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Autore: Evanne991    01/12/2013    2 recensioni
Non sempre è tutto bianco o tutto nero. A volte in mezzo ci sono tutti i colori dell'arcobaleno. Una giovane donna e la sua ingenua convinzione che il nero sia solo il colore degli abiti da sera che indossa nelle lussuose feste organizzate da papà. Quel che nero che, appena riconosciuto, decide di strapparsi di dosso. A qualsiasi costo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Non ha mai amato l’ambiente ospedaliero. I camici bianchi, l’odore forte di disinfettante, i colori chiari e neutri, le luci sempre accese. Aspettava l’orario delle visite. Sapeva di essere in netto anticipo, ma una volta preso coraggio non poteva che approfittarne, e così era corsa in ospedale, senza dire nulla né a sua sorella né tanto meno ai suoi genitori. Erano passati quattro giorni dalla sera della festa a casa Sivi, Giulia aveva avuto un infarto. Ora stava meglio, era molto debole, ed i medici aveva ritenuto che fosse opportuno mantenerla in ospedale sotto osservazione, poiché malata di diabete. Elettra non sapeva bene come avrebbe dovuto comportarsi, cosa avrebbe dovuto  dire a quella donna, la donna che non vedeva da anni, la donna per cui era scappata. La madre di una giovane donna di cui Elettra sentiva di starsene innamorando.
Un medico uscì dalla stanza 45. Guardò con curiosità Elettra che gli rivolse un sorriso gentile, poi agitata gli chiese se fosse possibile salutare la Signora Diado. Il medico le indicò gentile la porta bianca e benevolo le fece un cenno di saluto.
Giulia, ovviamente, era a letto, supina. Leggermente rialzata con qualche cuscino dietro la schiena, lo sguardo stanco e gli occhi fissi alla sua destra, verso una delle due finestre che illuminavano la stanza. I capelli erano corti e scuri, anche se qualche capello bianco le tagliava il cranio con cattiveria. Le labbra erano sempre carnose, ma secche, il viso violentato da rughe. Era bella anche così, stremata. Sentì la porta riaprirsi e scocciata pensò che ne aveva abbastanza di questi medici che entravano ed uscivano dalla sua stanza, e che sembravano non confrontarsi tra loro, quando vide entrare una donna dai capelli rossi e la vita stretta.
Passò la lingua sulle labbra secche, deglutì e le disse:
-Ti aspettavo, sai? Sapevo saresti venuta a trovarmi.
-Come ti senti?
-Come una donna che ha avuto un infarto. Solo, spero mi dimettano in fretta, non sono mica moribonda.
Elettra sedette sulla sedia in plastica, fredda. Poggiò sul comodino un piccolo bouquet di girasoli che aveva comprato per Giulia. Si fissò le mani, grattò la testa, si guardò intorno. Evitava di guardare Giulia, si stava pentendo di essere andata a trovarla. Giulia captò lo stato d’animo della rossa, allora cercò di attirare la sua attenzione prima tossendo, poi parlando con voce soffiata.
-Allora, tu come stai? Non sapevo del tuo ritorno. Immagino non lo sapesse nessuno. Sei molto più magra di come ti ricordavo.
Iniziavano così con convenevoli e chiacchiere da amiche, ma entrambe sentivano che c’era una forte ansia tra loro. Giulia aveva saputo che Elettra era uscita con sua figlia, tra l’altro dopo aver litigato con Aida aveva paura che lei e la rossa si frequentassero di proposito per farle del male, Aida inconsciamente, Selvaggia con l’intento forse di lasciare la ragazza poi e farla soffrire per vendicarsi di lei. D’altro canto Elettra aveva vissuto giorni di terrore, e non ne aveva parlato con nessuno. Non riusciva a togliersi dalla mente l’uomo dalla maschera bianca e rossa, la pistola, i soldi, la voce, e quel pierrot, che poi aveva appurato fosse Christian. Non capiva quello che stava succedendo, ma era terrorizzata all’idea che sua sorella fosse ignara e continuasse a vedere Christian.
Bussarono nuovamente alla porta, e le donne sentirono un leggero sollievo nel non dover parlare per qualche minuto. Entrò un medico, un altro, con gli occhi bassi sulla cartella clinica di Giulia. Era alto, pelato, indossava degli occhiali da vista. Schioccò la lingua, alzò lo sguardo. Guardò prima la paziente e poi Elettra. Poi disse soltanto:
-L’orario delle visite è terminato. Deve andar via, signorina.
Elettra sapeva benissimo che non era affatto vero. E sapeva che quel medico non era entrato nella stanza per cacciarla. In un secondo lui ha deciso cosa fare, e la scelta migliore era mandarla via. L’aveva riconosciuto alla voce. Era quell’uomo della festa. Elettra cercò di non dare a vedere il panico che le invadeva gli occhi scuri. Si alzò lentamente dalla sedia, salutò educatamente Giulia e le augurò una pronta guarigione. Poi beffarda fece un leggero inchino al medico ed uscì dalla stanza a passo veloce.
Scendeva correndo le scale, non aveva preso l’ascensore perché non poteva sopportare di restare ferma in uno spazio piccolo. Quell’uomo. Quella voce. La minaccia. Proprio mentre ripercorreva con la mente ogni istante della festa, qualcuno la prese per il polso e la trascinò in un ufficio piccolo ed illuminato.
Si trattenne dal gridare. Non voleva fargli capire di aver paura. In fondo non doveva averne, vero? Il medico chiuse a chiave la porta. Le si avvicinò, famelico, le carezzò la testa.
-Non dirai nulla di quello che hai visto l’altra sera, Selvaggia.
Tuttavia lei sentì qualcosa muoversi in lei, sentì di essere eccitata dalla voce e dal tocco leggero di quell’uomo. Di un uomo.
Di scatto lui la voltò e la fece piegare sulla scrivania piena di documenti. Le trattenne la testa sulla superficie liscia. Elettra indossava un leggero vestito chiaro. Le sollevò il vestito, strappò l’intimo ed entrò in lei velocemente, di scatto. Elettra gemette, ma la cosa che anche lui capì fu che a lei piaceva. Proprio mentre lui si muoveva in lei, lei sentì di essere stata attratta da quell’uomo fin da quando ha puntato quella pistola a Christian, che diamolo pure: a lei non è mai piaciuto. Non le interessava molto del  perché della minaccia e di quei soldi, capiva che in realtà il suo terrore la eccitava come mai aveva sentito in vita sua, neanche con Giulia.

