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Autore: Hipatya    03/05/2008    5 recensioni
[Cinquantadue one-shots basate sui temi della LJcommunity 52flavours.]
20. Dancing in the moonlight: "Dimmi" proseguì Minato interrompendo il flusso disordinato dei suoi pensieri, "Che avevi scritto nel tuo tanzaku?"
Kushina ricordò allora che l'aveva ancora nella manica destra del kimono, appallottolato in una tasca segreta, e che s'era dimenticata di buttarlo nel fiume insieme con gli altri:"Cose che non ti riguardano. E poi non credo a queste sciocchezze, io."
"Sarà" borbottò l'altro, lo sguardo al cielo.
"Colgo un lieve segno d'incredulità da parte tua" gli fece notare Kushina con particolare ironia.
"L'ho già detto che sei perspicace?"
"Sì. Ti ripeti, sei noioso."
[MinatoKushina - Auguri Lè!]
21. Less remain in one place: Si accorse che la luna era definitivamente caduta: era l'alba.
Temari si stropicciò gli occhi appiccicati dal sonno, si sporse all'indietro, afferrò il collo della bottiglia di sakè e la poggiò accanto a sé sul parapetto.
La sua prima, fottutissima e stramaledetta notte da ventenne si era appena conclusa. E lei era sopravvissuta, più che altro.
Ma allora 'fanculo a tutto il resto.
[Temari Tribute - Coming Back ]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer: I personaggi citati appartengono a Masashi Kishimoto, che ovviamente si prende tutti i diritti del loro uso

Disclaimer: I personaggi citati appartengono a Masashi Kishimoto, che ovviamente si prende tutti i diritti del loro uso.

 

 

 

 

 

 

Solipsism in Winter

 

 

 

 

 

 

Mentre riprendeva fiato, si lasciò cadere piano sul prato umido di pioggia.
Dio, se aveva faticato.
Gli occhi le bruciavano, si sentiva le ossa rotte e la testa le scoppiava dal dolore, per giunta l'affanno le rompeva di continuo il respiro come chi è rimasto troppo a lungo sott'acqua.
C'era d'aspettarselo.
Del resto si era dedicata con meticolosa pazienza a distruggersi il corpo.
Gli allenamenti massacranti con Neji-niisan servivano a questo, fondamentalmente. E per fortuna non aveva iniziato a piovere.
Non che lei odiasse poi così tanto la pioggia, ecco. Preferiva senz'altro vederla cadere oltre il vetro, seduta con Hanabi davanti al caminetto nel profumo di una tazza di cioccolata bollente.
Ma stava mentendo.
A casa loro non c'era nessun caminetto, Hanabi era allergica al cioccolato ed erano settimane che non parlava davvero con sua sorella.
E poi, a essere sinceri, quando mai aveva parlato con Hanabi -senza l'astio, le frecciatine velenose, il sarcasmo e il disprezzo?
Mai.
A fatica si rimise in piedi, scrollò via le goccioline di cristallo impigliate nei capelli e nei vestiti in un vago tentativo di rassettarsi, poi i suoi occhi gelidi incontrarono un cortile deserto e un cielo grigio altrettanto gelidi.
Neji-niisan se n'era andato via già da una buona mezz'ora. A parte distruggerla, lui non faceva altro.
E comunque andava bene così. Tutto normale.
S'incamminò esitante verso l'imponente villa che costituiva il cuore dei Quartieri Hyuuga, una villa maestosa, imperiale e anche un po' patetica -ma come tutti loro, del resto.
Gettò uno sguardo incolore alle finestre dei piani più alti. Una candela brillò spavalda oltre il velo di un futon in carta di riso.
Hanabi, pensò.

Quella sera a cena ci sarebbe stato meno silenzio.
Hinata comunque non parlava mai durante i pasti con la sua famiglia, proprio mai.
Nessuno sembrava curarsene.
Lo trovavano normale.



