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Autore: crazyclever_aveatquevale    16/11/2013    4 recensioni
Dalla storia:
La prima volta che Arthur e Merlin andarono in campeggio avevano otto anni. Un pomeriggio di maggio fecero sedere i genitori di entrambi sul grande divano di casa Pendragon e presentarono la loro richiesta di dormire da soli in un bosco, dentro le tende e riscaldati dal fuoco – Come i veri cavalieri! aveva detto Arthur – dato che ormai, alla veneranda età di otto anni, erano grandi.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Saaalve! *Fa la disinvolta fingendo che non siano passati mesi dal suo ultimo aggiornamento*

La storia era praticamente finita, ma avevo promesso un epilogo che non aveva per niente voglia di farsi scrivere, perciò ci ho messo un po' a convincerlo ;) ma, come si suol dire.... meglio tardi che mai, no?

Sono contentissima che la mia storia sia piaciuta e non vedo l'ora di scrivere ancora (con i miei tempi, però, temo se ne riparli nel 2190!!) perché Merlin e Arthur mi ispirano troppo ;))

Grazie di cuore alle persone che hanno sempre seguito questa storia, a black_sofiacolandrea_, Lucylu e Rosso_Pendragon, a Inessa per i suoi preziosi consigli, ai 10 che la preferiscono, i 20 che la seguono e i 3 che la ricordano. Grazie, grazie, grazie!

Questa volta il capitolo è tutto dedicato al Vagabondo, perché è lui che mi ha costret-spinto a completare questa storia nonostante le mie lamentele e le mie paranoie!! E alla mia beta Vale (prezzemolina) perché lei è lei, e perché sì (che non è una risposta ma vabbè)!

DISCLAIMER: L’Asino Reale, l’Idiota e tutta la combriccola non sono miei; non scrivo a scopo di lucro ma solo per puro piacere personale.
 

Di campeggio, stelle e primi baci


Epilogo
Un raggio di sole entrava attraverso l’apertura della tenda, definendo l’immagine di due ragazzi profondamente addormentati, puntando proprio all’altezza del volto del giovane ragazzo biondo che, dopo aver inutilmente tentato di spostarsi da quell’improvvisa aggressione ai propri occhi, si rassegnò ad aprirli. L’orologio che indossava gli comunicava che erano appena le sette e mezzo di mattina, ma l’orario impossibile non era indicativo perché quella luce lo aveva privato di qualunque desiderio di dormire. Tentò di stiracchiarsi, ma si accorse di essere bloccato dalla morsa in cui l’altro l’aveva avvolto: le gambe intrecciate, il braccio attorno a lui, il busto sul suo petto e il volto nascosto nell’incavo del suo collo, con i capelli corvini che gli sfioravano la mascella e l’orecchio.

In risposta ai suoi movimenti, Merlin lo strinse più forte, mugugnando. Arthur si ritrovò a sorridere come un idiota al pensiero della notte precedente, di Merlin e della sua dichiarazione. E il sesso… Ah, il sesso… Era stato fantastico!

Massaggiando delicatamente la schiena dell’amante con la mano sinistra, iniziò ad accarezzargli il viso con la destra, per svegliarlo, ottenendo solo di spostarlo dal proprio petto, facendolo appoggiare al cuscino. Merlin, però, non voleva lasciarlo nemmeno nel sonno: se lo tirò addosso, continuando a dormire.

Arthur soffocò uno sbuffo tra il divertito e il frustrato, decidendo di fare sul serio. Dopotutto, era mattina presto, lui non aveva più sonno e in compenso aveva un’idea grandiosa su come iniziare al meglio quella mattina… Ma gli mancava la materia prima, ovvero il suo Merlin. Quando nemmeno sussurrargli all’orecchio funzionò, Arthur si risolse ad adottare maniere drastiche, attaccando le sue labbra come un tossico in crisi di astinenza, iniziando a morderle e succhiarle, prima avidamente poi dolcemente, finché non sentì quelle stesse labbra schiudersi e la lingua dell’altro fare capolino; e allora non smise, ma anzi continuarono a lungo a darsi battaglia, a baciarsi sempre più a fondo.

«Buongiorno» riuscì ad articolare con voce roca Merlin, non appena si staccarono per impellente necessità di ossigeno.

«Buongiorno, mio Bel Addormentato» rispose Arthur, con un sorriso sornione, riprendendo ad accarezzarlo e coccolarlo dolcemente.

«Credo di essermelo meritato, stavolta… Scommetto che ti sei svegliato prima apposta! Non che io mi sia lamentato, vorrei che tu mi svegliassi così tutte le mattine… Comunque, ti faccio notare che non sono più “addormentato”, e di certo non sono tutta questa bellezza!»