 
A qualche chilometro di distanza, Christian accendeva una sigaretta. Era nudo, coperto alla vita dalle lenzuola nere. Passò una mano con foga sul viso rasato. La persona accanto a lui stava rivestendosi.
-Sarebbe stato un peccato se avessi davvero smesso di… come dire?, attenuare le voglie di questa borghesia. Non capisco perché volevi a tutti costi smettere. Sei ricco, Christian, bello, giovane e ricco. Non devi neanche sforzarti più di tanto, è palese che piaccia anche a te, tesoro. Hai una clientela fidata, guadagni benissimo, ed hai tutto il tempo che vuoi per vedere Eva.
Christian sentì un violento impeto di rabbia nel sentire nominare Eva. Ma non poteva reagire. Non doveva. Era la condizione per stare con lei. Doveva essere ricco. E l’unico modo era rendere servigi sessuali all’alta società. Anche qui con particolari condizioni.
La persona gli si sedette di fronte, poggiò una busta bianca sul comodino e baciò dolcemente il ragazzo.
-Diciamo che ti ho lasciato un bonus. Una mancia, ecco. Porta fuori a cena Eva, stasera.
Poi se ne andò, mostrando la sicurezza di chi conosce bene quell’appartamento.
 
 
 
 
NOTE DELLA (PSEUDO)AUTRICE:

Sono tornata! Dunque, che dire: Elettra non possiede un vero e proprio senso del pericolo, ed a quanto pare quell’uomo le piace. Oh, eccome se le piace! D’altra parte abbiamo Giulia, stanca, non più provocatoria come gli anni addietro, anzi terrorizzata che Elettra si vendichi attraverso Aida. Abbiamo Christian: ecco svelato il lavoro di Christian. Fa il gigolò. Ma se stiamo attenti, capiamo che svolge questa attività a date condizioni… quali? Chi è la persona che gli parla di Eva? Conosce bene quell’appartamento. E probabilmente ha qualche legame con il medico che ha (ebbene sì) –fatemi passare la volgarità- scopato con violenza (?) Selvaggia.
Spero di aver allettato la vostra curiosità. Ho terminato la mia seconda creatura ( Tante storie ed una storia, che trovate qui:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2250026&i=1), quindi ora mi dedicherò solo ed esclusivamente a Bianconero. A meno che il mio neurone non decida di far qualcos’altro!
Se avete voglia di leggere, qui trovate il mio blog, che ancora non ho capito bene come funziona:
http://evanne991.wordpress.com
Forza, recensite: linciatemi o sorridetemi! Baciotti, Evanne
  
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