un capogiro dalla paura, ma si alzò lo stesso come avrebbe fatto una vera Stark di Grande Inverno.
Io sono Sansa Stark, mio padre è Lord Eddard Stark di Grande Inverno e mia madre Lady Catelyn Stark di Delta delle Acque: non avrò paura di fantasmi e buio.
Una mano si allungò, afferrandole il braccio.
 - Aspetta.
Sansa si girò di scatto. Il Mastino non la guardava, ma la giovane fanciulla sapeva che stava per aggiungere qualcosa.
 - Puoi venire.
Il cuore di Sansa le balzò in gola dalla felicità mentre il sollievo l'avvolgeva come una coperta calda, come le braccia di un principe immaginario. Non doveva tornare in quella casa, non doveva stare da sola, poteva dormire al sicura. D'istinto allungò l'altra mano e la posò su quella di lui che ancora le stringeva delicatamente, ma con forza, il braccio, una mano grande, calda e callosa. Per un secondo rimasero entrambi congelati senza neanche respirare per quel contatto così intimo e inatteso, poi Sansa ritirò la sua mano svincolando anche il braccio e arrossendo.
Perché arrossisco? Io...
 - Grazie...
Mormorò, fissando il pavimento e avvolgendosi nervosamente una ciocca rossa intorno ad un dito della mano.
 - Ti ho già detto di ringraziare solo quei cazzo di damerini che conosci, non me!
Fece lui, alzandosi di scatto e avviandosi verso la porta.
 - E vedi di non perderti, non torno certo a riprenderti uccellino.
Sansa sorrise piano, seguendolo.

Una mezz'ora dopo, Sansa era tra le coperte di un grande letto spartano, ma comodo. Tutta la casa del Mastino era spartana e comoda e a Sansa piaceva, le ricordava Grande Inverno con le sue fredde sale in cui solo i veri Stark si sentivano a loro agio. Con un grugnito il Mastino le aveva dato il proprio letto, affermando che non avrebbe fatto dormire una lady sul divano e che però non avrebbe cambiato le lenzuola, se le andava bene dormiva in quelle oppure se le cambiava da sola. Sansa aveva preferito tenere quelle del Mastino, piene di quell'odore che aveva scoperto quanto le piacesse. Lui, dopo averla sistemata, era tornato al bar lasciandole la casa libera quindi Sansa si era asciugata i capelli e si era potuta spogliare senza paura che lui potesse entrare e vederla nuda. Nella fretta non aveva preso nulla per dormire e non avrebbe mai osato usare una maglietta del Mastino quindi, arrossendo al solo pensiero, aveva deciso di dormire in mutandine e reggiseno. Non aveva freddo, ma temeva che durante la notte si sarebbe scoperta per il caldo e che così lui, entrando in camera, la vedesse. Era però un prezzo che pagava volentieri per la pace che adesso provava, una pace e una sicurezza che non sentiva da mesi, da quando aveva lascito Grande Inverno e la sua casa.
Chiuse gli occhi sospirando.
“Tutti insieme!”
Sorrise, già mezza addormentata.
Va bene, venite tutti insieme. Lui vi ucciderà tutti.

 




Eccomi con il terzo capitolo! Vi avevo già annunciato che sarebbe stato denso di avvenimenti e spero di non aver tradito le aspettative XD Ovviamente mi sono ispirata direttamente alla Rivolta del Pane in cui Sandor salva Sansa da uno stupro, trasformando una rivolta medievale in una manifestazione moderna. La parte finale del pub l'avevo scritta ieri sera, poi, a letto, mi è venuto il terribile dubbio di essere OOC quindi stasera l'ho riscritta completamente e ora mi soddisfa molto di più, la prima verione aveva un Sandor troppo fluff (odio quando lo rendono così XD) e una Sansa troppo piena d'iniziativa e moderna XD
Con un piccolo uccellino in casa il grosso mastino cosa farà? E i Lannister? Come prenderanno questa cosa? Lo sapremo nel prossimo capitolo! XD (anche perchè non lo so neanche io <3)

 
   
 
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