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Autore: Lycoris    28/11/2013    4 recensioni
Dean si stringe alla coperta, e sa che non c’è stato nessun miracolo.
Solo un uomo con le mani fredde e gli occhi troppo blu.
[AU! Selkie!Cas/Human!Dean]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Jo, Sam Winchester
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Bottom of the river 17 marzo 1997

Hold my hand,
Oh, baby, it’s a long way down
to the bottom of the river.



Dean maledice il sangue che gli cola negli occhi dalla fronte sfregiata, offuscandogli la vista e facendolo inciampare a quasi ogni passo nel sottobosco fitto.


Sam avrebbe potuto fargli la predica su quanto poco fosse saggio staccare un ramo di platano per colpire una rusalka, dopo, quando la suddetta ninfa demoniaca slava e gloriosamente nuda ed incazzata avesse smesso di cercare di cavargli gli occhi con le unghie.


Corre dietro al fratello e Jo, che hanno almeno cinquanta metri di vantaggio, tagliando i tralci d’edera che si allungano ad intrappolargli i polsi e le caviglie.


Le urla dello spirito sembrano unghie su una lavagna, ma si allontanano rapide mano a mano che Dean si allontana dal fiume.


Si passa una mano sul sopracciglio destro appiccicoso di sudore e sangue e si guarda intorno febbrilmente finché non individua alla destra del sentiero una depressione tra le radici di un faggio.


Con la schiena contro il tronco liscio, largo e piacevolmente tiepido dell’albero Dean tira fuori da una tasca interna della giacca di pelle il diario azzurro di sua madre, il suo vecchio regalo di compleanno, e inizia a sfogliare le pagine dagli angoli consunti e fitti della calligrafia precisa di Mary fino a trovare quelle dedicate alle rusalka, gli spiriti di giovani donne e uomini annegati nei fiumi.


Quel secchione di Sammy, ovviamente, aveva ragione: le rusalka erano più attive in primavera e il platano era il loro albero sacro, non c’era da stupirsi che quella in particolare avesse fatto dell’annegarlo la sua missione personale.


Fortunatamente diceva anche qualcosa sul fatto che non potessero allontanarsi troppo dall’acqua, e qualcos’altro su capelli e pettini dei quali, sinceramente, non gli fregava un esimio cazzo.


Dean poggia la nuca contro il legno respirando pesantemente. Le ginocchia gli tremano, per la corsa e al pensiero di cosa dirà  Ellen quando scoprirà che sono andati a caccia da soli, di nuovo.


Tira la pelle maculata fuori dallo zaino e la accarezza distrattamente con la punta delle dita assaporandone la morbidezza dolorosamente familiare.


È evidente che la sua intuizione è stata un letterale buco nell’acqua anche stavolta.


Il ragazzo dell’incendio non era un rusalka, e Dean non sa se esserne deluso o felice. Non gli piaceva l’idea che fosse una vergine russa assassina coi capelli pieni di alghe, e grazie tante, ma aveva sperato, almeno stavolta, di essere arrivato ad una svolta nella sua ricerca.


E invece eccolo qui, stremato e a mani vuote, col culo indolenzito dalla terra dura sotto l’albero e con gli occhi che si chiudono perché ha così sonno, tanto Jo e Sam torneranno a cercarlo,
non può fare male chiudere un occhio cinque secondi,
o cinque anni,
e questo canto è così bello, e l’acqua che scende giù, giù per il tronco dai capelli, dalla schiena e dai fianchi della rusalka così rinfrescante…


Dean stringe la pelle maculata tra le mani e scivola nell’oblio.



Go to the river where the water runs
Wash him deep where the tides are turning.


L’acqua che gli lambisce i polpacci è gelida e gli morde i muscoli e le ossa. Dean si sente la testa come se fosse piena d’ovatta, i polmoni che lottano contro il freddo per incamerare quanta più aria possibile.

L’edera gli lega le caviglie ed i polsi, e Dean sente già il sangue che fatica a raggiungere le dita.


Su una roccia piatta in mezzo al fiume è seduta la rusalka.