"Parte prima di pranzo, tra un paio d'ore."
Hyuuga Hanabi svuotò lo zaino da ninja con un gesto secco e sicuro. Vestiti, guanti, il coprifronte, svariati kunai orlati di macchie rugginose e una bottiglia d'acqua si sparpagliarono con ordine sul suo letto.
Come una cascata di oggetti che cadevano dall'alto potesse tecnicamente disporsi in modo ordinato, Hinata proprio non lo sapeva. Non l'aveva mai capito. Però era sicura che, se lei ci avesse provato, metà delle sue cose sarebbero finite sul pavimento, rotte o rovinate.
Se c'era dell'ironia in tutto questo, Hinata non avrebbe saputo dirlo. le importava davvero, in fondo.
"Sarà la duecentesima missione di recupero, o comunque un numero molto vicino a quello."
I vestiti scivolavano veloci in quelle sue piccole mani da pianista per poi finire impilati nell'armadio o nel cesto dei panni da lavare (panni sporchi, panni sporchi, panni sporchi che si lavano in famiglia...)
Hinata invidiava sua sorella per quella sbalorditiva agilità nell'utilizzo degli arti superiori, capacità che, unita a un talento innato nell'uso del Byakugan e a una mente analitica, ne avevano fatto la più giovane e brillante Chunin dell'Accademia, ormai quasi Jonin, nonchè costante termine di paragone con la sorella maggiore -Hinata, appunto. Che in quello sfolgorio di ambizione restava sempre, cronicamente tagliata fuori.
Nonostante gli anni, nonostante il tempo.
"E' un inguaribile ottimista. O un colossale idiota, a seconda dei punti di vista."
Hanabi non le concedeva neppure il lusso di un sorrisino malevolo. Parlava perfettamente atona, non una ruga d'espressione sul piccolo viso a punta, non un luccichio nello sguardo. Niente.
Hinata non le rispose neppure.
Avrebbe dovuto importarle di rispondere, avrebbe dovuto scattare punta sul vivo, ma in quel momento sentiva solo il vuoto. Un vuoto così grande che nessuna parola, per quanto melodiosa, per quanto roboante, per quanto scelta con cura, avrebbe potuto colmarlo.
"Non torneranno. No, non tornerà questa volta.
Nell'aria c'è proprio questo."
"Invece tornerà" Hinata strinse i pugni in un riflesso involontario.
L'ha sempre fatto, c'è sempre stato tempo, perchè questa volta non...
"Beh, suppongo che tu sia inguaribilmente ottimista -o colossale idiota- esattamente come lui, forse è per questo che ti piace tanto."
Perchè inseguite entrambi qualcosa che non c'è, si tenne per sé Hanabi, le dita che sfioravano il coprifronte della Foglia in una carezza disinteressata.
Hinata ancora una volta non rispose. Guardò distrattamente il quadro di fiori essiccati che aveva appeso tempo prima accanto alla finestra, per coprire quella macchia di umido che nessuno aveva mai provato a mandar via, quasi non fosse importante. E non lo era, davvero.
Hanabi non le badava neanche più, presa com'era a riordinare il suo equipaggiamento da ninja. I suoi occhi, una lastra di ghiaccio compatto, sembravano fasciare le else dei kunai e degli shuriken come la stessa mano salda che l'impugnava in battaglia.
Occhi senza luce, realizzò Hinata.
Anche lei non faceva altro che distruggerla, come Neji-niisan.
Ma un po' come tutto.
Il silenzio le fece terra bruciata intorno: Hinata lo sentì gorgogliare fin nel profondo delle vene.

Due ore.

Le venne voglia di vomitare.
Lasciò la stanza senza dire una sola parola.

 

 

 

Ichiraku era chiuso. Ferie invernali, tra l'altro meritate.
Ogni negozietto di Konoha, di solito così festoso e rutilante di voci, era stretto nel silenzio di una serranda abbassata, come se l'inverno avesse colto tutti quanti impreparati.
Quasi fosse arrivato all'improvviso, assediando ogni cosa coi suoi strali di gelo, come un nemico inaspettato contro cui Hinata non aveva difese.
La piazzetta principale del villaggio era vuota e gelida, un po' come lei.
Hinata gettò le gambe oltre la panchina, si appoggiò contro la superficie fredda dello schienale di pietra e lanciò un lungo sguardo allo spicchio di cielo color luna che si allungava fino all'orizzonte.
I raggi di sole, deboli e pallidi, l'attraversavano, ma non facevano male.
Dopotutto era questo che significava il suo nome: Hinata, attraverso il sole. Così come il sole, sbadatamente, la trapassava senza neppure vederla.

