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Autore: Wave__    17/11/2013    1 recensioni
Janelle Ravenwood, 17 anni, popolare e con una migliore amica che per lei è tutto. Janelle ha sempre avuto tutto nella vita, non s'è mai lamentata. L'unico suo difetto? Nascondere la reale sè stessa.
La sua vita improvvisamente cambia, quando entra a contatto con Ryan Brexton, un ragazzo al quanto misterioso che lavora nella scuola come sostituto dell'allenatore della squadra di football.
Janelle ne resta incantata, eppure qualcosa di ancora più grave sta per abbattersi su di lei.
Tutto inizia con un incubo, che ogni notte non le lascia scampo.
Un incubo con un orrore ben più profondo, con una realtà ancora più spaventosa.
..E' questo quello che accade quando si diventa l'ossessione di qualcosa con un'anima più oscura della notte stessa.
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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QUANDO TUTTO E’ COSI’ DIFFICILE - CAPITOLO 2

Arrivai come una furia a scuola, entrando nel cortile scolastico quasi di corsa, alla ricerca di Charlotte. Non la vedevo da nessuna parte, dove diamine era, quando la cercavo?! Mi balenò nella mente l’idea che potesse non essere ancora arrivata. Probabile. Era sempre in ritardo, quella ragazza.
Da quando ero entrata nel cortile della scuola la maggior parte dei ragazzi che erano li a studiare o ripassare per interrogazioni o verifiche di quel giorno, si erano girati a fissarmi. Sentivo su di me i loro occhi fissi, che mi scrutavano, ma ormai dopo quasi quattro anni di popolarità alla Yellow Stone, mi era abituata a tutto questo.
All’inizio tutti quegli sguardi puntati su di me, non avevano fatto altro che mettermi in suggestione, non li volevo, non mi sentivo così “bella” o “popolare”, da avere così tanta notorietà solamente al primo anno di liceo.
Con il tempo, poi, ci feci comunque l’abitudine.
Essere popolare era qualcosa che tutti avrebbero voluto essere, ma ehi!
Nessuno era come Janelle.
Ignorai tutte quelle occhiatacce sulla mia persona, continuando a cercare Charlie, alzandomi di tanto in tanto in punta di piedi, per vedere anche più lontano.
Il mio cuore perse un colpo. La vidi. Vicino al nostro albero.
Quello sotto il quale, tre anni prima, ci eravamo tirate i capelli davanti a tutti per il ragazzo da portare al ballo, quello dove avevamo discusso la prima volta, ma soprattutto quello dov’era nata da nostra grande amicizia in un giorno freddo d’inverno, quasi undici anni prima.
Si, perché prima di diventare “Yellow Stone High”, quella struttura era adibita come scuola elementare. Era lì che tutto aveva avuto inizio, per noi due.
Lei stava piangendo ed io era andata a consolarla, non conoscendola.
Non sapevo neanche perché piangesse, ma sinceramente non me ne importava neanche. Ero sì una piccola bambina di solo sette anni, ma già all’epoca ero superficiale e menefreghista, sinceramente. Anche se avevo sempre avuto una dote particolare: l’empatia.
Ero sempre stata fatta così; amavo aiutare le persone in difficoltà, nonostante il mio egocentrismo e il mio orgoglio smisurato.
I momenti passati con Charlie, erano i ricordi migliori della mia infanzia e della mia adolescenza.
Mi fermai a guardarla un istante, lasciando dipingere sul mio volto un largo sorriso. Le corsi incontro e, senza farmi vedere, le gettai le braccia al collo da dietro, saltandole in spalla, come quando eravamo quattordicenni.
«Amore mio, sei qui! Di nuovo a Yellow Stone!»
Esclamai, dandole un bacio sulla guancia, continuando a starle attaccata come un koala fa con il suo albero.
«Quanto mi sei mancata neanche lo immagini! Ho passato più di tre mesi infernali senza di te. Tre lunghissimi e fottutissimi mesi, lontana dalla mia migliore amica, che era a spassarsela con i ragazzi più ricchi, viziati e soprattutto magnifici di quella cittadina della California!»
«Dai stupida, scendi dalla mia schiena! Giuro che se fai toccare il suolo ai tuoi piedi, ti racconto ogni cosa» mi urlò ridendo, posando le sue mani sotto alle mie gambe, come a sorreggermi per quello sforzo.
La lasciai andare, entusiasta, emozionata, portandomi di fronte a lei e, senza darle neanche il tempo di fare nulla,
«Tesoro, mi sei mancata troppo. Non sono riuscita a dormire per tutta la notte, mi sono rigirata dieci mila volte, ma niente. Ero troppo agitata e ansiosa di rivederti. Pensavo che anche oggi avresti fatto ritardo, come tuo solito, ma invece sei più puntuale di un orologio svizzero, una volta tanto»
Rise abbracciandomi nuovamente. Non le dissi nulla dell’incubo che avevo avuto, anche perché, ehi, era appena tornata!
Mi staccai, questa volta definitivamente, prima di riprendere a sorriderle.
