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Autore: love_fool    30/04/2008    2 recensioni
Però quando si trattava di porre rimedio alla mia natura da ritardataria ero in grado di sfoderare una velocità impressionante, soprattutto quando dovevo raggiungere qualcosa o qualcuno di cui mi importava veramente.
E questa volta era molto più che importante: era il giorno del mio matrimonio.
La storia parte dal capitolo 3 di New Moon, quando Edward lascia Bella, solo che le cose si evolvono in modo completamente diverso dalla storia che abbiamo letto...
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Grazie per i commenti ricevuti al prologo! Spero che questo capitolo (e tutta la storia) sia di vostro gradimento! Ammetto che come capitolo questo potrebbe essere considerato un po’ noioso, però è importante per inquadrare la vita che sta conducendo Bella.
Recensite, vi prego! Mi fa piacere leggere anche le critiche, purchè siano costruttive! Baci!

Lie To The World


La pioggia batteva incessante sulle finestre da 3 giorni. 3 giorni di pura agonia a causa del clima che New York aveva deciso di regalarmi.
“A questo punto potevo benissimo restarmene a Forks”, pensai, carica di nervosismo.
Che pensiero sciocco. Come se fosse stata colpa del clima la causa scatenante della mia fuga da quel paesino perennemente immerso nella pioggia.
Mi diedi virtualmente un colpo in testa; avrei dovuto seriamente smetterla di pensare certe cose.
“È il passato, è finito. Basta rimuginarci sopra”. Ma sapevo benissimo che non sarei mai riuscita ad assecondare quel desiderio, mi avrebbe tormentato sempre. Con l’andare del tempo si era e si sarebbe affievolito sempre più, ma non se ne sarebbe mai andato.
Cercai di rilassarmi senza forzare troppo la mano al mio corpo teso: ci sarebbe voluto un po’ a calmarmi e non riuscendo subito nell’intento mi sarei arrabbiata ancor di più, fallendo miseramente nel tentativo di calmarmi.
Respirai profondamente, cercando di lasciarmi alle spalle i pensieri dei due aspetti più fastidiosi e, nemmeno a farlo apposta, impossibili per me da abbandonare (non per volontà personale): il mio passato e la pioggia battente.

Ero sdraiata sul letto a fissare il soffitto da non so nemmeno quanto tempo ormai. Forse 10 minuti, forse 2 ore. Il tempo scorreva talmente velocemente e senza arrestarsi che mi impediva di stargli dietro. Fissare il soffitto era patetico, però non volevo alzarmi.
Sapevo perfettamente cosa sarebbe successo se l’avessi fatto: avrei guardato il ragazzo disteso vicino a me, mi sarei vestita, sarei tornata a fissarlo attendendo che si svegliasse, gli avrei posato un bacio sulle labbra e sarei corsa al lavoro o semplicemente all’esterno, desiderosa di scappare da quella casa che ormai mi sembrava sempre più una trappola.
Non ero in grado di dire quante volte quella routine si stesse ripetendo.
Era capitato molte volte negli ultimi anni. Incontravo un ragazzo carino, ci uscivo, mi divertivo, lo illudevo, lo abbandonavo.
Non che andassi fiera del comportamento che avevo iniziato ad assumere nei confronti del sesso opposto al mio, a volte mi sentivo anche male per quello che facevo. Ma con il passare del tempo le mie ansie erano state sostituite da un desiderio pressante, la voglia di ferire. Ferire come io ero stata ferita.
Sapevo che quei ragazzi non c’entravano nulla con lui, sapevo che non avrei dovuto prendermela con loro, ma era più forte di me. E non avendo la possibilità di ferire colui che mi aveva fatto del male avevo deciso di prendermela con l’universo maschile.
Cercavo di trovare in ognuno di loro una delle parti di me stessa andata perduta quel maledetto giorno di 5 anni prima. Speranza vana.
Sospirai. Prima o poi mi sarei dovuta alzare, e prima fosse successo meglio sarebbe stato. Mi rigirai, terminando sul fianco destro, dando le spalle a Matt.
Matt era il “mio ragazzo” da un anno e mezzo ormai. Prima di lui ce n’erano stati molti, che non avevo assolutamente nulla in comune l’uno con l’altro. Loro erano stati meramente dei giocattoli, ma con Matt era diverso.
Non che lo amassi, nonostante avessi voluto farlo, però gli volevo bene, ed era il sentimento più simile all’amore per un uomo che avessi provato negli ultimi anni. Con lui stavo bene e finché la situazione fosse rimasta quella a me sarebbe andato a genio come possibile futuro. Meglio con lui che non qualcun altro.
Sentii le dita di Matt tra i miei capelli dorati.
Decidendo di dire addio alla vecchia me stessa avevo dovuto accettare di cambiare la mia immagine. Ora portavo i capelli biondi, lunghi fino alle spalle e resi ondulati da una morbida permanente. Avevo ceduto al fascino del trucco e indossavo abiti femminili. Questa nuova immagine serviva a rendermi sicura e farmi sentire protetta: bella e irraggiungibile.
«Buongiorno, tesoro» disse Matt avvicinando il suo petto spoglio alla mia schiena e baciandomi i capelli delicatamente.
«Giorno». Mi girai verso di lui per poter ammirare la sua bellezza. Matt era veramente bello, certamente il ragazzo più bello con cui ero mai uscita. Correzione immediata: il ragazzo umano più bello con cui ero mai uscita.
Era parecchi centimetri più alto di me, aveva i capelli biondi non troppo corti e tenuti costantemente in disordine con il gel. I suoi fantastici occhi erano verdi con qualche striatura castana verso il centro dell’iride. Erano occhi molto espressivi e dolci.
La dolcezza era la sua caratteristica principale, per questo motivo era difficile resistere ad un ragazzo così. Anche per me.
Senza alcun dubbio Matt era, tra i ragazzi che erano venuti dopo Edward, quello che preferivo. Non solo per la bellezza, era veramente un ragazzo d’oro: aveva sempre ottenuto ottimi voti a scuola, proveniva da un’ottima famiglia ed era gentile. Allo stesso tempo però, sapeva divertirsi ed era molto estroverso.
Difatti ci eravamo incontrati a una festa del college.