Si pettina i capelli biondi incoronati di alghe con una lisca di pesce traslucida sotto il sole e sorride mostrando denti appuntiti dietro le labbra cianotiche.


Fa forza sulle mani palmate per scendere dallo scoglio e muoversi nell’acqua profonda con quelle che non sono più le gambe nude e snelle con cui aveva seguito Dean a terra ma una lunga coda color fango che guizza agile sotto il pelo dell’acqua limpida creando mulinelli in superficie.


Afferra il ragazzo per le caviglie ed inizia a trascinarlo in acqua con una forza sorprendente per la sua figura esile, perseverando nel suo canto paralizzante.


È uno di quei momenti in cui Dean immagina ci si dovrebbe vedere passare la vita davanti, o qualche cazzata del genere, ma lui riesce a pensare solo ai suoi fratelli che dovranno venirlo a cercare, e a maledirsi perché gli toccherà morire senza sapere di chi diavolo sia quella dannata pelle a macchie che ancora stringe nelle mani.


L’acqua fredda di marzo gli inzuppa i vestiti e corre su per le gambe fino a raggiungere la pancia, il petto, il collo, si raccoglie nello spazio tra i tendini e le clavicole e gli impregna i capelli sulla nuca.


Sente i capelli lunghi della rusalka solleticargli le braccia, la sua mano magra sostenergli la schiena per tenerlo a galla abbastanza perché solo l’ovale del viso emerga dall’acqua e gli permetta di respirare.


La pelle maculata rimane calda a contatto con le sue mani serrate, Dean vede avvicinarsi le labbra della ninfa, chiude gli occhi e una lacrima gli sfugge dalle palpebre.


La bocca fredda della donna pesce si preme sulla sua e Dean si sente sprofondare nel fiume gelido.




Into the water, let it pull him under.
Oh, don’t you lift let him drown alive.


L’acqua fredda ha l’effetto di una pugnalata tra le costole e nel cervello, gli pesa sulle spalle e lo spinge sul fondo del fiume, lì dove la rusalka lo sta trascinando.


Dean è in preda al panico, spalanca gli occhi per cercare di vedere qualcosa –qualsiasi cosa- che gli permetta di non morire, non lì, non ora, ma tutto ciò che scorge oltre l’appannatura è la figura indistinta del mostro che spalanca la bocca sfoderando un’impressionante doppia linea di denti.


L’acqua davanti a lui si tinge di rosso e si sente quasi sollevato alla prospettiva di morire con la gola tagliata che non soccombere con i polmoni schiacciati dalla mancanza di ossigeno. Non fa nemmeno male.


Sente uno strattone, come un forza sconosciuta che lo trascina verso l’alto, poi più nulla.




Hickory, oak, pine and weed,
bury my heart underneath these trees.
And when a southern wind comes to raise my soul
spread my spirit like a flock of crows.
'Cause I've loved you for too long.
I've loved you for too long.


Quando apre gli occhi la luce che li ferisce è quella calda del sole, l’odore del terriccio bagnato gli riempie le narici che bruciano per l’acqua e il battito del suo cuore va a tempo con le tempie che pulsano.


Qualcosa fruscia accanto al suo orecchio sinistro, e Dean tenta istintivamente di tirarsi in piedi. I gomiti cedono sotto il suo peso e si trova ribaltato sulla schiena con un respiro mozzato.


Stagliato contro la sagoma degli alberi scuri sopra di lui sta il volto di un uomo con i capelli scuri e gli occhi blu che lo fissa con uno sguardo che lo perseguita da più di dieci anni.


E Dean non ha la più pallida idea di cosa fare. Dopo averlo cercato per mezza costa orientale e aver rischiato la vita inseguendo un miraggio trovarselo davanti così, inaspettatamente, gli chiude le domande in gola.


È l’uomo a parlare per primo.


«Ciao, Dean»


Gli porge una mano.


Dean non la prende.


Porta una mano allo stivale e non può evitare un grido di disappunto quando scopre che il suo pugnale sta scintillando in modo quasi derisorio alla cintura dell’altro.


Si guarda febbrilmente intorno, notando un cumulo di terra smossa da una parte e la pelle maculata poco distante da lui.