Si notava quanto entrambe fossimo affiatate, quanto entrambe avessimo condiviso e spartito gran parte di noi stesse, della nostra breve vita.
«Tu mi sei mancata, davvero troppo.» sorrisi. Non sapevo neanche descrivere la mia felicità in quel momento, la felicità d’averla al mio fianco.
«Parlando d’altro, ci sono così tante novità qui a scuola, che neanche t’immagini! A partire dai ragazzi.»
«Oddio, sentirti dire queste cose mi riempie il cuore di gioia. L’esserti mancata, oddio..», poi cambiò discorso, curiosa di sapere tutto come il suo solito.
«Novità?! Voglio sapere tutto, dimmi tutto! Sono tutta orecchie. Ma dimmi.. Alex come sta? Dov’è? Voglio rivedere anche lui.»
Vedere quel sorriso dipinto come se fosse un ritratto sulla faccia di Charlie per me era semplicemente tutto, mi dava tutto.
Ma appena sentii nominare Alex, il mio cuore di riempì di dolcezza, tenerezza, tristezza e nostalgia di lui. C’era un miscuglio d’emozioni dentro di me, a cui non sapevo bene dare un senso, se proprio volevamo dirla tutta.
«Alex è ancora via, non è tornato e ha perso l’inizio scolastico, proprio come te. Ho provato a contattarlo per parlarci ma.. Nulla. Il suo cellulare suona sempre spento. Mai una chiamata in rimando, un messaggio. Niente di niente. Credo che mi stia evitando.» sospirai, per poi appoggiarmi a un albero e alzare gli occhi al cielo, guardando le nuvole. Era colpa mia se Alex se n’era andato.
Era colpa mia se adesso non era ancora tornato.
Dov’era? Come stava? Gli era per caso successo qualcosa?
L’ansia mi logorava in maniera micidiale.
«Non dire così, Ever. Siete migliori amici da sempre, da una vita ormai. Non potrebbe mai evitarti. Se è per quella discussione che avete avuto tempo fa, gli sarà già passata. Vedrai che appena tornerà, sarà tutto come prima. E poi, te l’ho sempre detto che penso che lui abbia una cotta storica per te.»
Lo sapevo che era gelosa del rapporto tra me e il mio migliore amico, in fondo lo era sempre stata.
Sapevo che anche lei avrebbe desiderato un amicizia con un ragazzo, così proprio come la mia, però per il momento, lei non l’aveva mai avuta.
In ogni caso centrò proprio l’argomento.
Ciò che Alex provava per me. I suoi sentimenti nei miei confronti.
Cuore che io avevo spezzato. Come una stronza.
«Hai presto in pieno l’argomento, Charlie. La cotta di Alex», la vidi guardarmi, seriamente, come se non capisse di cosa parlavo. Sospirai, scuotendo la testa e decisi di continuare e raccontarle tutta la verità.
In fondo se la meritava. Era la mia migliore amica, no?
«Vedi, Charlie.. Io e Alex.. Quest’estate..»
Mi bloccai, titubante. Sicura del fatto che l’avrebbe presa male, se non peggio.
Non si sarebbe di certo immaginata una cosa simile. I miei pensieri vennero interrotti dalla sua voce che, curiosa come non mai, richiedeva informazioni.
«Dai, Ever.. Non è da te non sapere come dire le cose. Sputa il rospo. Tu e Alex.. Cosa? Continua, ti ascolto. Ti prometto di non giudicarti. Non dirò niente di inappropriato, croce sul cuore.»
Ecco che la parte tanto dolce di Charlotte usciva allo scoperto.
Sapevo che non mi avrebbe mai e poi mai giudicata, nonostante le numerose cazzate che tempo addietro avevo combinato e di cui di certo non mi andava di parlare. Presi un grande respiro profondo, riprendendo così il precedente discorso su me e Alex.
«Abbiamo provato a stare insieme quest’estate. Ecco perché ti dico che mi sta evitando!»
Sputai quella frase con tutto il fiato che avevo in corpo, con voce smorzata e spezzata, quasi in un sussurro, in modo che potesse sentirmi solamente lei.
Era diventato così tanto un peso che non riuscivo più a tenerlo solo con me.
Non avevo nessun altro a cui dirlo. Lei era l’unica di cui io ciecamente mi fidassi.
Adesso condividevo questo segreto con qualcuno.
Notai i suoi occhi sbarrarsi per lo stupore, il suo sguardo assumere un espressione a dir poco shoccata. Si, ero sicura che non fosse affatto contenta di sapere ciò che era successo tra noi due.
«COSA?!? Tu e Alex siete stati insieme e non mi hai detto nulla per tutta l’estate?»
Il mio sentire quella parola scandita, mi diede quasi i nervi, così come il suo tono di voce notevolmente alto.
«Abbassa la voce, Charlie, cavolo!» dissi stizzita, tappandole la bocca con la mano.
La guardai con un espressione che stava a dire “che diamine, ti dico una cosa e la vai a spiattellare ai quattro venti? Tappati la bocca.”
Aspettai che annuisse, facendomi intendere che avesse capito.
Levai la mano, facendola così tornare a respirare.  
