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Autore: Celeste9    21/11/2013    1 recensioni
“Non c’è niente di più pericoloso del demone della fantasia acquattato nell’animo femminile” (Isabel Allende).
Questa è una raccolta di OS di tutti i generi, prevalentemente romantiche, su quello che io considero il sesto membro degli One Direction.
(Da una delle storie) “La gioia che provo quando sono insieme a Josh mi fa quasi paura, non so se si tratti veramente di amore, ma, qualsiasi cosa sia, è una sensazione bellissima: mi sento come se la sua anima avesse riempito all’improvviso il vuoto che sentivo nella mia”.
CREDITS: il titolo della raccolta è un verso di “Drunk” di Ed Sheeran; i titoli delle varie OS sono quasi tutte canzoni dei Toto.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Josh Devine, Nuovo personaggio
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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I’LL BE OVER YOU

There were the nights holding you close
someday I'll try to forget them

Mi svegliai in un bagno di sudore, non so se il mio o quello di Josh, che dormiva tranquillo al mio fianco. Lui e suo fratello avevano le camere in mansarda e d’estate si trasformavano in due autentiche fornaci. Cercai di liberarmi dalla gamba di Josh che mi teneva stretta contro il suo corpo stando attenta a non svegliarlo, ma non ci riuscii perché aveva il sonno leggero: aprì prima un occhio, poi l’altro.

-Dove vai?

-Al lavoro!

Girò la testa in direzione dell’orologio a forma di ruota d’auto che teneva appeso al muro e disse:

-Se ti sbrighi fai in tempo a chiudere lo studio: è mezzogiorno passato.

-Mezzogiorno? Il dottor Cox mi userà come cibo per il prossimo serpente che ci porteranno a curare! Oggi dovevamo somministrare il vaccino a un alano, non ce l’avrà mai fatta da solo! - immaginai il povero fragile medico alle prese con quella specie di cavallo e mi sembrò quasi di sentire la sua vocetta stridula che mi rimproverava perché per l’ennesima volta mi ero dimostrata una pessima assistente.

In realtà ero brava, con gli animali ci sapevo fare, ero diligente e preparata, diventavo inaffidabile solo quando Josh tornava dai tour e il “ci vediamo cinque minuti” diventava un tempo illimitato.

-Tutta colpa tua, come al solito!- lo rimproverai colpendolo col cuscino.

Quei momenti insieme erano davvero preziosi per me, ogni volta che metteva piede a Market Harborough svestiva i panni del batterista degli One Direction e tornava a essere Joshy. Non andavo mai a trovarlo a Londra, la sua vita laggiù mi faceva quasi paura. Ero andata in occasione del suo compleanno ed ero rimasta quasi nauseata dalle persone che frequentava; era sempre stato un festaiolo, ma gli piaceva divertirsi in modo sano non come gli amici che aveva nella capitale, che sembravano avere in mente solo la parola “eccedere” e anche lui, sotto quelle luci, in mezzo a quelle persone, sembrava diverso, meno attento, meno rassicurante. No, per una ragazza del Leicestershire che studiava per diventare veterinaria, Londra non era il posto giusto e forse non lo era nemmeno per Josh giacché, appena poteva, tornava qua o andava a Bournemouth, dove era nato e aveva ancora un sacco di amici.

Il letto era sotto la finestra, mi misi in ginocchio per aprirla e far entrare un po’ d’aria, Josh incollò il suo corpo alla mia schiena e mi mise le mani sul seno, cercando di trascinarmi di nuovo sotto le lenzuola.

Improvvisamente la porta si aprì.

-Joshua hai intenzione di startene tutto il giorno a letto?

Linda, sua madre, era una persona meravigliosa, ma aveva il brutto vizio di entrare nelle stanze senza bussare. Non sembrò sorpresa di trovarmi nel letto di suo figlio, anzi, mi sorrise affabilmente.