«E invece io dico che sei bellissimo, punto e basta! E, soprattutto, sei MIO!»

«Oh, abbiamo un asino geloso, qui!»

«Tu non hai idea di cosa sia stato… Sentire mia sorella – mia sorella! – dire che lei ha potuto baciarti quando io ho passato anni dopo quel bacio a sognare le tue labbra tutte le sante notti e tutti i dannati sonnellini a scuola, per poi svegliarmi di scatto intontito e incredibilmente frustrato… Mi hai fatto passare anni di inferno, Merlin!»

«Io? Guarda che io ero nella tua stessa situazione! Anzi, se vogliamo anche un po’ peggio, visto che per molto tempo ho rimandato il mio “coming out” per paura che capissi che ero innamorato di te!»

«Non l’avrei capito nemmeno se me l’avessi detto dieci anni fa, lo sai!»

«L’importante è che tu lo sappia adesso» sussurrò Merlin direttamente sulle sue labbra, chiudendo il discorso. Erano ancora nudi, e lo sfregamento con il corpo dell’altro li stava eccitando pian piano e, in fondo, avevano ancora molta voglia di scoprirsi l’un l’altro.

Poi, d’un tratto, Merlin fece scostare Arthur, chiedendogli: «A proposito di Morgana, non è che tra un po’ entrerà, come tutte le mattine da dieci anni a questa parte, per farti uno scherzo di cui poi ti vendicherai e lei si vendicherà della tua vendetta eccetera eccetera?»

«Merlin, perché mi parli di Morgana mentre stiamo facendo sesso? È prestissimo, Morgana a quest’ora starà ancora dormendo della grossa e io voglio solo farmi il mio meraviglioso ed eccitante ragazzo, se magari la smettesse di ciarlare a vanvera!» Detto questo, Arthur si spalmò bellamente su Merlin, mordendogli le labbra finché l’altro non acconsentì con un mugolio a lasciar perdere il discorso Morgana. Solo allora si decise a liberargli le labbra e passò a succhiargli il collo, mentre il moro gli gemeva nell’orecchio, spingendoselo contro, sempre più vicino.

Fu solo quando Merlin gli si inarcò contro sussurrando un “Arthur sto per-” spezzato, che Arthur alzò il viso per guardarlo negli occhi mentre veniva, mordendosi le labbra per non urlare a pieni polmoni il suo piacere, e la vista di Merlin sconvolto, con gli occhi luminosi leggermente appannati per l’orgasmo e gli zigomi pronunciati colorati da un profondo rossore, fu sufficiente a far venire anche lui, copiosamente.

In quel momento, mentre i due ragazzi erano troppo presi da loro stessi e dall’altro per accorgersi di tutto il mondo circostante, accadde che Morgana, nonostante l’orario impossibile e il fatto che la sera prima avesse fatto le ore piccole, si era organizzata per riservare al fratellino il risveglio più traumatico della sua esistenza, completamente ignara che il suddetto fratellino era tutt’altro che addormentato. La poverina si era anche dovuta “sporcare le mani”: aveva riempito due grandi secchi di acqua del lago ed era tutta intenta ad evitare che l’acqua si rovesciasse per far caso ai fruscii e agli strani rumori provenienti dalla tenda verso cui si stava dirigendo.

Probabilmente fu per questo che non si accorse di nulla finché non si ritrovò davanti l’intera scena del corpo di suo fratello nudo sopra quello di qualcun altro, che aveva arruffati capelli corvini e due orecchie inconfondibili. Il “Che cosa sta succedendo?” le morì in gola quando udì il gemito di puro piacere che Merlin, nonostante gli sforzi, non era riuscito a bloccare del tutto, seguito subito da un “Merlin” ringhiato dal biondo in piena estasi.

I secchi le caddero dalle mani, spandendo il loro contenuto su tutta la tenda.

Forse fu il tonfo, forse l’acqua che aveva inzuppato il materasso, o forse fu un caso, ma improvvisamente i due ragazzi, reduci da un’enorme scarica di piacere, alzarono contemporaneamente la testa, ritrovandosi di fronte ad uno spettacolo stranissimo: Morgana era completamente immobile, con la bocca spalancata e con il bel viso pallido, quasi avesse visto un fantasma. Merlin, che guardava la ragazza al contrario, assunse in un lasso di tempo decisamente allarmante svariate tonalità di rosso, iniziando a boccheggiare; ma la cosa più sconcertante fu che Morgana a quella visione ai limiti del surreale non mosse un muscolo, come se fosse paralizzata, e in effetti lo era, paralizzata dallo shock.
Arthur, dopo un attimo di disorientamento, si decise ad alzarsi da Merlin, per lo meno quel tanto che bastava per non gravargli addosso e avere la possibilità di allungarsi per prendere il primo paio di boxer che gli capitavano sottomano. Una volta afferratili, se li infilò, di fretta, alzandosi per permettere all’amante di fare lo stesso. Non ebbero il tempo di finire di rivestirsi che la loro tenda divenne piazza pubblica: uno alla volta, chi attirato dal fracasso (Gwen e Leon), chi per controllare l’accaduto (Gwaine), chi per semplice curiosità (Percy e Lance), si riunirono tutti attorno alla statua che una volta era stata Morgana.

