Fanfic su attori > Orlando Bloom
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Autore: CowgirlSara    10/11/2004    3 recensioni
Un rigido e tagliente critico cinematografico, una recensione a dir poco cattiva, un attore incavolato, una donna algida ed elegante, dubbi, parole, scherzi del destino.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ Capitolo 14 ~

Eccoci qua! Scusatemi per il ritardo, ma ho avuto una specie di crisi creativa, cavolo questa ff è più lunga del previsto! Un bacione alla Moon, che spero apprezzerà il cap. nuovo, e un grosso grazie a tutti quelli che leggono. Alla prossima, see you!

Sara

 

~ Capitolo 14 ~

 

Il tempo non era propriamente un granché: ammassi scomposti di nuvole grigie solcavano il cielo, scrosci di pioggia si alternavano a timidi raggi di sole, in tipiche giornate di primavera inglese; alla fine, non era poi uno svantaggio, poiché non giravano molti turisti e Orlando poteva andare in giro meno mimetizzato, ma c'era anche la scocciatura di doversi portare sempre appresso l'ombrello.

L'attore e la sua compagna, finalmente, erano partiti per la famosa vacanza, dopo che lui aveva presenziato ai vari eventi dell'inverno, premiazioni di ogni tipo, golden globe e oscar. La ragazza non gli aveva fatto richieste particolari, ma Orlando aveva capito che le sarebbe piaciuto conoscere la sua famiglia, così la loro prima tappa era stata la "ridente" Inghilterra.

La madre di Orlando li aveva accolti con calore, nella grande ed elegante casa compratale dal figlio, ma Josie fu in ogni caso presa da una strana sensazione stringendole la mano; probabilmente fu per quello che, la stessa notte del loro arrivo, sognò la signora Bloom che, nel giorno di un suo immaginario matrimonio con Orlando, all'uscita della chiesa, le lanciava il riso in faccia con un po' troppa veemenza... Il giorno dopo, ogni volta che guardava Sonia, le scappava da ridere, ma la sensazione di disagio non se n’andò.

Un pomeriggio piovigginoso Josie e Orlando passeggiavano lungo il fiume, stretti l'una all'altro, riparandosi con un grande ombrello; faceva anche abbastanza freddo ed era quasi l'ora di rientrare per il the.

"Hai più sognato mia madre?" Le domandò il ragazzo girandosi verso di lei; Josie fece una risatina.

Naturalmente aveva parlato ad Orlando del suo sogno, perché si era svegliata ridendo e lui aveva chiesto spiegazioni; era finita che ci avevano riso su insieme, fino a ritrovarsi con le lacrime agl'occhi. L'attore era rimasto molto incuriosito dalla faccenda.

"No." Rispose infine la ragazza, ancora sorridendo. "Ad ogni modo, credo di non piacerle."

"Essai che novità." Ribatté tranquillo lui. "Nessuna delle mie ragazze le è mai piaciuta, nonostante faccia sempre la gentile e disponibile."

"E' portata per la recitazione." Commentò Josie, stringendosi un po' di più ad Orlando.

"Da qualcuno dovrò aver preso..." Replicò ironico lui.

"Sai, poi mi ha parlato." Continuò la ragazza; l'attore la guardò stupito. "L'altra sera, mentre preparavamo la cena."

"Davvero?" Fece sbalordito. "E cosa ti ha detto?"

"Questa è veramente il massimo, rido ancora se ci penso." Lui la guardava con gli occhi di fuori, Josie annuì. "Eravamo in cucina e tua madre comincia un discorso strano, insomma alla fine, mi dice che tu sei come un sole..." E qui a Orlando venne da ridere. "...e noi dovremmo girarti intorno come una piccola galassia, senza disturbare il tuo splendore e vivendo della tua luce." Josie ridacchiò, davanti all'espressione allibita di Orlando.

"Sono basito..." Affermò scuotendo il capo. "E tu che cosa le hai risposto?" Riuscì a domandare alla fine.

"Eh, beh... ho replicato che, personalmente, preferisco vivere della mia personale luce, seppur fioca, che sfruttare l'energia di una persona che amo."

"Le hai detto veramente così?!" Quando Josie annuì, lui rise. "E come ha ribattuto?"

"Veramente..." Rispose la ragazza, alzando le sopracciglia. "...non ha detto niente..."

"E ci credo! L'hai spiazzata!" Esclamò lui, ancora ridendo. "Ora, non per sminuire le altre ragazze che ho avuto, ma tu sei la prima laureata ad Harvard."

"Bah..." Fece Josie, stringendosi ad Orlando. "...non credo si tratti di una questione di lauree, piuttosto di buon senso, e..." Lo guardò intensamente negl'occhi. "...del fatto che ti amo, non ti metterei mai i bastoni tra le ruote, ma nemmeno posso vivere in funzione di te, non ti potrei stare continuamente addosso, è contrario al mio carattere e... avrei paura di perderti." Lui le sorrise, poi le carezzò il viso con la mano umida per via della pioggia.

"Per me è importante sapere che vivi la tua vita, ma che, nonostante i tuoi impegni, le tue passioni e gl'interessi, quando io ho bisogno di te, tu ci sei." Le disse dolcemente. "Voglio soltanto farti sapere che, quando mi cercherai, anch'io ci sarò per te, sempre." Aggiunse fissandola negl'occhi con tenerezza; Josie gli sorrise e si scambiarono un breve bacio.