-Dharma, tesoro, non immaginavo che ci fossi anche tu! Ecco cos’erano i rumori che diceva di aver sentito Ben: credeva ci fossero di nuovo i procioni che camminavano sul tetto.

Un’altra ragazza sarebbe morta di vergogna se la madre di un suo amico l’avesse trovata in una delle camere di casa sua, vestita solo delle mani del figlio, ma io non ero per niente imbarazzata. I Devine mi conoscevano da una vita, da quando all’asilo avevo spinto il loro primogenito nella sabbiera, perché mi aveva chiamata “bifolca”.

- Ti fermi a pranzo con noi?

Accettai l’invito.

-Non ti ho sentita entrare ieri sera.

-Sono passata dalla finestra.

-Prima o poi uno di voi due si romperà l’osso del collo a forza di arrampicarvi! Ma perché non usate la porta come tutti gli esseri umani?

-Fino a un certo punto c’è la scala- intervenne Josh e sua madre uscì dalla stanza alzando gli occhi al cielo, mentre noi ci rivestivamo con calma.

Quella della scala appoggiata al fianco della casa per entrare in camera sua era stata un’idea di Josh che l’aveva copiata da un telefilm intitolato “Dawson’s Creek”: era il modo in cui la protagonista entrava in camera del suo amico d’infanzia. Mi aveva raccontato sommariamente la trama, ma quando gli avevo chiesto come fosse finito, se quei due alla fine si fossero innamorati, aveva glissato dicendo che non lo ricordava. Non ebbi mai modo di saperlo, poiché non avevo la televisione: i miei genitori erano due fricchettoni convinti, fissati con l’autoproduzione di qualsiasi cosa e guardavano con estrema diffidenza la tecnologia. Guardavano con diffidenza anche Josh, reo di avermi portato sulla cattiva strada facendomi mangiare ai fast food e di avermi regalato un cellulare. Era stato bandito da casa nostra il giorno in cui mia madre lo aveva sorpreso al nostro frigo a bere il latte di riso, direttamente dalla bottiglia, così ero sempre io ad andare da lui.

Scendemmo in cucina, suo padre e suo fratello erano già a tavola.

-Ciao Dharma- mi disse Mike, poi si rivolse al figlio minore- hai visto Ben, che non erano i procioni a fare baccano, ma questi due?

Pranzammo, poi gli uomini si misero sul divano a vedere non ricordo quale evento sportivo, io rimasi in cucina a dare una mano a Linda a rigovernare.

-È bello quando sei qui, sono contenta di avere un po’ di compagnia femminile. Tu e Josh siete sempre al solito punto?

Io stavo lavando i piatti, cominciai a fregarne uno così intensamente che rischiai di fare venire via il decoro. Il “solito punto” era in realtà un punto dolente, almeno per me.

Visti attraverso gli occhi degli altri, Josh ed io avevamo un rapporto da fidanzati, ma non ci consideravamo tali: ci facevamo le coccole se ci sentivamo soli, camminavamo mano nella mano, guardavamo i film dell’orrore e facevamo sesso se ne avevamo voglia, ma poi ognuno andava per la sua strada. La sua presenza nella mia vita e la mia nella sua erano una cosa naturale e inevitabile. Era sempre stato al mio fianco in ogni occasione importante della mia vita ed io sostenevo la sua carriera musicale fin dai primissimi esordi, in altre parole da quando eravamo bambini e usava la mia testa come un tamburo.

Aveva un innegabile talento per la musica, un estro e un senso del ritmo fuori dal comune e lavorava sodo. Aveva frequentato il Leicester college studiando tecnologia della musica e ogni giorno suonava per ore. Tutto questo impegno gli aveva permesso di vincere il concorso Mapex per i batteristi di domani che l’aveva condotto direttamente alla finale europea di Drummer of Tomorrow, ero volata con la sua famiglia fino a Francoforte per sostenerlo vincendo la mia paura dell’aereo. Ero con lui anche al Drummer Festival qua in Inghilterra: la sua esibizione aveva lasciato tutti a bocca aperta; ricordo ancora l’espressione di due batteristi adulti e con un sacco di esperienza che guardandolo suonare, avevano commentato “come faremo a trovare il coraggio di andare sul palco dopo questo?”. Poi era arrivato l’ingaggio per suonare con gli One Direction, parecchi soldi e una popolarità inaspettata che non sempre riusciva a gestire con serenità.

