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Autore: motherfaca    07/12/2013    3 recensioni
L'amore è un piccolo sentimento borghese destinato alle persone, pazze di senno, che non aprono gli occhi al mondo da cui sono circondati.
Le persone cosa sanno veramente dell'amore? Viene sottovalutato come sentimento, viene catalogato come sentimento bello, bellissimo, perfetto, realmente è solo il sentimento più fastidioso da provare, è quella "cosa" che non vorrei provasse neanche il mio peggior nemico.
Parlate, parlate quanto volete, ditemi quanto io sia pazzo ad odiare l'amore, dite tutto quello che volete, ma io sarò sempre lì a dirvi quanto voi vi siate sbagliati.
Tutto questo è quello che poteva pensare Louis Tomlinson dopo la sua lunga relazione con Liam Payne, tutto il contrario di quello che pensa Harry Styles, ragazzo alla vista timido e chiuso, realmente spavaldo e pieno di vita.
Genere: Commedia, Erotico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Smells like teen spirit dei Nirvana si fece largo nella mia camera, tra i libri mal posti sul tavolo, tra i cd perfettamente ordinati in ordine alfabetico, partendo dagli Avenged Sevenfold fino a quell'idiota di Zucchero, tra le lenzuola candide che si adagiavano sul mio corpo avvolto in un sottile strato di lana colorata, tra la fievole luce che illuminava con leggerezza la stanza.
Come sempre aprire gli occhi la mattina era un'ardua impresa per uno studente, sopratutto se si è all'ultimo anno e si vuole solamente scappare da quel carcere chiamato "scuola".
Non mi mossi di un millimetro, il mio respiro rallentò alla fine della canzone agitata e frizzante, le mie palpebre decisero di aprirsi, pesanti come macigni e appiccicose come colla.
Attraversai a lenti e corti passi il corridoio, fino ad arrivare in bagno, li sarei riuscito a guardare quella sottospecie di uomo che ero io.
I capelli arruffati, impossibili da gestire, le guance terribilmente rosse dal freddo per aver dormito con le coperte messe a caso, tolte nel sonno, le labbra sottili a muoversi su e giù per riprendere la mobilità.
L'unica cosa che feci fu sfregare con forza le mani sulle guance, riscaldandole.
Non toccai l'acqua del rubinetto, la feci andare per qualche secondo e ritornai in camera mia sistemandomi i boxer e togliendomi il pigiama, più che pigiama era una maglietta presa a caso con dei pantaloncini per far ginnastica.
Alzai pigramente la persiana, facendo entrare moltissima luce, riaccesi la radio e mi vestii sulle note dei miei fidati Asking Alexandria.
Il letto fu inutile sistemarlo, sarebbe arrivato il vecchio Spark a rovinarlo con il suo scodinzolio da Labrador.
Mi infilai una maglietta di cotone bianca, faceva assaporare la parte più evidente delle clavicole, nascondendone la maggior parte gelosamente, indossai dei jeans a caso, arrotolai la parte più bassa per mostrare una parte delle caviglie bianche e delicate, di conseguenza mi misi le mie adorate vans bianche, odiate da tutti, sopratutto da Liam.
Presi lo zaino rigorosamente nero e ci misi dentro qualche quaderno alla rinfusa, non sarebbe stato il mio più grande problema prendere appunti di filosofia o di letteratura inglese.
Passando dalla sala mi specchiai nello specchio nella parete destra, sistemai un poco i capelli e afferrai con noncuranza il telefono che feci caricare per tutta la sera.
-"Giorno donne mie, ci vediamo dopo." Gridai senza rimanere ad ascoltare le risposte delle mie sorelle o di mia madre.
Mi infilai le cuffie del telefono nelle orecchie e cliccai il tasto "shuffle", avrei ascoltato qualsiasi canzone, quella giornata sarebbe stata una merda senza Liam.
-mi manchi, ogni giorno di più- Scrissi velocemente, ricontrollando i vecchi messaggi inviati. Liam era lontano, relativamente, due ore di viaggio si possono affrontare anche in una giornata andata e ritorno, non so cosa dovevo capire dalle sue non-risposte, che era finita? Che mi aveva dimenticato? Non sarebbe mai così stronzo da lasciarti via messaggio, pensai, capendo che appena l'avrei visto mi avrebbe lasciato.
Uscii dall'ascensore con fretta e furia, controllando l'orario.
Ero elegantemente in ritardo.
Presi l'autobus 121, feci sette fermate e scesi, anche se per l'istituto Marie Michelle c'erano almeno nove fermate.
Non diedi conto al ritardo e mi incamminai, percorsi il cammino a passo svelto, poi rallentai.
Nelle mie orecchie risuonava una canzone lenta, Cold Coffee di Ed Sheeran, inconfondibile.
Presi a pensare a tutto ciò che avevo passato con Liam, l'infanzia, l'adolescenza, la vita.