L’aria gelida di una mattina di gennaio frustava vigorosamente sul mio volto. Avevo le guance arrossate e gli occhi lucidi: dirette conseguenze del vento. Non avrei mai voluto abbandonare il mio comodo e caldo letto in un giorno come quello però non potevo, era arrivato il momento di partire. Le vacanze di natale erano giunte al loro termine e dovevo rimettermi in viaggio verso il college. Dopo aver salutato goffamente mio padre mi ero diretta in un bar per fare colazione e garantirmi provviste di cibo e caffè per il viaggio che mi attendeva.
Dopo qualche minuto di coda riuscii a fare la mia ordinazione, pagai e mi diressi alla macchina. Il pick up aveva smesso di funzionare di tempo e mi ero trovata costretta a comprare una nuova macchina; dopo aver girato alcune concessionarie e dopo aver scartato diverse auto decisamente non adatte a me avevo optato per una Peugeot 206 grigia, senza troppe pretese.
Dopo diverse ore di guida arrivai all’appartamento del campus che dividevo con una ragazza che frequentava il mio stesso corso di giornalismo.
Claire era dolcissima, molto affettuosa e divertente. Una ragazza con cui era facile andare d’accordo. Secondo me aveva un solo grande difetto: si lasciava andare troppo facilmente e si attaccava troppo in fretta alle persone, per questo si trovava diverse volte con il cuore spezzato e con gli occhi spenti della luce che li contraddistingueva.
Non ci vedevamo da un pò, complici le vacanze di natale e gli impegni scolastici che ci affliggevano ed ero impaziente di vederla e salutarla.
Entrata in casa la trovai sul divano, intenta a guardare una sit-com che in quel momento stavano trasmettendo alla tv.
Ci salutammo e mi disposi di fianco a lei sul divano, notando dei fogli sul tavolino di fronte. Ne presi uno in mano, e trovai scritto:
«Siete stanchi e annoiati dopo le vacanze trascorse con i vostri genitori?
Bè questa sera potrete rifarvi alla super festa che stiamo organizzando!
Vi aspettiamo nel dormitorio E32!”
Guardai Claire, che non smetteva di fissarmi.
«Ci vuoi andare?» le chiesi.
«Oh si, ti prego Bells! Non partecipo a una festa così da tempo! E farebbe bene anche a te! Chissà che stavolta non incontri il ragazzo gusto! »
Feci finta di non sentire l’ultima frase pronunciata dalle sue labbra, però annuii e dissi “va bene, hai vinto tu».
La sera ci preparammo per uscire, e, Claire super-entusiasta, io un po’ meno, ci lasciammo indietro il dormitorio.
Arrivate alla festa iniziai a sciogliermi un po’, che male avrebbe potuto farmi divertirmi per un po’?
Stavo andando a prendere qualcosa da bere quando sentii una mano bloccarmi il braccio destro e subito pensai ‘no, un altro di quei ragazzini ubriachi io non riesco a sopportarlo’. Alzai lo sguardo, pronta a scrollarmi di dosso l’ennesimo ragazzo sbronzo che cercava di concludere la serata rotolandosi nel mio letto, ma mi trovai di fronte tutt’altra visione. Un ragazzo biondo, dagli occhi verdi e con un cordiale sorriso sul volto mi fissava.
«Vorresti ballare con me?» mi chiese.
E non seppi dire di no.


Fui riportata alla realtà dalle sue braccia, ormai strette attorno alla mia vita, e dalla sua voce costantemente roca e –dovevo ancora capire come mai- carica di entusiasmo.
«Siamo abbastanza confusi stamattina, mi sembra di notare»
«Lo sono sempre la mattina, dovresti saperlo ormai». Cercai di liberarmi dal suo abbraccio strangolatore per potermi alzare e ricaricarmi di caffè.
Rise leggermente ma non mollò la presa. «Signorina dove pensa di andare? Oggi è il suo compleanno, deve rimanere a letto e lasciarsi coccolare tutto il giorno, iniziando dalla colazione a letto».
«Sai che non è necessario», odiavo quando le persone cercavano di rendermi felice per il mio compleanno, ma ormai non ne davo tanta mostra.
«No no, lasciami fare qualcosa per il tuo compleanno. Te lo meriti».
Detto questo si alzò, mi baciò di nuovo i capelli e si diresse verso la cucina.
«Vorresti qualcosa di particolare?» lo sentii chiedermi dalla cucina, con un tono un po’ troppo vivace per le 9.30 della domenica mattina.
«Waffle?» gli gridai di rimando.
«Come desidera. Ogni suo desiderio è un ordine» scherzò...
Il mio compleanno. Non avevo mai apprezzato il giorno in cui tutti cercavano di dimostrare il proprio affetto nei confronti di qualcuno con attenzioni particolari e futili regali. Che utilità c’era?
Inoltre avevo sempre tremato di fronte alla prospettiva di essere al centro dell’attenzione, però non ne avevo mai fatto parola a Matt, per questo sopportavo in silenzio.
Dopotutto il mio motto negli ultimi anni era stato “menti”.
«Allora, questa colazione?» domandai, ancora stesa a letto.
Sentii la sua risata avvicinarsi e pensai che sarebbe stata una lunga giornata.

  
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