"E' l'ora del the." Mormorò la ragazza la suo orecchio, quando si lasciarono; Orlando la scostò da se e sorrise. "Dobbiamo tornare." Il ragazzo annuì e s'incamminarono verso casa.

 

Un paio d'ore più tardi, mentre il sole tramontava, Josie, Orlando e sua sorella Samantha erano nel salotto di casa Bloom e si erano messi a spulciare tra i vecchi dischi dei due fratelli; si stavano divertendo molto, anche perché Josie e Sam avevano in pratica la stessa età e dunque molti ricordi in comune. Un paio di volte si erano pure messe a cantare vecchi successi, tipo Wild Boys dei Duran o Gold degli Spandau Ballet, suscitando la sguaiata ilarità dell'attore.

"E questo cos'è?" Chiese ad un certo punto Orlando, mostrando la copertina di un disco; le due ragazze l'osservarono.

"Oh, Wind of Change!" Esclamò sorpresa e felice Sam. "Quando sarà stato?" Fece poi, rivolta a Josie. "Il 1989?"

"Sì." Annuì l'altra ragazza. "88, 89, giù di lì, vicino alla caduta del Muro di Berlino..."

"Ahhh, che bei ricordi!" Sospirò Sam, interrompendola e giungendo le mani. "Il mio primo bacio..." Aggiunse con sguardo sognante.

Orlando si alzò dal tappeto su cui erano seduti. "Eh sì, e la prima volta che hai preso in mano un..." La sua frase fu interrotta da un cuscino che gli arrivò in testa; lui si girò scocciato verso al sorella, facendole una smorfia, lei rispose con una linguaccia.

"Ma la vuoi chiudere quella boccaccia!" Sbottò Sam, incrociando le braccia.

"Sì, sì, fai l'offesa!" Replicò Orlando indicandola, mentre si sedeva sul divano. "Oh, guarda che ti ho vista, nel furgoncino di Timmy Simms, e non gli stavi raccontando una barzelletta..." Affermò con uno sguardo malizioso.

Sam strinse gli occhi a due fessure. "Eri un'insopportabile piattola allora, e lo sei anche adesso..." Sibilò; Orlando, per tutta risposta, si mise a ridere.

"Ragazzi, su..." Intervenne Josie, che però si tratteneva dal ridere.

"Una piattola grassottella, aggiungerei..." Mormorò maligna Sam; il fratello le fece un po' di smorfie e versi strani.

"Oh, dai, Sam!" Esclamò Josie fintamente scandalizzata. "Non è giusto far notare ad Orlando di essere un falso magro..."

Il ragazzo spalancò la bocca. "Siete due stronze!" Proclamò poi, indicandole.

"Via, via, basta!" Lo bloccò Josie ridendo, quindi lo raggiunse sul divano; lui le passò una braccio intorno alle spalle, stringendola a se.

"E' che stasera mi sento in vena di rivelazioni." Dichiarò l'attore con sguardo birichino, massaggiando il braccio della compagna.

"E non ha neanche bevuto." Commentò Josie, scambiando un'occhiata eloquente con Sam.

"Ah, ah, ah, divertente." Sbottò acido Orlando; Joss gli sorrise sorniona. "Allora, Sam..." Continuò poi, rivolgendosi alla sorella. "...vuoi sapere a chi l'ho dato io, il primo bacio?"

La ragazza si raddrizzò, incuriosita, poggiando la schiena contro una poltrona. "Sentiamo." Soggiunse, mettendosi comoda.

"Beh, è successo più o meno in quel periodo..." Esordì tranquillo il ragazzo, sotto lo sguardo divertito di Josie. "...fu un bacio vero, e me lo diede... Anita Chagra." Confessò infine, allegramente; Sam spalancò la bocca, allibita.

"Ma... ma... la mia compagna di classe?! Quella col padre Punjabi?!" L'attore annuiva. "Ma Orlando, aveva almeno sedici anni e... e tu... quanti, dodici?!" Aggiunse con gli occhi di fuori.

"E allora? Diceva che le facevo tanta tenerezza, le piacevano le mie guanciotte!" Dichiarò divertito lui, sorridendo; Josie gli stava adagiata contro, felice di sapere quei piccoli particolari, quei ricordi dolci e belli, dell'uomo che amava.

"Piacciono anche a me." Mormorò con dolcezza, facendogli un piccolo pizzicotto; Orlando le rispose con un breve bacio sul naso. 

"Orlando, tu portavi l'apparecchio per i denti!" Esclamò indignata Sam, proprio mentre entrava la madre.

"Che c'entra, quello si toglieva, mica era fisso!" Ribatté noncurante il fratello.

"Eh, e infatti mi meraviglio che questo ragazzo abbia i denti dritti, lo aveva sempre in tasca quell'aggeggio!" Commentò Sonia, mettendo le mani sui fianchi.

"Sai com'è, mamma..." Intervenne Sam, sarcastica. "...gli dava un po' fastidio nell'apprendimento delle lingue..."

Orlando le fece una boccaccia, mentre Josie rideva, nascosta contro la sua spalla. "E che ci posso fare io, se l'ispirazione mi si è risvegliata presto?" Affermò ironico; la ragazza alzò il viso e lo scrutò languida.

"Io posso dire che..." Mormorò, carezzandogli l'interno della coscia. "...mi sembri molto portato per quel tipo di apprendimento..." Lui la guardava negl'occhi.