Sarebbe stato divertente, pensò Merlin, registrare la reazione di ognuno non appena entrava e realizzava la situazione: l’immobilità innaturale di Morgana, che, assicurava Leon, non riusciva a rimanere ferma neppure nel sonno, avrebbe battuto sicuramente tutti nella scala di stranezze, ma altri non furono da meno in quanto ad incredulità e manifestazioni di affetto. Gwen saltò al collo ad entrambi, balbettando felice; Lance sgranò gli occhi, e poi accennò ad un applauso, tentando invano di spingere tutti gli altri ad una standing ovation; Leon fu l’unico a seguire per poco l’esempio di Lance, con un “lo sapevo!” esultante che stonava non poco con la sua aria da uomo inflessibile tutto d’un pezzo, cercando al tempo stesso di controllare le funzioni corporee della propria ragazza; Percy, sempre composto, si limitò ad un cenno compiaciuto del capo; mentre Gwaine tutto sommato fece il bravo, limitandosi a battutine per essere stati beccati in flagrante o per il modo in cui erano, o meglio, non erano abbigliati. Toccò il non plus ultra quando, al contrario degli altri che avevano preferito tacere per pudore (e per non metterli ancora di più in imbarazzo), chiese, praticamente urlando per sovrastare il chiacchiericcio: «E come mai ora indossate anche i vestiti l’uno dell’altro? Capisco l’intimità ma a volte quando è troppo è troppo!». Tutti gli amici risero nel guardare la sfortunata coppia osservarsi le mutande e subito dopo puntare gli occhi al soffitto per nascondere l’imbarazzo.

Morgana si riprese subito dopo. Col senno di poi, si stupì lei stessa per non aver mai unito i puntini ed essersi accorta della tensione sessuale repressa da suo fratello e dal suo migliore amico per tutti quegli anni. A sua discolpa, tuttavia, portò sempre la questione dell’orgoglio, che si era stoicamente rifiutato di vedere la cotta di Merlin per il suo fratellino dopo che il moro aveva rifiutato, seppur gentilmente, le sue avances quando avevano tredici anni, non potendo sopportare che il ragazzo preferisse Arthur a lei. Quando, dopo che ebbe ricominciato a muoversi e aver balbettato frasi incoerenti, aveva preso
per la collottola i due, finalmente con i vestiti addosso, intimando loro di dover fare un “bel discorsetto” e aveva saputo che la cotta durava da ben prima di quel bacio, e si era accorta che quello che provavano non aveva niente a che vedere con una cotta e tutto con “le due facce della medaglia”, “anime gemelle” e così via, si rassegnò a dare loro la sua benedizione, iniziando a ciarlare di slash, rating rosso e PWP e dicendo di dover correre a scrivere prima di perdere l’ispirazione.

Merlin e Arthur la lasciarono andare, bellamente ignari di cosa passasse nella mente della ragazza, e approfittarono del momento di libertà concessa loro dagli amici per sparire nel bosco e farsi una passeggiata indisturbati dall’altra parte del lago.

Parlarono a lungo, si baciarono, fecero un bagno e si baciarono di nuovo. Erano seduti abbracciati a fissare il lago e immersi in profondi pensieri filosofici quando l’attenzione di Merlin fu calamitata da due bastoni, posti l’uno sopra l’altro nel punto in cui la spiaggia si trasformava in vegetazione e gli si illuminarono gli occhi. Corse a prenderli, poi ne porse uno ad Arthur, invitandolo con un sorriso a trentadue denti. Presero a giocare come quando erano ragazzini e fingevano di essere cavalieri che lottavano con le spade ma ben presto la forza fisica di Arthur ebbe la meglio e il biondo riuscì ad atterrare il moro, iniziando a fargli il solletico. Quando, impietosito dai “basta” di Merlin, si fermò, gli disse «Ti amo», pacato e solenne. «Ti amo» ripeté Merlin come una promessa, suggellata da un bacio che non era il primo né sarebbe stato l’ultimo, ma sapeva di eternità.
  
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