«Oh cazzo, non ci credo ancora, è così difficile da comprendere! Tu e Alex.. Insieme?» fece una risata forzata, sospirando poco dopo. Potevo quasi sentire la sua gelosia nell’aria, andando ad impossessarsi di tutte le sue membra.
«Ma tu provi qualcosa per lui?»
Ecco lì, quella domanda a cui sinceramente non sapevo cosa rispondere.
Gli volevo bene, ma solamente come amico. Non saremmo mai potuti essere niente di più, e niente di meno. Scossi la testa, facendo un profondo respiro.
«Hai presente quando hai un migliore amico da tanto tempo e provi a starci insieme, anche se per poco tempo, per vedere se c’è qualcosa di più della semplice amicizia? Stare con lui per un mese soltanto, mi ha fatto capire che oltre la nostra semplice e unica amicizia non ci potrà mai essere nient’altro. Io lo vedo solo come il migliore amico mai esistito e il migliore amico del mondo.»
Feci una pausa per poi guardare negli occhi la mia migliore amica, senza sapere bene come continuare, cosa dire.
Dovevo trovare le parole. Obbligatoriamente.
«Dopo quello che è successo quest’estate, il fatto di stare insieme.. Mi sembra come se io e lui fossimo da due parti opposte di un valico enorme. Gli ho distrutto il cuore, Charlie. Gliel’ho distrutto totalmente. L’ho illuso, gli ho fatto credere chissà cosa e poi.. Poi semplicemente l’ho lasciato andare.»
Iniziavo a vedere appannato, gli occhi mi erano diventati lucidi tutto d’un botto, senza neanche che io me ne rendessi conto. Riuscii a trattenere le lacrime, odiavo piangere in pubblico, odiavo farmi vedere debole in quella maniera.
«Vieni qui, piccola. Non ti preoccupare, vedrai che tutto si sistemerà. Ci sono qui io con te. Sai che qualunque cosa tu faccia o scelga, io ti appoggerò sempre.»
L’abbraccio di Charlotte fu quello che di più desideravo in quel momento. Quelle parole le venivano dal cuore. Era davvero la migliore amica che io potessi mai desiderare. Sempre lo sarebbe stata.
«Grazie davvero per tutto quello che fai, tesoro. Sei davvero l’unica e sola migliore amica che io potrò mai avere. Sei la migliore amica del mondo.»
In quel momento la campanella che segnava l’inizio delle lezioni suonò.
Mi girai istintivamente e notai tutti gli studenti che si trovavano nel cortile salire le scale per entrare nelle apposite classi.
«Sarà meglio che mi sbrighi, già ho fatto una settimana in più di vacanza, se faccio tardi quell’arpia mi fa fuori.»
Mi misi a ridere sentendo le parole di Charlie, dandole una leggera pacca sulla spalla.
«Dai muoviti, prima che ti prendi una bella sgridata appena tornata.»
La vidi allontanarsi quasi correndo, immergendosi nel turbinio di studenti, che avanzavano lenti e chiacchieranti sulle scale dell’ingresso.
Fu in quel momento che notai una figura maschile, con indosso un giubbotto di pelle scura, attaccato con una spalla al tronco di un albero del cortile scolastico.  Guardava dalla mia parte. Lasciai lo sguardo vagare nel campus, notando d’essere rimasta una delle poche ancora lì fuori.
Quando andai a scorgere con i miei occhi di nuovo il punto in cui poco prima era appoggiato il ragazzo, mi resi conto che non c’era più.
Né lì, né in nessun’altra parte all’esterno.
Non era di certo uno studente. Non l’avevo mai visto. Forse uno nuovo?
Impossibile. Non c’era nessuno così alla Yellow Stone.
Dovevo avere le allucinazioni. Si, dovevo essermelo semplicemente immaginato.
“Tutta suggestione. Tutta fottuta suggestione causata dal sogno.”
Scossi la testa, alzandola poco dopo al cielo, chiudendo gli occhi e lasciando che i miei pensieri tornassero a quest’estate, alla cazzata commessa con Alex.
I nostri baci, gli abbracci, gli scherzi, i sorrisi, le volte in cui intimamente eravamo stati assieme.
Ero squallida. Ero una persona squallida, c’era poco da dire. O da fare.
Mi riscossi dai pensieri quando la campanella suonò la seconda volta, indicando l’inizio delle lezioni. Dovevo davvero entrare, nonostante non ne avessi proprio voglia, quella mattina.
Mi staccai dal tronco dell’albero, incamminandomi rapidamente verso l’entrata poco distante, entrando così alla Yellow Stone.
Furtivamente mi guardai attorno, sentendomi come osservata, anche se da lontano. Nessuno, non c’era nessuno.
Chi era quel ragazzo? L’avevo solamente immaginato, oppure era reale?
“Smettila di pensare a queste idiozie, Ever.”
Spalancai la porta, che nel frattempo si era richiusa, facendo tintinnare i tacchetti bassi nel corridoio ormai deserto.
Sarebbe stata una lunga giornata.. Soprattutto se la prima ora della mattinata era chimica.
  
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