"M'insegni un po' di francese?" Le domandò con complicità, spostando il braccio dalle spalle alla schiena; lei annuì, senza togliere gli occhi dai suoi, e si baciarono.

Sonia roteò gli occhi, davanti a quella scena, ma prima che potesse dire qualcosa, Sam la spinse fuori dal salotto. "Andiamo, mamma, li chiamiamo quando è pronta la cena."

 

L'ultima sera prima della partenza per la Francia, Josie, Orlando e Sam uscirono con i vecchi amici dei due fratelli; si divertirono e risero molto, accompagnati da tanta birra e da spassosi aneddoti riguardanti le uscite dell'attore. Josie adorò quella serata, aveva scoperto molte cose su Orlando: la sua follia, ma anche la timidezza che cercava di nascondere, le sue storie con le ragazze. Lui, invece, a volte era partecipe e, anzi, incitava i racconti degl'altri, altre s'imbarazzava, chinando il capo per nascondere di essere arrossito; in quei momenti la ragazza lo trovava adorabile e non poteva fare a meno di un contatto fisico, così gli carezzava i capelli, gli toccava una spalla o solo gli sorrideva.

Tornati a casa, diedero la buonanotte a Sam sul pianerottolo, rifugiandosi poi in camera di Orlando; l'ultima cosa che la ragazza sentì, fu la chiave girare nella toppa. "I piccioncini hanno cattive intenzioni, stanotte..." Si disse a bassa voce, con un sorrisino malizioso.

Orlando, in effetti, era proprio malintenzionato quella sera; Josie si era vestita in modo piuttosto semplice, jeans ed una maglietta nera scollata a V, ma lui non era riuscito a toglierle gli occhi di dosso per tutto il tempo e, all'improvviso, aveva capito perché. Erano in Europa da quattro giorni e, a causa del fuso orario, della stanchezza, dei giri turistici, era finita che non avevano mai fatto l'amore; bisognava assolutamente rimediare.

La ragazza, che stava togliendosi gli orecchini vicino alla cassettiera, non si era accorta che lui aveva chiuso la porta a chiave; quando, però, sentì la sue mani sui fianchi, sorrise e si girò. Orlando la stava osservando quasi estasiato, perdendosi nella piega perfetta delle sue sopracciglia.

"Cosa c'è?" Gli chiese dolcemente Josie.

"Sei bellissima..." Mormorò Orlando, sfiorandole una tempia e poi scendendo con le dita lungo i suoi corposi capelli scuri; lei sorrise.

"Avevo notato che mi guardi strano da tutta la sera..." Ribatté poi, con voce bassa e sensuale.

"Beh, sai..." Fece lui, continuando a carezzarle delicatamente il collo. "...all'improvviso mi sono ricordato che... non facciamo l'amore da una settimana..."

"Ohh..." Annuì divertita e maliziosa Josie. "...è davvero tanto, tanto tempo..." Stavolta ad annuire fu Orlando, con una faccina rammaricata. "E allora, sai che facciamo, Morsacchiotto mio?"

"Eh?" Intervenne lui, con espressione retorica, mentre riportava le mani sul bordo della maglietta di Josie.

"Rimediamo." Rispose la ragazza, slacciandogli i bottoni della camicia. "Che ne dici?" Le rispose solo un sorriso sornione, e le mani di Orlando che sollevavano la sua maglietta.

La ragazza alzò le braccia, permettendogli di sfilarle l'indumento; rimasta solo col reggiseno di pizzo nero, invece di togliere la camicia a lui, lo guardò negl'occhi.

"Ho voglia di toccarti un po'." Gli disse. "Posso?" Aggiunse, con un'espressione che era tutto un programma; anche stavolta Orlando non parlò, ma allargò le braccia e, sorridendo, reclinò il capo all'indietro.

La ragazza, baciandogli il collo, lo spinse verso il letto, lui ci cadde sopra a braccia spalancate, ridacchiando; la camicia era aperta e mezza sfilata dalle spalle, i pantaloni calati sui fianchi e i capelli spettinati (Arf!). Il fatto che le sorridesse con aria compiaciuta e languida non fece che peggiorare le già pessime idee che frullavano nella mente di Josie.

Prima di continuare lei tolse i jeans, poi si mise cavalcioni sulle gambe di Orlando, cominciando a carezzargli il petto e l'addome con massaggi piuttosto intensi; lui la osservava con sulle labbra un sorriso di sorniona e maliziosa soddisfazione... E poi, adorava che lei mettesse sempre la biancheria spaiata, come adesso, che portava semplici mutandine bianche ed un sofisticato reggiseno di pizzo nero.

Orlando sollevò un braccio, per accarezzarla, ma Josie lo fermò. "Giù le mani." Gli mormorò, alzando un sopracciglio.

"Credevo ti piacesse avere le mie mani addosso..." Replicò lui; lei sorrise, poi si passò la lingua sulle labbra, cosa che fece emettere un breve lamento all'attore.

"Oh, sì." Rispose quindi, annuendo. "Ma mai quanto piaceranno a te le mie, dopo stanotte..."