Passai i momenti più belli, cose indimenticabili.
I baci sul collo, i messaggi teneri, gli sguardi da innamorati, le domeniche pomeriggio abbracciati davanti ad un film, le nostre mani unite, i nostri respiri ad un soffio, i nostri bacini a contatto, le nostre labbra appiccicate.
Pensai, pensai a quanto fosse difficile dimenticare il primo bacio, il primo ragazzo, la prima scopata.
Cambiò la canzone, scesi dalle nuvole e attraversai il marciapiede a grandi falcate, raggiungendo la scuola.
I soliti sguardi di sottecchi mi fissavano, i conoscenti che mi salutavano, i professori che mi camminavano dietro per lamentarsi di qualche compito non svolto.
Sentii un grande tonfo, mi girai di scatto e vidi Stan appoggiato a terra, in ginocchia, di fronte ad un ragazzo steso a terra, con tutti i suoi libri sparsi attorno.
-"Stai attento sfigato." Sibilò, come se nulla fosse successo al ragazzo.
-"Cazzo guardate? Lo spettacolino è finito." Continuò.
Mi avvicinai al ragazzo che cercava con fatica i propri occhiali tra i mille fogli, rimetteva in ordine i quaderni e sistemava i libri.
-"Questo è quello di scienze" Soffiai, abbassandomi, cercando di raccogliere tutti i fogli sparsi per il corridoio.
-"Che casino che hai fatto, ma tranquillo, succede." Lo rassicurai, appoggiando una mano sulla sua spalla sinistra e regalandogli il mio miglior sorriso della giornata.
-"Piacere, sono Marcel." Balbettò con timidezza mentre si alzava e si sistemava il gilet marrone orrendo a dir poco.
-"Piacere, sono Louis, sei nuovo?"
Annuì senza rispondere, mi degnò solo di uno sguardo e un sorrisetto contenuto a scavargli le fossette.
-"Quindi direi che per oggi facciamo un giro insieme." Continuai, senza ricevere risposta.
Con mia sorpresa quando mi incamminai verso l'aula d'inglese mi seguì senza batter ciglio.
-"Sei così introverso con tutti? Con me puoi aprirti."
-"Scusa, sono un ragazzo riservato, non tendo ad aprirmi, tantomeno con sconosciuti."
Entrai in classe insieme al resto dei compagni, tutti si sedettero tranne Marcel, era appoggiato allo stipite della porta stretto ai suoi libri, cercando un posto libero lontano da tutti.
-"Marcel!" Gridai "Questo posto è libero, vieni?" Si voltò e venne a passo spedito verso di me, senza staccare lo sguardo dal titolo del libro d'inglese.
-"Nuova conquista Tomlinson? Dov'è Payne?" Squillò la voce irritante di Nick.
-"Liam non è qua, ma stiamo ancora insieme, tranquillo." Dissi, senza badare al mio cervello che sussurrava continuamente "speraci".
Iniziò la lezione, la professoressa Fiore non mi guardò neanche una volta, ero muto a fissare Marcel che scriveva delicatamente sul foglio bianco, con delicatezza, poco dopo riempito di scritte da me incomprensibili.
Si passò una mano tra i capelli diverse volte, si torturò il labbro per due ore e solo alla fine tirò un sospiro di sollievo, come se avesse appena finito una maratona.
-"Vero che mi passi gli appunti... Styles?" Lessi di fretta il nome in alto al libro.
-"Come faccio?"
-"Mi dai il tuo numero."
-"Bhe, okay" Mi rispose quasi tremante.
-"Tranquillo, non voglio né pigliarti per il culo, né voglio provarci con te, ho già un fidanzato."
-"Ti trema la voce."
Rimasi sorpreso da quel che disse, gli scrissi velocemente il mio numero su una pagina bianca del quaderno come se non mi avesse detto nulla e uscii dalla classe.
Entrai nell'aula di matematica, presi il telefono ed iniziai a rileggere le conversazioni con Liam, rincominciai a pensare a noi, a singhiozzare in silenzio infondo alla classe.
Nessuno mi rivolse uno sguardo, mi sentii solo come non mai, mi abbandonai sul tavolo, appoggiai la testa ed ascoltai per la prima volta la voce acutissima della professoressa spiegare, spiegare cosa non lo seppi mai.
Suonò la campanella, ritornai a casa sfinito, cuffie nelle orecchie e sguardo basso.
Arrivato bevvi un sorso d'acqua, salutai le mie sorelle e mi accesi una sigaretta tra le labbra sottili, in terrazza.
I brividi attraversarono la mia schiena con forza, i muscoli si rilassarono e cominciai a sbadigliare.
Spensi la sigaretta e la lanciai di sotto, poi mi stesi sul letto e mi addormentai vestito e distrutto, così com'ero.
  
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