Continuai a lavare i piatti in silenzio, Linda capì che aveva toccato un argomento delicato e si mise a parlare della nipote che faceva la fashion blogger, gliene fui grata e partecipai con interesse alla conversazione.

Aveva anche smesso di chiedermi come mai non andassi mai in tour col figlio, per fortuna, perché non sarebbe stato piacevole spiegarle di quell’unica volta in cui Josh mi aveva portato con sé ed era successo il finimondo quando mi aveva sorpresa a pomiciare con Niall.

-Ti suono come una marimba!- mi aveva minacciata trascinandomi via ed io non avevo capivo perché si fosse arrabbiato tanto, non stavamo insieme, non era il mio ragazzo e non aveva il diritto di interferire in quello che facevo. Poi però avevo capito che era geloso, perché avevo cominciato a provare anch’io una certa inquietudine se mi parlava di qualche avventura.

Ultimamente i nostri rapporti si erano fatti meno disinvolti. Avevamo iniziato da bambini, giocando al dottore insieme e avevamo continuato negli anni successivi, non avevamo vergogna di portare avanti quell’amicizia particolare, priva d’impegni, abbracciandoci spesso e baciandoci in pubblico se ne avevamo voglia. Ma da un po’ di tempo facevo sempre più fatica a sciogliermi dai suoi abbracci e a letto prevaleva la dolcezza, i preliminari infiniti, le coccole prima e dopo.  

La gioia che provavo quando eravamo insieme mi faceva quasi paura, non sapevo se si trattasse veramente di amore, ma qualsiasi cosa fosse, era una sensazione bellissima.

D’altronde Josh era stato la mia prima volta. I miei eccentrici e libertini genitori avevano cresciuto me e mia sorella con la convinzione che la verginità fosse qualcosa di cui sbarazzarsi al più presto, io avevo aspettato i sedici anni, quando, dopo un’accesa partita di Twister nel suo giardino, avevo chiesto a Josh se se la sentiva di liberarmi dall’indesiderato fardello.

Lo sguardo che mi aveva rivolto mi aveva fatto temere seriamente che mi avrebbe buttata nel cespuglio più vicino, ma il suo animo di gentiluomo lo aveva saggiamente fatto decidere che sarebbe stato meglio rimandare alla sera successiva, in camera sua.

Quando entrai dalla finestra, scoprì il lato romantico di Josh, che aveva coperto le luci con alcune magliette rosse per renderle soffuse e aveva messo su una musica struggente: era “I’ll be over you” dei Toto.

-Forse nella tua stramba famiglia è un passo da niente, ma io sono ancora convinto che la prima volta di una ragazza sia importante- mi aveva detto e si era dimostrato il ragazzo più paziente, dolce e premuroso del mondo, trasformando quello che mia sorella aveva definito un momento orribile e doloroso, in uno dei miei ricordi più belli. C’eravamo svegliati la mattina successiva con le nostre famiglie al completo ai piedi del letto: ci avevano cercato per tutta la notte omettendo di controllare nel posto più logico in cui potevamo essere.

-Suppongo che adesso dovrò riammetterti a casa nostra- aveva sospirato mia madre, ma la tregua tra lei e Josh era durata solo fino al momento in cui lui le aveva chiesto perché si ostinasse a fare il pane in casa, quando avrebbe potuto comprarne di più buono al panificio.

Finito di lavare i piatti, salutai Linda, gli uomini di casa Devine mi risposero con un grugnito, tanto erano presi dalla trasmissione e tornai a casa, non senza essere passata a scusarmi col dottor Cox che, invece di rimproverarmi, mi ripeté ancora di prendere la laurea in fretta, così avrei potuto rilevare il suo studio.