Il ragazzo reclinò il capo, socchiudendo gli occhi, quando Josie prese a carezzargli delicatamente i capezzoli e poi a massaggiarli con i palmi delle mani, mentre gli baciava il centro del petto; pochi istanti dopo, Orlando si accorse che lei, mentre scendeva verso il basso percorrendogli con la lingua la linea degli addominali, gli aveva slacciato i pantaloni e glieli stava togliendo. I movimenti, sempre più intensi ed esigenti, delle mani di Josie sul suo corpo gli strapparono un gemito abbastanza acuto; la ragazza sollevò subito il capo, guardandolo negl'occhi, poi risalì su di lui, andando a tappargli la bocca con la mano.

"Ma che cosa fai?!" Gli chiese con occhi brillanti di divertimento. "Ci possono sentire!"

Orlando le tolse la mano dal proprio viso e fece una smorfia di rimprovero. "Cosa fai tu! Mi fai ululare, ecchecazzo!" Si scambiarono uno sguardo, poi scoppiarono a ridere sommessamente.

Poco dopo, lui si tirò su e tolse definitivamente la camicia, gettandola sulla poltrona; a quel punto guardò Josie negl'occhi con intensità, e lei capì cosa voleva. La ragazza si alzò, rimanendo però tra le gambe di Orlando, quindi tolse il reggiseno, mentre lui le sfilava le mutandine; l'attore si mise, allora, ad osservarle con sguardo carezzevole il seno e Josie si accorse di cosa gli passava per la mente. L'occhiata d'intesa che si scambiarono un istante dopo, le confermò i sospetti; sorrise languida.

"Perché non lo fai?" Gli consigliò con voce sensuale; il ragazzo fece un sorriso assassino, poi la prese con forza per i fianchi, obbligandola a sedersi di nuovo su di lui, e affondò il viso nel suo seno, cominciando a baciarne languidamente la rotondità e il capezzolo, mentre muoveva il bacino in modo inequivocabile. "Ohh, mio Dio, sì..." Affermò Josie, gettando indietro i capelli; troppo tardi si accorse di averlo fatto a voce un po' troppo alta.

Entrambi si fermarono e lei spalancò gli occhi mettendosi una mano sulla bocca; Orlando la guardava molto divertito. La ragazza arrossì, lui scosse il capo.

"No..." Le fece. "...non preoccuparti, dormono..." E, stringendola tra le braccia, si girò sul letto, mettendola sotto di se.

"Lo spero..." Mormorò Josie, che era ancora un po' imbarazzata; lui la baciò.

"Tanto, ormai..." Riprese Orlando, tra un bacio e l'altro. "...io non mi posso fermare più..."

"Mhh..." Replicò lei con un sospiro. "...lo sento..." E serrò le gambe contro i suoi fianchi, mentre il ragazzo le rideva sulla pelle.

 

Arrivarono all'aeroporto di Marsiglia nel primo pomeriggio del giorno dopo, quindi si sciropparono centociquanta chilometri di strada in macchina, perché Orlando si rifiutò categoricamente di prendere il treno, adducendo ragioni di privacy. Josie si arrabbiò, poiché riteneva la scelta del treno di gran lunga più pratica; indignata, pretese che guidasse sempre lui che, incaponito, accettò di buon grado. Si tennero il muso tutto il tempo.

Quando, a tarda sera, imboccarono la strada sterrata che, attraversando una vigna, conduceva alla casa della mamma di Josie, Orlando fermò la macchina; la ragazza lo guardò sorpresa.

"Che cosa c'è?" Gli chiese; lui continuò a guardare avanti, finché, dopo un sospiro si girò verso di lei.

"Non voglio arrivare da tua madre così." Le disse.

"Come?" Replicò Josie.

"Litigati!" Sbottò Orlando allargando le mani.

"Ah, io non ritengo di aver contribuito a creare questa situazione..." Ribatté noncurante la ragazza, stringendosi nelle spalle, senza guardarlo.

"Cazzo, Joss!" Esclamò l'attore, sbattendo le mani sul volante. "Non voglio sentirmi colpevole per aver preferito guidare, al passare il viaggio chiuso nel gabinetto di un treno!" Lei lo guardò spalancando gli occhi.

"Sei sempre esagerato." Sentenziò poi.

"Non sto affatto esagerando, se avessero cominciato a riconoscermi sarebbe diventato un viaggio d'inferno, te lo dico per esperienza!" Si difese Orlando.

"Sì, ma non c'era comunque bisogno di farne una questione di principio!" Spiegò lei infastidita, con un gesto.

"E' che tu non ascolti mai le mie ragioni, parti prevenuta..." Affermò lui, tornando a guardarla.

"Oh, stai tranquillo, hai avuto modo di ribadirle più di una volta, le tue ragioni..." Fece la ragazza, interrompendolo con una mano alzata; lui la guardò male.

"Che vuol dire?!" L'interrogò torvo; lei si girò sul sedile, verso il ragazzo.

"Che sei insistente, e polemico." Rispose quindi. "E la maggior parte delle volte anche indisponente." Aggiunse.

Orlando spalancò la bocca, indignato e stupito. "Ah, è questo che pensi di me?!" Le chiese.

"Sì." Annuì Josie, sporgendosi verso di lui. "E penso anche che, quando t'incaponisci, non c'è verso di farti cambiare idea, è come sbattere la testa contro un muro di cemento armato!"

L'attore continuava a fissarla, ma aveva stretto gli occhi e serrato le labbra in un'espressione adirata. "Guarda, carina, che qui non sono l'unico ad avere dei difetti!" Sbottò infine; lei sollevò le sopracciglia stupita. "Per prima cosa non hai sempre ragione, come ti credi." Aggiunse serio, puntando l'indice verso di lei.