Ancora un'ora e mezza.
C'era sempre tempo.

 

Hinata inspirò ed espirò, un gesto così normale e meccanico che sul momento le risultò solo la fotocopia di mille altri respiri già dissoltisi nell'aria fredda.
Niente di nuovo, respirare era normale.
Non classificò subito l'odore che violento come un pugno le colpì le narici.
Poi in lei si fece strada subdola, determinata e inequivocabile la consapevolezza.
Quello era l'odore della sconfitta.

Mancava un'ora.
C'era ancora tempo.
Ma lei voleva che ce ne fosse?


"A-avevi detto che la prossima volta saresti stata più forte."
"C'è ancora tempo."
"Ma lo avevi d-detto!"
"Lo ricordo."
"L'avevi promesso!"
"Lo ricordo."
"E allora p-perchè n-non arriva mai l-la prossima volta?!"

...Perchè ?

 

 

"Hinata."
Mancava mezz'ora, e gli occhi gelidi si erano persi in un altro cielo, questa volta azzurro.
Aveva sorriso debolmente.
"Naruto-kun."
Il Chuunin aveva ricambiato il sorriso, una sciabola di luce che aveva attraversato Hinata come uno specchio.
Poi si era avvicinato e si era seduto al capo opposto della panchina.
In un silenzio un po' pensoso un po' corrucciato, Naruto andava ricontrollando con zelo lo zaino e il tascapane dove per un istante luccicarono sinistre le punte dei kunai.
Un'espressione terribilmente seria gli dominava il viso, di solito fin troppo allegro e spensierato, viso di ragazzino impudente che rifiutava di crescere (fin quando, alla fine, la vita l'aveva fatto crescere per forza).
Un'altra Hinata sarebbe arrossita fino alla radice dei capelli, avrebbe avuto difficoltà a respirare e per concludere sarebbe caduta preda dell'ennesimo umiliante svenimento.
L'Hinata del presente si trovò a disagio, rughe candide le solcarono la fronte e le labbra si strinsero all'ingiù in una posa che si sarebbe potuta definire o stizzita o dolente. Seguì il contorno statico degli edifici del villaggio, guardò il brullo paesaggio invernale splenderle accanto nel suo gelido bagliore e poi, quando non seppe proprio più dove posare gli occhi, li fissò sulla stradicciola di terra battuta.
Le era sfuggito l'inaspettato silenzio di Naruto, solitamente così incline a soffocare in tutti i modi le oasi di stasi che si aprivano nelle conversazioni, risultando spesso irritante e impertinente -non per lei, ovvio.
"Partiamo; l'hanno avvistato al confine Nord del Paese."
Una piatta constatazione quella di Naruto, sotto cui Hinata lesse un lume inestinguibile di speranza.
"...Uchiha-kun?"
Naruto annuì con un ghigno che non mancò d'essere sicuro di sé:"Già, quel bastardo. 'Sta volta lo riportiamo indietro."
...La duecentesima missione di recupero, o un numero molto vicino.
E l'odore nell'aria la stordiva, ma Naruto, Naruto non l'avrebbe mai capito.
"Non avete chiesto il nostro aiuto." Questa, sì, fu una piatta constatazione, che Hinata forzò con un tono vago e fioco.
"Oh, Kakashi-sensei, Sai, Sakura-chan e io bastiamo e avanziamo, te l'assicuro.
Poi è una faccenda tra noi, ecco" aggiunse l'Uzumaki più brusco di quanto avesse voluto.
Hinata non si scusò, non si sentì mortificata, non reagì. Si limitò a tacere.
L'aria era irrespirabile.
Non ha importanza, c'è sempre tempo, c'è sempre stato, c'è sempre tempo, prese a cantilenare incrollabile fra sé e sé.
Non vide gli occhi e il sorriso di Naruto farsi ancora una volta risoluti:"Torneremo presto, tutti interi. Oddio, Sas'ke un po' meno, ma se l'è cercata. 'Sta volta una lezione coi fiocchi non gliela leva nessuno, garantito, dannato bastardo che non è altro. Mi sono stufato di rincorrerlo come una vecchia balia, 'sta volta le prende sul serio. Lo trascinerò qui a calci in culo, mordendo la polvere e pronto a ridargli un fracco di legnate se solo osa pronunciare la parola "vendetta"...
Questa volta andrà così, sicuro!"
Hinata non vide che quegli occhi non la guardavano neanche più, assorti a definire i contorni del sogno che Naruto custodiva gelosamente nell'azzurro delle iridi.
...Non lo senti quest'odore, Naruto-kun?