Mi misi sui libri, volevo ripassare per l’esame che avrei avuto l’indomani, ma il mio pensiero tornava insistentemente alla notte trascorsa con Josh e le sensazioni che mi sopraffacevano, m’impedivano quasi di vedere la pagina.

L’esame andò molto bene. Per tutta la durata del viaggio in treno cercai di chiamare Josh per dirglielo, ma il suo cellulare era stranamente spento e a casa non rispondeva nessuno: i suoi genitori erano andati a una mostra di fiori, ma lui? Possibile che fosse tornato a Londra senza dirmi niente?

Mi feci una doccia per togliermi un po’ di stanchezza e la puzza del treno, poi uscii a fare una passeggiata: le mie gambe mi portarono automaticamente davanti casa di Josh, feci il giro dell’edificio e fu allora che mi accorsi che la scala era scomparsa, al suo posto c’era un biglietto.

“Mi sono trasferita a The Woodlands. Firmato La Scala”.

The Woodlands era il quartiere residenziale di Market Harborough, non troppo lontano da lì, ci arrivai in pochi minuti e finalmente trovai Josh, che stava seduto per terra ai piedi della scala, appoggiata alla facciata di una delle villette.

-Com’è andato l’esame?- mi chiese venendomi incontro.

-Bene- risposi confusa- ma che ci fai qua?

I suoi occhi e i miei s’incontrarono in uno sguardo complice. Mi rivolse un sorriso malizioso ed io arrossii come ogni volta in cui mi guardava in quella maniera piena di desiderio.

Mi abbracciò come se fossero mille anni che non mi vedeva, inclinò il suo viso verso il mio e mi baciò. Le sue labbra percorsero tutta la mia faccia: le guance, il naso, il mento, fino ad arrivare finalmente alla mia bocca; ci baciammo così a lungo che sembrava non dovessimo staccarci più.

Sentivo il suo odore, la sua pelle contro la mia, il calore delle sue mani che mi accarezzavano dappertutto in cerca di qualcosa che solo loro sapevano, risvegliando i miei sensi. Il mio cuore cominciò a battere sempre più forte, ci conoscevamo talmente bene da riuscire a comunicare senza bisogno di parlare ed io capii che il suo sguardo, i suoi gesti e le sue reazioni significavano una cosa sola: mi amava anche lui.

-Joshy- provai a dire, ma lui mi mise un dito sulle labbra.

-Ti prego, fai parlare prima me, sono così emozionato che non so se quello che sto per dirti ha un senso. Hai risvegliato in me qualcosa che credevo inesistente, mi hai fatto sentire importante per quello che ero, grazie a te ho scoperto l’amore. Quando mi sono accorto che quello che provavo per te era molto più del semplice affetto, non ho fatto altro che pensare a questo mio grande desiderio che mi rendeva inquieto perché non ero sicuro che mi avresti ricambiato.

Lo guardai sorridendo.

-La botta in testa che hai preso quando ti ho spinto nella sabbiera da bambini dev’essere stata bella forte! Come hai fatto a non accorgerti che ti morivo dietro?

-I nostri rapporti non sono mai stati troppo chiari. Ma quando ti sei accorta di essere innamorata di me?

-Più o meno quel giorno in tour, quando ho finito con Liam quello che avevo cominciato con Niall e ho capito che in realtà avrei voluto essere con te.

-Cos’è che hai fatto con Liam? Ora me lo racconti, porcellina!- mi disse Josh ridendo, sollevandomi da terra per prendermi in braccio.

-Non vorrai portarmi in collo fino a casa tua?

-Sono solo pochi passi. Questo sarà il nostro nido d’ora in poi- rispose indicando con un cenno della testa, la villetta alle nostre spalle.

E tra una risata e un bacio entrai in casa, stavolta senza passare dalla scala a pioli, ma attraversando la porta come una sposa: in braccio al ragazzo che avevo sempre amato.

  
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