"Questo è tutto da dimostrare." Replicò Josie, incrociando le braccia e guardando fuori.

"Vedi come fai?!" Esclamò Orlando indignato; la ragazza lo guardò. "Ti barrichi dietro a quell'aria da saccente maestrina con tutte le risposte!"

"Io non ho tutte le risposte!" Ribatté lei inviperita, dando una manata al cruscotto.

"No, ma dai l'impressione di averle, il che è praticamente la stessa cosa!" Proclamò Orlando annuendo. "E poi non ne fai passare una, sembri un tenente della Gestapo!"

"Oh!" Esclamò Josie, allibita. "Ma per favore!" Continuò. "Tu non puoi, però, credere che basti fare gli occhioni dolci, per passarle tutte lisce, vorrei farti capire questo!"

"Tranquilla!" Affermò Orlando, tornando a mettersi dritto sul sedile. "Con te si capisce benissimo..."

Calò il silenzio; entrambi si misero a guardare fuori, ognuno dalla sua parte, lei con le braccia conserte, lui con le mani sul volante; qualche minuto dopo, all'improvviso, Josie aprì lo sportello e scese dalla macchina.

"Hey!" Gridò Orlando. "Che cazzo stai facendo?!" Domandò allarmato, seguendola.

La ragazza aveva attraversato la strada e ora camminava lungo un filare di viti; c'era la luna piena e si vedeva abbastanza bene anche lontano dai fari della macchina.

"Lo vedi?" Fece lui, fermandosi con le mani sui fianchi. "Vuoi sempre l'ultima parola!" Aggiunse a voce alta; Josie si girò, fissandolo incredula.

"Io non ho detto niente!" Protestò poi, allargando le braccia.

"Ma il gesto è equivalente!" Dichiarò l'attore, brandendo l'indice.

Josie roteò esasperata gli occhi, sospirando. "Sei paranoico, Orlando!" Gli disse poi, tornando a guardarlo negl'occhi.

"No, no e no!" Replicò lui, scuotendo il capo. "Non smetterò di romperti i coglioni, finché non ammetterai che stavolta ho ragione io!"

"Manco morta!" Rispose stizzita la ragazza, incamminandosi di nuovo lungo il filare.

"E allora vattene!" Le gridò dietro. "Vai, puoi anche perderti per le vigne per quanto mi riguarda, io non verrò a cercarti, sappilo!"

"Sai quanto me ne frega!" Ribatté lei, sventolando un braccio in modo eloquente. "Io la strada per casa mia la so, non posso dire altrettanto di te!" Gli fece quindi presente.

Orlando rimase un attimo interdetto, osservandola allontanarsi nell'ombra. "Me... me ne sbatto il cazzo!" Balbettò, ostentando sicurezza, ma sentiva uno strano disagio, mentre lo distanziava. "Sai che faccio?! Ora mi svuoto la vescica, poi giro la macchina e torno a Marsiglia, domani sarò spaparanzato su una spiaggia californiana, alla faccia tua!"

Josie, nonostante tutto, si sentiva abbastanza stupida, quella era una discussione inutile e priva di senso, senza contare che cominciava a pensare di rivedere la sua posizione, ripensandoci; infatti, il viaggio in macchina era stato sicuramente più veloce, e su questo era innegabile che Orlando avesse ragione. Solo che non sopportava la testardaggine di quel ragazzo! O forse... era troppo testarda lei, per ammettere che qualcun altro lo fosse di più...

La ragazza si fermò, incrociando le braccia; era abbastanza lontana perché lui non la vedesse, ma in realtà solo a pochi metri dalla strada. Era buio, la grande luna piena illuminava placidamente i dolci declivi coperti di filari di viti; Josie respirò a fondo, c'era odore di casa nella campagna, questo la rilassò. Si mise ad ascoltare il silenzio, ma un rumore turbò la pace; alzò una mano per coprirsi la bocca, ma non riuscì ad impedirsi di ridere.

"Che cazzo ti ridi?!" Sbottò la voce indignata, ma attutita dalla distanza, di Orlando.

"Si sente il rumore della tua pipì!" Gli rispose, alzando la voce.

"Ti da fastidio anche questo?" Replicò lui, sistemandosi i pantaloni e tornando verso la macchina.

"Solo quando non riabbassi la tavoletta." Affermò la ragazza, voltando solo la testa.

"Qui non c'è pericolo!" Esclamò sarcastico l'attore.

Il silenzio s'impadronì nuovamente della notte, si sentiva solo l'abbaiare lontano di un cane. Orlando guardava la sagoma scura, di spalle, nella vigna, ragionando sul fatto che separarsi per una stronzata simile era proprio da imbecilli; storse la bocca e, facendo una pressione dolorosa sul suo orgoglio, mise piede tra i filari.

"Josie..." Chiamò piano.

"Sì?" Fece lei girandosi, non si aspettava di trovarselo davanti; spalancò gli occhi sorpresa.

"Ascolta..." Riprese a capo chino il ragazzo, tormentandosi la zip della felpa. "...se ti giuro di essere meno..." Alzò gli occhi nei suoi. "...indisponente, tu mi prometti di essere meno maestrina?" Le chiese.

"Potrei anche farlo..." Rispose lei, guardandosi le scarpe, dopo aver incrociato le mani dietro la schiena. "...tanto più che, in effetti, il viaggio è stato più veloce, in macchina..." Continuò, ammettendo il torto.

