02/12/2013
1 recensioniAnd we lie together just not too close
Il sesso era sempre stato qualcosa di più del semplice piacere fisico, era violenza e disperazione, erano gemiti nell’oscurità e letti scricchiolanti di motel decadenti, paura e sollievo, “Sam” e “Dean” mormorati come preghiere ai piedi di un altare.
Anche ora, ora più che mai.
Non erano le dita di Sam ad accarezzare le costellazioni di cicatrici e lentiggini che Dean aveva impresse sulla pelle, più numerose delle stelle nella volta celeste, erano le sue dita ad affondare nella carne del fratello, carne viva e pulsante. Era il suo sangue – il loro sangue, sporco e maledetto - a scorrere impetuoso sotto la superficie e ad affiorare quando le unghie laceravano la pelle.
Erano i denti a fendere le labbra, il sapore metallico del sangue, quello amaro della disperazione e quello gelido della paura ad esplodere sul palato.
Era il sudore a chiudere le ferite e i singhiozzi spezzati a riaprirle.
Era incidere il proprio nome sul corpo dell’altro perché ricordasse che c’era ancora qualcosa per cui valeva lottare.
Non era amore, non era semplice sesso, era avvicinarsi al limite dell’impossibile all’altro, sentire il suo cuore battere nel proprio petto e il suo nome scivolare fra le proprie labbra; ingoiare le sue lacrime e farne scorrere di nuove lungo il suo viso.
Era ritornare ad essere un’unica anima divisa in due corpi offesi, era cucire le ferite e cambiare i bendaggi insanguinati e alla fine, era rincollare i pezzi di quell’anima dilaniata da qualcosa di troppo grande, cercando di non tagliarsi con i bordi troppo affilati ( grida di dolore, ossa che si spezzano, corpi esanimi, artigli che grattano, odore di bruciato), recuperando anche le schegge troppo piccole per essere notate ( risate fra le quattro pareti di un’auto, canzoni stonate su un’autostrada deserta, luci di un cielo stellato, bruciore di un bicchiere di whiskey lungo la gola, eco di un ti amo non detto ).
Era relegare il mondo reale fuori, al riparo tra le quattro anonime mura scrostate e rivestite di pessima carta da parati di una stanza altrettanto anonima.
Era respirare l’aria tiepida che soffiava dalle labbra socchiuse del corpo addormentato accanto al tuo, stretto fra le tue braccia.
Era affondare con violenza nel corpo dell’altro e cercare di nascondervisi, facendosi largo delicatamente al suo interno fino ad arrivare ad occupare quella parte ritagliata apposta per te e completare quell’anima usurata e così ironicamente pura, bianca, pulita.
Era ardere in un fuoco che loro stessi avevano appiccato, consumarsi e spegnersi, rinascere dalle ceneri ormai fredde, rimettere in moto un cuore muto per spronare il proprio a pompare ancora un po’ di sangue delle vene, solo un altro po’, solo per qualche minuto almeno.
Era Dean a stringere la mano di Sam nella propria e il calcio della pistola nell’altra, contare i respiri del suo fratellino e non gli ululati fuori dalla porta.
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Mancava la mia versione nella chilometrica lista di chi ha scritto sugli ultimi momenti di Sam e Dean alla fine della season 2, scusate la banalità.
Non c'è nulla di meglio che cominciare un capitolo con "il sesso", ma questa è il lato decisamente-non-rose-e-fiori-se-mai-c'è-ne-è-mai-stato-uno della relazione di fratelli, il lato eroticamente, irrazionalmente e piscologimente codipentente della loro relazione.
NN (Note Noiose)
- Titolo della storia da Not meant to be, Theory Of A Dead Man
- Titolo del primo capitolo da Blessed with a curse, Bring Me The Horizon
- Titolo del secondo capitolo da Make damn sure, Taking Back Sunday
- La canzone cantata da Dean nel primo capitolo non ve la sto neanche a dire. Dovete conoscerla, in caso contrario, fatevi una vita!
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