Mancava
un quarto d'ora.
La nausea cominciò minacciosa a sussultarle nello stomaco.
"Buona fortuna, Naruto-kun."
"Grazie, Hinata."
Andava incontro alla sua fine, Naruto. E sorrideva.
Il sole invece la trapassava.
Ma lei, come al solito, non faceva niente.
Normale.

"Naruto!"
Sakura alzò un braccio, richiamò in lontananza il compagno di squadra. Il suo sguardo era scuro, l'addensarsi di un temporale in cui brillava una lama di determinazione: Hinata la guardò appena, indifferente.
Sai, accanto a lei, non lo calcolò neppure.
Dietro di loro balenò l'ombra autorevole di Kakashi-sensei, come al solito seppellito in uno di quei libretti che ormai doveva aver imparato a memoria. Hinata non badò neanche a lui.
Naruto si alzò in piedi, diede un paio di colpetti alla sgargiante tuta arancione e nera come se questo potesse renderla più dignitosa, poi alzò il pollice sinistro verso l'alto, un sorriso che gli correva su tutto il viso: "Tranquilla, torneremo presto, dattebayo!"
Tutto le suonava così incredibilmente vuoto.
E quell'odore, Naruto-kun, quell'odore...
E tutti gli avvertimenti inascoltati in questi mesi, la mezza parola lasciata cadere per sbaglio da Neji-niisan, le macchinazioni degli ANBU, le indiscrezioni, le voci di guerra, la quiete prima della tempesta, i morti, Tsunade-hime che vince alle tre carte, l'inverno...
Naruto ancora non si decideva a incamminarsi verso il resto del Team Seven.

Mancavano cinque minuti.
Se c'era stato tempo per dieci anni, come poteva improvvisamente non essercene più?
Era impossibile.
C'è sempre stato tempo e sempre ci sarà. La prossima volta invece non ci sarà mai.
"Hinata," chiamò Naruto, improvvisamente di nuovo quel blu cupo e serio -così fuori luogo per lui- nei grandi occhi sgranati,"non c'è qualcosa che devi dirmi?"
"No."
Hinata non sapeva che fosse così dolce, così mormorante e quasi timido il suono di qualcosa che si frantuma: un po' come abbandonarsi lentamente all'abbraccio dell'acqua, senza rimpianti.
Naruto la osservava col sorriso più doloroso che la Hyuuga avesse mai visto.
Probabilmente era quello il sorriso di chi riconsegnava le armi e si arrendeva al boia.
"Ah, bene. Non importa. A presto!" Le voltò le spalle e prese a camminare.
In un attimo raggiunse Sai, Sakura e Kakashi-sensei.

Naruto andava incontro alla sua fine.
E, come sempre, sorrideva.

 

 

 

 

Hinata chiuse gli occhi.
Si mise in piedi e con lunghi passi misurati imboccò in perfetto silenzio la strada che l'avrebbe riportata ai Quartieri Hyuuga.
Non c'era più niente da vedere.

Il tempo era scaduto. 

 

 

 

 

Fin


 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
Questa storia ha partecipato al Concorso NaruHina indetto da Ferula_91 e Ayumi Yoshida classificandosi sesta.

Beh, che dire, non sono molto dell'umore giusto per rispondere ai vostri splendidi commenti, dunque lo farò al prossimo aggiornamento (che sarà presto, non dubitate u.u). Comunque vi abbraccio e vi amo tutti indistintamente, non sapete quanto le vostre parole siano importanti per me e mi spronino ad andare avanti e scrivere.
Recensire è fondamentale, non mi stancherò mai di ripeterlo. Non sapete quanto mi aiutano le vostre righe di commento. Ancora, mille volte grazie: non basterebbe una pagina per quante volte vorrei ringraziarvi :).

 

Grazie dell'attenzione,
Hipatya

  
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