"Scusami." Disse Orlando all'improvviso; lei lo guardò. "Ho detto un sacco di brutte cose..."

Josie scosse il capo. "E cosa dovrei fare io? Ne ho dette di orrende..." Ribatté. "Siamo stati tutti e due un po' integralisti." Aggiunse abbassando gli occhi.

Orlando fece un altro passo verso di lei e la prese delicatamente per le spalle; il calore dei suoi palmi attraversava la sottile stoffa della maglietta di Josie, trasmettendole una sensazione di sicurezza. La ragazza rialzò lo sguardo, trovandosi a fissare il viso calmo dell'attore, gli fece un timido sorriso.

"Abbiamo sbagliato entrambi, a dirci quelle cose, e io non voglio essere perdonato solo per i miei occhi dolci..." Josie ridacchiò. "...per cui, veniamoci incontro, magari." Mormorò dolcemente.

"Io non voglio cambiarti, Orlando." Affermò lei, posando le mani sui suoi avambracci. "Ti amo così, ma temo che questo comporti qualche scontro, ogni tanto."

"Ok, vabbene." Accettò lui, annuendo. "Penso che metta pepe alla faccenda, non credi?" Aggiunse, strizzandole l'occhio con un sorrisino furbo; Josie sorrise.

"Facciamo la pace? Che ne dici?" Gli chiese poi la ragazza.

"Direi di sì." Confermò tranquillo; lei gli passò le braccia intorno al collo, ma prima di baciarlo si scostò un po' e lo guardò negl'occhi.

"Fino a casa guido io, così tu ti riposi." Annunciò decisa, poi, prima che lui potesse replicare, posò le labbra sulle sue.

 

La casa di Valerie, la madre di Josie, non era molto lontana, ci arrivarono in circa dieci minuti; era una costruzione in pietra dalla forma quasi quadrata, massiccia, con un piccolo porticato sul davanti. La ragazza, però, girò dietro l'edificio, dove, in un grande spiazzo non illuminato e delimitato da alberi, c'era un gazebo in legno; diede due colpi di clacson e parcheggiò vicino ad un vecchio fuoristrada.

La donna corse ad accoglierli uscendo dalla casa, e lo fece con calore; Valerie si complimentò soprattutto per la decisione di essere venuti in macchina, cosa che aveva accorciato il viaggio di diverse ore. Josie s'imbarazzò un po', a quei discorsi, ma Orlando la rassicurò stringendola per le spalle, mentre entravano in casa.

Il ragazzo poi rimase impressionato in modo molto favorevole dalla madre di Josie; a parte che adorò subito il suo accento francese e il modo in cui pronunciava il suo nome, ma Valerie era anche un tipo espansivo e disponibile. La donna aveva lunghi capelli castani, leggermente più chiari di quelli della figlia, legati un po' a caso, occhi scuri e un bel sorriso somigliante a quello di Josie; portava una camicia indiana bianca, con ricami viola e gialli, ed aveva un'aria abbastanza alternativa. Era un tipo pratico, e in questo somigliava alla ragazza; in pochi minuti, infatti, mise insieme la cena, ma non c'era da stupirsi visto che possedeva un ristorante nella zona.

Orlando, mentre le due donne preparavano la cena, si spostò nel salotto e si mise a guardare un po' in giro; osservò i quadri e le fotografie, poi si avvicinò al pianoforte che era appoggiato alla parete. Sopra lo strumento c'erano altre foto, una catturò la sua attenzione: un uomo, che sembrava la sputata copia al maschile di Josie, usciva da una chiesa portando in braccio una ragazza vestita di una semplice tunica bianca, coi piedi scalzi e una coroncina di fiori. Doveva essere il matrimonio di Valerie e John, il padre di Josie; l'attore sorrise.

In cucina, nel frattempo, Josie e la madre parlottavano in francese, continuando ad occuparsi della cena.

"Allora, che ne pensi?" Domandò la ragazza, indicando con gli occhi Orlando che s'intravedeva nel vano della porta.

"E' molto carino..." Rispose Valerie con un sorrisino furbo. "E sembra molto... innamorato."

Stavolta fu Josie a sorridere, con dolcezza. "Lo spero, perché io decisamente lo sono."

La madre le passò un braccio intorno al collo e le baciò una guancia. "Sono molto felice per te, cherie." Le disse poi. "E spero che sia la volta buona."

"Me lo auguro con tutto il cuore." Affermò la ragazza chinando il capo. "Non sarà facile, perché lui ha una vita complicata, ma gli voglio troppo bene per non provare." Aggiunse, rialzando gli occhi in quelli della madre.

"Dimmi." Le disse Valerie. "Che differenza c'è, rispetto a quando proclamavi il tuo affetto per Cary?" Era una domanda provocatoria, ma fatta con sincera preoccupazione.

Josie rifletté per qualche secondo, prima di rispondere. "La differenza è che i suoi pregi mi commuovono ed i suoi difetti mi fanno sorridere." Disse infine; la donna sorrise, tranquillizzata, e l'abbracciò di nuovo.

"Ma tu lo sai suonare il pianoforte, Joss?" Domandò Orlando dal salotto, interrompendole; la ragazza si scostò dalla madre, dopo averle sorriso, e lo raggiunse.

"Oui!" Rispose, entrando nella stanza. "Ops... Sì, volevo dire!" Si corresse, mentre gli andava vicino. "E tu, mon amour?"