Si trascina febbrilmente sui gomiti e la stringe nel pugno per poi girarsi verso l’altro come un bambino che abbia vinto una partita di ruba bandiera.


L’uomo coi capelli scuri è assolutamente impassibile.


Non lo guarda neppure, sta anzi pulendo un paio di occhiali dalla montatura antiquata sul bordo della maglietta, come se non avesse un pensiero al mondo.


Se li poggia sul naso lungo e Dean non può fare a meno di arrossire –di rabbia, o di imbarazzo?- quando il suo viso dai lineamenti strani di spacca in un sorriso dolce e genuinamente felice.


«Sei cresciuto.»


Dean allunga un braccio per mostrargli la pelle.


«È per questa che sei tornato, no? Voglio delle risposte, e le voglio subito. Cos’è quest’affare? Cosa ci facevi quattordici anni fa in casa mia? Che razza di mostro sei?»


Le ultime parole sono quasi un grido di dolore.


L’uomo si siede a terra con le gambe incrociate, stringendo la radice del naso e sistemando nervosamente gli occhiali che continuano a scivolare.


Batte piano con una mano il terreno accanto a sé facendo cenno a Dean di sedersi.


Dean non si muove.


L’altro si sdraia sull’erba. Guarda il cielo e comincia a raccontare.


«Mi ha sempre infastidito il fatto che voi americani festeggiate il Ringraziamento.

Siete arrivati qui su una nave scalcagnata dall’Europa. Vi hanno offerto cibo e riparo, e avete ripagato quei popoli con armi, acciaio e malattie. Ma immagino dovrei ringraziarvi. Ora non sarei qui.»

Lo sguardo di Dean si fa sempre meno allarmato e sempre più confuso.


«Ho seguito i pellegrini dai mari inglesi. Immagino che li vedessero come  gli estremisti del Calvinismo, ma non puoi strappare a una ragazza il ricordo della nonna che getta il pesce nel mare per compiacere il popolo nascosto.

Viviamo delle preghiere delle mogli che aspettano i mariti pescatori sulla spiaggia, degli uomini che hanno lasciato i figli sull’altra sponda dell’oceano.»

L’uomo si tira a sedere con un colpo di reni e lo fissa.


«Mi chiamo Castiel e sono un Selkie, Dean Winchester. Un uomo-foca, un principe del mare, un protettore dei naufraghi, e quella è la mia pelle.

Ho seguito chi pregava per me, e quella notte la tua preghiera mi ha trovato.»






NdA.
Salve, esserini adorabili, sono Lycoris e vengo in pace.
Vi ho abbandonati per un po' ma ho iniziato l'università e faccio la pendolare, mi mancavano davvero le energie ed il tempo per scrivere più velocemente, spero possiate perdonarmi çwç
Dunque! Dunquedunquedunque. Spiegazioni.
Alcuni di voi nelle recensioni mi hanno fatto notare alcuni punti lasciati (intenzionalmente, da parte mia) molto vaghi che spero di aver chiarito, vi ringrazio tantissimo per le dritte! Ma io e la suspence ci amiamo e non potrete fare nulla per separarci.
La colonna sonora di questo capitolo sono sempre il grande amore della mia vita, i Delta Rae, che come sempre vi straconsiglio di ascoltare. Tutti i versi tranne l'ultima sezione vengono da Bottom of the River, gli ultimi vengono invece da I Will Never Die.
Special thanks al mio professore di letteratura russa che ha fatto una lezione sulle rusalka, l'equivalente slavo delle sirene, e alla professoressa di letteratura inglese che ti lancia contro i plot bunnies mentre vi fa studiare Wilde.
E last but not least alla AliNephilim, che è ufficialmente madrina di questa povera fic che senza di lei non avrebbe mai visto la luce <3

Le vostre recensioni sono la gioia della mia vita, spero abbiate un minutino da dedicarci <3

PS. Per quelli di voi che sono stati al Lucca Comics e hanno incrociato un Castiel con la coroncina di fiori rosa, sì, ero io sotto mentite spoglie.
   
 
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