"Hm..." Fece lui poco convinto. "...temo di essermi fermato a Frà Martino campanaro..."

"E' già qualcosa, cherie." Replicò dolcemente lei, baciandogli la guancia. "Dopo t'insegno, adesso andiamo che è pronta la cena." Orlando le sorrise e insieme andarono in cucina.

La cena fu squisita, e dopo, come preventivato, i due ragazzi si misero davanti al pianoforte; Josie tentò di insegnare qualcosa ad Orlando, ma era più che altro una scusa per perdersi nei loro soliti battibecchi e ridere l'uno dell'altra. Valerie li osservava, le facevano una grande tenerezza, ma soprattutto era felice di vedere finalmente la figlia serena dopo tanti anni travagliati; quel ragazzo poi le piaceva, non solo era proprio educato e carino, ma sembrava attaccato a Josephine in modo sincero.

La donna li lasciò soli, impegnati ancora a punzecchiarsi, quando era passata da poco la mezzanotte; Orlando e Josie rimasero soli, nella casa silenziosa, con soltanto il televisore acceso, e ben presto i finti screzi diventarono qualcosa di diverso.

"Vogliamo andare di sopra?" Domandò la ragazza col fiato corto, circa una mezz'ora dopo, quando lui aveva infilato le mani ovunque fosse possibile restando sul divano.

"Sì." Rispose l'attore annuendo.

Si alzarono, scambiandosi complici sorrisi, e lei lo condusse fuori dal salotto e poi su per le scale; Josie, però, si fermò a metà della prima rampa e lo guardò con una faccina triste.

"Mi vuoi anche se sono stata cattiva con te?" Gli domandò, facendo un po' la bambina; lui alzò le sopracciglia sorpreso.

"Joss, parliamoci chiaro, se non ci sbrighiamo il mio amico, qui..." Indicò il basso. "...si mette sull'attenti e comincia a cantare la Marsigliese, ti basta?"

La ragazza non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, seguita a ruota da lui; dopo qualche secondo di risate, si guardarono negl'occhi e Josie gli prese la mano.

"Facciamo piano..." Mormorò, mentre un sorriso seducente le disegnava le labbra. "...e in silenzio..." Aggiunse seducente.

"Tutto quello che vuoi, gioia..." Ribatté Orlando, ormai completamente perso.

"Vieni." L'incitò dunque Josie, tirandolo per le scale.

Arrivati in cima, la ragazza lo portò verso destra e si fermò davanti ad una porta bianca, con la mano sulla maniglia.

"Questa è la camera della mia infanzia." Gli rivelò Josie, lui sorrise compiaciuto. "Cerca di entrarci con un certo rispetto."

Orlando aggrottò la fronte. "Sei sicura di volermi portare lì dentro?" Le chiese quindi. "Non vorrei turbare le mura che hanno visto i tuoi sogni infantili..." Aggiunse malizioso.

Josie ridacchiò. "Non temere... E poi, cosa ne sai se il principe azzurro che sognavo magari non somigliava a te." Dichiarò poi. "Sei il mio principe azzurro?" Gli domandò allora, facendo la bocca a cuore.

"Sììììì, come no!" Annuì con forza Orlando, mentre Josie apriva la porta e lo portava dentro la camera. "Sono qui per risvegliarti, ma penso che non basterà un bacio..." La ragazza ridacchiava, negando col capo.

Dopo che furono entrati, la ragazza si richiuse la porta dietro le spalle, senza girare la chiave; Orlando, che si era già sfilato la maglietta, la guardò perplesso.

"Non chiudi?" Chiese, indicando la serratura con un cenno del capo.

"Non ce n'è bisogno." Rispose tranquilla Josie, abbracciandolo e baciandogli il petto. "La mamma sa bene cosa succede in queste favole..." Aggiunse, mentre passava al collo.

"Ahhh..." Fece Orlando, reclinando il capo. "...mi piacciono da morire le fiabe..."

"Andiamo..." Sussurrò la ragazza al suo orecchio, dopo averne succhiato il lobo. "...mostrami quanto sei principe..."

 

La ragazza entrò nella stanza, richiudendosi delicatamente la porta alle spalle; la camera era in penombra e Orlando dormiva beatamente, con una mano sotto il cuscino. Josie si sedette sul bordo del letto e gli diede un morsetto sulla spalla nuda, lui mugolò e poi si stiracchiò, aprendo lentamente gli occhi; lei si sdraiò e gli carezzò il viso.

"Buongiorno, Principe Azzurro." Gli disse dolcemente.

"Buongiorno a te, Principessa." Rispose il ragazzo, abbracciandola. "Vedo che ti sei svegliata bene, stamattina..." Mormorò poi, seducente.

"Certo, dopo il trattamento di stanotte..." Replicò soddisfatta Josie; a quel punto si baciarono languidamente. "E' una giornata favolosa!" Annunciò quindi la ragazza, quando si rimise in piedi dopo il bacio.

Si avvicinò alla finestra davanti al letto e socchiuse un po' i vetri e le persiane; una bella luce calda penetrò nella stanza con un fascio che arrivò ai piedi di Orlando. Josie si girò e gli sorrise; portava una lunga camicia da notte a maniche corte color lilla e sembrava il ritratto della serenità. Anche l'attore le sorrise.

"Sei bellissima." Le disse con dolcezza, senza riuscire a toglierle gli occhi di dosso.

"Anche tu." Rispose Josie allo stesso modo.

La ragazza, dopo quelle poche battute, tornò a girarsi verso la finestra e l'aprì un po' di più, mentre Orlando, ancora sotto le coperte, si stiracchiò ben bene le braccia e sbadigliò rumorosamente.

"C'è una cosa che devo chiederti." Affermò il ragazzo.

"Hm?" L'incitò lei, voltandosi verso il letto.

"E' da ieri sera, anche mentre litigavamo, che sento un forte profumo di lavanda." Josie alzò le sopracciglia. "Cioè non sei tu, tu hai sempre lo stesso profumo che adoro, ma... è come se fosse tutto d'intorno..." Continuò lui, gesticolando. "Non è nemmeno la biancheria..." E annusò il lenzuolo. "Insomma, qui c'è un gran odore di lavanda, mi circonda, e non so da dove viene." Concluse arreso, appoggiandosi alla spalliera del letto.

Josie fece un sorrisino furbo. "Vuoi vedere la lavanda?" Gli chiese quindi; lui la guardò un po' sospettoso. "Vieni qui."

Orlando, ancora poco convinto, uscì dalle coperte e fece un passo verso di lei, ma la ragazza lo bloccò con la mano, spalancando gli occhi.

"Almeno mettiti le mutande!" Esclamò Josie, indicando la sua nudità; lui guardò in basso, poi si gratto perplesso un sopracciglio.

"Dai!" Sbottò poi, mettendosi a frugare nel letto. "E non fare tanto la santa!" Aggiunse, lanciandole un'occhiata maliziosa. "Anche se hai addosso la camicia da notte di Nonna Papera, lo so perfettamente che non le porti nemmeno tu..." Dichiarò sicuro e allusivo.

"E chi te lo dice questo, caro?" Replicò lei, con un sorriso provocatorio; Orlando non rispose a parole, ma tirò fuori dal letto un paio di mutandine di pizzo rosa, sventolandole con un sorrisetto compiaciuto. "Potrei averne messo un altro paio." Affermò la ragazza a braccia conserte.

"Basta!" Proclamò l'attore, alzando le mani. "Usciamo da questo ginepraio!" Aggiunse, infilandosi i boxer appena ritrovati, poi raggiunse Josie vicino alla finestra.

La ragazza aprì del tutto le persiane, il profumo e la luce di uno splendente mattino di primavera li colpì in pieno; quando Orlando riuscì a mettere a fuoco, si trovò davanti una vegetazione di bassi arbusti di un verde brunito, alcuni avevano già piccoli fiori viola. Le piante coprivano per intero un dolce declivio, sparendo oltre la curva della collina.

"Wow..." Fece il ragazzo incredulo. "E' tutta... lavanda?" Domandò poi, guardando Josie.

Lei annuì. "Sì, ce ne sono intere piantagioni in questa regione, la usano per i profumi, prodotti da bagno, e roba così." Spiegò.

"Non credevo ne coltivassero così tanta." Commentò l'attore, poi si mise a scrutare l'orizzonte e ad annusare il profumo.

Josie, dal canto suo, avrebbe avuto a sua volta qualcosa da dirgli, anche se non sapeva se il momento e la condizione erano giusti; lui guardava fuori estasiato, coi capelli spettinatissimi ed un sorriso felice sulle labbra, era di una bellezza accecante. La ragazza decise che non c'era nulla di male, a ricordargli quella cosa, erano sereni, si volevano bene...

"Oggi è un anno che ci conosciamo." Affermò a bassa voce; Orlando si girò subito, sorpreso.

"Veramente?" Fece spalancando gli occhi.

Lei annuì. "E' il quattro aprile e, per l'appunto, la festa dei Goodwin si è tenuta in questa data." Precisò poi.

"Santo cielo." Mormorò il ragazzo, tornando a guardare il paesaggio. "Il tempo vola davvero, sembra ieri..." Aggiunse assorto.

Josie lo osservò per un lungo momento, era diventato pensieroso, assente. "Ti sei, in qualche modo, pentito?" Gli domandò improvvisa, sull'onda dell'emotività.

Orlando si voltò di scatto, con uno splendente sorriso sulle labbra. "Di nulla." Le assicurò prendendola per le spalle. "Non mi pento di niente che abbia fatto per te, tu mi fai sentire migliore, anche se devo combattere." Spiegò tranquillamente. "Io ti amo."

"Grazie." Mormorò la ragazza abbracciandolo.

"E di che?" Ribatté Orlando, carezzandole la schiena.

"Di amarmi anche se ti faccio perdere la pazienza." Rispose Josie, con la testa posata sulla sua spalla.

"Uh, dai!" Sbottò divertito l'attore. "E' troppo facile farmi perdere la pazienza, e poi... tu mi ami anche se ti faccio incazzare, no?" Aggiunse ironico, ma con una velata punta di preoccupazione; la ragazza, però, sorrise annuendo.

"E' così." Confermò poi, stringendolo ancora di più alla vita.

"Perciò amiamoci, e lasciamo che il tempo passi come gli pare." Dichiarò, sorridendo sicuro.

"Ma come siamo diventati filosofi..."

"Filosofi una sega!" Proclamò lui, interrompendola. "Vieni qua bella topolona..." E dicendo questo la prese di peso e la portò sul letto. "...fammi vedere se hai le mutande!" Ridevano entrambi come pazzi.

 

CONTINUA

   
 
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